Le abilità accomodative nell`analisi visiva integrata

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Le abilità accomodative
nell’analisi visiva integrata
(AVI)
di Silvio Maffioletti e Ivan Piacentini
N
ell’analisi visiva integrata (AVI)
di Scheiman e Wick (2002) vengono verificate le tre aree relative
all’integrità della funzione visiva (salute
oculare, acuità visiva e condizione refrattiva), all’efficienza visiva (accomodazione,
visione binoculare e abilità oculomotorie)
e al processamento delle informazioni visive
(abilità visuospaziali, abilità di analisi visiva
e abilità di integrazione visuo-motoria).
L’accomodazione
S
enza accomodazione la visione nitida
a distanza prossimale non sarebbe
possibile. L’occhio dispone essenzial-
mente di due lenti, cornea e cristallino, ma
solo il secondo (per mezzo delle fibre che lo
connettono al muscolo ciliare attraverso
la zonula di Zinn) è in grado di variare il
proprio potere diottrico. Mediante l’accomodazione ovvero la capacità dell’occhio
di variare il potere rifrattivo del cristallino
(Devoto-Oli, 2006), i raggi luminosi provenienti dagli oggetti prossimali formano
il fuoco immagine in corrispondenza della
retina e sono nitidi. Peraltro l’adeguata capacità accomodativa è condizione necessaria ma non sufficiente a realizzare immagini
prossimali singole e ben definite (Faini,
Maffioletti, 2006); occorre infatti sincinesia
tra accomodazione, convergenza e miosi, tre
funzioni diverse e compementari:
• L’accomodazione realizza la messa a
fuoco;
• La convergenza consente la corrispondenza retinica bifoveale (presupposto ineludibile al meccanismo di fusione binoculare);
• La miosi riduce le aberrazioni conseguenti
ai cambiamenti di curvatura del cristallino,
aumenta la profondità di campo e ne seleziona la porzione centrale.
La via afferente (sensitiva) del riflesso
accomodativo inizia dalle fibre sensoriali
retiniche e attraverso il nervo ottico (II
paio dei nervi cranici) si estende fino alla
corteccia occipitale, dove l’immagine viene
interpretata. La via efferente (motrice)
decorre attraverso il nervo oculomotore (III
paio dei nervi cranici) innervato dal sistema
nervoso parasimpatico, che provoca la contrazione del muscolo ciliare, la convergenza
e la miosi (Manitto, Maffioletti, 2005).
L’attività accomodativa è stimolata da
immagini sfuocate, ma non è ancora del
tutto chiaro perché si attui soltanto quando il piano focale dell’immagine si trova
dietro alla retina e non invece quando è
davanti alla retina (i cerchi di diffusione
che si determinano in un occhio miope,
nel quale il piano focale dell’immagine è
davanti alla retina, non inducono infatti
attività accomodativa). L’ipotesi prevalente
spiega questo differente comportamento
con l’aberrazione cromatica oculare: i cerchi
Integrità della funzione visiva
Efficienza visiva
Processamento delle informazioni visive
Salute oculare
Accomodazione
Abilità visuospaziali
Acuità visiva
Visione binoculare
Abilità di analisi visiva
Condizione rifrattiva
Abilità oculomotorie Abilità di integrazione visuo-motoria
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Per verificare l’ampiezza
accomodativa (metodo Push-up)
di diffusione hanno un anello periferico
azzurro nelle condizioni miopiche e rosso
nelle condizioni ipermetropiche e la risposta accomodativa avrebbe luogo soltanto
nel secondo caso. Altri autori indicano il
coinvolgimento anche di altri aspetti quali
la dimensione delle immagini, l’aberrazione
sferica e la valutazione della distanza degli
oggetti (Abati et al., 1996).
Quando un sistema visivo è integro, il
meccanismo accomodativo è binoculare;
se quindi si copre un occhio e si sollecita
l’occhio adelfo a mettere a fuoco una mira
posta a distanza prossimale, anche l’occhio
occluso esercita l’atto accomodativo (Piacentini et al., 2004). La risposta accomodativa diminuisce in ambiente scotopico,
dando luogo alla presbiopia notturna; in
effetti l’accomodazione è un riflesso che ha
come punto di partenza del tratto afferente
l’area retinica maculare, mentre in visione
scotopica la fissazione è paramaculare (Saraux, Biais, 1986).
