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Mirco Tugnoli
TUTTI I COLORI DEL VERDE
Viaggio sensoriale nei giardini d’Italia
EDIZIONI
FORME LIBERE
Mirco Tugnoli, Tutti i colori del verde
Copyright© 2013 Edizioni Forme Libere
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.forme‑libere.it – [email protected]
Prima edizione: maggio 2013 – Printed in Italy
ISBN: 978-88-6459-044-8
Fotografie di Mirco Tugnoli e Daniela Musiani
La fotografia di pagina 68 è di Carlo Devigili
A Morgan, Daniela e ai miei genitori.
Un grazie di cuore alla mitica Frenci
per il sorprendente disegno
del “Giardino che non c’è”.
Prologo
Questa che avete per le mani non è un’enciclopedia delle piante e dei giardini,
ma un’opera di respiro più ampio che si pone come obiettivo quello di generare
curiosità e interesse. Vuole essere un simpatico pretesto per prendere confi‑
denza con il mondo delle piante e scoprire quanta bellezza e quanta poesia sia
in grado di regalarci.
L’idea di imparare viaggiando è un sentiero senza fine. Osservare la storia e le
civiltà attraverso l’arte di concepire i giardini fa parte di una personale ricerca
condotta allo scopo di trovare un legame tra il passato e il presente. Questo
lavoro è una gradita sosta lungo la strada.
Immaginando il percorso narrativo come un viaggio, questo scritto vuole far
conoscere i giardini dove natura e arte si sono date appuntamento affinché il
lettore possa vivere personalmente le emozioni narrate.
Ogni giardino non verrà mostrato come una forma d’arte, seppure lo sia. Non
verrà nemmeno raccontato come un paradiso naturale, sebbene indiscutibil‑
mente lo sia. Ogni giardino verrà rivelato come un meraviglioso e sorprendente
incantesimo dove arte e natura si mescolano a tal punto da rendere inutili i
boriosi discorsi su dove inizi l’una e dove finisca l’altra. Visiterete tanti luoghi
misteriosi e spesso inimmaginabili perché concepiti per soddisfare due preci‑
se esigenze che l’uomo moderno avverte con sempre minor urgenza: bellezza
e virtù. Qualità e pregi non prosperano nelle brutture. Predisponete quindi il
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vostro animo a un entusiasmante ritorno alla bellezza condotto dalla follia crea‑
tiva di menti aperte e di cuori impavidi. In ogni giardino visitato riconoscerete
una vera e propria palestra per l’esercizio delle virtù oltre a un rasserenante
paradiso ritrovato.
Relativamente a ogni capitolo sono state individuate piante e luoghi particolar‑
mente affascinanti, sia dal punto di vista botanico che dal punto di vista turisti‑
co. Potrete utilizzare queste informazioni per approfondire la conoscenza delle
essenze menzionate o per organizzare delle gite nei luoghi narrati. Quando op‑
portuno sono stati messi in evidenza anche i mesi appropriati per la visita.
Si alzi il sipario!
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IL MONDO VEGETALE
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Il nome delle piante
Classificare e attribuire un nome a tutte le forme di vita presenti sulla Terra
sono da sempre le principali attività svolte dai naturalisti. Suddividere gli esseri
viventi in gruppi con identiche caratteristiche strutturali e fisiologiche è un la‑
voro di straordinaria importanza in quanto permette, in seconda battuta, di at‑
tribuire un nome specifico a ogni gruppo identificato. Una volta riconosciuto il
nome dell’organismo diventa così possibile risalire a tutte le informazioni a esso
correlate. Non solo. Ciò permette di intenderci velocemente quando vogliamo
discutere di un organismo specifico. Se, per esempio, intendiamo parlare di un
leone sarà sufficiente chiamarlo con il suo nome. Altrimenti dovremmo dire
“sai, quell’animale che vive nella savana, cammina su 4 zampe, ruggisce e il
maschio porta una folta criniera”. Insomma, classificare e denominare le forme
di vita, come pure le rocce, i minerali e quant’altro, è assolutamente fondamen‑
tale.
Prima di Carlo Linneo, eccellente naturalista svedese, venivano usati sistemi di
classificazione diversi, ma tutti approssimativi e basati esclusivamente sull’os‑
servazione.
