stress idrico: prevenzione e meccanismi

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Le basi
di ACER
Sintesi dei principali
concetti di arboricoltura
A cura di Alessio Fini, Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università degli Studi di Firenze
STRESS IDRICO:
PREVENZIONE E MECCANISMI
95 • ACER 5/2009
Francesco Ferrini
E
Ove manca lo spazio per realizzare buche d’impianto di dimensione
sufficiente, lo scavo di una trincea è una soluzione che aumenta la
superficie di suolo libero, quindi l’infiltrazione di acqua piovana.
utile metodo per incrementare la
capacità di scambio e mantenere l’umidità del suolo, ridurre l’evaporazione e, conseguentemente, diminuire l’incidenza e la
severità dello stress idrico (5).
La sostituzione di pavimentazioni non pervie con altre permeabili all’acqua e ai gas (per es.
posate su sabbia) è un ulteriore
modo per migliorare lo status
idrico delle piante. Se l’irrigazione è fondamentale per garanti-
re la sopravvivenza dei nuovi
impianti nei primi anni dopo la
messa a dimora (6), anche la preparazione del materiale vegetale riveste un ruolo di primaria
importanza. Ecco perchè la
potatura radicale va effettuata
periodicamente durante la fase
in vivaio (vedi Le basi di Acer,
ACER n. 3/08), mentre è del tutto sconsigliabile, in presenza di
materiale di adeguata qualità, la
potatura della chioma dopo la
messa a dimora, poiché essa
riduce drasticamente la rigenerazione radicale. L’acclimatazione in vivaio, praticando tecniche
di deficit irrigation, è un’altra tecnica per ridurre gli effetti della siccità nella fase post trapianto (1).
Tale tecnica consiste nell’applicare, nei mesi antecedenti il trapianto, un quantitativo di acqua
irrigua sub-ottimale, ovvero irrigando giornalmente in modo da
fornire il 25 - 50% dell’acqua
evapotraspirata. Questa metodologia di coltivazione fornisce
piante più piccole, con un rapporto tra le radici e la parte aerea
spostato in favore della parte
ipogea; può inoltre portare ad
adattamenti morfologici e fisiologici tipici delle diverse specie e,
in definitiva, permette di ottenere individui maggiormente adattati a sopravvivere in condizioni
di deficit idrico e in grado di
mostrare ritmi di crescita posttrapianto superiori a quelli di
piante normalmente irrigate (7).
Strategie di tolleranza
Le specie vegetali hanno evoluto, a seconda dell’areale di
appartenenza, una serie di meccanismi di tolleranza nei confronti
della siccità, che si esplicano a
vari livelli, dalla singola cellula
alla pianta intera. Esistono, principalmente, tre modalità di tollerare lo stress idrico, dette: drought avoidance, drought tolerance e drought escape. Le specie
vegetali che adottano la modalità di drought avoidance non
sono in grado di modificare attivamente il potenziale osmoti-
▼
sistono alcune tecniche
agronomiche e progettuali per limitare l’incidenza e la severità dello stress
idrico. In ACER 4/09 si è parlato
di come il sottodimensionamento della buca d’impianto e l’uso
di pavimentazioni non pervie
riducano drasticamente la crescita radicale e la permeabilità
dell’interfaccia suolo-atmosfera
all’acqua e all’ossigeno. Ciò
determina effetti negativi sulla
fisiologia dell’albero. Di conseguenza, l’ampliamento della
buca d’impianto e della superficie libera non pavimentata
offrono un indubbio beneficio
nel migliorare lo status idrico
della pianta.
Un recente studio ha dimostrato
come aceri ricci (Acer platanoides L.) messi a dimora in buche
con superficie libera di 6,25 m2
mostravano, il secondo e il terzo anno dopo l’impianto, maggiore fotosintesi, efficienza d’uso
dell’acqua, contenuto di clorofilla e di nutrienti fogliari rispetto a
piante messe a dimora in buche
d’impianto di 1 m2 (4). Qualora lo
spazio a disposizione delle piante non sia ritenuto sufficiente, è
possibile disporre gli alberi,
anziché in buche singole, in trincee (3). Inoltre, è possibile
aggiungere al suolo ammendanti per aumentarne la capacità di ritenzione idrica, anche
se i risultati non sono sempre
soddisfacenti e dipendono dalla qualità e dalla quantità del
materiale usato e dalle caratteristiche del suolo originario (8; 4).
