Dall`Impero Ottomano alla Repubblica di Turchia

Dall’Impero Ottomano alla Repubblica di Turchia
L'Impero turco-ottomano era costituito dai territori balcanici, vicino-orientali e nordafricani
occupati dal dominio dei Turchi ottomani. Probabilmente esistente già nel 1299, nacque in
continuità del Sultanato selgiuchide di Rum1. Il nome deriva da quello del fondatore di fatto della
dinastia regnante, Osman I. L'impero ottomano durò sino al 1923, quando nacque l'odierna
Repubblica di Turchia. Nel 1453 sotto il sultano Mehmet II (Maometto II), detto poi Fātiḥ
(Conquistatore), l'Impero Ottomano conquistò Costantinopoli, facendo cadere definitivamente
l'Impero Romano d'Oriente. Dopo questa conquista, Costantinopoli cambiò nome in Istanbul[1] anche se, a livello diplomatico, si mantenne il nome ufficiale di Qusṭanṭīniyye fin quasi al XX
secolo - e divenne la nuova capitale dell'impero, con la chiesa dedicata alla Divina Sapienza (Hagia
Sophya, ossia Santa Sofia) trasformata in moschea che quel nome comunque mantenne (Aya Sofya).
Soltanto la resistenza degli Ungheresi nell'assedio di Belgrado del 1456 e quindi la prigionia in
Francia e in Italia dello sfortunato principe Cem, fratello di Bayezid II, permise una pausa di circa
70 anni dell'espansione verso i regni cristiani d'Europa.
L'ampliamento del Sultanato ottomano in direzione dell'Europa conseguì un nuovo risultato con
l'assedio dell'isola di Rodi e la sanguinosa conquista di Otranto nel 1480. Soltanto la morte di
Maometto II - seguita da un conflitto dinastico fra i due figli - permise di scacciare i Turchi dalla
città pugliese e di sottrarre Rodi all'accerchiamento.
In seguito gli Ottomani spostarono la loro attenzione a oriente, espandendo i loro domini in diverse
regioni dell'Asia e del Nordafrica, guidati da grandi sultani, come Selim I – che abbatté il Sultanato
mamelucco di Siria ed Egitto e conquistò tutti i paesi arabi del Vicino Oriente.
Con Solimano il Magnifico i turchi ritentarono la strada di un'espansione nei Balcani, gli Ottomani
entrarono così nuovamente in contrasto con i regni europei per il predominio sul Mar Mediterraneo.
Nel 1521 conquistarono Belgrado, nel 1522 Rodi, nel 1526 nella battaglia di Mohács sconfissero il
re d'Ungheria e Boemia Luigi II, che morì in combattimento. Nel 1529 assediarono anche Vienna,
che però resistette. Cadde invece in mano turca la capitale ungherese di Buda (1541), dopo lungo e
sanguinoso assedio. Nel 1570, sotto il sultano Selim II, i turchi conquistarono Cipro, possesso
veneziano, provocando la reazione del mondo cristiano.
Nel 1571 le flotte dei paesi europei inflissero una pesante sconfitta agli Ottomani a Lepanto. Nei
secoli XVI e XVII l'influenza degli Ottomani sui Balcani raggiunse l'apogeo. Nel 1683 i turchi
tentarono nuovamente l'impresa di assediare Vienna e di abbattere l'Impero asburgico. Essi
furono però sconfitti nella battaglia di Vienna da una coalizione multinazionale guidata da
Giovanni III Sobieski re di Polonia-Lituania. Fu l'inizio del periodo di decadenza del Sultanato.
Dal primo Ottocento l’impero ottomano dovette fronteggiare le rivolte nazionaliste e separatiste
di diversi gruppi etnici, e in particolare quelli delle minoranze cristiane, che costituivano circa il
40% della popolazione imperiale e le cui rivendicazioni erano sostenute dalla Russia e da altre
grandi potenze europee, interessate a sottrarre alla Porta territori di grande interesse strategico.
Nel 1821 l’impero dovette affrontare la volontà d'indipendenza della Grecia. Arrivarono aiuti da
quasi tutte le nazioni europee e, alla fine, con la pace di Adrianopoli del 1829, i Turchi dovettero
capitolare e riconoscere l'indipendenza della Grecia. Nel 1830 il grande impero islamico subì un
altro colpo con l'occupazione di Algeri da parte della Francia.
