Unione Europea Regione Liguria Unione Provinciale Agricoltori di Savona Centro Regionale di Sperimentazione ed Assistenza Agricola (CeRSAA) Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Savona PROGETTO DIMOSTRATIVO “Innovazione nel settore delle produzioni di pomodoro cuore di bue con l’uso dei nuovi portainnesti” Cod. prod. SI10000120 Regolamento CE n. 1257/99 Misura c (3) Formazione Professionale – 3.3 “Progetti dimostrativi” 1 Diffusione dell’innesto erbaceo in orticoltura La tecnica dell’innesto è nota e praticata ormai da molto tempo nel settore delle colture arboree ed arbustive. Gli ultimi anni hanno visto questa tecnica estendersi sempre più anche nel settore orticolo, con interesse particolare per l’applicazione alle colture di melone, anguria ed altre cucurbitacee ed a diverse solanacee, in prevalenza melanzana e pomodoro (Privitera e Siviero, 1999). L’innesto erbaceo consiste nell’unione di due individui diversi: tali individui possono appartenere a varietà diverse della stessa specie, a specie diverse o perfino a differenti generi. La pianta che si ottiene è formata da una varietà commercialmente interessante che costituisce la parte epigea, o marza, e da una specie o varietà con caratteristiche di resistenza ad uno o più dei parassiti più dannosi per la coltura, che costituisce l’apparato radicale dell’individuo, o portinnesto. Volendo delineare un quadro della situazione, a livello nazionale, sulla diffusione della pratica dell’innesto, ci si rende immediatamente conto della rapidità con cui essa si evoluta sul territorio fino al 2000, mentre in seguito la crescita è stata molto più contenuta, delineando che la situazione produttiva attualmente tende alla stabilità (figura 1). Ciò è dovuto ad una valutazione più attenta dell’impiego dell’innesto, al fine di delineare un uso integrato dei diversi mezzi di lotta, anche in base alle scelte produttive delle diverse aziende agricole (Zerbinati et al., 2003). I dati nazionali rivelano una produzione totale di piante innestate che sfiora i 19 milioni, con un aumento di 4.8 milioni rispetto al 2000 (Zerbinati et al., 2003). L’incremento maggiore si ha al Sud e nelle Isole, dove vengono prodotte complessivamente oltre 11 milioni di piante innestate, mentre al Centro, dove la produzione totale è di circa 6 milioni, vi sono incrementi minori; nell’Italia Settentrionale, invece, attualmente non si registra pressoché alcuna crescita, con un totale di circa 1,5 milioni di piante innestate prodotte (tabella 1) (Zerbinati et al., 2003). Il mercato di piante innestate in Piemonte e Liguria stima una produzione totale annua di circa 30.000 piante: cifra molto bassa rispetto al resto d’Italia e circoscritta, in particolare, alla varietà tipica “Cuore di bue” (Zerbinati et al., 1999). Figura 1: Andamento della produzione di piante innestate (in milioni) in Italia dal 1997 al 2002 (da Zerbinati et al., 2003). 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 1997 1998 1999 2000 2002 2 Tabella 1: Incrementi percentuali della produzione di piante innestate per le specie orticole dal 1998 al 2002 (da Zerbinati et al., 2003). 1998 -1999 1999 – 2000 2002 - 2002 Nord 5 8 5 Centro 45 2 32 Sud 68 23 90 Isole 302 11 12 ITALIA 71 12 34 La diffusione dell’innesto nelle diverse specie orticole mostra che la specie per la quale maggiore è l’importanza dell’adozione della tecnica dell’innesto è il cocomero, mentre il pomodoro risulta al terzo posto con un totale di 2,5 milioni di piante innestate (figura 2). I prezzi delle piante innestate sono riportati in tabella 2. La distribuzione dell’impiego di piante innestate a seconda delle specie ortive si diversifica in base alle aree; per il pomodoro e la melanzana questo è stato evidenziato nelle figure 3 e 4. Il pomodoro è la specie per la quale gli impieghi dell’innesto si sono maggiormente estesi, in particolare in Sicilia e Sardegna; la melanzana innestata è presente, invece, soprattutto al Centro Nord. Figura 2: Impiego dell’innesto erbaceo sulle diverse colture (da Zerbinati et al., 2002) 7 6 5 4 3 2 1 0 cocomero melone pomodoro melanzana peperone altro Figura 3: Distribuzione delle piante di pomodoro innestate in Italia (da Zerbinati et al., 2000). 3 0,2% 56% nord centro sud isole 38% 6% Figura 4: Distribuzione delle piante di melanzana innestate in Italia (da Zerbinati et al., 2000). 25% 6% nord centro sud isole 32% 37% 4 Tabella 2: Prezzi (€) delle piante innestate ripartiti per specie e per area geografica in Italia (da Zerbinati et al., 2003). Pomodoro Melanzana Peperone Nord 0,59 Cocomero Melone 0,82 0,90 0,67 0,70 0,61 0,67 Centro 0,60 0,59 Sud 0,63 0,41 Isole 0,63 0,59 0,60 0,64 0,80 ITALIA 0,62 0,53 0,60 0,69 0,77 A livello mondiale la pratica dell’innesto è molto utilizzata in Giappone, con 651 milioni di piante innestate prodotte annualmente, e in Corea, dove la produzione supera i 300 milioni. E’ interessante sottolineare come il Giappone impieghi piante innestate in percentuali altissime rispetto al totale delle piante coltivate: 95% per l’anguria, 50% per la melanzana e 32% per il pomodoro. Tale elevata diffusione è favorita dalla disponibilità di sistemi per la meccanizzazione e l’automazione per l’esecuzione degli innesti in vivaio, oltre che da attività di miglioramento genetico svolte in tempi molto brevi (Morra, 1997). Basi anatomiche e fisiologiche dell’innesto Il fenomeno per cui due piante differenti sono in grado di fondersi tra loro è collegato alla struttura istologica dei fusti. I tessuti presenti nel fusto sono di due tipi: meristematici e definitivi; i primi sono quelli deputati all’accrescimento della pianta e alla successiva differenziazione con la formazione di tessuti definitivi. I tessuti meristematici sono presenti negli apici vegetativi e radicali della pianta ed inoltre si trovano all’interno del fusto, dove prendono il nome di cambio. Esso si trova tra il floema primario (tessuto complesso adibito al trasporto della linfa) e lo xilema (deputato al trasporto di acqua ed elementi minerali dalla radice all’apice della pianta) e consiste in uno strato, singolo o doppio, di cellule che, dividendosi e producendo verso l’interno nuove cellule di xilema, promuovono la crescita radiale del fusto. L’unione di due piante mediante l’impiego dell’innesto avviene grazie alla formazione del callo cicatriziale sulle superfici dei due bionti tagliate di fresco: esso è costituito da cellule non differenziate che, in seguito all’accostamento delle due superfici, si differenziano dando origine ad un cambio che salda le regioni cambiali dei due fusti. In questo modo si forma uno strato continuo di cambio, che garantisce il congiungimento dei tessuti vascolari delle due piante, portando alla saldatura di esse e quindi all’attecchimento dell’innesto (Zerbinati e Biribin, 2000). La tecnica dell’innesto erbaceo 5 Metodi di innesto su Solanacee Innesto per approssimazione semplice La metodologia più utilizzata consiste nell’effettuare l’innesto mediante approssimazione semplice. Essa prevede che i due bionti, allevati separatamente, vengano incisi, utilizzando una lametta o un bisturi sterilizzati, con un taglio obliquo nella zona mediana dello stelo: il taglio va eseguito ad una distanza di 6 - 7 cm dal colletto e deve essere diretto verso il basso nel portinnesto e verso l’alto nella marza, in modo tale che essi possano in seguito combaciare perfettamente. Gli steli dei due individui allevati per