Verso la metà del XVIII secolo, Carlo Linneo propose un tipo di classificazione
degli organismi vegetali basato soprattutto sulle affinità strutturali, i cui detta‑
mi principali sono tutt’ora in uso. La sua classificazione si basa sul concetto di
specie quale “unità sistematica che raccoglie tutti gli individui simili fra loro e
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capaci di dare prole illimitatamente feconda”. Seguendo questo criterio, Lin‑
neo ebbe l’intuizione di riunire specie con qualità specifiche simili attribuendo a
questo gruppo più esteso il nome di genere. Così facendo diede origine a quella
terminologia binomia che ancora oggi utilizziamo per identificare un qualsiasi
organismo vivente, pianta o animale che sia.
Pertanto, nel prosieguo di questo viaggio, tutti gli organismi vegetali verranno
identificati tramite il genere (nome latino scritto con l’iniziale maiuscola) e la
specie (nome latino scritto con l’iniziale minuscola). Nel caso in cui la specie non
sia nota, verrà indicato solo il genere seguito dal termine generico “spp”. Per
esempio, la pianta chiamata comunemente leccio è riconosciuta dal mondo in‑
tero con la denominazione binomia Quercus ilex, dove Quercus indica il genere
e ilex la specie.
Tuttavia, per essere veramente precisi è necessario approfondire. Ciascuna
specie può differenziarsi in molteplici varietà che verranno indicate in modo
diverso a seconda che abbiano origine naturale oppure siano state introdotte
dall’uomo. Populus nigra var. italica identifica il comune pioppo cipressino, che
è una varietà spontanea del pioppo nero. Nel caso in cui, però, la varietà sia
stata ottenuta dall’uomo attraverso mutazioni indotte o incroci, si parla di cultivar e il nome dovrà essere riportato in modo ancora diverso. Genere e specie
saranno quindi seguiti dal nome della cultivar, con iniziale maiuscola, racchiuso
fra due virgolette semplici, quindi: Papaver orientale ‘Sultana’ (Genere, specie,
‘Cultivar’).
Infine, le piante ottenute per incrocio da specie differenti sono indicate con il
genere seguito dal termine x intermedia: Forsythia x intermedia deriva dall’in‑
crocio di Forsythia viridissima e Forsythia suspensa.
In realtà, lo schema di classificazione degli organismi è affare ben più complesso
ma, per ora, queste informazioni sono più che sufficienti per poter continuare
serenamente il percorso.
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Quercus ilex, Villa del Balbianello,
Lenno (CO)
A proposito del leccio. Alcuni esemplari molto belli vivono nel giardino di Villa del Balbianello, sito
a Lenno sul lago di Como. La loro chioma viene potata per dar loro la forma di giganteschi cap­
pelli. Regolari interventi cesorei sono previsti anche per gli amici platani, le cui possenti branche
vengono ad assomigliare a pittoreschi candelabri. Il giardino è abbarbicato su un promontorio
a picco sul lago, innanzi alla costa di Bellagio. Da una spaziosa terrazza panoramica è piace­
vole lasciarsi stregare dal lento fluttuare dell’acqua e dalla vista di un incantevole panorama. Il
fatto di accedere al giardino tramite motoscafo accresce ulteriormente l’eccitazione della visita.
Il complesso della villa e del giardino è oggi di proprietà del FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano.
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Classificazione degli organismi vegetali
Il regno vegetale si divide in due grandi gruppi: tallofite e cormofite.
Alle tallofite appartengono gli organismi vegetali nei quali non è possibile fare
una distinzione fra radice, fusto e foglie: i batteri, le alghe, i funghi, i licheni e i
muschi. Si tratta di organismi che per vivere necessitano di un ambiente umido,
quando non addirittura acquatico.
Le cormofite hanno invece evoluto delle strutture che hanno permesso loro di
affrancarsi dall’ambiente acquatico e di conquistare quello terrestre. In questo
tipo di piante risulta decisiva la differenziazione del corpo vegetativo in radice,
fusto e foglie.
A loro volta le cormofite sono state suddivise in due altri grandi gruppi: le pteridofite e le spermatofite. Le pteridofite (dal greco ptéris = felce e phytòn = pian‑
ta) comprendono le felci, gli equiseti e i licopodi. Le spermatofite (dal greco
spérma = seme e phytòn = pianta, ovvero pianta con seme) offrono una novi‑
tà evolutiva essenziale per la diffusione della vita sulla Terra: il seme. Questa
struttura consente l’affrancamento completo della pianta dal mezzo acquoso,
permettendone la diffusione negli ambienti più disparati.