Nel 1839 il sultano promosse le Tanzimat, "riforme" atte a riorganizzare e a rendere più efficiente
il vasto impero. La Porta reagiva avviando la modernizzazione delle forze armate e puntando
sull’accentramento amministrativo: la strategia dell’ottomanismo intendeva promuovere l’identità
1
Il Sultanato di Rûm (ossia di Romània/Roma, detta in turco Rūm) o Sultanato di Nicea o Sultanato di Iconio (dal nome
delle due capitali succedutesi nel tempo: Nicea e Iconio), fu il primo impero turco d'Anatolia, creato dalla dinastia dei
Selgiuchidi. Originariamente vassallo dell'Impero selgiuchide dell'Iran, il Sultanato gli sopravvisse, rimanendo quale
entità autonoma fino all'invasione mongola. In Iran, intanto, attorno al 1500 la dinastia safavide, originaria
dell'Azerbaigian, a quel tempo considerato parte della regione persiana, tramite lo scià safavide Ismāʿīl I rovesciò il
trono azero degli Ak Koyunlu (la confederazione turkmena dei "Montoni bianchi") e fondò un nuovo impero persiano
ottomana basandola sul diritto e sulla fedeltà allo Stato e al sultano. Nel 1876-77 fu instaurata
quindi una sorta di monarchia costituzionale, dotata di una “legge fondamentale” (Kanûn-ı Esâsî) e
di un parlamento (Meclis) bicamerale (un senato di nomina “regia” e una camera dei deputati
eletti tramite delegati a loro volta eletti dal popolo): era una risposta, tardiva e inefficace, ai nuovi
focolai di rivolta scoppiati allora nei Balcani, a Creta e in Libano. Ma non si arrestava il processo
che nel corso del XIX secolo vide l'Impero ridurre progressivamente i propri domini europei con
l'indipendenza della Serbia, della Romania, con l'unificazione di Moldavia e Valacchia, del
Montenegro e della Bulgaria e l'espandersi di questi Stati e della Grecia. I continui ingrandimenti
territoriali dei nuovi Stati balcanici furono sanzionati, in particolare, dalla Pace di Santo Stefano (3
marzo) e dal Congresso di Berlino (giugno-luglio) del 1878: Bismarck pose un limite
all’espansione russa ma agevolò l’occupazione della Bosnia-Ezegovina da parte austro-ungarica.
Il sistema ottomano entrò subito in crisi, anche a causa della bancarotta del Tesoro. Il sultano
Abdulhamit II (1876-1909), non abrogò le riforme proposte dai suoi predecessori pur convinto che
la crisi nascesse da esse: la temerarietà finanziaria, la tolleranza delle influenze esterne nell’impero,
l’incapacità di frenare le tendenze nazionaliste e separatiste dei sudditi cristiani e, parallelamente, di
proteggere i sudditi mussulmani. Il sultano sciolse però il parlamento e riprese il controllo assoluto
dell’impero. Egli vedeva nell’Islam – ossia nella fedeltà al califfato2 – e nella modernizzazione
dall’alto i pilastri fondamentali della resistenza alla penetrazione europea e alle aspirazione
separatiste dei sudditi mussulmani non turchi (arabi e balcanici). Promosse quindi notevoli riforme
sociali ed economiche, incoraggiando la costruzione di scuole, ferrovie, porti, linee telegrafiche e
altre infrastrutture. Tuttavia, l’inevitabile prudenza nelle spese pubbliche, dovuta alla crisi
finanziaria, limitò la portata delle riforme economiche e civili. Il sultano prese le distanze dalla
Gran Bretagna, antico protettore, e iniziò ad avvicinarsi alla Germani e soprattutto al nemico di
sempre, la Russia: tutto nell’ottica di una attenta politica di neutralità.
Nel 1908 l'impero, oramai in crisi, subì la cosiddetta rivoluzione dei "Giovani Turchi". Il
movimento era composto da intellettuali e ufficiali che volevano trasformare l'impero, molto
arretrato dal punto di vista economico, in una moderna monarchia costituzionale. Nell'estate di
quell'anno alcuni ufficiali marciarono col loro esercito contro Istanbul, costringendo il sultano a
concedere una costituzione.
Il nuovo regime tentò di modernizzare il paese, ma non riuscì a risolvere il problema dei rapporti
con i popoli europei che erano ancora sottomessi agli Ottomani e che si coalizzarono rapidamente
contro di loro. Nel 1911 l'Impero dovette combattere contro l'Italia una guerra per il possesso della
Tripolitania e della Cirenaica. L'Italia, governata all'epoca da Giovanni Giolitti, inviò un
contingente di 100.000 uomini e nel 1912 i turchi furono costretti a firmare la pace di Losanna con
la quale cedevano il territorio libico all'Italia, mantenendo però una sovranità religiosa sulle
popolazioni musulmane del luogo.
Nello stesso 1912, gli Ottomani dovettero affrontare una coalizione formata da Serbia, Montenegro,
Grecia e Bulgaria, in quella che fu definita la Prima guerra balcanica. L'Impero fu sconfitto in
pochi mesi, e perse tutti i territori che conservava in Europa, ad eccezione di una piccola striscia
della Tracia orientale. L'anno dopo però, con la Seconda guerra balcanica, i turchi entrarono in
guerra insieme a Grecia, Serbia e Romania contro la Bulgaria, e dopo la vittoria riottennero un'altra
parte della Tracia, con la quale potevano controllare gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli.