eseguire l’innesto devono necessariamente possedere un diametro pressoché identico, poiché essi poi vengono saldati a livello dei due tagli, facendoli aderire mediante particolare nastri adesivi, carta stagnola o con lamelle di piombo malleabili (Privitera e Siviero, 1999). Dopo un periodo di acclimatamento di 15 - 18 giorni in ambiente condizionato, nel corso del quale si instaurano i collegamenti istologici e si stabiliscono le funzioni fisiologiche tra il portinnesto e la marza, quest’ultima viene staccata dalla pianta madre al di sopra del punto d’innesto (Privitera e Siviero, 1999) mentre al portinnesto viene tagliata la parte aerea, lasciando quindi crescere un singolo individuo formato dai due bionti. Innesto a spacco Questa metodologia può essere praticata eseguendo il taglio i due differenti maniere: obliqua e orizzontale (figura 8d e 8e). L’innesto a taglio obliquo prevede che le due piante allevate siano allo stadio di 3°-4° foglia vera ed abbiano diametro pressoché identico, in modo tale che possano combaciare perfettamente in seguito ad incisione del fusto; entrambi i tagli, sia sulla marza sia sul portinnesto, vengono eseguiti con un inclinazione di circa 45° ed in seguito fatti aderire. Questa metodologia necessita di un’elevata precisione da parte dell’operatore che la esegue; spesso tale precisione viene a mancare, perciò sono frequenti degli errori manuali di angolatura, il che diminuisce le possibilità di successo dell’innesto (Privitera e Siviero, 1999). L’innesto a taglio orizzontale prevede la medesima procedura ma richiede un’attenzione maggiore ai diametri dei fusti dei due bionti, ma non rappresenta il rischio di dar luogo agli errori di angolatura che sono frequenti utilizzando, invece, il taglio obliquo (Privitera e Siviero, 1999). L’innesto a spacco prevede, in ogni caso, che l’unione dei due bionti venga favorita con l’impiego di particolari nastri adesivi oppure di fascette di piombo; o ancora una pratica, ed attualmente molto utilizzata, innovazione di origine giapponese consiste nell’applicare sul punto d’innesto delle particolari mollette in silicone dette clips (Privitera e Siviero, 1999). Innesto a taglio orizzontale L’innesto a taglio orizzontale può essere eseguito anche con una tecnica particolare che impiega degli appositi aghi di ceramica distribuendoli tramite un particolare “dispenser” (simile ad una matita porta - mine): tali aghi favoriscono la coesione tra marza e portinnesto, ma sia gli aghi sia il dispenser presentano dei costi decisamente elevati (Privitera e Siviero, 1999). 6 Innesto per inserzione ( o spacco in testa) Semplicemente dal nome è facile individuare la procedura di questa tecnica (figura 8b). Infatti essa prevede che la marza venga tagliata a V appena al di sopra della 3a - 4a foglia (sono anche disponibili per questa operazione pinze apposite di importazione giapponese) e quindi venga inserita sul portinnesto, mentre quest’ultimo era stato precedentemente capitozzato, inciso longitudinalmente (per una profondità di 1 - 2 centimetri) ed inoltre raschiato sui getti ascellari per evitarne i ricacci. Al punto d’innesto vengono infine applicate clips di silicone o anelli plastici estensibili per favorire l’adesione (Privitera e Siviero, 1999; Zerbinati e Biribin, 2000). Questo metodo viene usato quando il portinnesto viene seminato già nel contenitore definitivo oppure nel caso si voglia avere un punto d’innesto più alto. Questa tecnica d’innesto è molto efficace per la protezione delle piante e fornisce risultati applicativi economicamente soddisfacenti; essa però presenta alcune difficoltà operative: in particolare la fase finale dell’innesto, ossia l’unione dei due bionti, risulta lunga e delicata, tanto da assorbire circa tre quarti del tempo totale necessario all’esecuzione dell’innesto (Ginoux e Dauple, 1985). Innesto per taglio laterale Questo metodo si differenzia dagli altri per il punto di inserzione della marza sul portinnesto ed è impiegato principalmente su pomodoro e melanzana (figura 8c). Si tratta di un metodo messo a punto in Francia negli anni ’80 allo scopo di far fronte alla difficile messa in opera della tecnica dello spacco in testa, infatti esso permette di aumentare di circa il 30% la produttività oraria di piantine innestate, in quanto migliora in maniera rilevante la velocità di esecuzione dell’innesto (Ginoux e Dauple, 1985). Il taglio laterale prevede che il portinnesto, una volta raggiunto lo stadio di 6 - 7 foglie, venga capitozzato all’altezza del 3° - 4° nodo ed in seguito venga perforato all’ascella dell’ultima foglia rimasta attraverso un apposito strumento innestatore che consiste in un bisturi a punta lanceolata biconvessa lungo 3 centimetri e largo pochi millimetri. Tale taglio serve per inserirvi la marza, la quale viene preparata tagliandone la porzione apicale (che deve avere 2 o 3 foglie ben sviluppate) con una lametta: il taglio eseguito deve avere una forma a doppio scalpello, in modo da adattarsi al foro praticato sul fusto del portinnesto, e deve interessare il fusto per una profondità di 1 - 1,5 centimetri ((Ginoux e Dauple, 1985). La posizione ideale dove inserire la marza coincide con l’ascella fogliare, in quanto i risultati sperimentali indicano che in tal modo la percentuale di attecchimento dell’innesto e del 100%, contro l’85 - 90% fornito posizionando la marza sul nodo o al di sotto della foglia. E’ inoltre importante, ai fini della perfetta riuscita dell’innesto, che la dimensione della perforazione eseguita sul portinnesto non sia troppo larga rispetto alle dimensioni della marza che vi viene inserita. Se ciò dovesse accadere è utile ricorrere all’applicazione di un’apposita pinza sul punto d’innesto, la quale ne garantisce comunque un buon attecchimento (Ginoux e Dauple, 1985). Un ultimo accorgimento da tenere presente è quello di non operare su tessuti troppo vecchi o troppo lignificati, perché ciò renderebbe più difficile la riuscita dell’innesto. Una strategia che si può adottare per rendere i tessuti più teneri è quella di limitare gli apporti idrici e di ridurre la temperatura per una decina di giorni prima di effettuare l’innesto. In seguito le piante riprendono facilmente la loro turgescenza semplicemente intervenendo con copiose irrigazioni (Ginoux e Dauple, 1985). 7 Il rendimento delle piante innestate mediante perforazione laterale è sostanzialmente simile a quello fornito da piante innestate mediante spacco in testa, peraltro decisamente maggiore rispetto a quello fornito senza l’impiego dell’innesto (fig. 8) (Ginoux e Dauple, 1985). Metodi d’innesto su cucurbitacee Innesto per approssimazione semplice Questa è la tecnica più utilizzata, in particolare su cetriolo e melone. Il procedimento è il medesimo seguito per le solanacee, differenziandosi da esso sostanzialmente per la localizzazione dei tagli. Nel cetriolo il portinnesto viene inciso a partire da circa 1 centimetro dall’inserzione dei cotiledoni, mentre sulla marza il taglio si esegue ad un’altezza di 2,5 - 3 centimetri dalle foglioline cotiledonari. L’aderenza dei due bionti è garantita dal fatto che la marza viene imprigionata tra le foglioline del portinnesto (le quali sono serrate tra loro) ed inoltre viene aumentata avvolgendo intorno ai fusti del nastro di piombo. Nel melone prima di eseguire l’innesto è opportuno indurre l’allungamento dei fusti mediante ombreggiatura, in modo da ottenere piante “filate”, anche se