Bella Stella e Turututona

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Bella Stella e Turututona
C’era una volta, in un paese non lontano, in un tempo non conosciuto, un uomo, che aveva
una figlia molto bella, buona e generosa, dolce e aggraziata. Il suo nome era Bella. Padre e
figlia erano però rimasti soli, senza il calore della mamma e moglie, morta in giovane età.
Così, dopo diverso tempo, il padre decise di risposarsi, anche per dare a Bella la possibilità
di avere ancora una mamma, si sposò con una donna, a sua volta vedova, che aveva anche lei
una figlia.
Ma per quante belle qualità aveva Bella, altrettanto brutte le aveva la figlia della vedova,
portate davvero con molta sfacciataggine, compreso il suo strano nome, Turututona.
La nuova famiglia venutasi a creare, cominciò subito piuttosto male, ma degenerò
totalmente quando il padre di Bella morì, lasciando la ragazzina sola e in balìa delle due donne,
che la trattavano come la loro serva.
Bella si trovò a passare da padrona a serva nella sua stessa casa, si occupava delle pulizie,
del bucato, preparava i pasti, accudiva agli animali, ma nonostante il suo triste destino, non
aveva modificato i suoi modi dolci e aggraziati, portava sempre sul viso, un sorriso sincero.
Un giorno, mentre portava a pascolare la mucca, incontrò una vecchina, che stremata dal
caldo e dalla fatica nel camminare, le chiese aiuto e acqua. Bella le diede la sua bottiglia e la
scortò fino alla sua casa, diversi chilometri dentro il bosco.
La vecchietta la ringraziò e le disse che presto la sua vita sarebbe cambiata e che per
quanto amore aveva dato, altrettanto avrebbe ricevuto, perché lo meritava. Bella rincasò, a
sera, stremata, ma felice, dimenticò le parole della vecchina, per le urla di rimprovero della
matrigna, per il ritardo, ma serbò nel cuore il dolce viso della vecchietta.
Alla sera come ultima incombenza, Bella ripuliva la cucina, e siccome era una bella serata
d’estate, si recò nel cortile, il sole stava calando ma la luce era ancora forte, così per lucidare
le posate d’argento le appoggiò sul pozzo; nel men che non si dica, un cucchiaio le scivolò di
mano, volando giù, fino in fondo al pozzo, diversi metri giù nella terra.
Mortificata entrò in casa, e spiegò l’accaduto alla matrigna, che subito le balzò contro, con
fare autoritario: “sei proprio una sciocca sbadata!! Domattina prima di cominciare le faccende,
andrai a recuperarlo!!” “ma signora madre” disse Bella, “come farò, nel pozzo, è freddo e buio,
ma…” “sei davvero una sprovveduta, se pensi che lascerò un cucchiaio d’argento là in fondo!
Andrai e così imparerai a essere più attenta, poi acqua non ce n’è in questo periodo dell’anno,
stai certa che non affogherai!” sentenziò la matrigna con fare cinico e cattivo.
Così, arrivò il mattino, Bella prese una candela, i fiammiferi, uno scialle per il freddo che
poteva trovare in fondo al pozzo, e si incamminò. Scese le scale di ferro che erano ben fisse
nella parete del pozzo, piano piano, l’aria si faceva fredda e il buio aumentava di scalino in
scalino, ma finalmente poggiò il piccolo piede al suolo. Accese la candela, si fece luce attorno e
per terra, e scorse il cucchiaio. “Ah, per fortuna” disse tra sé, lo afferrò di fretta e mosse per
salire.
“Miao, miao, miao” sentì. Ancora non aveva fatto il primo passo per salire, che udì il
miagolio di un piccolo gattino, fece luce attorno a sé, e vide questo micetto tutto infreddolito.
“Piccolo, ma come hai fatto a cadere qui giù, oddio, ma sei ferito?” disse Bella prendendolo
in braccio. “No” rispose il piccolo gatto, “io vivo qui, proprio nella casetta là in fondo, con la
mia mamma e i miei fratelli” al fatto che il gattino le rispondesse Bella rimase atterrita, “sogno
o sono caduta nel pozzo e sono passata all’altro mondo” “Bella, così ti chiami, vero?” disse il
micetto, “Sai Bella, non devi avere paura, sì, io parlo e so anche il tuo nome, e se ti fiderai di
me ti porterò a casa mia a conoscere la mia famiglia”.
