L'Attentional Bias e le applicazioni cliniche dell'Attentional Bias Modification Training Battagliese G., Lombardo C. Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma GIORNATE DI NEUROPSICOLOGIA DELL'ETÀ EVOLUTIVA X edizione, 21 - 24 gennaio 2015 - Bressanone Attentional bias: definizione Evidenze empiriche indicano che in molti disturbi mentali i pazienti presentano un bias nell’elaborazione di informazioni pertinenti con la sintomatologia. Il bias può essere: - Attentivo (attentional bias) - di memoria (memory bias) - di giudizio (interpretative bias) Il bias attentivo indica un cambiamento nella direzione in cui una persona focalizza la sua attenzione in risposta a uno stimolo associato alla propria patologia oppure in risposta ad uno stimolo percepito come minaccioso (Keogh et al., 2001) Eysenk (1992) - Attentional bias: attenzione diretta in modo preferenziale verso uno stimolo emozionalmente saliente - Disattenzione selettiva: l’attenzione viene distolta da stimoli salienti per orientarsi verso stimoli irrilevanti Gli stimoli che appaiono salienti per alcune persone sono in grado di attirare più facilmente l’attenzione a causa di una distorsione nel processamento delle informazioni o “attentional bias” (Marchetti et al., 2006) Attentional bias: processi attentivi Modalità di elaborazione guidata dai dati sensoriali, ossia dalle singole parti dello stimolo. Capacità dello stimolo di attirare l’attenzione in modo automatico e inconsapevole La percezione è guidata dalla conoscenza cioè basata sulle rappresentazioni contenute in memoria. L’attenzione è volontaria e controllata consapevolmente. Orientamento dell’attenzione - stimoli nuovi (sconosciuti o inattesi in un ambiente nuovo) - stimoli segnale: stimoli emozionali, conosciuti e attesi, ma considerati dal soggetto come pericolosi, (Carretiè et al., 2004) PROCESSI BOTTOM-UP Diversi studi hanno dimostrato che stimoli emozionali prevalentemente a valenza negativa ma anche a valenza positiva sono in grado di attirare automaticamente l’attenzione (Pratto & John, 1991; Rothermund, Wentura & Bak, 1996; Wentura, Rothermund & Bak, 2000). Metodi per valutare l’AB: Stroop Test Lo Stroop Test è un test di denominazione: Ai partecipanti viene chiesto di pronunciare ad alta voce il colore con cui è stampata una parola (ad esempio bisogna dire "ROSSO", quando la parola è stampata con il colore rosso), quando il significato semantico di tale parola è un colore diverso da quello con cui è stata stampata (ad esempio la parola verde colorata di rosso). EFFETTO DI INTERFERENZA: consiste in un ritardo del processamento del colore della parola osservabile tramite un rallentamento dei tempi di reazione e tramite l'aumento degli errori nella condizione incongruente (parola verde scritta in rosso) rispetto a quella congruente (parola rosso scritta in rosso). Stroop J.R.,(1935) Studies of interference in serial verbal reactions. Journal of Experimental Psychology, 18, 643-662 Metodi per valutare l’AB: Emotional Stroop Test Test di Stroop modificato (Williams, Mathews, & MacLeod, 1996): vengono utilizzate sia parole target, connesse alla patologia di riferimento, sia parole neutre o di controllo. Solitamente, impiegando questo paradigma, si può osservare che il gruppo con disturbi psicologici, rispetto al gruppo di controllo, è meno veloce a nominare il colore della parola quando questa è associata alla propria condizione clinica. Metodi per valutare l’AB: il Dot Probe Detection Task o Visual-Probe Task Questo compito richiede al soggetto di dirigere l’attenzione verso uno stimolo che compare in una determinata posizione sullo schermo di un computer (stimolo target), ignorandone un altro contemporaneamente presente (distrattore). I due stimoli sono presentati simultaneamente per un certo tempo e, dopo la loro scomparsa viene presentato un probe nella posizione occupata dallo stimolo target. Ai soggetti viene chiesto di individuare, il più velocemente possibile, la parola/immagine comparsa nella parte dello schermo dove è comparso il cue. MacLeod C., Mathews A., Tata P. (1986). Attentional bias in emotional disorders. Journal of Abnormal Psychology, 95,15–20. Metodi per valutare l’AB: il Dot Probe Detection Task o Visual-Probe Task I bias attentivi nel Dot Probe Detection Task sono valutati misurando la velocità di risposta, mediante la