• L’esaminatore tiene la tabella per l’acuità visiva da vicino (Snellen ridotta), ben
illuminata, a circa 40 cm dal volto del soggetto esaminato che indossa le lenti dell’emmetropizzazione a distanza.
• Quando viene eseguita occludendo un occhio, la procedura misura l’ampiezza accomodativa monoculare ovvero l’abilità di un soggetto di aumentare il potere diottrico
dell’occhio attraverso la contrazione del muscolo ciliare. Quando viene eseguita con
entrambi gli occhi aperti, la procedura misura l’ampiezza accomodativa binoculare
ovvero la capacità del sistema accomodativo del soggetto di esercitare insieme l’accomodazione e la convergenza.
• Indicare al soggetto, dopo avergli chiesto di individuare la riga di lettere corrispondente alla sua massima acuità visiva per vicino, di fissare la riga immediatamente più
grande mantenendone nitide le lettere.
• Muovere lentamente la tabella verso il soggetto, chiedendogli di indicare quando le
lettere diventano e rimangono sfuocate; raggiunto il punto indicato, misurare la distanza
tra gli occhi e la tabella. Per esempio: 11 cm in OD, 11 cm in OS, 10 cm in OU.
• Calcolare l’inverso di tale distanza (in metri) per ottenere il valore diottrico dell’ampiezza accomodativa del soggetto.
• Registrare l’ampiezza accomodativa in diottrie specificando separatamente OD,
OS e OU. Per esempio: AA (Push-up): 9 diottrie in OD, 9 diottrie in OS, 10 diottrie
in OU.
• L’accuratezza con cui si misura la distanza tra la posizione di sfuocatura e gli occhi
è assai influente; ad esempio un punto di sfuocatura di 10 cm indica un’AA di 10 D (1
/ 0,10) mentre a 12,5 cm si ha un’AA di 8 D (1 / 0,125). Per ridurre questa possibile
fonte di errore, Scheiman e Wick (2002) suggeriscono di anteporre una lente di sf-4,00
che muove il punto di sfuocatura più lontano e rende la misura più esatta.
Lo sviluppo del sistema
accomodativo
N
el neonato la capacità accomodativa è minima fino all’età di due mesi
e il suo piano focale è stabilmente
situato a una distanza di 18-20 cm (Ruggeri,
Ciriello, 2005). Nel bambino il cristallino
è costituito da fibre molto elastiche, composte da un’elevata percentuale di acqua e
contenute in una capsula che non ha uno
spessore uniforme ma è più sottile nelle zone
centrali anteriore e posteriore.
Fino a quando le capacità elastiche del cristallino gli consentono variazioni di forma,
la funzione accomodativa è possibile. Con
l’avanzare dell’età il cristallino indurisce
sempre più la propria parte centrale finchè,
con il trascorrere del tempo, le fibre perdono
la propria elasticità. A quel punto, sganciandolo dalle strutture anatomiche che lo
circondano e sorreggono, il cristallino non
si modifica più ma mantiene una forma di
lente biconvessa non più estensibile; senza
l’elasticità del cristallino il meccanismo
automatico di focalizzazione degli oggetti
posti a distanze diverse non è più possibile
(Abati et al., 1996).
Il cristallino, oltre che a una riduzione di
elasticità, nel tempo va incontro a una
progressiva opacizzazione. Tale complesso meccanismo patogenetico, non ancora
completamente svelato, oltre che sulla
capacità accomodativa incide anche sulla
trasmissione della luce e sull’equilibrio
rifrattivo totale (Maffioletti, 2004).
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Ampiezza e facilità
accomodativa
N
ella realtà quotidiana vengono osservati oggetti situati in differenti
posizioni e l’impegno accomodativo è correlato alla distanza degli oggetti
osservati. Gli occhi di un soggetto emmetrope (oppure emmetropizzato con una
compensazione ottica) compiono il minimo
tecnologia
Anomalie
dell’accomodazione
L
sforzo osservando il punto più lontano che
può essere visto nitido (stato di riposo accomodativo che corrisponde all’osservazione
del punto remoto) ed effettuano il massimo
sforzo osservando il punto piu vicino che
possono mettere a fuoco (stato di massimo
impegno accomodativo che corrisponde
all’osservazione del punto prossimo). La
differenza (in diottrie) tra punto remoto e
punto prossimo esprime l’ampiezza accomodativa (AA), la cui misura (in diottrie) può
essere effettuata con il metodo del Push-up
oppure con il metodo delle lenti negative
(Ruggeri et al., 2003).
