a biodisponibilita` negli alimenti di alcuni elementi in tracce

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Ann 1st. Super. Sonitd
Vol. 20, N . 2-3(1984), pp. 149-1713
A BIODISPONIBILITA' NEGLI ALIMENTI DI ALCUNI ELEMENTI IN TRACCE:
ERRO, ZINCO, RAME, SELENIO, CROMO, PIOMBO, CADMIO, MERCURIO
. ..BOCCA, R.C. DI FAVA e A. GAUDIANO
Imbomtorio di Alimenti, Istituto Superiore di Sonitd, Roma
Riassunto. - Dopo un'introduzione sul concetto di
biodisponibilità degli elementi in tracce, sui fattori
intrinseci ed estrinseci che la influenzano e sui metodi sperimentali atti a misurarla, viene parsatu in
roasegna lo letteratura sulla biodisponibiliti, negli alimenti, dei seguenti elementi: ferro, zinco, rame, selenio,
cromo, piombo, cadmio, mercurio.
Summary (Bioavailability in foods of some trace
elementa: iron, zinc, copper, selenium, chromium,
lead, cadmium, mercury). - After an introduction on
the meaning of biwvailability of tmce elementa, on
inhinsic and extrinsic factors that affect it and on
experimental methods suitable to assess it, the authors
review the literature on biwvailability, in foods, of
following elements: iron, zinc, copper, selenium, chromium, lead, cadmium, mercury.
Introduzione
Si intende per biodisponibilità di un elemento in
tracce - sia esso nutriente o tossico - il rapporto fra
la quantità che, dopo essere stata assorbita, esercita
il suo effetto nell'organismo e quella che viene introdotta E' evidente che la misura del semplice aesorbimento mediante, per es., la determinazione dell'element o nel sangue o in un altro tessuto non dà una valutazione sufficientemente accurata della biodisponibilità:
occorre infatti che l'elemento raggiunga i suoi ricettori e
venga quindi trasformato nella forma hiologicamente
attiva, per esplicare l'effetto. Si preferisce quindi, là dove
possibile, misurare la biodisponibilità attraverso un
parametro biochimico, morfologico o funzionale che
venga influenzato - positivamente o negativamente dall'clemento in esame. E' possibile pertanto che la
biodisponibilità di un dato elemento, in condizioni
prefissate, risulti un po' divema a seconda del parametro
impiegato per la misura. Nonostante queste riserve, le
tecniche a disposizione sono, nel loro complesso, sostanzialmente valide per offrire al nutrizionista e al tossico-
logo un dato molto importante, ma finora alquanto
trascurato.
Nel fissare la DGA (dose giornaliera accettabile) di
un tossico o il LARN (livello di assunzione raccoman.
dato di un nutriente) è indispensabile prenderne in
considerazione la biodisponibilità, che tuttavia non
sempre è conosciuta. Solo per il mercurio è stata fissata
una duplice DGA: una per il mercurio totale e un'altra
per il metilmercurio. Quanto ai LARN del Fe e dello %n
per la popolazione italiana, essi sono stati fissati ipotizzando una biodisponibilità, rispettivamente, del 15% e
del 20-4096 [l].Adeguate conoscenze sulla biodisponibiliti sono necessarie anche nel caso in cui si voglia "fo&
ficare" un alimento.
Il problema della biodisponibilità è venuto all'attenzione degli studiosi di scienza dell'alimentazione
soprattutto in questi ultimi anni e ad esso è stato recentemente dedicato il simposio: "Bioavailability of essen.
tial and toxic trace elements" (New Orleans, Lou., 17
aprile 1982).
La presente rassegna ha lo seopo di attirare sull'argomento l'attenzione dei ricercatori e di segnalare ciò
che è stato fatto in questo campo, offrendo quindi spunto su quanto resta da fare.