leggermente eziolate, che vanno poste poi in serra riscaldata a 25°C. L’incisione dei fusti avviene al di sotto dei cotiledoni e l’aderenza dei due bionti viene garantita applicandovi l’apposita molletta di silicone. La pianta deve poi essere posta in vasi di 8 centimetri di diametro. Il periodo di acclimatamento per il cetriolo dura 10 - 12 giorni, trascorsi i quali si cima il portinnesto a una foglia (ma non si elimina del tutto la sua parte aerea)e dopo circa altri 2 giorni (di più se si è nel periodo invernale) si elimina l’apparato radicale della marza, tagliandolo circa 5 - 6 centimetri sotto il punto di saldatura. Nel melone la parte aerea del portinnesto, invece, si asporta completamente ed il periodo di acclimatamento e di preparazione dura in tutto circa 20 giorni, dopodiché la pianta innestata è pronta per la commercializzazione (Oda, 1995). Innesto per inserzione (spacco in testa) Questo metodo è usato sul melone e si esegue alla stessa maniera delle solanacee. Innesto per approssimazione con taglio laterale (metodo Brielse) Questa metodologia viene utilizzata soprattutto in Olanda e prevede che i due individui vengano allevati nello stesso contenitore (figura 8a). La marza viene incisa, al di sopra dei cotiledoni, con un taglio obliquo, dal basso verso l’alto, che interessa il fusto per circa la metà del suo spessore; il portinnesto invece viene capitozzato obliquamente al di sotto dei cotiledoni, consentendo l’inserimento dell’apice della pianta all’interno della fessura creata sulla marza (Oda, 1995; Privitera e Siviero, 1999). Dunque con questa tecnica non si procede alla legatura o all saldatura dei bionti in quanto la superficie apicale del portinnesto giunge ad aderire completamente all’interno del fusto della marza. Il vantaggio principale di questo metodo d’innesto consiste nel ridurre l’ingrossamento del portinnesto ed inoltre consente di gestire un elevato numero di piante in maniera non eccessivamente costosa (Privitera e Siviero, 1999). 8 Importanza dell’esecuzione del taglio d’innesto e della sua localizzazione per impedire i fenomeni di emissione di radici avventizie e di femminelle Tutti le metodologie d’innesto prevedono l’incisione del fusto sul portinnesto. La localizzazione del taglio effettuato sul portinnesto assume grande importanza ai fini del successo dell’innesto; infatti esso va eseguito ad un’altezza che non sia troppo prossima né ai cotiledoni né al terreno. Se il taglio è eseguito in prossimità dei cotiledoni vi è un alto rischio, per le piante a portamento policaule come il pomodoro, che dal punto d’inserimento dei cotiledoni avvenga l’emissione di polloni (detti femminelle nel pomodoro). Inoltre può accadere che il punto d’innesto venga a trovarsi a contatto con il terreno, perché il taglio è stato eseguito troppo in basso oppure perché durante il trapianto si è interrata troppo la pianta; ciò in ogni caso può provocare l’emissione di radici avventizie o secondarie da parte della marza e causare quindi il contatto di essa con i patogeni presenti nel terreno a cui essa è suscettibile, vanificando del tutto l’efficacia dell’innesto (Privitera e Siviero, 1999). Inoltre è importante l’esecuzione del taglio d’innesto, che deve essere deciso affinché le superfici di taglio che ne derivino siano piane e che possano aderire il più possibile facendo combaciare i tessuti cambiali. Al momento dell’innesto, poi, l’aderenza delle due superfici può essere favorita esercitando un’adeguata pressione tra i due bionti, in modo tale da incrementare le possibilità di contatto tra i loro fasci vascolari, ed evitando il più possibile che le due superfici di taglio perdano umidità (Oda, 1995). Innovazioni tecniche e nuove metodologie d’innesto Allo scopo di rendere la pratica dell’innesto meno laboriosa e di ridurre i tempi d’esecuzione sono state di recente messe a punto nuove metodologie. Innesto mediante incastro e applicazione di tubi plastici Una innovativa tecnica d’innesto usata in particolare su pomodoro, ma anche su melanzana e anguria, consiste nell’applicazione di un piccolo tubo di materiale plastico ed elastico in corrispondenza del punto d’innesto. In tale metodo l’operazione si effettua tre volte più velocemente rispetto ai metodi tradizionali, consentendo di operare anche su piante molto piccole (Oda, 1995). Questa tecnica risulta particolarmente rapida i quanto il tubo applicato all’apice del portinnesto consente di inserire la marza all’interno del foro in esso presente in maniera del tutto semplice e garantendo al tempo stesso una perfetta aderenza tra le superfici dei due bionti. Si tratta quindi di una tecnica molto efficace sia dal punto di vista della produttività oraria sia da quello della percentuale di attecchimento dell’innesto (Itagi et al., 1990; Oda, 1995). Innesto meccanico nelle cucurbitacee Questa metodologia, impiegata con notevole successo per innestare il cetriolo sulla zucca, prevede che il portinnesto venga tagliato di sbieco all’altezza dei cotiledoni, in modo tale da asportare un cotiledone lasciandovi invece l’altro: la marza viene quindi fatta aderire alla superficie di taglio 9 eseguita sul portinnesto e bloccata attraverso un’apposita molletta. Queste operazioni vengono ora eseguite meccanicamente utilizzando macchine che sono commercializzate in Giappone dal 1993 (Oda, 1995). Innesto meccanico nelle solanacee E’ possibile meccanizzare l’operazione dell’innesto su solanacee utilizzando appositi macchinari che permettono di innestare fino a 5 piantine per volta. Essi eseguono un taglio orizzontale sull’angolo destro della marza e del portinnesto ed in quest’ultimo le foglie cotiledonari vengono asportate con il taglio. Quindi le superfici dei due bionti vengono fatte aderire ed unite insieme mediante le piastre presenti nel macchinario. Tali piastre sono costituite da due parti: una di forma concava, che al suo interno ha numerose cavità a forma di V, e l’altra di forma convessa che viene spinta sulla prima. Le due piastre vengono premute una contro l’altra, portando al loro interno la marza ed il portinnesto sullo stesso asse e quindi incastrandoli in maniera molto semplice (Oda, 1995). Alcuni macchinari possono, inoltre, possedere un sistema per l’applicazione di sostanze ad azione adesivante e/o indurente, per favorire ancor più l’attecchimento dell’innesto (Oda, 1995). Innesto robotizzato In Giappone per far fronte alla crescente richiesta di piante innestate e per rendere i processi d’innesto più rapidi e meno laboriosi, sono state messe a punto diverse tipologie di robot; nessuna di esse è stata ancora impiegata nella pratica, in quanto sono ancora alla fase di sperimentazione, promossa da diversi fronti, sia istituzionali che privati (Kurata, 1994). 