Le felci sono tra le piante terrestri più antiche, essendo comparse circa 350
milioni di anni fa. Le specie oggi viventi sono circa 10.000. Molte sono quelle
oramai scomparse e note solamente allo stato fossile. Comunemente si usa
attribuire il nome di felce a tutte le pteridofite, ma in senso proprio possono
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essere considerate tali solo quelle comprese all’interno della classe specifica.
Queste piante sono composte essenzialmente da un fusto non ramificato e da
foglie ampiamente sviluppate. Nelle regioni tropicali alcune specie possono an‑
che assumere un aspetto simile a quello di un albero e, per tale motivo, vengo‑
no chiamate felci arboree.
Dickinsonia antartica,
Giardini Botanici
di Villa Taranto (VB)
La Dickinsonia antartica
è sicuramente la specie di
felce più conosciuta. Nel
suo habitat naturale, ovve­
ro nelle regioni montuose
dell’America, dell’Australia
e della Nuova Zelanda,
può raggiungere l’impen­
sabile altezza di 15 m, con
fronde coriacee lunghe an­
che 3 m. Il tronco di questa
felce è formato da robusti
piccioli che crescono a spi­
rale e sono ricoperti dai re­
sti delle guaine delle fronde
e da una folta criniera di
peli ruvidi.
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Al cospetto della Dickinsonia antartica, l’Osmunda
regalis sembra una pian­
ta completamente diver­
sa, eppure è anch’essa una
felce. Viene anche chia­
mata Felce reale, in quan­
to la più grande del ge­
nere Osmunda. Cresce fi­
no a 2 m di altezza e por­
ta lunghe fronde bipenna­
te. In natura forma gran­
di gruppi nelle paludi e in
altre zone acquitrinose. In
primavera l’aspetto di que­
sta felce desta stupore mi­
sto a curiosità. Molto ca­
ratteristiche sono infatti le
foglie che la pianta sroto­
la con grazia e che posso­
no crescere fino ad altezza
d’uomo: la forma ricorda
un piccolo ricciolo ricoper­
to da una fitta peluria. Gli
esemplari fertili portano
dei caratteristici contenito­
ri di spore che vengono ri­
lasciate all’inizio dell’estate.
Osmunda spp. – giugno
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Per osservare da vicino un incantevole bosco di felci è sufficiente recarsi a Villa Carlotta, a Tre­
mezzo, sorprendente giardino specchiato nelle acque del lago di Como.
Affacciati a un romantico terrazzino prospiciente una piccola valle scavata in un pendio è pos­
sibile osservare grandi felci (Dickinsonia antartica, Cyathea australis e altre) convivere serena­
mente con eleganti esemplari di tiglio, platano e macchie sempreverdi di lauroceraso (Prunus
laurocerasus) e aucuba (Aucuba japonica).
Nel giardino di Villa Carlotta però c’è molto di più. È possibile camminare agevolmente fra in­
credibili montagne colorate di azalee e rododendri, fino a raggiungere altissime siepi di camelie
giapponesi, passando attraverso boschi di rododendri vestiti da alberi.
Il percorso nel giardino si snoda tra piante magiche e secolari, sequoie e fossili viventi, grandi
palme e foreste di bambù.
Frivole fioriture allestite ad arte gratificano gli occhi e rallegrano lo spirito. La costruzione della
villa è iniziata alla fine del 1600 e, da allora, cultura e amore per il bello sembra abbiano deciso
di sfidarsi proprio in questo luogo, illuminandolo di civiltà e di colpi di genio.
Vicino alle felci, da un punto di vista sistematico, troviamo gli equiseti. Gli ante‑
nati di queste piante si elevavano in foreste lussureggianti più di 250 milioni di
anni fa.
Oggi vivono principalmente nell’emisfero settentrionale, solo alcune specie
hanno attraversato l’equatore per scegliere l’Africa o il Sud America come stabi‑
le dimora. Morfologicamente si sviluppano in fusti cilindrici eretti, la cui altezza
difficilmente supera i 3 m.