Fattori che influenzano la biodisponibilità
I fattori che influenzano la biodisponibilità possono
essere suddivisi in fattori intrinseci, o fisiologici, e fattori
estrinseci, inerenti all'alirnento 12, 31. l fattori intrinseci
comprendono la specie animale, il sesso, l'età, eventuali
anomalie genetiche, lo stato fisiologico e particolarmente
quello nutrizionale, eventuali stati patologici, la flora
intestinale, il pH del succo gastrico e di quello intestinale.
I fattori estrinseci, che saranno oggetto della presente raseegna, comprendono:
1) specie chimica sotto cui si trova l'elemento in
questione: esso può trovarsi allo stato elementare o
sotto forma di composto non ionizzabile, o sotto forma
piìi o meno irinizzata (ev~~ntnalriiente
con diversi
di ossidazionc), ci sotto forma di con~plesso i111
" o menu
stabile:
2) proprietà ,fisiche: sono interessanti soprattutto
la solubilità drlla specie chimica presente (in acqua,
in alcool, nei lipidi, nel siicco gastrico e nel succo intestinale) e la capacità di esseri adsorbita su componenti inerti d<:ll'alimento; eventiiahnrnte, le dimensioni delle particelle;
3) proprietà chimiche: Velemento piiò reagire con
altri componenti della matrice alimentare, oppure con
farmaci, per formare composti in cui ha un divprso
grado di ossidazionc, prodotti poco solubili, complessi, ecc.; l'entità di queste reazioni dipende, fra l'altro.
dalla temperatura e quindi dai proci:ssi tecriolo@ a cui
l'alimento è stato sottoposto:
4) proprietà biochimiche: interessa in particolare
la capacità di competere con altri elementi per i siti
attivi dell'organismo.
Metodi sperimentali per misurare la biodisponibilità
I c u n i mrtodi si limitano a misurare l'assorbimento,
sia in vivo sia in litro, dell'eleiiii:nto da un dato alimento, pcr confronto con un sale idrosolubile dell'elemento
stesso, in soluzione acquosa. L'elemento può essere allo
stato isotopico natnralc, oppiire come isotopo stabile o
radioattivo. La marcatura con isotopi può essere estrinscca (per aggiunta all'alimento) o intrinseca (per incorporazione nell'alimento mediante biosintesi naturale).
Ilei metodi in vivo, si dosa la concentrazione dpll'elemento nel sangue o in organi che tendono ad accumiilarlo: il fegato, i reni, le ossa [3]. Nei metodi
in uitro, sr n r stndia la perincazione attraverso adatte
niembran~,oppiire la sohibilità dopo una digestione siriiiilata; i più recenti di qnesti metodi hanno mostrato
buona correlazione coi nictodi in vivo, almeno nel caso
del Fe 14-81.
Risultati più attendibili, come già detto, si ottenpono
con i metodi che si spingono piìi a valle, misurando
un effetto, positivo o negativo, dell'clemento. Tipico 2
l'esempio del ferro, la cui biodisponibilità può essere
misurata dalla capacità di innalzare 1' emoglobinemia [9].
41 contrario, l'effetto negativo del cadmio sullkmatopoicsi C stato usato per studiarc la biodisponibilità di
questo metallo [lo].
Per quanto riguarda il piombo, il suo effetto si può
quantificare dal livello di protoporfirina libera negli eritrociti, che indica una diminuita eniatopoiesi.
Per il selenio sono stati proposti diversi metodi:
Schwarz e Iioltz [l21 hanno misurato la capacità di
proteggere da necrosi epatica ratti carcnti di vitarnina l?; Cantor e t al. [l31 hanno misurato la capacità di
prevenire la diatesi essudativa in polli carenti di vitamina
E; entrambi questi metodi sono rapidi, ma non specifici,
in quanto, owiamente, rispondono anche alla vitamina
E. Specifico, ma lungo, è il metodo basato sulla yrrvenzione della fibrosi pancreatica nel pollo [13]. Migliori
risultati sembra dia la rnisnra dell'attività ~Intatioiiiprrossidasica delle piastrine [14. 151.
