Il pensiero post

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Il pensiero post-nichilista
Giuliano Minichiello
Se accettiamo l’ipotesi nietzscheana, amplificata da Heidegger, che prevede l’arrivo di
un’epoca in cui il senso sarà completamente assente, un solo compito si offre alla filosofia e, nella
sua accezione più larga, alla cultura. Nietzsche riconosce in questo compito la necessità di “DARE
UN SENSO – questo compito resta assolutamente da assolvere”1. Di là dal nichilismo, la creazione
di un senso permette al caos, nascosto in fondo all’uomo così come ai confini dell’universo, di
trasformarsi in stella. In un testo del marzo 1888, Nietzsche chiede all’uomo di “costringere il suo
caos a diventare forma; a diventare logico, semplice, univoco, matematica, legge. E’ questa qui la
grande ambizione”2. Il canto poetico di Zarathustra annuncerà, analogamente, l’imperativo di una
cultura che dà all’esistenza la sua legge: “Riesci a costringere le stelle a ruotare intorno a te?”. E
tale insegnamento è così precisato: “Bisogna che ancora si porti dentro di sé un caos per potere far
nascere una stella danzante”.
L’immagine della stella evoca per Nietzsche l’origine del mondo e l’esplosione della vita:
ma allora, è l’oblio della stella a fondare il nichilismo. Questo termine, reso popolare da Turgenev e
Paul Bourget prima di Nietzsche, deriva dal latino ne hilum, l’assenza di “ilo”, la cicatrice lasciata
sul seme dalla rottura del funicolo. Questa giuntura, attraverso cui scorrono i succhi nutritivi della
pianta, è fonte di vita e, metaforicamente, donazione di senso. Quando il condotto della vita è
chiuso o nascosto, non è possibile nessun orientamento e la fine scompare insieme con il senso che
ad essa conduceva. Se applichiamo questo termine al nostro presente malessere, possiamo vedere
che il significato di una cultura è legato costantemente alla sua comparsa e al suo scopo. L’epoca
della completa assenza di senso è dunque quella in cui l’origine di una cultura, nel suo abbrivio o
nella sua genealogia, è sistematicamente negata, al punto da occultare il suo fine, inteso come punto
d’arrivo e, insieme, come destinazione. Che si tratti di scienza, di filosofia, di politica o di arte, le
attività umane e i prodotti che ne risultano abdicano ad ogni pretesa di senso e si limitano, a costo di
rinunciare a costruire un mondo, alla immersione nel circolo del consumo. Si ritrova qui, in
versione poetica, la giustezza della constatazione di René Char nei suoi Feuillets d’Hypnos: “La
nostra eredità non è sanzionata da nessun testamento”. Non sarà perciò seguita da nessun usufrutto.
Se si riconosce la convergenza delle prospettive prese in esame, si dovrà concludere che la crisi di
senso di cui soffre il mondo è esattamente una crisi che colpisce l’insieme delle sue azioni e delle
sue opere. L’orientarsi in virtù di un senso si rivela in effetti come unità, allo stesso titolo
dell’individuo che conferisce un senso alla propria vita, il senso di ogni senso essendo analogo al
kantiano orizzonte di ogni orizzonte. E’ quando l’orientamento si perde per il suo disperdersi a
vantaggio di una molteplicità di direzioni che la nozione di senso dilegua.
1
2
F. Nietzsche, Frammenti postumi 1887-88, 9 [48].
F. Nietzsche, Frammenti postumi 1888-89, 14 [61].
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