STORIA DELL`OCCHIALE: 1a PUNTATA

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STORIA DELL'OCCHIALE: 1a PUNTATA
11 January 2013
NELL’ANTICHITA’…
La prima puntata di questa piccola rubrica sulla storia degli occhiali inizia il suo percorso
nell’antica Grecia. Nonostante non ci siano prove riguardo all’eventuale utilizzo del vetro come
strumento correttivo, già numerose sono le scuole di pensiero che hanno cercato di spiegare il
funzionamento della vista.
Diverse sono le teorie elaborate da filosofi provenienti da scuole e influenze differenti che,
secondo lo spirito di curiosità scientifica che caratterizza la cultura dell’antica Grecia, hanno
cercato di spiegarsi come e perché riusciamo a vedere la realtà che ci circonda.
La cosiddetta ‘scuola emissionista’, ad esempio, teorizzò che la visione fosse determinata da
raggi che, uscendo in linea retta dall’occhio, finivano col posarsi sugli oggetti. Facevano parte
di questa corrente di pensiero, filosofi provenienti dalla scuola pitagorica come: Euclide,
Ipparco, Erone e Tolomeo. Tutti vissuti intorno al I e II secolo a.C. L’occhio, quindi, era
considerato la sorgente, la fonte della visione. Alcune domande rimanevano, però, senza
risposta: perché non si riesce a vedere al buio? Come mai troppa luce ferisce gli occhi? E come
spiegarsi la difficoltà di alcune persone di vedere chiaramente gli oggetti, anche da vicino?
I dubbi rimangono più o meno anche con opposte teorie esplicative. E’ il caso della ‘scuola
immisionista’, la quale teorizzava un processo di visione contrario, che dall’eterno arrivava allo
sguardo. La visione, infatti, sarebbe stata determinata da ‘eidola’ o ‘simulacra’: una sorta di
emanazioni che scaturivano dagli oggetti, come d’altronde succedeva con il calore e gli odori, e
restituivano così l’immagine all’occhio. La teoria elaborata da Leucippo, Democrito ed Epicuro,
però, non risolse i problemi soprariportati, come ad esempio la questione del buio, ma anzi,
aggiunsero nuovi dubbi. Come si muovevano i ‘simulacri’? A che velocità andavano e quanto
lontano? Come facevano i ‘simulacri’ degli oggetti grandi, come le montagne, a entrare
nell’occhio? E, se si rimpicciolivano, quando capivano il momento giusto per farlo?
LE TEORIE SULLA LUCE
Tutte queste domande, si aggiungevano ai dubbi relativi al concetto di luce. Altre due teorie,
elaborate intorno al IV e V secolo, esaminarono l’argomento. Empedocle e Platone elaborano
una teoria per cui l’occhio è come una lanterna forata, trattiene il liquido interno, ma lascia
passare la luce. Secondo Aristotele, invece, la luce era un effetto della vicinanza tra un corpo
semi-trasparente, l’occhio, e il fuoco.
Nell’antica Grecia, quindi, l’occhio era considerato sia un emettitore, sia un ricettore di un
qualcosa che ci permette di vedere. Scarsissima, se non completamente nulla, era la
comprensione della struttura e del funzionamento dell’occhio. La luce è stata descritta come
ciò che ci permette di vedere, al contrario del buio.
Per tutti, la visione rimaneva possibile per mezzo di raggi o ‘simulacri’, nessun interesse o
segno di comprensione è dimostrato nei confronti dei difetti visivi, e quindi della loro correzione.
Nel mondo Romano, Seneca, osservò l’esistenza della possibilità di vedere gli oggetti
ingranditi attraverso una bottiglia d’acqua, ma attribuì questa proprietà all’acqua, non al vetro.
Inoltre, una curiosa informazione riportata da Plinio, ci racconta di come Nerone fosse solito
guardare i giochi tra gladiatori attraverso uno smeraldo. Ora, l’imperatore è noto alla storia
come un personaggio a dir poco eccentrico, quindi è probabile che quest’abitudine non fosse
nient’altro che il suo ennesimo vezzo. Tuttavia, nulla esclude che, senza saperlo, l’imperatore
traesse vantaggio dall’effetto riposante sugli occhi del colore verde o che, addirittura, la
particolare forma dello smeraldo contribuisse a correggere un difetto visivo di Nerone.
Gli antichi Greci e Romani, quindi, non avevano la fortuna di poter usare nessun modello
rudimentale che si avvicinase ai nostri occhiali contemporanei. E’ molto probabile, però, che gli
antichi conoscessero le lenti convergenti, visto che ne ‘Le Nuvole’ di Aristofane, commedia
andata in scena per la prima volta nel 423 a.C., si fa riferimento a quella che potrebbe essere
una lente convergente ustoria, utilizzata per accendere il fuoco.
STREPSIADE: “Hai tu veduto presso i droghieri questa bella pietra trasparente, con cui si
accende il fuoco?”
SOCRATE: “Non è forse del vetro che vuoi dirmi?”
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