Un test biologico cli facili: impiego e di buona attitndibiliti è qucllo basato sulla tossicità nei ripuardi di
pesci. crostacei o al:he dàcquario.
I trst biologici sono piuttosto lunghi e costosi;
inoltre risentono dei fattori intrinseci sopra ricordati, non tutti facilmenie controllabili. Per questo
motivo si vanno scmpre piìi affermando i test in uitro
sopra accmnati, nonché i metodi chimici atti a carattcrizzarc la specie chimica sotto cui si trova l'elemento in
questione; una volta conosciuta la tossicità relativa delle
varie specie chimiche di un elemento, è possibile, dalle
concentrazioni di queste nell'alimento, risalire alla
biodisponibilità dell'elemento stesso nell'alimento studiato.
Metodi sperimentali p ~ eridenziare
r
la forma chimica
sotto cui ai trova un elemento in tracce negli alimenti
L'analisi degli oligoelementi negli alimenti ha finora perseguito principalmente l'obiettivo di raggiungere una estrema sensibilità insieme con un'alta specificità. Essa tuttavia, applicando metodi distruttivi, non
si è preoccupata, generalmente, di indagare la forma
chimica sotto cui si trova I'elemento. La più comune
eccezione a questa prassi è stata fatta per il ferro, la cui
presenza sotto forma di eme in molti alimenti di origine
ani mal^ è stata evidenziata in vari lavori, anche non
recenti [4], abbinando tecniche cromatografiche e
spettrofotometrichc.
La gelcromatografia i. stata particolarmente utile
per la s~parazionedi metalli legati sotto forma di complessi ad alto peso molecolare; il metodo ì. particolarmente sensibilc se si usano isotopi radioattivi. Si sono
così isolati i complessi proteici sotto cui si trovano lo
zinco ed il cadmio nel fegato c nel rene di cavallo 1161,
nelle ostriche e nei granchi [l:], come pure i complessi
che zinco e rame formano con le proteine del latte
[le-201.
Con la stessa tecnica si è trovato che il cromo è
presente in molti vcgetali sotto forma di complessi
anionici molto stabili [21].
Per lo stesso scopo sono state anclic usate la dialisi, I'ultrafiltrazione e I'elettroforesi s i ~gel [19-231.
La separazione di composti a basso peso molecolare è
stata invi!ce realizzata per cromatogafia su strato
sottile, prr cromatografia a scanibio ionico, p ~ gasr
cromatogafia o per HPLC [18, 22-25]. 1 composti organomercnrici sono stati separali per TLC o per CX, preferibilmente dopo trasformazione in ditisonati [25].
Per separare una forma organica da una inorganica si
può talora ricorrere a nn'estrazionc con solvente: per
es. il ~iietilmercurio,che rappresenta la forma principdc sotto cui si trova il mcrcurio nei prodotti ittici, può essere estratto, in ambiente acido, con benzene o tolnenp, dopo di che lo si puii determinare per
gascrornato~~afia
o mediante assorbimento atomico [26-
281.
Talora ci si basa sul diverso comlmrtamento chimico
[25, 26, 281. 1n alcuni casi la rrazione organica vienc
determinata per diffmciiin fra la quantità totale di
tallo e la quota inorganica [26], così come la parte
temente legata si può avere per differenza fra il totale
a parte "labile" (ionica e liberata dal complesso)
muta, ad es., per DPASV o ASV [29].
Lo stato di ossidazione dell'elemento, anch'esso imp01Zante ai fini della biodisponibilità, può essere accertati3, oltre che con gli usuali saggi colorimetrici, mediante misura della suscettibilità magnetica e con metodi
deittrochimici. Questi ultimi, quali la polarografia, la
[)O(ienziometria con elettrodo ione-specifico e le tecnichei di voltammetna anodica di ridissoluzione (ASV
f! IIPASV), hanno dato preziosi contributi aUa speciaL ione degli elementi in tracce [29].