10 JT’S ROBOT Sviluppato dalla “Japan Tabacco Inc.” del Giappone, esso impiega degli appositi tubi di materiale plastico, il cui diametro consenta una facile inserzione dei fusti delle piantine, che si restringono quando esposti a fonti di calore. I fusti dei due bionti vengono tagliati in un angolo da dischi rotanti, poi vengono inseriti i tubi, i quali vengono scaldati a 150 - 250°C per alcuni secondi, consentendo quindi una perfetta adesione tra il portinnesto e la marza. Per assicurare un perfetto attecchimento viene poi esercitata un’adeguata pressione sul punto d’innesto. I tubi plastici utilizzati da questo tipo di robot consentono di sterilizzare le superfici grazie al calore ed inoltre riducono la traspirazione a livello del punto d’innesto, garantendo così una maggiore percentuale di successo. Il tempo d’esecuzione dell’innesto mediante uso del “Jt’s robot” equivale a circa due terzi di quello necessario per l’innesto manuale, ma la percentuale di successo è inferiore di circa il 30% (Kurata, 1994). TGR’S ROBOT Sviluppato dalla “Techno Grafting Research Inc.” del Giappone, esso consente di innestare contemporaneamente numerose piante. Le marze e i portinnesti sono fatti crescere, disposti in file, all’interno di vassoi, permettendo così che ogni marza venga poi innestata contemporaneamente su ogni portinnesto. Ciò avviene grazie al supporto di piastre che sorreggono i vassoi, sottopongono i fusti ad un taglio orizzontale ed infine posizionano la fila di marze tagliate sulla fila di portinnesti rimasti nel vassoio; vengono eliminati i residui dei tagli e gli innesti vengono fissati mediante applicazione di adesivi. Non sono stati ancora pubblicati dati sulle prestazioni di questo robot in quanto si sta ancora lavorando per ottimizzarne la capacità di produzione di massa di piante innestate (Kurata, 1994). BRAIN’S ROBOT Sviluppato dalla “Bio-oriented Technology Research Advancement Institution” del Giappone, esso consta di tre diversi prototipi. Il metodo d’innesto adottato prevede il taglio di un cotiledone dalla piantina di portinnesto e la rimozione dell’apparato radicale della marza; in seguito i due bionti vengono fatti combaciare ed aderire mediante applicazione di un’apposita molletta (Kurata, 1994). 11 HONAMI ET AL’S ROBOT Si tratta di un robot che sfrutta il nuovo metodo d’innesto “a incastro”(Honami et al., 1992), che permette di aumentare le connessioni vascolari tra il portinnesto e la marza, aumentando quindi il flusso di acqua ed elementi nutritivi attraverso il punto d’innesto. Questo metodo prevede che la marza venga tagliata con una lama vibrante, facendole assumere una forma conica con punta affusolata, mentre nel portinnesto viene praticato un foro di analoga forma conica mediante un piccolo trapano. Quindi la marza viene inserita nella cavità del portinnesto ed essi aderiscono così perfettamente che non è necessario aggiungere adesivi o mollette. La robotizzazione di queste operazioni è stata sperimenta per pomodoro, melanzana e anguria, conducendo a risultati ottimi (Kurata, 1994). Linee guida generali per la preparazione e l’allevamento delle piante innestate (solanacee e cucurbitacee) La produzione di piantine innestate e la successiva commercializzazione avvengono in vivai specializzati. Affinché l’innesto avvenga con pieno successo sono estremamente importanti le condizioni ambientali in cui vengono mantenute le giovani piante sia prima sia dopo l’innesto. Prima dell’innesto Le piante sono dapprima seminate all’interno di contenitori alveolati da 84, 104 o 112 fori, la cui scelta è importante ai fini di non creare condizioni di competitività tra gli individui; in seguito si devono togliere la metà delle piantine per fare in modo che ad ogni portinnesto sia affiancata una marza (Privitera e Siviero, 1999). Le due piante vengono quindi allevate insieme, nelle medesime condizioni ambientali, fino all’esecuzione dell’innesto, che avviene quando esse sviluppano le prime foglie vere. Per ottenere una buona percentuale di successo per gli innesti è inoltre consigliabile porre le piantine in condizioni di buona irradiazione solare per 2 o 3 giorni prima di eseguire l’innesto (Oda, 1995). Ad innesto avvenuto Ad innesto avvenuto le piante devono essere ripicchettate in contenitori o vasetti e quindi posizionate in piccoli tunnel plastici il cui materiale di copertura mantenga l’umidità all’interno ed ombreggi le piante mediante lo specifico “tessuto non tessuto” (Agryl) per un periodo di 7 - 10 giorni (Privitera e Siviero, 1999). Il ripicchettaggio permette di ottenere risultati soddisfacenti in termini di rendimento e di qualità dei frutti, perciò rappresenta la soluzione più adottata dai vivaisti, sebbene porti ad una leggera tardività 12 e risulti abbastanza costosa. E’ possibile, comunque, mantenere le piantine innestate nello stesso contenitore di semina dei portinnesti, a condizione che essi siano sufficientemente profondi e che la densità delle piante non sia troppo elevata (Ginoux, 1974). Le condizioni ottimali prevedono di mantenere la temperatura intorno ai 20 - 25°C per almeno 72 ore dopo l’innesto; l’umidità va tenuta prossima ai livelli di saturazione per ridurre al minimo la traspirazione della piante (Privitera e Siviero, 1999). E’ consigliabile mantenere all’interno del tunnel una illuminazione da 3 a 5 klux circa (Oda, 1999). La saldatura dell’innesto avviene in circa una settimana, ma già dopo 4 - 5 giorni di permanenza nel tunnel si deve procedere ad abbassare gradatamente la temperatura e il tasso di umidità, affinché le piante giungano ad acclimatarsi all’interno del vivaio. Al 10° giorno, infine, il film plastico va rimosso completamente (Privitera e Siviero, 1999). Da questo momento le piantine sono pronte per la commercializzazione ed in attesa di essere vendute esse vengono posizionate nella zona di allevamento (Privitera e Siviero, 1999). Accorgimenti per la preparazione delle piante innestate Poiché i tassi di crescita delle piante impiegate come portinnesti e di quelle invece utilizzate come marze spesso differiscono tra loro di una quota variabile generalmente dai 2 giorni alle 2 settimane, è necessario conoscere tali differenze ed effettuare la semina dei portinnesti con il dovuto anticipo o ritardo rispetto a quella della marze. Nel caso si impieghino ibridi interspecifici (per esempio Lycopersicon lycopersicum x L. hirsutum), essi necessitano di luce per germinare, perciò è necessario curarsi di non ricoprirli con vermiculite, garantendo condizioni di luminosità. Per evitare l’eccessiva traspirazione nelle cucurbitacee è necessario ombreggiare le piantine subito dopo l’innesto (l’ombreggiamento poi va eliminato non appena l’innesto attecchisce per evitare la filatura della piante), mentre per le solanacee si rende opportuno intervenire con una parziale defogliazione della marza o distribuendo prodotti antitraspiranti. Infine è necessario porre attenzione nel non utilizzare per l’irrigazione acque che possano veicolare patogeni ed infettare le piante ed evitare ogni possibile ristagno d’acqua che potrebbe dare origine a morie delle piantine a causa di malattie fungine quali ad esempio Pythium debarianum (Privitera e Siviero, 1999). Di seguito si riporta la rappresentazione schematica dei tempi necessari per la preparazione in vivaio di piante innestate, seguita dall’indicazione dei metodi di produzione impiegati per l’innesto delle solanacee (tabella 16) e dal calendario delle operazioni da eseguire per l’innesto di pomodoro e di melanzana (tabella 17). Infine si indicano i principali operativi che si presentano nell’esecuzione dell’innesto ed in generale per la produzione di piante innestate (tabella 18). 