Nella Prima guerra mondiale l'Impero si alleò con gli Imperi Centrali e con essi fu pesantemente
sconfitto. Durante la guerra - in cui esplose la Rivolta Araba - il governo dei "Giovani Turchi",
timorosi che gli Armeni che vivevano nell'impero potessero allearsi coi Russi, procedettero ad una
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Califfo è il titolo che indica il ‘vicario o ‘successore’ di Maometto alla guida spirituale e politica della comunità
islamica (spesso lo affianca un subalterno, detto visìr); il califfato ottomano nacque con l'assunzione del titolo di
califfo da parte del sultano ottomano nel 1517 e perdurò fino al 1924. Il titolo ufficiale si ritrova però per la prima volta
in documenti scritti nel 1774 relativamente a Abdul Hamid I in occasione del trattato internazionale di Küçük Qaynarce
("Piccola fonte calda"), firmato tra l'impero ottomano e la Russia, nel quale il sultano si autodefiniva "califfo" dei
musulmani.
serie di massacri e deportazioni, ricordata oggi col nome di "genocidio armeno", e che ancora oggi
le autorità turche non riconoscono appieno, nei termini proposti dagli storici. Dopo la sconfitta
l'Impero, già notevolmente ridotto territorialmente dal Trattato di Sèvres3, dovette subire anche
l'occupazione straniera, con la Grecia che prese la zona di Smirne e gli eserciti anglo-italo-francesi
che presidiavano le regioni costiere. A guidare il movimento di indipendenza nazionale fu un
generale dell'esercito ottomano, Mustafà Kemal Pascià, detto in seguito Atatürk (padre dei turchi),
che si era messo in mostra nella vittoriosa battaglia di Gallipoli e che aveva anche partecipato alla
rivoluzione dei "Giovani Turchi". Nella guerra greco-turca del 1919-1922, Britannici, Italiani e
Francesi preferirono andarsene, e i Greci dovettero vedersela da soli contro la riscossa turca. In
poco più di due anni i Greci furono ripetutamente sconfitti e costretti a lasciare Smirne. Nel
novembre del 1922 fu abolito il Sultanato e nel 1923 fu proclamata la Repubblica Turca, di cui
Atatürk fu il primo Presidente. Sopravvisse per poco la dignità califfale nella persona di Abdul
Mejid II ma nel 1924 un'Assemblea Nazionale convocata da Atatürk dichiarò conclusa tale
esperienza califfale, almeno nella linea dinastica del casato ottomano.
La repubblica in realtà nacque sotto il segno della continuità della burocrazia imperiale che restò al
potere, e con l’apporto decisivo dell’esercito ottomano – soprattutto dei suoi ufficiali. Sintesi
perfetta ne fu la personalità di Mustafa Kemal Atatürk, che impose una repubblica fondata su una
serie di tabù/dogmi: 1) nella società turca non esistono classi; 2) non esistono differenze né etniche
né culturali, perciò tutti i cittadini sono turchi; 3) la Turchia è uno stato laico e la cultura islamica è
fuorilegge; 4) non ci sono mai stati massacri di armeni; 5) il guardiano di questi tabù è l’esercito,
il cui ruolo “plenipotenziario” all’interno dello stato è a sua volta un soggetto tabù.
La strategia di Kemal in campo economico mirava a garantire l’indipendenza della Turchia dai
capitali esteri; furono quindi rifiutati prestiti esteri e si avviò la nazionalizzazione delle principali
industrie. Inonu, nuovo presidente dopo la morte di Kemal nel 1938, proseguì questa cauta politica
internazionale, tanto da schierarsi contro la Germania nazista ma solo nel febbraio 1945; la
successiva rivendicazione staliniana del controllo congiunto degli stretti portò a una rottura con
l’Urss e allo schieramento turco col blocco occidentale nella Guerra Fredda. La politica turca dei
decenni successivi vide sempre il controllo strettissimo dell’esercito, pronto a mettere fuori causa
movimenti politici indesiderati, come quello islamico in grande progresso negli anni ’90. Ma
nonostante l’ostracismo dei militari, nel 2002 l’Akp (“Giustizia e sviluppo”), partito islamico di
centro-destra, ottenne il 34% dei voti e il 66% dei seggi nelle elezioni parlamentari. Fu eletto primo
ministro Abdullah Gul, che subito promosse una legge volta a restituire i diritti politici attivi al
leader del partito, Recep Erdogan, cui era stato vietato di partecipare alle elezioni dai militari. Dal
marzo 2003 quindi Gul è presidente della Repubblica, mentre Erdogan è primo ministro e leader
indiscusso del Paese, affiancato e ispirato dal ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, il teorico del
cosiddetto neo-ottomanismo.
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Il Trattato di Sèvres è stato il trattato di pace firmato tra le potenze alleate della Prima guerra mondiale e l'Impero
ottomano il 10 agosto 1920 presso la città francese di Sèvres. Con il Trattato di Sèvres, l'Impero ottomano, già
drasticamente ridimensionato col Trattato di Londra del 1913, si ritrovò ridotto ad un modesto Stato entro i limiti della
penisola anatolica, privato di tutti i territori arabi e della sovranità sugli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Con esso la
Grecia guadagnava le città di Adrianopoli e Smirne, da cui i Greci sarebbero stati allontanati nel 1923 dalle truppe di
Mustafa Kemal.