I1 Fe f u impiegato come antianemico prima ancora
che ne fosse dimostrata la presenza nel sangue. Oggi si sa
che esso è un componente essenziale dell'emoglobina,
della mioglobina e dei citocromi. E' pertanto indispensabile alla respirazione degli organismi e deUe cellule.
il Fe assunto per via orale è particolarmente efficace
se si trova allo stato bivalente (o come Fe elementare,
che nel succo gastrico diventa cloruro ferroso); sono
molto attivi anche certi complessi, ferrosi o ferrici. Viene
assorbito meglio dello ione ferroso il Fe allo stato di
eme, specialmente se legato ad una proteina [2, 30-321;
sotto questa forma si trova il 40.50% circa. del Fe della
carne [5]. La biodisponibilità del Fe eminico è influenzata dai componenti della dieta molto meno di quella del
Fe ionico. Siccome quest'ultimo costituisce la grande
maggioranza del Fe alimentare (85-90%perle popolazioni occidentali non vegetariane), la composizione della
dieta ha molta importanza per la biodisponibilità del Fe
che, a seconda di essa, può andare da meno dell'l%fino
al 20%[33-361.
Gli alimenti vegetali contengono il Fe quasi esclusivamente in forma non eminica poco disponibile: fitofemtina, fitato monofemco e altre forme suUa cui natura poco si sa [5]. Dai cereali, specialmente se integrali,
I'assorbimento è scarso [8, 37, 381. L'assorbimento del
Fe, eminico e non, dagli alimenti camei o ittici viene favorito per la presenza di più fattori identificabili, almeno
in parte, negli amminoacidi (soprattutto cisteina, istidina
e lisina) e nei peptidi che li contengono [39-421. Il fatto, però, che l'albume d'uovo inibisca I'assorbimento
del Fe ha indotto a ipotizzare, nella carne e nel pesce, la
presenza di fattori non amminoacidici che ne favoriscono l'asorbimento [43].
Il Fe non eminico risente di parecchi fattori alimentari, oltre a quelli della carne. Fra essi il più efficace
nel favorirne l'assorbimento è I'acido ascorbico, probabilmente a causa della sua azione riducente e complee
sante [44]; il massimo effetto si è ottenuto col rapporto
molare Fe: acido ascorbico 1:lO; è stato calcolato che,
da questo punto di vista, 1 mg di acido ascorhico corrisponde a circa 1 g di carne [45]. Anche alcuni acidi
organici che formano col Fe complessi solubili possono
iavonrne I'assorbimento; fra di essi alcuni acidi della
h t t a (citrico, malico) e l'acido lattico, presente in certe
birre e nel Sauerkraut. Lo stesso dicasi per diverai
zuccheri [2,5,46-481.
Fra le sostanze che inibiscono l'assorbimento del Fe
bisogna ricordare alcuni prodotti naturali che formano
con esso composti poco solubili o poco assorbibili,
per es. l'acido fitico, i fosfati, i carbonati, certe proteine,
i polifenoli e, forse, l'acido ossalico [2,5,48,49]. il loro
effetto va considerato non singolarmente, ma globalmente nellalimento, sia perché possono verificarsi azioni
siuergiche o competitive, sia perché l'effetto dipende dal
pH e soprattutto dal rapporto di concentrazioni fra
compleeaante e Fe. Per quanto riguarda I'acido fitico, si è
trovato [50] che a pH G , 5 il fitato monofemco (presente nella cmsca) è praticamente insolubile, mentre la
sua solubilità cresce col pH, arrivando al 25%a pH 8; il
fitato tetrafemco, invece, è insolubile fra pH 2 e 8, ma è
alquanto solubile al di fuori di questo intervallo. I1 fatto
che il fitato monofemco sia relativamente biodisponibile, mentre non lo è il tetraferrico, evidenzia I' importanza della solubilità al pH del succo intestinale [7, 81
piuttosto che a queUo del succo gastrico. L'effetto
inibitore del fitato viene parzialmente eliminato per
l'azione di enzimi (fitasi, lievito per pane) o delle alte
temperature [51, 521. La crusca ostacola I'assorbimento
del Fe per il suo contenuto in fitato e10 per azione di un
componente sconosciuto che sembra agire sinergicamente col fitato [35,53, 541. Non tutti i tipi di fibra vegetale
hanno effetto inibitore: per es., non lo ha la cellulosa,
mentre la pectina ha una capacità legante inferiore a
quella della lignina e delle emicelluloee [55, 561.