17 - 22 giorni MARZA: SEMINA INNESTO 13 PORTINNESTO: SEMINA (1- 2 giorni prima della marza) Tabella 16: Quadro sintetico sulla produzione di piante di solanacee innestate in vivaio (da Zerbinati et al., 2003). Specie POMODORO MELANZANA PEPERONE Metodo d’innesto Contenitori Taglio obliquo (90%) Spacco in testa (10%) Taglio obliquo (73%) Spacco in testa (27%) Taglio obliquo (85%) Spacco in testa (15%) Da 40, 84 e 112 fori Produttivita’ (piante/ora/operaio) 90 - 120 Da 40, 84 e 112 fori 80 - 110 Da 40, 84 e 112 fori 100 - 110 Tabella 17: Calendario degli interventi previsti per la preparazione delle piante innestate in serre o tunnel riscaldati (da Ginoux, 1974). Marza / portinnesto MARZA: Pomodoro PORTINNESTO: Semina Ripicchettaggio Innesto Trapianto (*) Da inizio a fine novembre Da fine novembre a metà dicembre Idem Idem Da inizio a metà gennaio a temperatura di 16°C Da fine gennaio a inizio febbraio Pomodoro MARZA: Melanzana PORTINNESTO: Pomodoro Da inizio a metà dicembre Idem Da inizio a metà gennaio Da fine dicembre ad inizio gennaio Da inizio a metà febbraio a temperature di Da inizio a metà marzo 16 - 18°C (*) : Non sempre effettuato (come sopra specificato). (**): Temperatura minima notturna da mantenere per 10 - 12 giorni in seguito all’innesto. 14 Tabella 18: Problematiche associate alla tecnica dell’innesto ed indicazione di alcune misure cautelative (da Lee, 1994). Fattore Aspetti peculiari Esecuzione dell’innesto Misure cautelative Impiego di adeguati strumenti ed utilizzo dell’innesto meccanico e/o robotizzato Aspetti operativi Gestione dell’allevamento delle piante innestate Automazione per il condizionamento dei tunnel e acquisizione di esperienza Tecniche Portinnesto Selezione in base alla specie e alla cultivar Gestione della coltura Compatibilità marza – portinnesto Costo Applicazione di fertilizzanti Saltuari fenomeni di senescenza Piante di portinnesti Radici esterne Radicazione della marza Radici interne o fuse Riduzione delle fertilizzazioni e diversificazione della gestione Selezione del portinnesto e individuazione della stagione ottimale per la crescita della pianta Impiegare portinnesti meno costosi ( produrli direttamente o importarli) Attenta gestione delle piantine durante la crescita e il trapianto Differenti metodi d’innesto per evitare lo sviluppo di radici all’interno della marza 15 Influenza dell’innesto sul comportamento e sulla produzione della pianta Innestare una pianta significa fornire ad essa un apparato radicale molto diverso da quello che normalmente essa possiede, e che è in grado non solo di proteggerla dalle malattie del terreno, ma anche di influenzare significativamente il suo metabolismo con conseguenze rilevanti su molti aspetti. L’apparato radicale del portinnesto è di norma molto più robusto e vigoroso di quello di qualsiasi varietà commerciale, perciò risulta evidente che una pianta innestata presenti un maggiore assorbimento di acqua e di elementi nutritivi dal terreno. Questo determina nella coltura una produzione maggiore e prolungata (Lee, 1984), nonché talvolta un buon livello di precocità (Ginoux, 1974). Nelle piante di pomodoro innestate si riscontra in genere un aumento della produzione, accompagnato, però, da una leggera perdita di precocità. Numerose sperimentazioni hanno indicato un aumento produttivo fino al 22% (dell’ordine di 3 kg/m2) con frutti caratterizzati da un peso maggiore di circa il 15 % rispetto alle piante non innestate (figure 9, 10 e 11) (Ginoux, 1974; Colombo et al., 2003). Gli aumenti produttivi rilevati per le piante innestate sono ad ogni modo correlati al tipo di portinnesto utilizzato ed alla presenza di parassiti (Colombo et al., 2003). Per conoscere i meccanismi metabolici che stanno alla base dei mutamenti che avvengono in una pianta innestata, sono state effettuate numerose ricerche sulla traslocazione di alcune sostanze dal portinnesto alla marza. Infatti molti composti sintetizzati a livello del portinnesto esercitano poi la loro azione nella marza, apportando in essa i cambiamenti di cui sopra si è discusso. Tali cambiamenti possono talvolta esprimersi, anche se in maniera non particolarmente significativa, anche sull’espressione sessuale della pianta, come avviene nelle cucurbitacee (Lee, 1994). E’ importante segnalare che l’azione del portinnesto può dipendere in larga misura dall’influenza dei parametri ambientali, in primo luogo può essere incrementata dalle alte temperature (Lee, 1994). 1) L’apparato radicale del portinnesto è anche sede di produzione di ormoni, in prevalenza citochinine (derivati della adenina e determinanti per la divisione cellulare e la differenziazione tissutale) (Matta et al., 1996); essi vengono trasportati dal flusso xilematico e la loro concentrazione all’interno della pianta aumenta sensibilmente (Lee, 1994) con conseguenze positive sulla crescita della pianta e con possibili effetti di ritardo della senescenza (Matta et al., 1996). 2) Le numerose sperimentazioni condotte hanno mostrato che l’innesto influisce anche sulla qualità dei frutti prodotti. Le caratteristiche dei frutti prodotti da una pianta sono determinate geneticamente e come tali vengono ereditate, eppure un determinato portinnesto può esercitare una notevole influenza sulla loro manifestazione. In particolare sono stati rilevati miglioramenti in termini di pezzatura dei frutti, mentre l’azione sui caratteri qualitativi, quali la forma e il colore del frutto e le peculiarità della buccia e della polpa, nonché sul contenuto di solidi solubili, si rivelano spesso in termini negativi, ossia con cali qualitativi (Lee, 1994). 3) Un aspetto molto ricercato dagli agricoltori è rappresentato dalla resistenza alle basse temperature che l’innesto può indurre nella pianta (Lee, 1994). Resta da precisare che in ogni caso gli effetti di un portinnesto sulle prestazioni della coltura sono molto variabili, soprattutto in relazione alla cultivar che viene impiegata come marza (Lee, 1994). 16 In tabella 19 si fornisce un quadro riassuntivo dell’influenza negativa che il portinnesto esercita sulle caratteristiche della pianta. Figura 9: Andamento della produzione delle piante di pomodoro (in kg/pianta) non innestate ed innestate con spacco in testa o con taglio laterale (da Ginoux e Dauple, 1985). Figura 10: Andamento della produzione di cultivar (in kg/m2) di pomodoro (da Ginoux, 6 5 4 non innestata 3 2 innestata mediante spacco in testa 1 innestatta mediante taglio laterale 0 11 18 Maggio 25 1 6 13 20 Giugno 27 6 Luglio 1974.). 10 8 6 non innestata innestata su KNVF 4 2 0 stagione colturale Figura 11: Ripartizione percentuale della produzione di bacche di pomodoro, classificate secondo 4 diverse classi di calibro (mm) a 4 diverse date di raccolta, di piante innestate e non innestate (da Ginoux, 1974). 17 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% non innestata 67-77 57-67 47-57 40- 47 innestata su KNVF Tabella 19: Quadro riassuntivo degli aspetti principali della pianta su cui il portinnesto esercita un’influenza (da Lee, 1994). Caratteristiche della pianta Problemi causati dall’innesto Eccessivo rigoglio vegetativo Crescita Disordini fisiologici Qualità dei frutti Possibili misure per attenuare gli effetti dannosi Controllo della dotazione di elementi nutritivi del suolo e limitazione nell’apporto di fertilizzanti Selezione del portinnesto per ridurre gli apporti di acqua e di elementi nutritivi Modifiche nell’aspetto Appropriata gestione della coltura Scarso sapore Selezione della cultivar e del portinnesto Quantità di solidi solubili Controllo della dotazione di elementi nutritivi del suolo Bande gialle nella polpa - (su anguria a polpa rossa) Marciume interno Modifiche nella forma Applicazioni fogliari di calcio e riduzione della fertilizzazione azotata Selezione del portinnesto 18 Influenza dell’innesto nel contenimento dei parassiti tellurici L’innesto delle solanacee e delle cucurbitacee è stato impiegato a partire dagli anni Cinquanta (Horsfall e Dimond, 1959; Goidanich, 1959), conducendo a risultati positivi in particolare nei confronti di: Pyrenochaeta lycopersici su pomodoro e melanzana (Garibaldi, 1989; Morra et al., 1992). Verticillium dahliae su pomodoro e melanzana (Garibaldi, 1968; Lockwood et al., 1970; Trentini e Maioli, 1989). Fusarium oxysporum f.sp. melonis e F. oxysporum f.sp niveum su melone e cetriolo (Louvet, 1955; Trentini e Maioli, 1989; Trionfetti Nisini et al., 1999). Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici su pomodoro (Wood, 1967; Kuniyasu e Yamakawa, 1983) Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici su pomodoro (Franceschini et al., 1996). Fusarium oxysporum f.sp. niveum e Verticillium spp. su anguria (Morra et al., 1996) Phytophthora capsici su peperone (Garibaldi et al., 1975). Malattie batteriche da Pseudomonas solanacearum su pomodoro (Obrero, 1969; Obrero et al., 1971). Virus del mosaico del tabacco (TMV) su pomodoro (Arroyo e Selman, 1976). Nematodi galligeni su diverse specie (Porcelli et al., 1990; Morra et al., 1992; Morra et al, 1996). I portinnesti disponibili sul mercato per pomodoro e melanzana Come già precisato precedentemente, il successo della pratica dell’innesto ai fini del contenimento delle avversità e del rendimento della coltura dipende in larga misura dalla scelta del portinnesto da utilizzare. Attualmente il mercato fornisce un’ampia gamma di specie e varietà utilizzabili come portinnesti e l’agricoltore deve essere in grado di scegliere tra di essi in base principalmente alle avversità che necessita di combattere ed alla specie e cultivar da innestare, ponendo attenzione per quest’ultima affinché sia compatibile il più possibile con il portinnesto scelto. Si fornisce di seguito un quadro delle affinità tra di essi e le principali Solanacee coltivate: pomodoro, melanzana e peperone (tabella 20). 19 Tabella 20: Affinità delle principali specie coltivate nei confronti di diverse specie di portinnesti nella famiglia delle Solanacee (da Beyres, 1974). (+: scarsa affinità; ++: media affinità; +++: buona affinità; ++++: ottima affinità) Marze POMODORO PEPERONE MELANZANA Pomodoro ++++ + ++++ Melanzana ++++ + ++++ + ++++ + Tabac xanthi +++ + ++ Datura stramonium +++ + +++ Solanum torvum ++ + ++++ Solanum integrifolium +++ + ++++ Solanum stramonii-florum +++ + ++ + + + Portinnesti Peperone Solanum sessiflorum Nella pratica delle realtà produttive i portinnesti impiegati sono principalmente degli ibridi interspecifici o intraspecifici, ma talvolta vengono impiegate alcune specie o varietà del genere Solanum. 20 Portinnesti impiegati per pomodoro e melanzana Specie del genere Solanum Solanum torvum Specie affine alla melanzana originaria dell’India e presente nel Sud-Est Asiatico, in Australia, nell’America centrale e nell’Africa tropicale. E’ una pianta perenne a portamento arbustivo e di altezza dai 3 ai 5 metri; le foglie presentano spine, i fiori sono bianchi e raccolti in corimbi e i frutti sono piccole bacche brune contenenti numerosi e piccoli semi; i semi germinano irregolarmente nei primi 6 mesi dopo la raccolta e regolarmente per i 30 mesi successivi. Il tempo necessario per il raggiungimento dello stadio ottimale per l’innesto è di circa 80 - 90 giorni, al fine di avere un sufficiente numero di foglie. Questa specie è impiegata con successo per l’innesto della melanzana, alla quale conferisce un marcato e prolungato vigore vegetativo (in particolare a livello dell’apparato radicale) ed una buona rusticità, nonché induce significativi aumenti produttivi. S. torvum presenta livelli interessanti di resistenza / tolleranza ai seguenti patogeni: - Pseudomonas solanacearum - Phytophthora nicotianae var. parasitica - Fusarium solani - Fusarium oxysporum f.sp. melongenae - Verticillium spp. - Pyrenochaeta lycopersici - Nematodi del genere Meloidogyne (Porcelli et al., 1990; Morra et al., 1992; Serges et al., 2000; Colombo et al., 2003). Solanum aethiopicum Specie originaria dell’Africa centro - orientale, a ciclo annuale e alta fino a 1 metro; è glabra e produce fiori bianchi o violetto - pallidi e frutti rosso brillanti a maturità; i semi germinano rapidamente e sono molto simili a quelli della melanzana. Questa specie non conferisce aumenti nella produzione delle piante e risulta tollerante nei confronti di: - Pseudomonas solanacearum - Fusarium solani - Phytophtora parasitica Essa è invece sensibile a: - Verticillium dahliae - Nematodi del genere Meloidogyne (Porcelli et al., 1990; Morra et al., 1992). 21 Solanum sysimbrifolium Specie originaria dell’America del Sud; essa è morfologicamente un arbusto a forte tendenza pollonifera e alto circa 1,5 - 1,8 metri. Presenta fusti e foglie molto spinosi, queste ultime dal margine molto frastagliato, e produce frutti piccoli e rossi. L’impiego di questa specie è indicato solo per la melanzana, alla quale conferisce un marcato e prolungato vigore vegetativo accompagnato da soddisfacenti incrementi produttivi (seppur inferiori a quelli ottenuti dall’impiego di S. torvum). Il tempo necessario per il raggiungimento dello stadio ottimale per l’innesto è di circa 80 - 90 giorni, al fine di avere un sufficiente numero di foglie. Essa è resistente / tollerante a: - Verticillium dahliae - Nematodi del genere Meloidogyne (Porcelli et al., 1990; Morra et al., 1992). Altre specie Cyphomandra betacea Lycopersicon lycopersicum ecotipo Giallo di Castellana Specie originaria del Perù e del Sud del Brasile che si è diffusa anche nell’Africa orientale e nell’Ovest Asiatico. E’ una pianta perenne e sempreverde, alta fino a 3 metri, i cui frutti hanno un sapore molto simile al pomodoro. Essa presenta un ciclo precocissimo ed è capace di vegetare e riprodursi in condizioni di scarsa luminosità ( in quanto possiede una buona efficienza fotosintetica) e basse temperature ( fino a 8°C). L’impiego di questa specie è indicato solo per la melanzana (Porcelli et al., 1990; Morra et al., 1992). Si tratta di una popolazione originaria della Murgia Sud - orientale pugliese, la quale si è adattata a condizioni di stress idrici e/o termici. E’ una pianta annua di tagli contenuta, con un buon vigore vegetativo durante le prime fasi di sviluppo (fino a 8 -10 foglie); produce frutti di forma ovale - rotonda (tipo never - ripe) e di colore giallo - arancione a maturazione. Sono stati osservati buoni risultati vegeto - produttivi delle piante innestate su tale specie (Porcelli et al., 1990; Morra et al., 1992). 22 Ibridi interspecifici F1 di pomodoro Beaufort e He-man Dro 100 Si tratta di ibridi di tipo KNVF ottenuti dall’incrocio di Lycopersicon lycopersicum x Lycopersicon hirsutum, i quali possiedono un buon livello di resistenza al freddo. Essi presentano resistenza ai seguenti patogeni: - Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici - Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici, razza 1 e 2 - Dydimella lycopersici - Virus del mosaico del tabacco (TMV). Inoltre essi sono tolleranti a: - Pyrenochaeta lycopersici - Verticilluim - Nematodi del genere Meloiodogyne (escluso M. hapla) (Serges et al., 2000; Colombo et al., 2003). Ibrido di recente introduzione, mediamente vigoroso, che presenta resistenza a: - Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici - Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici, razza 1 e 2 - Dydimella lycopersici (AA.VV., 2003). Esso non presenta resistenza a TMV allo scopo di diminuire la disaffinità con le cultivar (che sono ad esso sensibili); perciò questo portinnesto va impiegato dove non vi siano gravi rischi di infezione del suddetto virus. Ibridi intraspecifici di pomodoro Energy F1 E’ ottenuto tramite incroci tra parentali di pomodoro e presenta portamento compatto e vigoroso; esso risulta resistente a: - Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici - Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici, razza 1 e 2 - Virus del mosaico del tabacco (TMV). Inoltre questo ibrido presenta tolleranza a: - Pyrenochaeta lycopersici - Verticilluim dahliae - Nematodi del genere Meloiodogyne (escluso M. hapla) (Serges et al., 2000; Colombo et al., 2003). 