pressione di un tasto, all’apparizione del punto-bersaglio nella posizione occupata dallo stimolo target. Il vantaggio di questo paradigma è che si può osservare, nel momento in cui il probe appare dove prima era comparso lo stimolo a valenza emozionale, 1) la velocità impiegata per identificare lo stimolo 2) la difficoltà di distogliere l’attenzione dallo stesso. Metodi per valutare l’AB: Spatial Cueing Task Con questo paradigma, vengono presentati su uno schermo due stimoli, uno minaccioso o pertinente con la patologia e uno neutro (cues). Il cue viene presentato brevemente per ciascun trial e in seguito viene sostituito da un piccolo target che sostituisce uno degli stimoli . Una freccetta può indicare dove il target apparirà Prova valida: se lo stimolo target appare nel lato dello schermo dove era precedentemente apparso il cue minaccia Prova invalida: se lo stimolo target appare nel lato dello schermo dove era precedentemente apparso il cue neutro Se il pattern si presenta nella casella di destra il soggetto deve premere il pulsante che si trova sotto la sua mano destra, se si presenta nella casella di sinistra il soggetto deve premere il pulsante che si trova sotto la sua mano sinistra. Si valuta il tempo di reazione a premere il pulsante. Metodi per valutare l’AB: Spatial Cueing Task Lo spatial cueing task permette di evidenziare come i processi preattentivi siano influenzati, oltre che dalle caratteristiche dello stimolo (processi Bottom-Up), anche dalle aspettative del soggetto (processi Top-Down). Nelle prove valide, infatti, il tempo di reazione è molto basso mentre nelle prove invalide invece, l’attenzione rivolta verso la casella attesa deve essere velocemente spostata verso la casella opposta quando lo stimolo compare e ciò richiede molto più tempo. Questi dati si possono spiegare ammettendo che l’indizio produca nel soggetto un’aspettativa che influenza in modo top-down il processo attentivo. Stormark, Nordby, Hugdahl (1995) hanno adattato questo paradigma allo studio dell’orientamento dell’attenzione verso stimoli a valenza emozionale, in seguito Fox et al., (2001) hanno utilizzato l’emotional spatial cuing paradigm per indagare l’attentional bias relativo a stimoli riguardanti una minaccia nell’ansia, che si rileva quando, nel caso delle prove invalide, c’è una difficoltà a distogliere l’attenzione dallo stimolo a valenza emozionale. Metodi per valutare l’AB: Compito “Odd-one-out” del paradigma di ricerca visiva consiste nel presentare ai soggetti una matrice di parole o di immagini, all’interno della quale devono individuare un elemento saliente (stimolo target) nascosto da una serie di distrattori. Questo paradigma è capace di distinguere due componenti dell’attenzione: la velocità di detezione (maggiore orientamento verso stimoli rilevanti) la distrazione (maggiore distrazione verso stimoli rilevanti). Metodi per valutare l’AB: Inducing change blindness o Flicker paradigm In questo paradigma un’immagine originale e una modificata si alternano continuamente con un breve schermata nera tra le due, nell’immagine modificata ogni volta è eliminato o modificato un elemento dell’immagine originale. In questo compito l’attenzione non è regolata da meccanismi automatici, al contrario il soggetto si impegna a cercare nella scena l’oggetto mancante, finché l’attenzione non si sofferma su ciò che è cambiato. Metodi per valutare l’AB: Eye Tracking Si tratta di una tecnologia in grado di registrare la dilatazione e la contrazione delle pupille del soggetto, realizzando un millimetrico tracciato dei suoi movimenti oculari in relazione ad un'immagine, definendo: - cosa guarda - in che sequenza - per quanto tempo I movimenti oculari sono una componente fondamentale del controllo volontario dell’attenzione e la manifestazione comportamentale del processo di allocazione dell’attenzione (Henderson, 2003). L’esame di tali movimenti, dunque, durante compiti che comportano la presentazione di stimoli associati alla patologia risulta essere utile per valutare l’attentional bias. Attentional bias: implicazioni cliniche Le teorie cognitive sostengono che l’ attentional bias, verso stimoli pertinenti con la patologia, contribuisca all’insorgenza, al mantenimento, e all’esacerbazione dei sintomi. L’attentional bias nei disturbi d’ansia Gli studi sull’attentional bias si sono