La soia inibisce I'assorbimento del Fe [57-591 non
per il suo tenore in fitati, ma per la natura delle sue
proteine; d'inconveniente ai può owiare o innalzando il
rapporto carnelsoia, o variando il metodo di trattamento
industriale o di cottura, oppure aggiungendo acido
ascorbico [60,61]. Anche in altri alimenti, quali il tuorlo
d'uovo, la scarsa biodisponibilità del Fe può diventare
buona coi mezzi suddetti [9].
Nel tuodo d'uovo e nel latte esistono fattori, identificabili forse con le fosfoproteiue, che riducono l'assorbimento del Fe non eminico [8, 36, 62-64]. Tuttavia
Carmichael e t aL [64], sperimentando su topini e pulcini,
hanno trovato che l'effetto inibente della caseina si può
manifestare solo per rapporti P/Fe molto elevati; nel
latte vaccino, fortificato con le dosi abituali di Fe (circa
15 mg/litro) sotto forma di solfato ferroso o di cbelato
femco col fruttosio o con I'acido nitrilotriacetico
(NTA), la caseina, pur captando il Fe, non ne ostacola
I'assorbimento. Tale captazione del Fe da parte della
caseina - e, in proporzioni minori. da parte di a l t i
componenti del latte - è stata dimostrata [65]. oltre
che per i suddetti composti, per il lattobionato femco;
essa non avviene, però, per I'EDTA ferrico. I1 Fe naturalmente contenuto nel latte è distribuito fra caseina,
proteine del siero, gasso e composti a basso peso molecolare nelle percentuali medie, rispettivamente, di 24,
29, 14, 32% per il latte vaccino e 9, 26, 33, 32%per
quello di donna [66]. La biodisponibilità del Fe nel
primo è solo del 10-129/4mentre nel secondo è intorno al
45% [36]. Non si conosce il motivo di questa differenza.
che alcuni attribuiscono al minor contenuto in Ca e iri
proteine del latte di donna, altri al suo maggior conteniito in lattoferrina, altri ancora a una particolare modificazione della mucosa intestinale nel bàmbino allattato al
scno [36, 64-66].
Due bevande che riducono I'assorbimento del Fe sono
il caffi. e soprattutto il tè [ 5 , 8, 45, 671; dell'effetto
sarebbero responsabili i composti polifenolici, in particolare il tannino del tè [68].
Da segnalare l'azione inibitrice del Cd sull'assorbimento del Fe [69].
L'EDT.4, chelante sintetico che viene usato come additivo alimentare in alcuni paesi, ma non in Italia,
riduce I'assorbimento del Fe non eminicn al 724bquando
si trova in rapporto equimolecolare con esso e al 50%se
è nel rapporto 2 : l [70]. Peraltro il complesso FeNa
EDTA è stato suggerito per arricchire in Fe alcune diete,
in quanto è stabile, non altera gli alimenti e ha una
discreta hiodisponibilità, che risentc poco della composizione della dieta 170.721.
Altri complessi del Fe, conie quelli prima citati,
sono stati suggeriti per l'additivazione di alimenti vari.