Per passare dalla visione distale a quella
prossimale è necessario, in un sistema visivo efficiente, un tempo di circa
500 millisecondi; poco superiore
è il tempo occorrente per passare dalla visione prossimale a
quella distale. Questa velocità
diminuisce all’aumentare dell’età
(Saraux, Biais 1986). La rapidità
nel passaggio della messa a fuoco
da lontano a vicino e viceversa
è definita facilità accomodativa
(FA), la cui misura (in cicli/minuto) monoculare e binoculare
viene effettuata usando flipper
con lenti sferiche (Yothers, Wick,
Morse, 2002).
e anomalie dell’accomodazione si
suddividono in anomalie per eccesso (spasmo accomodativo, eccesso
di accomodazione) e anomalie per difetto (paralisi dell’accomodazione, fatica
accomodativa, inerzia accomodativa,
insufficienza accomodativa). Le più diffuse sono l’eccesso di accomodazione,
l’inerzia accomodativa e l’insufficienza
accomodativa.
Uno studio statunitense (Scheiman,
Gallaway, Coulter et al., 1996) su una popolazione di 1650 soggetti di età compresa tra 6 a 18 anni ha riscontrato globalmente il 6% di disfunzioni accomodative,
di cui 2,2% con eccesso accomodativo,
1,5% con inerzia accomodativa e 2,3%
con insufficienza accomodativa.
L’eccesso di accomodazione generalmente si manifesta con sintomi astenopici nell’attività prossimale e periodici
offuscamenti della visione a distanza
dopo impegno prossimale prolungato.
All’analisi visiva optometrica si evidenzia risposta accomodativa elevata
in relazione alla distanza dello stimolo,
accomodazione relativa positiva alta,
accomodazione relativa negativa bassa,
lentezza con lenti positive ai test della facilità accomodativa (sia monoculare che
binoculare), non accettazione di potere
positivo alla MEM retinoscopy, esoforia
da vicino. L’eccesso di accomodazione
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può anche essere secondario all’impegno della convergenza accomodativa,
quando viene utilizzata in modo intenso
(come nel caso di un’elevata exoforia)
per mantenere la fusione.
L’insufficienza accomodativa generalmente si manifesta con ridotta capacità
di sostenere impegni prossimali, periodici offuscamenti degli oggetti vicini e
sintomi astenopici nel corso dell’attività
prossimale. All’analisi visiva optometrica si evidenzia risposta accomodativa
ridotta in relazione alla distanza dello
stimolo, accomodazione relativa positiva
bassa, accomodazione relativa negativa
alta, lentezza con lenti negative ai test
della facilità accomodativa (sia monoculare che binoculare), accettazione di
potere positivo alla MEM retinoscopy. Se
il rapporto AC/A è elevato, l’insufficienza accomodativa è associata a eccesso di
convergenza.
L’inerzia accomodativa (infacilità accomodativa) generalmente si manifesta
con sintomi astenopici nell’attività prossimale, mal di testa, lentezza nella messa a
fuoco passando dalla visione prossimale a
quella distale. All’analisi visiva optometrica si evidenzia accomodazione relativa
positiva bassa, accomodazione relativa
negativa bassa, lentezza nell’esecuzione
del test della facilità accomodativa sia
monoculare che binoculare.
Conclusioni
L’
area accomodativa fa parte della
seconda area del modello visivo
di Scheiman e Wick. L’attenta
verifica e valutazione dell’area accomodativa è finalizzata a individuare deficit e
anomalie dell’accomodazione, che hanno
una ricaduta negativa prevalentemente
nell’attività scolastica (lettura, scrittura)
e occupazionale (PC, attività a distanza
ravvicinata). Il loro trattamento avviene
dapprima compensando eventuali ametropie, quindi fornendo lenti specifiche
per l’attività prossimale e infine, quando
necessario, effettuando una terapia visiva
appropriata.