Bella non pensò più di tanto, sentì che quel gattino era sincero e mai nulla di male poteva
capitarle, e così lo seguì. Lo strinse al suo petto e si incamminò alla fioca luce della candela.
Camminava nel buio, ma notava che mano mano, in fondo si apriva uno spiraglio di luce,
che, a ogni passo si apriva e si allargava sempre più, poco a poco si rese conto di essere in un
tunnel, e di lì a poco, terminò, aprendo il suo sguardo su di un prato stupendo, uno splendido
scenario di una Terra Incantata, fiori incantevoli, un sole dalla luce rosata e un profumo
nell’aria ammaliante.
Bella era estasiata, il micio le scivolò giù dalle braccia e la condusse nella sua casa. Appena
dentro, Bella vide un’altro gatto, un po’ più grandicello, che stava ripulendo la stanza
d’ingresso, con ramazza e cenci per spolverare, con una grande fatica.
Così generosa e altruista, Bella non poté non notare con quanta difficoltà il micio si
affannava, e così lo aiutò, prese lei la scopa, e spazzò e spolverò velocemente; entrambi i
gatti, la guardavano e ringraziandola, la spinsero nella stanza attigua. Nella cucina, un altro
micio stava cercando di mettere sul fuoco un grande pentolone di acqua per cucinare; “Ma
piccolo, disse Bella, ti farai male, dai, spostati, faccio io” e preso di mano il pentolone lo
appoggiò sulla cucina. I gattini lisciarono Bella, e le dissero di seguirli; “sei così buona, e così
bella, meriti proprio di conoscere la nostra mamma” così la portarono nelle camere, dove in
una grande camera da letto, attendeva una gattona dal pelo bianco, seduta alla toilette; “ciao
cara piccola, tu devi essere Bella, vieni, fatti guardare, fammi una cortesia, intanto che mi parli
di te, spazzolami il pelo”.
Bella era esterrefatta, ormai non si chiedeva neanche più come e dove era, ma tutti
sembrava conoscessero chi lei fosse, e si sentiva così bene, come se fosse quello il suo mondo.
Così fece conoscenza della grande gatta bianca che viveva nella terra incantata.
Ma arrivò anche il tempo di ritornare alla sua vita triste. “Bella” disse la gatta nel salutarla,
“sei così cara e buona che voglio farti un regalo. Quando andrai a casa, nel tragitto, se sentirai
un asino ragliare, mi raccomando, non voltarti, ma quando sentirai un gallo cantare, girati
verso la mia casa, e arriverà per te, ciò che meriti.
Così fece. Sentì il raglio dell’asino e rimase ferma, ma quando sentì il gallo si girò, e una
stella di luce le si stampò nella fronte, rendendo il suo viso di una bellezza fuori del comune.
Piena di gioia e felicità arrivo a casa.
“Mamma” urlò sua sorellastra, Turututona, “mamma, dove hai mandato Bella? È tornata ed
è felice e bellissima, ha una stella sulla fronte è quella che fa questa magia, LA VOGLIO”, urlò!
La matrigna strattonò per un braccio la povera Bella, obbligandola a raccontare tutto
l’accaduto.
“Ecco figlia mia, domani andrai anche tu, giù nel pozzo, stai tranquilla tesoro mio” replicò a
Turututona.
Il mattino seguente Turututona si avviò giù nel pozzo, con candela, fiammiferi e una busta
di cibo, per colmare la sua fame continua.
“Miao, miao, miao” sentì, appena fu giù, e pensò tra sé “ ecco qui, quello stupido gatto,
allora quella sciocca di Bella ha detto la verità, starò quindi al gioco, e avrò anche io la stella, e
diventerò bella”. Così i gatti ripeterono gli stessi gesti, alla quale però la giovane rispose con i
suoi atteggiamenti, cioè sgarbatamente allontanò il gattino con il pentolone, con uno spintone
strappò la scopa dalle mani dell’altro micino, e lasciò briciole di cibo tutto in giro.