focalizzati soprattutto sul ruolo che esso può avere nell’eziologia e nel mantenimento della patologia ansiosa (MacLeod, Mathews, Tata, 1986; Mogg, Bradley, 1998). Molti di questi lavori hanno preso in considerazione: • il disturbo di panico • la fobia sociale • le fobie specifiche • il disturbo post-traumatico da stress •il disturbo ossessivo compulsivo 172 studi (N = 2,263 pazienti con disturbo d’ansia,N = 1,768 non ansiosi) I risultati evidenziano che il bias attentivo è dimostrato con diversi paradigmi e in diverse condizioni sperimentali anche se l’effect size è di d = 0.45. L’ES medio è rilevato in differenti popolazioni di pazienti ansiosi (differenti disturbi d’ansia, individui con elevata ansia ma non clinicamente rilevante, bambini con disturbi d’ansia, ma non in soggetti non ansiosi I modelli cognitivi suggeriscono che i bias nel processo di elaborazione delle informazioni causano, mantengono ed esacerbano i sintomi ansiosi, poiché i soggetti ansiosi non pongono l’attenzione su informazioni rassicuranti o che forniscono un’interpretazione più realistica e logica della situazione ma solo su informazioni che indicano segnali di minaccia. Molti studi hanno, inoltre, dimostrato che i bias attentivi sono specifici della patologia di riferimento del soggetto. • Studi con lo Stroop task: pazienti con disturbi d’ansia rispondono con tempi di latenza più lunghi quando devono nominare il colore della parola minacciosa • Studi con il probe detection task: i pazienti ansiosi dirigono l’attenzione verso il punto in cui è comparso lo stimolo, che è specifico del proprio disturbo. Attentional bias e ansia • Alcuni studi mostrano che l’attentional bias precede il disturbo d’ansia e altri, invece, che l’ansia possa precedere l’AB ipotizzando una relazione di reciprocità e causalità. • La relazione tra AB e ansia sarebbe, quindi, meglio descritta come bidirezionale, perpetuante il disturbo e mutualmente rinforzante. • Purtroppo però non esistono studi longitudinali che possano confermare questa ipotesi. • Queste ipotesi portano a una recente linea di ricerca che evidenzia come cambiamenti dei bias attentivi possano condurre a cambiamenti della sintomatologia ansiosa Attentional bias e ansia • E’ stato evidenziato, inoltre, che l’ansia di tratto è un predittore più consistente dei bias attentivi rispetto all’ ansia di stato (MacLeod e Mathews, 1988). • Secondo Mathews e MacLeod (1994), infatti, è l’ansia di tratto che influenza la direzione del bias attentivo verso stimoli considerati minacciosi. Soggetti con alti punteggi nell’ansia di tratto tendono a focalizzare l’attenzione verso lo stimolo minaccioso, mentre i soggetti con bassi livelli di ansia di tratto hanno la tendenza opposta, ovvero quella di evitare lo stimolo minaccioso. • Anche all’interno dei diversi tipi di disturbi d’ansia esistono delle differenze: per esempio si evidenzia un’attenzione selettiva verso le minacce nel disturbo di panico, nella fobia specifica, nel disturbo d’ansia generalizzato; mentre per quanto riguarda la fobia sociale si nota un evitamento dello stimolo minaccioso (Mogg, Bradley, 2002). L’AB è modulato: - dal tipo di stimolo, - dal livello di ansia - Dal tempo di esposizione allo stimolo Attentional bias nei disturbi d’ansia Valutazione dell’orientamento e mantenimento dell’attenzione sulle emozioni di : Gioia Paura Tristezza Disgusto Rabbia L’orientamento dell’attenzione iniziale è più veloce verso stimoli paura e gioia in tutti i soggetti I soggetti HA mantengono maggiormente la loro attenzione verso le emozioni di paura e disgusto v AB nei disturbi d’ansia nei bambini N=83 bambini tra i 3 e i 4 anni GS= 37 bambini che soddisfano i criteri per un disturbo d’ansia (valutata con Anxiety Disorder Interview Schedule – versione madre) GC=46 Bambini che non soddisfano i criteri per un disturbo d’ansia Entrambe i gruppi di bambini passano più tempo a fissare le facce arrabbiate rispetto ai visi neutri MA I bambini ansiosi dopo l’orientamento iniziale EVITANO maggiormente le facce arrabbiate Nei bambini con alto fearful temperament e un basso controllo attentivo si è notato un attentional bias verso facce arrabbiate se confrontato con bambini che hanno una basso livello di temperamento ansioso e un basso controllo attentivo. 