Per la farina sono stati usati, negli USA, FePO, e FeXa
P,07 [73]; successivamente, constatata la scarsa biodisponibilità del Fe sotto queste forme [74], è stato
consigliato il Fe elementare finemente suddiviso [75].I1
FeS04 ha un'elevata biodisponibilità, ma presenta
l'inconveniente di una scarsa stabilità e di una tendenza a
catalizzare I'ossidazione dei lipidi [65]. In India è stata
usata con successo l'aggiunta al sale da cucina di FeS04
(stabilizzato con acido fosforico) o di FeP04 (miseelato
con NaHSO4 che, con meccanismo sconosciuto, ne
favorisce I'assorbimento [76-701. In ogni caso occorre
che una minore biodisponibilità dovuta al composto
usato o all'alimento che lo supporta venga compensata
da una maggiore quantità di Fe; tale compensazione
awiene in certi prodotti naturali, come gli spinaci, la
crusca, la soia e il tuorlo d'uovo. Bisogna inoltre tener
conto dei processi tecnologici, e in particolare dei
procedimenti termici, che possono alterare la biodisponibilità del Fe aggiunto, comc di quelio naturale [ 9 , 6 0 ,
79-82].
Zinco
Gli effetti nell'uomo di una carenza di Zn di origine
dietetica furono segnalati, all'inizio degli anni Sessanta,
dapprima in paesi del Medio Oriente, poi in altri paesi in
via di sviluppo e perfino in paesi industrializzati [83-851.
Le conseguenze principali della carenza sono: ritardo
della crescita, anoressia, diarrea, letargo mentalr, d ~ r matite, ipogonadismo nei maschi. Maggiormente esposti
sono i bambini, i vecchi, le donne in gravidanza o allattamento.
Osservazioni epidemiologicbe e misure sperimentali
hanno dimostrato che I'assorbimento dello Zn dipende
dall'alimento con cui esso viene ingerito: mentre I'assorbimento di un suo sale solubile in acqua avviene per il
50.60% , I'assorbimento insienic run i i r i alimento carneo
intorno al 40% e I'assorbimento da i i r i alimento a base
dicereali è frail 17 e il 38%,siconilo la ipantità di fibra
i841.
L'associazione di stati caremiali di %n con diete
ricche di cereali o di legumi indiisse a ritenere che
il minor assorbimento fosse dovuto alla presenza di
fitato [51, 851. Numerosi studi hanno confermato
questa ipotesi C hanno chiarito l'importanza del rapporto
acido fiticolZn [51], noncbk della concentrazione del
Ca, che forma un complesso fitato-Zn-Ca ancora meno
solubile del complesso fitato-Zn [86-881. Si possono
considerare accettabili, nella dieta, rapporti molari non
superiori a 10 circa (quali sono stati trovati in pomodori,
piselli, arachidi, carote, pane bianco), mentre valori
superiori a 20 circa (riso, cacao, pane integrale, crusca,
fagioli, mele), protratti per qualche tempo, e specialmente con dieta ricca di Ca, possono indicare un'assunzione inadeguata [84, 86-88]. In una recentissima indagine, effettuata da Bellomonte et al. [241] su alcuni
prodotti per il divezzamento, sono stati trovati rapporti
acido fitico/Zn fra 0,7 e l8,0, con percentuali di Ca
relativamente basse. Anche la fibra, soprattutto la
frazione emicellulosica, ostacola I'assorbimento dello Zn
[89-911, ma tale effetto è risultato trascurabile rispetto a
quello dei fitati 192-941. Sostanze che abbassano I'assorbimento dello Zn nell'uomo sono i grassi polinsaturi, i
fosfati, lo Sn, il Fe (solo se in forma ionica e se somministrato insieme) [95]. Anche un eccesso di Cu o di Cd
ha azione inibitrice [96]. L'effetto di questi metalli è
dovuto alla competizione per i gruppi -SH delle metallotioneine, gruppo di proteine a basso peso molecolare che
contengono il 30.35% di residui cisteinici [97].
Alcuni componenti della dieta facilitano I'assorbimento dello Zn: per es., il lattosio nel ratto 1981, e
non identificati componenti del vino rosso nell'uomo
[99]. Un composto che può facilitare od ostacolare
l'assorbimento dello Zn, a seconda del suo rapporto
col metallo, è I'EDTA [100-102l. La carne facilita
l'assorbimento dello Zn, analogamente a quello del k'c
[103], non si sa se per azione di qualche amminoacido
o perché stimola, a livello dcl pancreas, la produzione
della sostanza a basso peso molecolare che facilita il
trasporto dello Zn attraverso la parete intestinale [64].