Dai nodi di alcune specie si possono originare dei verticilli di rami. Un equiseto
molto diffuso è l’Equisetum hyemale, il suo fusto non è ramificato e può rag‑
giungere l’altezza massima di 1,5 m. Gli equiseti sono essenze molto decorative
ma anche estremamente invadenti. Basta osservare un fosso in campagna per
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vedere vere e proprie foreste in miniatura del comune Equisetum arvense, co‑
nosciuto anche come coda di cavallo.
Dopo aver accennato alle pteridofite vediamo ora come si sono evolute e orga‑
nizzate le spermatofite.
Le spermatofite sono state suddivise in gimnosperme (dal greco gymnòs =
nudo e spérma = seme) e angiosperme (dal greco angêion = vaso e spérma =
seme).
Delle gimnosperme fanno parte le comunissime conifere (abeti, cedri,
pini, ecc.).
In queste piante gli ovuli, e quindi i semi, sono portati alla base di piccole squa‑
me più o meno aperte che costituiscono i coni femminili. In strutture simili, ma
separate, chiamate coni maschili, viene invece prodotto il polline. Nelle angio‑
sperme, per contro, il seme rimane racchiuso e protetto in un ovario che, a
fecondazione avvenuta, si trasforma in un frutto.
Per semplificare è possibile dire che nelle gimnosperme i semi sono nudi, ovve‑
ro si trovano a contatto diretto con l’ambiente esterno, mentre nelle angiosper‑
me il seme viene protetto all’interno di un frutto.
Essendo il frutto ciò che deriva dalla trasformazione del fiore dopo la feconda‑
zione, le angiosperme sono anche dette antofite, ovvero “piante che formano
fiori”.
Tra le gimnosperme, come precedentemente accennato, le piante più comuni
sono le conifere [dal latino coniferu(m)] ovvero “portatore di semi”.
Le conifere più conosciute sono il tasso, il cipresso, la thuia, il ginepro, la se‑
quoia, l’abete, il larice, il cedro e il pino: tutte piante abbastanza comuni, molto
diffuse e spesso molto eleganti.
Il cedro deodara (Cedrus deodara), per esempio, ha una sagoma molto attraen‑
te, definita da rami garbatamente penduli, fasciati di aghi lunghi ma sufficien‑
temente soffici.
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Un esemplare magnifico di cedro deodara è presente nel giardino pubblico di Villa Ghigi a Bolo­
gna. L’aspetto imponente, scolpito nei secoli, desta un senso di sicurezza e di tranquillità, men­
tre i rami, che arrivano fin quasi a terra, sembrano invitare il fortunato osservatore al gioco o
al riparo. Questa conifera, dalla sagoma così attraente, è stata introdotta in Europa dai nevosi
pendii dell’Himalaya all’inizio del 1800. Nella terra di origine, questo albero ha un’importanza
religiosa ed è considerato simbolo di fertilità e di durevolezza. Non a caso è conosciuto anche
con il nome di albero degli dei.
Il parco di Villa Ghigi si estende per una trentina di ettari sulle colline bolognesi e può certamen­
te essere considerato il parco più bello della città.
Cedrus deodara,
Villa Ghigi, Bologna
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Una conifera merite­
vole di attenzione è il pi­
no di Montezuma (Pinus
montezumae), il cui aspet­
to è caratterizzato da fo­
glie aghiformi lunghe fi­
no a 30 cm. Pochissimi pi­
ni possono vantare aghi
altrettanto lunghi ed ele­
ganti. Anche i frutti, pigne
coniche che raggiungono
15 cm, pur non essendo
“da record”, hanno una di­
mensione più che conside­
revole. Il pino di Montezu­
ma è originario del Mes­
sico e del Guatemala, do­
ve raggiunge rapidamen­
te l’altezza di 30 metri. Gli
aghi, di colore verde con ri­
flessi azzurri, sono riuniti
in fascetti di cinque. Que­
sto maestoso pino de­
ve
il nome a Montezuma II,
imperatore azteco.
Pinus montezumae,
Villa Melzi d’Eril, Bellagio (CO)
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Il pino himalayano (Pinus excelsa) è un’essenza curiosa
e intrigante. Gli aghi sono considerevolmente lunghi, circa
20 cm, mentre i frutti a cono, decisamente curvi, raggiungo­
no dimensioni eccezionali (la lunghezza tocca molto spesso i
30 cm). Grazie alla loro flessibilità, gli aghi, se sfiorati, procu­
rano una piacevole sensazione simile a una carezza.
Pinus excelsa – agosto
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