33 bambini (8-12) con fobia sociale e 43 bambini di controllo Metodo: eye-tracking (stimoli presentati per 3000 ms) I bambini di entrambe i gruppi all’inizio dirigono maggiormente l’attenzione verso stimoli minacciosi (faccia arrabbiata) successivamente i bambini sottoposti a condizione stressante evitano maggiormente questi stimoli GS: 29 bambini con disturbo d’ansia (8-12 anni) GC: 24 bambini di controllo Metod0: Dot probe detection task (500 ms) con coppie rabbia/neutro – contento/neutro Solo i bambini con alti livelli di ansia dirigono l’attenzione verso le facce arrabbiate Tutti I gruppi mostrano un AB per le facce che esprimono gioia. A 3000 ms No AB Adolescenti ansiosi distolgono l’attenzione dagli stimoli negativi Bambini ansiosi distolgono l’attenzione dagli stimoli positivi Eye-tracking tasks per coppie di facce negative/neutre – gioia/neutre presentate per 3000 e 500 ms Nei bambini e negli adolescenti si può evidenziare un AB nell’orientamento automatico dell’attenzione ma non nell’attenzione sostenuta L’Attentional Bias nella depressione • Pazienti depressi tendono a porre attenzione e a selezionare informazioni negative dall’ambiente (Harvey, 2004). • Il modello cognitivo classico di Beck dei disturbi emozionali assume che l’attentional bias (come anche i bias di memoria e interpretativi) sia guidato da credenze negative immagazzinate nella memoria a lungo termine. Quando si attiva questo schema, che guida il l’elaborazione delle informazioni, include l’attenzione verso stimoli che sono congruenti con esso. In tal modo aumentano le convinzioni verso i pensieri automatici negativi e viene promossa l’ipervigilanza. Le persone ansiose continuano a essere preoccupate dei pericoli e delle minacce mentre i pazienti depressi per i fallimenti e per le perdite (Beck, Clark, 1997). Differenze tra ansia e depressione: ANSIA DEPRESSIONE • bias verso gli stimoli minacciosi nei processi preattentivi e nell’attenzione selettiva. • associata a un bias nell’attivazione automatica • bias nei processi di elaborazione post-attentivi che facilitano il richiamo di ricordi negativi • bias nelle strategie di elaborazione Mogg e Bradley, 2002 • Between groups: solo stimoli negativi • Within group: differenza solo rispetto a stimoli negativi e positivi First Fixation + Total Fixation - - + + I bambini depressi passano meno tempo a guardare visi di persone tristi (evitamento) e più tempo visi felici rispetto al GC. Tempo di esposizione 20 secondi AB in altri disturbi L’Attentional Bias nei DCA Alcuni studi hanno evidenziato che le caratteristiche di eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme corporee e alcuni comportamenti di controllo disfunzionali, comunemente riscontrabili nei disturbi dell’alimentazione (abbuffate, dieta ferrea, comportamenti di compenso, check del corpo, esercizio eccessivo, rituali) siano il risultato di bias cognitivi d’attenzione, memoria e giudizio (Williamson et al.,1999). Studi recenti evidenziano l’importanza del bias attenzionale nell’eziologia e nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione (Lee, Shafran, 2004). Il bias attentivo per le sensazioni corporee nei DCA conduce i pazienti a una falsa interpretazione di grassezza (Fairburn, Cooper & Shafran, 2003). •Stroop test modificato: i pazienti con disturbi alimentari mostrano interferenze maggiori nel nominare il colore delle parole che si riferiscono al disturbo, in particolare parole connesse con cibo, forma corporea e peso. • Dot probe task (sia con parole che con immagini): mostrano un’ipervigilanza e si orientano verso lo stimolo che riguarda il cibo o il corpo, percepiti come stimoli minacciosi. •Paradigma di ricerca visiva “odd-one-out”: attentional bias verso stimoli legati al corpo e al cibo e distrazione dalle parole di cibi ad alto contenuto calorico. Più lenti a riconoscere stimoli neutri L’Attentional Bias nei DCA L’attentional bias non è limitato solo ad una popolazione clinica ma gli stessi risultati si osservano in soggetti che seguono una dieta restrittiva, e donne con elevati desideri di magrezza (Meyer, Waller, Watson, 2000). Si può ipotizzare che l’attentional bias verso stimoli legati alla forma e al peso corporeo possa avere un ruolo causale nell’insoddisfazione corporea (Smith, Rieger, 2006). Bambini e adolescenti tra gli 8 e i 17 anni Nei bambini senza perdita di controllo: Correlazione negativa tra AB verso cibi ad alto contenuto calorico