In alcuni alimenti animali lo Zn è legato a proteine. Per
es. nelle ostriche, materiale molto ricco in questo metallo (fino a 1,4 mgl100 g di mollusco fresco), circa il
50% dello Zn non è dialiazabile [104]. Non sembra che
lo Zn così legato - salvo che sia unito a fosfoproteine sia assorbibile in misura diversa rispetto a quello inorganico [105,106].
L'assorbimento dello Zn dal latte di donna è più
elevato che dal latte vaccinu, nonostante che il primo
ne contenga, in media, circa 113 rispetto al secondo
[66, 84, 107-1091. 1 motivi di questa differenza sono
stati oggetto di attento studio. In parte essi risiedono
nella maggior concentraeionc di proteine - e in particolare di caueina - del lattc vaccino rispetto a quello
umano; infatti nel primo lo Zn è legato alle proteine, in
media, per il 97% (84% alla caueina e 13% alla sieral-
Iiiimina); nel secondo, invece, solo il 59% è legato alle
proteine (8% alla caseina e 51% alla sieralbumina) [66].
Particolarmente stabile è il legame con i gruppi fosforici
ilella caseina; esso resiste sia alla coagulazione enzimatica
nia all'idroliai digestiva; viene però scisso in ambiente
fortemente acido [19]. Tenendo presente che nel latte
iimsno la concentrazione di caseina è circa 1/10 che
nel latte bovino e che la caseina umana ha un tenore
in fosforo metà di quella bovina, e inoltre che il pH
del succo gastnco del lattante è più alto che nell'adulto,
si comprende l'importanza, per la prima infanzia, del latte
materno in relazione all'assorbimento dello Zn. E' stato
tuttavia dimostrato che la sola diversità proteica non è
sufficiente a spiegare la maggiore biodisponibilità dello
Zn nel latte di donna rispetto a quello vaccino. In effetti
la differenza fra i due latti è dovuta anche a leganti a
basso peao molecolare che complessano lo Zn facilitandone I'amorbimento: sotto forma di complesso si trova
solo il 2% dello Zn del latte vaccino, contro il 1 9 % del
latte umano [66]. Sulla natura di tali leganti non sono
mancati studi e vivaci polemiche [18, 22, 110.1141; il
principale legante pare sia l'acido citrico, mentre minore
importanza avrebhe l'acido picolinicu. Comunque,
queste sostanze sono capaci di competere con le proteine
e con i peptidi per lo Zn, il cui assorbimento è pertanto
condizionato dalle concentrazioni relative e dalla capacità di legame dei vari leganti. La frazione restante dello
Zn del latte è legata al grasso, anzi prevalentemente alla
membrana proteica che circonda i microglobuli di grasso,
probabilmente sotto forma di un metallo-enzima, la
fosfatasi alcalina.
In un preparato per I'allattamento artificiale a hase di
latte vaccino addizionato di siero (latte "umanizzato"),
con un rapporto caseina/proteine del siero pari a 40160,
la biodisponibilità dello Zn. per il ratto lattante, è
risultata di poco inferiore a quella nel latte umano,
mentre nel latte vaccino normale era quasi la metà:
ancora inferiore era in un "latte" di soia [108].
Da segnalare infine che il caffè fa diminuire la biodisponibilità dello Zn [109].
Rame
Il Cu è necessario all'utilizzazione del Fe per la
sintesi dell'emoglobina. La sua carenza dà quindi anemia,
specialmente nei hambini.