23 Ibrido a portamento indeterminato e vigoroso, impiegato in Francia per la melanzana, sulla quale induce un buon impulso vegetativo ma presenta talvolta problemi di disaffinità. Esso necessita di circa 44 - 45 giorni per il raggiungimento dello stadio ottimale per l’innesto, al fine di avere un sufficiente numero di foglie. Questo ibrido può determinare incrementi produttivi solo se in combinazione con alcune cultivar; è dotato di resistenza a: - Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici (1 razza) - Verticillium dahliae - Cladosporium fulvum (5 razze) - Virus del mosaico del tabacco (TMV). Esso è inoltre tollerante a: - Pyrenochaeta lycopersici - Nematodi galligeni (Morra et al., 1992) HF1 “Kyndia” Le osservazioni sperimentali eseguite sui suddetti ibridi intraspecifici mostrano che essi non stimolano un aumento nella vigoria delle piante innestate, conducendo, di conseguenza, a non rilevare significativi aumenti produttivi rispetto alle piante non innestate. Al contrario, i portinnesti interspecifici di tipo KNVF, inducendo nella pianta un incremento del vigore vegetativo, portano risposte produttive sensibilmente superiori (Morra, 1997). I portinnesti più impiegati in Italia, sono: Energy, Beaufort e He-man (Zerbinati et al., 2003). Le caratteristiche principali dei portinnesti più utilizzati per il pomodoro sono riportate in tabella 21. Tabella 21: Alcuni portinnesti tra i più impiegati per il pomodoro (da AA.VV., 1999; AA.VV., 2003). Germinazione Temperatura ottimale Portinnesto (°C) Tempo (giorni) Intervallo di semina tra portinnesto e marza Tipo di innesto consigliato Attecchimento (%) (giorni) Beaufort 23 7 9 Taglio obliquo 95 He- man 18 - 20 3-4 25 - 35 Spacco in testa 95 Dro 100 23 7 7 Spacco in testa 95 Energy F1 25 3-5 4-6 Approssimazione, taglio obliquo, 95 - 98 spacco in testa Approssimazione, Kyndia F1 25 3-5 4-6 taglio obliquo, 95 - 98 spacco in testa Effetti dell’innesto sul pomodoro nei confronti dei parassiti tellurici 24 La scelta di un determinato portinnesto è importante sia effettuata in base all’affinità che esso ha con la varietà che si intende coltivare, anche in relazione al grado di parentela che esiste tra i due bionti. Un effetto generale dell’impiego dell’innesto, quindi del susseguirsi di un portinnesto resistente su un terreno infestato durante i successivi cicli, è quello di ridurre sensibilmente la carica di inoculo dei parassiti presenti. L’effetto collaterale negativo è però rappresentato dalla notevole pressione selettiva esercitata, con conseguente possibilità di superamento della resistenza da parte dei patogeni grazie allo sviluppo di nuovi ceppi. In linea generale l’azione dei portinnesti nei confronti dei parassiti tellurici può essere descritta nel modo seguente: Gli ibridi interspecifici di tipo KNVF (soprattutto Beaufort F1) risultano maggiormente efficaci nei confronti della suberosi radicale (Pyrenochaeta lycoperisici), mentre verso i nematodi presentano un livello di tolleranza decisamente minore (in particolare ancora Beaufort F1). Gli ibridi intraspecifici esercitano la loro azione al meglio verso i nematodi galligeni, come è stato dimostrato nello specifico per l’Energy F1, il quale, però, presenta una scarsa tolleranza verso Pyrenochaeta lycoperisici. Entrambi sono estremamente validi nei confronti delle tracheomicosi. A parità di condizioni, ed in particolare negli ambienti meridionali, è da preferire l’impiego degli ibridi interspecifici, poiché ad un’elevata resistenza alla suberosi radicale essi uniscono una discreta tolleranza ai nematodi galligeni; mentre gli ibridi intraspecifici, pur avendo una buona resistenza ai nematodi, presentano una sensibilità alla suberosi radicale troppo elevata e che può, perciò, causare danni significativi. Anche l’ambiente in cui il pomodoro viene coltivato assume una sua rilevanza sull’effetto dei diversi portinnesti. Infatti, nell’ambiente mediterraneo, che caratterizza le zone di coltivazione in Italia, ci si trova in presenza di temperature in media decisamente elevate e di suoli in prevalenza a tessitura sabbiosa; in tali condizioni i risultati migliori vengono forniti dalle combinazioni di pomodoro con i portinnesti che presentano la maggiore affinità fisiologica con esso, ossia gli ibridi interspecifici (Beaufort e He-man F1) o intraspecifici (Energy F1) (Morra et al., 1997; Serges et al., 2000; Colombo et al., 2003). 25 L’ impiego dell’innesto nelle specie orticole: considerazioni tecniche e problematiche relative L’utilizzo di piante innestate tra le specie orticole deve essere deciso facendo riferimento ad alcuni criteri per la valutazione della convenienza. Esse presentano costi elevati che stanno alla base dello scetticismo degli agricoltori di fronte all’uso di questa tecnica come metodo di difesa delle piante. Tale diffidenza non è giustificata, in quanto gli alti costi delle piante innestate spesso sono compensati dal mancato impiego di altre strategie di lotta; inoltre l’uso di piante innestate spesso genera aumenti produttivi che contribuiscono ad aumentarne la convenienza economica. Il peso esercitato dai costi delle piante innestate varia, inoltre, in relazione al portinnesto impiegato, ossia è più elevato per gli ibridi intraspecifici e interspecifici e meno per gli ecotipi selvaggi. Il singolo impiego dell’innesto, pur rappresentando uno strumento utile per il contenimento delle avversità causate dai parassiti del terreno, spesso non è del tutto soddisfacente; esso, piuttosto, fornisce i risultati migliori se inserito all’interno di un programma dove diversi mezzi di lotta si susseguono a seconda delle diverse situazioni in cui la coltura può venire a trovarsi: in tal modo l’applicazione dei criteri di lotta integrata può contribuire in modo significativo a ripristinare i fondamentali equilibri biologici dell’ecosistema del terreno (Morra, 1997). Avvizzimenti di natura non parassitaria su piante di pomodoro innestate Recentemente sono stati osservati, inizialmente in Sardegna nel 1996 (Franceschini et al.) ed in seguito in Sicilia e in Liguria, fenomeni gravi di avvizzimenti di piante di pomodoro innestate, di cui è stata dimostrata la natura non parassitaria. Le segnalazioni rilevate in Sardegna riguardavano l’innesto della cv “Camone” sui portinnesti “Energy” e “Nikita”, per i quali sono stati rinvenuti casi di collassi irreversibili delle piante per una percentuale del 3%; tali collassi sono stati osservati in maniera particolare su piante allevate a stelo doppio e durante il passaggio dalla stagione invernale e quella primaverile. Gli autori che hanno eseguito queste valutazioni hanno ritenuto di imputare il fenomeno