I gatti si guardarono, con fare complice, e portarono Turututona dalla loro madre.
“Ah, eccoti, cara” disse la gatta “ vieni, mentre mi racconti di te, pettinami per favore il mio
folto pelo bianco”. Turututona, tirò con tanto sgarbo i peli della gatta, che ques’ultima si vide
costretta a interrompere il loro incontro. “ allora cara” disse, “ mi hai detto che sei qui, per
ricevere in regalo la stella, e io ti darò ciò che meriti. Quando, per strada, sentirai il gallo
cantare, mi raccomando, ferma, quando sentirai l’asino ragliare, girati verso casa mia”.
Turututona scappò quasi di corsa, non salutò nessuno, e nemmeno ringraziò.
Per strada sentì il gallo, si fermò, udì l’asino, si girò, e una grossa coda pelosa le si stampò
nella fronte! Urlando corse da sua madre, con urla così forti, che gli animaletti del cortile
scapparono!
“Oddio, cosa hai fatto, come hai potuto fare questo a tua sorella” urlò la matrigna a Bella
“ma signora madre, io non c’entro, non potevo immaginare una cosa simile”
Provarono a tagliare la coda, ma più tagliavano, più ricresceva.
“domani tornerai giù e farai togliere questa cosa orrenda dalla fronte di tua sorella, o per te
sarà la fine” esordì infine la matrigna, rivolgendosi a Bella.
Bella si trovò così, il giorno dopo davanti alla casa dei suoi amici gatti, nella terra incantata,
sotto al pozzo. “ ti prego signora gatta, togli da mia sorellastra quella orrenda coda, e io farò
ciò che vuoi”.
“sì Bella, la toglierò, vai pure a casa, e quando sarai là, preparati le tue cose, perché voglio
che torni qui, e sposi mio figlio” Bella era a dir poco incredula. Sposare un gatto. Ma aveva
un’altra scelta?
Si sentiva sola e sfortunata, la vita si accaniva su di lei, e le tornò in mente la vecchina che
le aveva promesso una vita migliore, pensò ai suoi genitori, e pianse calde lacrime per tutta la
notte.
Almeno Turututona stava bene, pensava, la coda era sparita, la matrigna era tranquilla, in
fondo la vita che conduceva con loro era dura e triste, nella casa dei gatti almeno era trattata
bene.
Al mattino Bella prese il suo fagotto di vestiti vecchi, salutò la matrigna e la sorellastra,
arrabbiate perché ora dovevano occuparsi della casa, e si incamminò, verso il suo nuovo
destino.
Arrivò sotto al pozzo, terminò il tunnel, vide la terra incantata e provò una gioia immensa,
inspiegabile, fece per arrivare alla casetta dei gatti, ma al suo posto vi era una castello
immenso, incredibilmente bello e luminoso. Vi arrivò, spalancò l’immensa porta, non vide
nessuno, ma entrò.
Ad un tratto, dietro di lei, scorse una figura, che riconobbe immediatamente.
Era la vecchietta che incontrò anni prima, che viveva nel bosco. Era vestita con abiti regali,
ben pettinata, ma la riconobbe subito. “sei tu, cara vecchina, che bello rivederti, cosa ci fai qui,
ma qui, ma dove siamo, questo posto è incredibilmente bello e magico” “piccola dolce Bella”
replicò la vecchietta, “ tu sei la prescelta, sei stata brava e buona e meriti di sposare mio figlio,
il gatto. Io sono anche la gatta che tu hai pettinato, e i miei figli sono principi e principesse,
tutti noi eravamo vittime di un cattivo incantesimo, e tu, con il tuo amore puro e
disinteressato, hai rotto quell’incantesimo.”
La regina della terra incantata chiamò a sé la corte, i figli principi, i suonatori, le dame e i
cavalieri, folletti e fate e il bellissimo principe che divenne così marito di Bella Stella.
E tutti vissero felici e contenti.
Questo racconto è stato scaricato dal sito http://www.figlidelladea.it/
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