Tale evenienza è tuttavia rara, soprattutto negli
adulti, perché l'apporto dietetico è, di norma, sufficiente. Raro è pure uno stato patologico, legato a un'alterazione genetica, dovuto a eccessivo accumulo di Cu in
alcuni organi (morbo di Wilson). Evenhiali intossicazioni
alimentari da Cu - del resto non gravi -possono aversi
per cessione da recipienti di Cu, specialmente ad alimenti
acidi, o per residui di solfato rameico usato come antiparassitario per certe colture agricole [115-1171.
La hiodisponibilità del Cu dipende dalla presenza
di ioni CU" ed è perciò condizionata essenzialmente
da due fattori: la soluhilità dei composti del metallo
nel tratto gastro-intestinale e la formazione di com-
plessi: per es. il solfuro e la cuproporfirina sono scarsamente assorbiti, mentre l'ossido e il pirofosfato sono
facilmente utilizzabili [2, 1171.
Esperimenti di vari autori [118,119] su animali
d'acqua dolce e d'acqua marina hanno dimostrato buona
correlazione fra tossicità e attività degli ioni rameici
misurata con un elettrodo specifico; non c'è invece
correlazione né col Cu totale né col Cu disciolto, entrambi misurati per assorbimento atomico.
Sempre su animali acquatici è stato trovato che la
tossicità del Cu diminuisce in presenza di agenti complee
santi quali RDTA, glicina, acido umico, acido nitrilotriacetico [120]; il citrato, peraltro, non fa diminuire la
tossicità [121].
Gli amminoacidi, complessando il Cu, ne accreqcono. ~ e c o n d oalriini autori 1117, 1221, la biodisponibilità; altri [120, 1231, tuttavia, sono di diverso awiso.
E' da notare che, generalmente, il Cu forma complee
si, con sostanze organiche naturali, più stabili di quelli
'formati da Zn, Pb e Cd [124]; oltre a complessi, il Cu
può formare, con dette sostanze, dei composti organometallici (con legame Cu-C); inoltre viene adsorhito più
o meno fortemente da particelle colloidali. La porzione
di ione metallico libera può essere misurata per DPASV
(differentiai puled anodic stripping voltnmmetry)[l25];
essa dipende, fra l'altro, dal pH, dalla concentrazione di
fosfati e dal rapporto HCO; ICOJ- [126].
Poco si conoece sulle specie chimiche sotto cui si
trova il Cu negli alimenti. Nelle foglie una parte del rame
è presente sotto forma di composti estraibili con solventi
organici, una parte sotto forma ionica o di complessi
idrosolubili, mentre la maggior parte resta insolubile sia
in solventi organici sia in acqua, anche se contenente
cbelanti organici [127]; quest'ultima parte, presumibilmente, ha una disponibilità nulla o assai warea.
L'assorbimento da parte degli ovini è risultato maggiore dal fieno e dall'erba essiccata che dall'erha fresca o
insilata [128].
L'ingestione contemporanea di materiali proteici vegetali fa diminuire l'assorbimento del Cu, forse per
la presenza di fitati [115]. Sono invece senza effetto
diversi tipi di fihra alimentare [129].
Nel latte il Cu è legato per la maggior parte alle
proteine, in prevalenza alla caseina nel latte vaccino, alle
proteine del siero in quello umano; una discreta percentuale soprattutto nel latte vaccino, è legata a composti a
basso peso molecolare, mentre più modesta è la frazione
legata al grasso [66].
L'assorbimento intestinale è ostacolato da molibdati
(specialmente in presenza di solfati) e da solfuri, per
formazione di composti insolubili [115]. Lo stesso
effetto hanno certi metalli, come Zn, Cd, Hg, Ag, che
competono col Cu per legarei ai gruppi -SH di una metallotioneina [115]. Per quanto riguarda le interazio
ni CuIPb, i risultati di diversi autori sono discordi
fra loro [l30].
Secondo alcuni esperimenti 1131, 1321, l'organismo
umano trattiene dal 40 al 70% del rame ingerito; il
resto viene eliminato con le feci e l'urina. In altii esperimenti, effettuati su soggetti maschili anziani, I'assor-
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