La pacciamatura organica è un
Le basi
di ACER
▼
co fogliare, quindi rispondono
allo stress idrico attuando opportuni accorgimenti in grado di evitare che il potenziale idrico
fogliare divenga eccessivamente negativo, anche a costo di
sacrificare temporaneamente
l’assimilazione di CO2. Tali accorgimenti includono la precoce
chiusura degli stomi (per es. Tilia
tomentosa), la filloptosi anticipata (per es. molte Euphorbiaceae)
(strategia water saving) o la
capacità di sviluppare radici
profonde e xilema con grande
conduttività idraulica per essere
in grado di assorbire e trasportare efficacemente acqua alle
foglie e ripristinare quella persa
per traspirazione (per es. Ceratonia siliqua) (strategia water
spending).
Le specie vegetali che attuano la
modalità di drought tolerance riescono a sopportare grandi variazioni nel potenziale idrico senza
che la pressione di turgore scenda al di sotto del punto di zero
turgore. Ciò è possibile mediante aggiustamento osmotico, cioè
accumulo di soluti compatibili
(ioni, carboidrati e acidi organici) e mediante variazioni nell’elasticità della parete cellulare e dei
tessuti (11). L’accumulo di soluti
compatibili cellulari, che può arrivare fino al 10% del peso secco,
fa sì che la diminuzione del
potenziale idrico fogliare sia causata in larga parte dalla variazione del potenziale osmotico,
lasciando pressoché invariata la
pressione di turgore e mantenendo la turgidità della cellula.
L’aggiustamento osmotico è tipico di molte specie appartenenti
alla famiglia delle Oleaceae.
Sebbene questa strategia abbia
un notevole costo metabolico,
poiché i fotosintetati vengono
convertiti in soluti compatibili
anziché in glucosio per la crescita, permette di mantenere una
sufficiente attività fotosintetica
anche in condizioni di stress. Le
variazioni dell’elasticità della
parete cellulare, invece, permettono alle cellule di tollerare ampie
variazioni di potenziale con piccole variazione nella turgidità
della cellula. La modalità drought
escape è, invece, esclusiva di
specie erbacee annuali e viene
attuata fiorendo e fruttificando
prima del sopraggiungere del
periodo siccitoso.
TABELLA 1 - SPECIE ARBOREE ORNAMENTALI TOLLERANTI E SENSIBILI ALLO STRESS
IDRICO E SPECIE CAPACI DI AGGIUSTARE OSMOTICAMENTE IN RISPOSTA ALLA SICCITÀ
Buona tolleranza
allo stress idrico
Acer campestre
Ginkgo biloba
Gleditsia triacanthos
Koelreuteria panicolata
Pyrus calleryana
Quercus robur
Robinia pseudoacacia
Sophora japonica
Ulmus parvifolia
Scarsa tolleranza
allo stress idrico
Acer rubrum
Amelanchier spp.
Betula spp.
Cercidophyllum japonicum
Corylus colurna
Liriodendron tulipifera
Liquidambar styraciflua
Ostrya spp.
Prunus da fiore
Specie capaci
di aggiustamento osmotico
Celtis occidentalis
Citrus sinensis
Cornus florida
Eucalyptus spp.
Fraxinus spp.
Juglans nigra
Olea europaea
Populus spp.
Quercus spp.
(Modificato da: Kozlowski e Pallardy, 2002; Bassuk et al., 2003).
Adattamenti
morfologici
Esistono inoltre alcuni adattamenti morfologici in grado di limitare le perdite d’acqua. Tra questi
si ricordano i seguenti.
• Cripte stomatiche: gli stomi
sono infossati nell’epidermide
per limitare la traspirazione.
• Cuticola ispessita e impregnata di cere, al fine di ridurre la traspirazione cuticolare
(per es. carrubo).
• Tomentosità fogliare: riduce
la traspirazione e il surriscaldamento fogliare.
• Microfillia: foglie piccole hanno uno strato limite di spessore ridotto e ciò facilita il dis-
sipamento radiativo del calore e il raffreddamento della
foglia, anche in presenza di
limitata traspirazione.
• Alterazione dell’angolo di inserzione delle foglie: riduce
la radiazione incidente, riducendo la temperatura e lo
stress ossidativo causato dall’eccesso di radiazione.