ad uno sviluppo dell’apparato radicale troppo ridotto rispetto quello della parte epigea e ad una riduzione del trasporto della linfa a livello del punto d’innesto (soprattutto nelle piante in cui l’innesto non era stato eseguito in maniera del tutto corretta). I casi di avvizzimenti evidenziati nel territorio ligure (nelle zone di Imperia e Albenga) mostrano, invece, un’incidenza del fenomeno estremamente più rilevante, giungendo ad interessare fino ad oltre il 50% del totale delle piante messe a dimora. Tali segnalazioni riguardavano l’innesto delle cv “Cuore di bue” (del tipo “Pearson”), varietà tipica e molto apprezzata in Liguria, e di “Marmande Raf”sui portinnesti “He - man” ed “Energy”; inoltre numerosi coltivatori e vivaisti avevano messo in evidenza numerosi casi di fenomeni analoghi anche con l’uso di altri portinnesti (Minuto e Garibaldi, 2001). Sulle piante innestate in Liguria che subiscono questa alterazione è stata osservata la seguente sintomatologia: 1) appassimento violento seguito da avvizzimento ed, infine, da un vero e proprio collasso della pianta successivamente all’allegagione di almeno il primo palco; 2) l’avvizzimento risulta più grave durante la fase di maturazione ed ingrossamento dei frutti, potendo in questo caso manifestarsi in maniera improvvisa in seguito ad appassimenti di molto breve durata (1 - 2 giorni); 26 3) il collasso delle piante è stato riscontrato in maniera più grave nel periodo tardo-primaverile ed estivo, mostrando quindi una correlazione direttamente proporzionale con la temperatura, ed in generale con le condizioni ambientali in cui si trova la coltura; 4) spesso si osserva nelle piante collassate un’abbondante emissione di radici avventizie da parte della marza per un tratto compreso tra i 5 e i 30 centimetri al di sopra del punto d’innesto; 5) l’apparato vascolare del portinnesto e l’area di saldatura dei due bionti nelle piante avvizzite presentano un’evidente alterazione cromatica, con la comparsa di una colorazione bruna (tanto più marcata quanto più è avanzato lo stadio di avvizzimento della pianta) facilmente osservabile mediante scortecciamento del fusto (Minuto e Garibaldi, 2001; Colombo et al., 2003). E’ possibile formulare alcune ipotesi sulle cause che conducono alla manifestazione dei sintomi di collasso. Il portinnesto potrebbe essere incapace di sopperire al fabbisogno idrico della marza L’emissione di radici avventizie da parte della marza rappresenta un’evidente risposta ad una carenza idrica, a cui essa probabilmente cerca di far fronte producendo nuovo apparato radicale. Simili osservazioni sono state effettuate in Sicilia innestando le cv “Naomi”di tipo “cherry”, “Iride” del tipo “datterino”, “Raf-Marmande” e “Cuore di bue su “Beaufort”, “He-man” ed “Energy””. I fenomeni di collasso delle piante si sono manifestati in maniera del tutto simile a quelli rilevati in Liguria, seppur essi siano stati riscontrati in diversi momenti dell’anno ed in corrispondenza di diverse fasi fenologiche, a causa del clima caratterizzato da temperature più elevata rispetto alla Liguria. Inoltre è stato dimostrato che in alcuni casi il decorso letale di questa alterazione può essere evitato mediante rincalzatura delle piante, in modo tale da favorire l’affrancamento della marza: tale operazione rende vana la resistenza del portinnesto ai parassiti tellurici ma dimostra chiaramente come gli avvizzimenti siano da imputare al rapporto marza- portinnesto (Colombo et al., 2003). Le prime sperimentazioni condotte in Liguria e in Sicilia nel 2000 hanno indicato che utilizzando “Beaufort” come portinnesto sulle piante non si manifesta alcuna alterazione: esso, perciò, rappresenta finora l’unico portinnesto in grado di evitare l’insorgere di collassi della coltura (Minuto e Garibaldi, 2001; Colombo et al., 2003). I collassi di natura non parassitaria riguardano solo determinati portinnesti e solo certe combinazioni marza/portinnesto, probabilmente accentuati da determinate condizioni climatiche. Altre segnalazioni di incompatibilità marza/portinnesto Oltre alle segnalazioni sopra riportate, in letteratura non si individuano simili alterazioni sino al 1960; in quegli anni, infatti, vennero segnalati in Sud-America fenomeni di collasso di arancio dolce innestato su arancio amaro. Tali fenomeni vennero spiegati come effetto di infezioni da CTV (virus della tristezza degli agrumi): il virus veniva trasmesso dalla marza, la quale risulta poco sensibile al virus, al portinnesto, la cui sensibilità al virus è, invece, molto elevata (Horsfall e Dimond, 1960; Matta et al., 1996). I sintomi manifestati da questa alterazione consistono in marciumi radicali, butteratura sottocorticale ed ingrossamento della marza sopra il punto d’innesto, dovuti alle necrosi cui va incontro il floema del portinnesto, con rapido sviluppo della malattia (Matta et al., 1996). Per evitare il manifestarsi di tale complicazione fitopatologica è necessario impiegare portinnesti tolleranti (Matta et al., 1996). 27 Aspetti favorevoli all’impiego dell’innesto 1. Le problematiche di carattere ambientale (vedi capitolo precedente) e le conseguenti misure legislative che sono state emesse dalle autorità internazionali per l’eliminazione dal mercato del bromuro di metile e la tendenza a ridurre in generale gli interventi di lotta chimica, fanno sì che l’innesto sia potenzialmente un metodo di lotta molto efficace in grado di escludere quasi tutti gli interventi di difesa da parassiti di origine tellurica (Garibaldi e Gullino, 1995; Gullino et al., 1999; Colombo et al., 2003). 2. L’impiego di cultivar resistenti rappresenta di per sé la scelta più conveniente e più efficace contro le malattie delle piante. Il lavoro di ricerca e di sperimentazione per giungere a creare una cultivar resistente è non solo lungo, ma anche dispendioso in termini sia economici sia operativi. I risultati forniti dall’impiego di una cultivar resistente sono certamente soddisfacenti per ridurre le perdite e garantire alla coltura una buona produzione ed un buon reddito, ma spesso tali risultati sono di breve durata. Ciò è causato dai mutamenti a cui sono spesso soggetti i gusti dei consumatori, ma la maggior difficoltà è rappresentata solitamente dalla perdita di resistenza di una pianta di fronte alla selezione di nuove razze del patogeno, dovuta all’elevata pressione selettiva esercitata dalle cultivar resistenti. Per far fronte a questo grave inconveniente è possibile utilizzare la resistenza applicandola alla pratica dell’innesto, incorrendo così in tempi di selezione molto più brevi, e potendo nello stesso tempo utilizzare sempre le varietà commerciali più interessanti (senza doverne variare il corredo cromosomico), incorrendo in minori rischi di attività selettiva sul patogeno e quindi di superamento della resistenza (Garibaldi e Gullino, 1995; Gullino et al., 1999; Colombo et al., 2003). 3. Una pianta innestata spesso possiede maggiori capacità produttive e fornisce una migliore qualità dei frutti, nonché presenta un maggiore vigore vegetativo rispetto ad una pianta non innestata: ciò conduce ad aumentare i ricavi e quindi ad ampliare il margine di convenienza dell’acquisto di piante innestate. Infine, sono stati rilevati effetti benefici dell’impiego dell’innesto in termini i aumenti della resistenza al freddo e alla salinità del suolo delle piante e di incrementi negli apporti di acqua ed elementi nutrititivi (Oda, 1995). 28