e BMI Nei bambini con perdita di controllo: associazione positiva tra AB verso cibi ad alto contenuto calorico e BMI Pazienti AN: passano più tempo a guardare corpi grassi rispetto a immagini di situazioni sociali. Tutte le ragazze: allocazione dell’attenzione maggiormente verso parti del corpo particolarmente coinvolte (glutei, cosce) Ragazze con DCA: AB verso parti del corpo svestite Alla fine del gioco maggior intake calorico dei bambini che hanno spostato l’attenzione più velocemente e per più tempo sugli snack L’ATTENTIONAL BIAS NELLE DIPENDENZE Recenti studi hanno dimostrato che i comportamenti di dipendenza sono caratterizzati da un attentional bias per gli stimoli legati alla sostanza. • L’assunzione regolare, o la dipendenza da sostanze, sono comunemente associate a una reattività agli stimoli collegati alla sostanza. Alcolisti e fumatori aumento di arousal fisiologico e di craving soggettivo se esposti alla sostanza (Field & Cox, 2008). Aspettativa di disponibilità Attentional bias della sostanza Craving L’ATTENTIONAL BIAS NELLE DIPENDENZE Studi nel campo delle dipendenze hanno evidenziato il ruolo dell’attentional bias nel mantenimento dell’abuso di sostanze e dei comportamenti di dipendenza: in particolare • • • • • l’alcool la cannabis la cocaina l’eroina la nicotina - Tempi di reazione maggiori per le parole associate all’alcool rispetto alle parole neutre (Sharma, Albery, Cook, 2001) - I fumatori mantengono più a lungo lo sguardo fisso su stimoli associati al fumo (Soo-Min et al., 2007) come anche consumatori regolari di cannabis (Field et al., 2006) - Maggiore interferenza in compiti dual task (Waters e Green, 2003) - coloro che abusano di alcool e di cannabis identificano più velocemente stimoli legati alle suddette sostanze psicoattive (Jones et al., 2003) Impulsività comportamentale fortemente associata all’attentional bias per le sostanze rispetto all’impulsività di tratto. I risultati di questi studi suggeriscono che tra i consumatori di diverse sostanze, l’attentional bias correlato alla sostanza è direttamente proporzionale alla frequenza d’uso e alle quantità di sostanza assunte dal soggetto (Field, Cox, 2008). GS: Adolescenti con genitori con alcoldipendenza attuale o pregressa (N=15) GC: Adolescenti con genitori senza alcoldipendenza (N=15) METODO: Stroop Task (parole colore/parole alcool correlate/ parole neutre • Gli adolescenti con genitori alcol-dipendenti hanno mostrato maggiori interferenze per le parole alcol-correlate. L'entità di questa interferenza è correlata con una maggiore ansia di statoe tratto, e con più bassi livelli di consumo di alcol a settimana . • Probabilmente questa tendenza riflette le preoccupazioni per quanto riguarda il bere dei genitori , • In termini di causalità dell’AB e la patologia è necessario fare attenzione al fatto che questa tendenza potrebbe essere alla base dell'aumento del rischio di futura dipendenza da alcol in figli di genitori alcol-dipendenti Recenti studi riferiscono la presenza di attentional bias anche nell’insonnia primaria ma i risultati sono contrastanti: IL RUOLO DELL’AROUSAL EMOZIONALE NELL’INSONNIA Una maggiore attivazione emozionale a valenza negativa si associa a sonno di cattiva qualità e sembra favorire il mantenimento del disturbo. Il ruolo delle emozioni positive non è ancora chiaro. Attentional Bias Modification • La scopo clinico delle procedure ABM è quello di ridurre l'eccessiva allocazione dell’attenzione alle informazioni pertinenti con il disturbo (per esempio stimoli minacciosi, negativi o correlati alla sostanza). • Con le procedure di ABM si vuole raggiungere lo scopo di ridurre i sintomi, la reattività emozionale e il creving (MacLeod e Mathews 2012). Paradigmi usati per l’ABM - Visual probe (or dot-probe) task - Emotional spatial (or visual) cueing task - Visual search task - Stroop Task Queste procedure permettono di poter manipolare l’ allocazione dell’attenzione dagli stimoli associati al disturbo quando questi competono ad attirare l'attenzione con stimoli incompatibili con il disturbo in modo che le performance relative al compito possano beneficiare dell’allocazione dell’attenzione verso stimoli non rilevanti. Visual Probe Task La maggior parte delle ricerche ha utilizzato il visual probe task (MacLeod et al., 2002). • In questo paradigma, due stimoli sono presentati