A livello ecologico, l’entità e l’efficacia degli adattamenti morfofisiologici allo stress idrico dipende in larga parte dall’areale in cui
le specie si sono evolute. La conoscenza approfondita dei meccanismi messi in atto da ciascuna
specie sarebbe di grande aiuto sia
per il miglioramento genetico, sia
per un’accurata pianificazione
paesaggistica effettuata in considerazione del cambiamento climatico in atto. Tale pianificazione
non può prescindere dai risultati di
alcune ricerche che, già da alcuni
anni, mirano a valutare le esigenze idriche delle diverse specie
vegetali (9). Nella tabella 1 vengono riassunte le principali specie
tolleranti e non tolleranti la siccità
e quelle in grado di aggiustare
osmoticamente.
Bibliografia
1) ARREOLA J., FRANCO J.A., VICENTE
M.J., M ARTINEZ -S ANCHEZ J.J.,
2006. Effect of nursery irrigation
regimes on vegetative growth
La tolleranza allo stress idrico
tra specie dello stesso genere
possibile che esistano differenze nella tolleranza allo stress idrico anche tra specie facenti parte
dello stesso genere. Conoscere queste differenze è di indubbio aiuto per una pianificazione sostenibile del paesaggio, fondata sul criterio di utilizzare la specie giusta al posto giusto.
Alcuni recenti studi hanno cercato di valutare la diversa tolleranza allo stress idrico di diverse specie di
quercia, di frassino e di tiglio, di diverse cultivar di acero riccio e di diversi ecotipi di faggio (10; 6). Per
esempio, una sperimentazione effettuata presso la Fondazione Minoprio in collaborazione con
l’Università di Firenze ha evidenziato come, tra i tigli, Tilia tomentosa, con un meccanismo di avoidance water saving, sia risultata estremamente tollerante alla siccità e molto idonea per impianti in ambiente urbano. T. cordata, un avoider water spender, sembra idonea all’impianto in ambienti ove la crescita radicale non è limitata (per es. parchi), mentre T. platyphyllos è stata la specie meno tollerante e
meno idonea per l’ambiente urbano. La stessa sperimentazione ha anche valutato eventuali differenze
nella tolleranza allo stress idrico di diverse cultivar di Acer platanoides. La sperimentazione ha messo in luce una maggior tolleranza delle cultivar ‘Emerald Queen’ e ‘Deborah’ rispetto a ‘Summershade’
che, dunque, sembra meno idonea all’impianto in ambienti siccitosi. La cultivar ‘Deborah’, pur essendo
tollerante, ha mostrato la tendenza ad abscindere parte delle foglie nei periodi secchi e ciò può penalizzarne il valore estetico. Un’altra sperimentazione effettuata in Inghilterra ha messo in luce differenze esistenti all’interno del genere Fraxinus. F. ornus, F. excelsior e F. angustifolia sono risultati maggiormente
tolleranti rispetto a F. americana e F. velutina.
È
ACER 5/2009 • 96
Le basi
di ACER
Metabolismi C4 e CAM
L
C
B
D
and root development of Silene
vulgaris after transplantation in
semi-arid conditions. Journal
of Horticultural Science & Biotechnology, 81(4): 583-592.
2) BASSUK N., CURTIS D.F., MARRANCA B.Z., NEAL B., 2003. Recommended urban trees: site assessment and tree selection
for stress tolerance . Urban
Horticulture Institute, Cornell
University, Ithaca, 127 pp.
3) FERRINI F., 2008. Fattori intrinseci
ed estrinseci al luogo d’impianto. Dispensa del Corso
“Piante Ornamentali”, C.d.L. in
Scienze Vivaistiche, Ambiente
e Gestione del Verde, Università di Firenze, A.A. 2007/08.
4) F ERRINI F., B AIETTO M., 2007.
Effect of compost-amended
backfill and paved surface
on leaf parameters and physiology of Norway maple
(Acer platanoides L.). Arboriculture & Urban Forestr y,
33(6): 386-391.
5) FERRINI F., FINI A., PELLEGRINI S.,
A G N E L L I A., P L AT I N E T T I M.,
FRANGI P., AMOROSO G., 2009.
Effects of two organic mulches on soil physical, chemical and biological properties.
Atti III convegno “The Landscape Below Ground”, Morton Arboretum, Lisle-IL, USA,
in pubblicazione.
6) F INI A., F ERRINI F., F RANGI P.,
A MOROSO G., P IATTI R., 2009.
Withholding irrigation during
the establishment phase affected growth and physiology of
Norway maple (Acer platanoides) and linden (Tilia spp.). Ar97 • ACER 5/2009
Sopra, A) Tilia tomentosa,
un avoider water saver;
B) Ceratonia siliqua,
un avoider water spender;
C) Fraxinus angustifolia,
un tolerant;
D) Avena barbata, un escaper.
boriculture & Urban Forestry, in
pubblicazione.