Per verificare la facilità accomodativa
• Il soggetto è in una stabile posizione assisa, davanti a un leggio
(circa 20° di inclinazione) sul quale si trova un cartoncino con
lettere in stampato maiuscolo che sottendono un’acuità visiva di
7/10 per 40 cm;
• Il test dura 60 secondi; il soggetto osserva le lettere alla distanza
di 40 cm indossando le lenti dell’emmetropizzazione a distanza
oppure le lenti che abitualmente porta nel corso della lettura;
• L’esaminatore varia in modo ciclico lo stimolo accomodativo
anteponendo un flipper con lenti sferiche positive e negative, la cui
posizione viene ribaltata soltanto quando il soggetto segnala di essere di nuovo in grado di vedere nitidamente le parole del testo;
• Registrare il numero di cicli effettuati in 60” (ogni ciclo sottende
la messa a fuoco sia con la lente positiva che con quella negativa)
annotando eventuali differenze nella facilità di rifocalizzazione
e ogni sensazione segnalata dal soggetto (diplopia, nausea,
tensione o bruciore);
• Valutare la facilità accomodativa sia monocularmente che
binocularmente; nel secondo caso è opportuno eseguire il test
con vectogramma e filtri polarizzanti per contrllare un’eventuale
soppressione;
• I valori medi rilevati negli studi sperimentali indicano la normalità
con 11-12 cicli per minuto nel test monoculare e con 8-9 cicli per
minuto nel test binoculare;
• L’utilizzo costante di un unico flipper con sf+/-2.00 e l’adozione
sistematica della medesima distanza di 40 cm sono poco accurati,
dato che ogni soggetto ha un’AA differente e verrebbe stimolata
Ampiezza accomodativa binoculare
a disposizione al Push-up (D)
Distanza a cui eseguire il test (cm)
una differente percentuale della sua ampiezza accomodativa.
Per esempio, effettuare il test della facilità accomodativa a 40 cm
con il flipper di sf+/- 2,00 D a un bambino di 12 anni (con AA
binoculare di 12 D) e a un adulto 32 anni (con AA binoculare
di 6 D) è assai diverso: nel primo caso la richiesta indotta dalla
distanza è di 2,50 D (1 / 0,40) ed è il 16% (2,50 / 12) della sua
AA, mentre la richiesta indotta dal flipper rappresenta il 33% (4
/ 12) della sua AA; nel secondo caso la richiesta indotta dalla
distanza è di 2,50 D (1 / 0,40) ed è il 41% (2,50 / 6) della sua
AA, mentre la richiesta indotta dal flipper di rappresenta il 66%
(4 / 6) della sua AA.
• Per uniformare la percentuale di richiesta accomodativa occorre
variare sia la distanza di esecuzione del test che il potere sferico
del flipper in relazione all’ampiezza accomodativa a disposizione
del soggetto esaminato.
• Yothers, Wick e Morse (2002) suggeriscono di misurare
l’ampiezza accomodativa binoculare con il metodo Push-up e
calcolare la distanza tra occhi e lettere in maniera che stimoli il
45% dell’ampiezza accomodativa a disposizione del soggetto.
Indicano inoltre di usare un flipper che presenti una richiesta
accomodativa (somma del valore diottrico positivo e negativo del
flipper) non superiore a un terzo dell’ampiezza accomodativa a
disposizione del soggetto.
• La tabella riporta, già calcolate in relazione all’ampiezza accomodativa del soggetto, la distanza a cui eseguire il test e del
valore sferico del flipper da scegliere.
Valore sferico del flipper (D)
14,25
15,5
+/-2,25
12,50
18
+/-2,00
10,00
22
+/-1,50
8,00
28
+/-1,25
7,00
32
+/-1,00
6,50
34
+/-1,00
6,00
37
+/-1,00
5,50
40,5
+/-0,75
5,00
44,5
+/-0,75
4,50
49,5
+/-0,75
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Per esempio, per un soggetto con
AA = 5,00 D, la distanza di esecuzione sarà 44,5 cm (1 / 0,445 =
2,25 D); infatti 2,25 D corrispondono al 45% dell’A.A. di 5,00 D. Lo
stesso soggetto userà un flipper di
sf+/-0,75 D, la cui richiesta (1,50
D) stimolerà poco meno di un terzo
della sua ampiezza accomodativa
(5,00 / 3 = 1,66 D).
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