simultaneamente per una breve durata (500 ms) sui due lati del punto di fissazione (dx/sx o sopra/sotto). • La valenza degli stimoli è manipolata e uno stimolo è congruente con la patologia (faccia con espressione di rabbia) l’altro incompatibile (espressioni di gioia o neutre) • In un secondo momento un probe neutro (una lettera, un asterisco o un punto appare nel posto precedentemente occupato da uno dei due stimoli (dx/sx o sopra/sotto) • I partecipanti devono indicare la posizione del probe o discriminare due probe differenti (E o F) il più velocemente e in modo più accurato possibile • Durante la fase di training, per addestrare i partecipanti a distogliere l’attenzione dagli stimoli disturbo–correlati e dirigerla verso gli stimoli incompatibili il probe sostituisce con una frequenza significativa lo stimolo non correlato al disturbo . Emotional Spatial Cueing Task In questo paradigma (Fox, Russo, Bowles, & Dutton, 2001; Posner, 1980) viene presentato un cue a valenza emotiva in una di due possibili posizioni, seguito da uno stimolo target che può apparire nella stessa posizione del cue o nell’altra. L’orientamento dell’attenzione è facilitato quando il target si presenta nella stessa posizione del cue associato al disturbo ed è ritardato quando il target si presenta nella posizione opposta al cue rilevante. Nel training attentivo viene stimolato una sorta di AB positivo poichè il target non appare mai nella stessa posizione del cue associato alla patologia. Visual Search Task Nel paradigma di visual search (Dandeneau et al., 2007) ai soggetti viene chiesto ripetutamente di trovare uno stimolo incompatibile con la patologia (smile) in una matrice di stimoli distrattori associati al disturbo (viso irritato). I soggetti vengono incoraggiati a trovare lo stimolo target il più velocemente possibile. Ripetendo il compito più volte, I soggetti imparano implicitamente a superare la loro tendenza a preferire stimoli rilevanti con la patologia e imparano a selezionare prevalentemente informazioni positive. Efficacia dell’ABM nei disturbi d’ansia Con il Dot probe detection task vengono addestrati I bambini ad orientare l’attenzione verso visi che esprimono gioia I bambini che hanno ricevuto l’intervento (ABM+CBT) si evidenzia una riduzione dei sintomi di ansia autoriferiti rispetto al gruppo CBT I bambini che hanno ricevuto l’intervento riportano una riduzione dei sintomi di ansia. I bambini che hanno ricevuto l’intervento riportano AB postintervento per gli stimoli positivi e una riduzione dei sintomi di ansia. I bambini che hanno ricevuto l’intervento riportano una riduzione dei sintomi di ansia e una riduzione della gravità dei sintomi. riduzione dei sintomi di ansia e depressione nei bambini CBT non responders Maggiore riduzione dei sintomi in bambini che hanno ricevuto l’intervento ABM+ CBT rispetto al gruppo solo CBT. Efficacia dell’ABM nella depressione Gruppo ABM > performance al Decision making task Nessun effetto Diminuzione dei sintomi depressivi al post-training e a 3 mesi dall’intervento. Riduzione anche di outcome secondari come la ruminazione e l’ansia di tratto Efficacia dell’ABM nei DCA Al post training non si evidenzia un minor craving per il cibo - L’AB nei DCA è più difficile da modificare Nel gruppo ABM si evidenzia un minore intake calorico post-sessione. Non si evidenziano differenze relativamente al craving Efficacia dell’ABM nelle dipendenze Diminuzione del craving per la sigaretta dopo l’intervento. Diminuzione dell’orientamento dell’Attenzione verso stimoli alcool correlati e minore numero di ricadute a 3 mesi dall’intervento. Diminuzione del drinking al post-training Conclusioni L’ABM è un nuovo strumento clinico con un notevole potenziale in quanto si è rivelato efficace in diverse condizioni cliniche portando a una riduzione della sintomatologia e di altri outcome secondari con poco investimento in termini di tempo e costi minimi per il paziente Implicazioni cliniche 1) Intervento clinico efficace per la prevenzione e trattamento della psicopatologia 2) Efficace sulla prevenzione delle ricadute 3) Maggior numero di sessioni = maggiore efficacia 4) Quando associato alla CBT, amplificano l’effetto della terapia 5) Necessità di aumentare gli studi in altre patologie, poiché la maggior parte si focalizzano sui disturbi d’ansia GRAZIE PER L’ATTENZIONE