7) FRANCO J.A., MARTINEZ-SANCHEZ
J.J., FERNANDEZ J.A., BAÑON S.,
2006. Selection and nursery
production of ornamental
plants for landscaping and xerogardening in semi-arid environments. Journal of Horticultural Science & Biotechnology,
81(1): 3-17.
8) G ILMAN E.F., 2004. Effects of
amendments, soil additives
and irrigation on tree survival
and growth. Journal of Arboriculture, 30: 301-305.
9) MORARI F., CAMAROTTO C., GIARDINI L., 2004. Acqua di bellezza. Il
Verde Editoriale, Milano. ACER,
1:61-65.
10) PERCIVAL G.C., KEARY I.P., ALH A B S I S., 2006. An assessment of the drought tolerance of Fraxinus genotypes for
urban landscape planting. Urban Forestry & Urban Greening, 5(1): 17-27.
11) T OUCHETTE B.W., I ANNACONE
L.R., TURNER G.E., FRANK A.R.,
2007. Drought tolerance versus drought avoidance: a
comparison of plant-water relations in herbaceous wetland
plants subjected to water withdrawal and repletion . Wetlands, 27(3): 656-667.
ASSIMILAZIONE DEL CARBONIO
IN UNA PIANTA C4
CO2
Acido
ossalacetico
NSDPH + H+
Acido
fosfoenolpiruvico
AMP + 2P
NADP+
Acido
malico
ATP
Acido
piruvico
Acido malico
NADP+
Acido
piruvico
CO2
NSDPH + H+
RuDP
Cellula
del
mesofillo
Ciclo di
Calvin
PGA
(fosfoglicerato)
Zucchero
Cellula
della guaina
vascolare
(Maria Assunta Frau, mra.frau.googlepages.com/schededidattiche)
A
a fotosintesi delle specie arboree è basata su un metabolismo
definito C3: la CO2 è assimilata durante il giorno mediante l’enzima Rubisco ed entra nel ciclo di Calvin legandosi al fosfoglicerato
(vedi Le basi di Acer, ACER n. 2/07). Esistono altri tipi di metabolismo, evoluti da alcune specie in risposta alle pressioni adattative
per massimizzare l’efficienza d’uso dell’acqua, quali quello C4 e
quello CAM. Le piante CAM (es. Cactaceae) aprono gli stomi durante la notte, quando il Vpd (Vapor pressure deficit), ovvero la differenza di concentrazione di vapore acqueo tra l’interno della foglia
e l’atmosfera, è inferiore, mentre li tengono chiusi durante il giorno.
La CO2 entrata durante la notte è legata al fosfoenolpiruvato, per
formare ossalacetato, dall’enzima Pep-carbossilasi. L’ossalacetato
è convertito, con il potere riducente, in acido malico, che viene
stoccato in grande quantità nei vacuoli, che si acidificano fino a pH
3. Durante il giorno, l’acido malico viene spostato dal vacuolo ai cloroplasti e viene convertito in piruvato e CO2, che entra nel ciclo di
Calvin. Questa strategia permette l’accumulo durante la notte di
grandi quantità di CO2, che potrà venire rilasciata durante il giorno,
quando gli stomi sono chiusi, e permettere un adeguato tasso fotosintetico. Questa strategia ha un elevato costo metabolico, ma permette la sopravvivenza in ambienti aridi. Le piante C4 (per es. mais,
sorgo) attuano un meccanismo simile alle CAM, ma anziché sfasare nel tempo le fasi dell’assimilazione della CO2, le sfasano nello
spazio. Esse aprono gli stomi durante il giorno e convertono la CO2
che entra attraverso gli stomi in ossalacetato (come le CAM), il
quale viene ridotto a malato e subito trasferito nelle cellule della
guaina del fascio (struttura anatomica tipica delle graminacee). In
tal modo la concentrazione di CO2 nel mesofillo è mantenuta bassa
e la diffusione dall’esterno all’interno della foglia viene facilitata.
Nella guaina del fascio, il malato viene convertito in piruvato e CO2,
che entra nel ciclo di Calvin. Se confrontati con quello C3, i metabolismi C4 e CAM consentono, a parità di CO2 assimilata, un consumo idrico inferiore di 2-4 volte e di 10-20 volte, rispettivamente.
2-3-4 dicembre 2009
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