NEUROORTOPEDIA - Trattamenti pre- e postoperatori
In collaborazione con il Dr. P. Zerbinati e il Dr. Bertoni
Stilato presso il Centro di Riabilitazione Elisabeth MULLER ELISABETH VERONESE
Autori: Muller/De Biasi/ Girolami/ Danesin/ De Nard/ Zimmermann
L’attività neuro-ortopedica: SPLAT – ALLUNGAMENTI
Generalmente interessa pazienti neurologici, ossia con un danno del SNC che, come si sa, hanno
disequilibri nell’ambito del tono muscolare, vale a dire disequilibri tra agonisti ed antagonisti, del
reclutamento selettivo (innervazione reciproca) e del movimento fisiologico. L’alterazione va da un
lieve ipertono (spasticità) ad un ipertono medio e grave. Questa condizione crea, in relativamente
poco tempo, delle alterazioni all’apparato tendineo-muscolare, con delle retrazioni fino ad arrivare
inizialmente a vere e proprie contratture articolari e secondariamente a delle deformità.
La chirurgia neuro-ortopedica utilizza tecniche innovative di allungamento che non vengono più
fatte direttamente sul tendine, ma si opta per dei tagli nella placca tra tendine e muscolo al fine di
garantire un allungamento dosato e funzionale attraverso attività e funzioni.
Altre proposte neuro-ortopediche sono i transfer tendinei che mirano ad una forma di “reequilibrio muscolare”; essi consistono nello spostamento dell’inserzione tendinea, ricostruendo
così un nuovo percorso per contrastare uno schema patologico, come nel caso dell’equino-varosupinato. Talvolta questi tendini (si parla del M. tibiale anteriore) vengono splatati (Splat), ossia
divisi e ri-attaccati a forma di forchetta per garantire maggiore “normalità funzionale”. L’esatto
punto della “nuova-inserzione” viene valutato dal Neuroortopedico al momento dell’intervento,
ossia in anestesia; solo così viene valutata la tensione, la lunghezza dei relativi tendini, ossia in
assenza della spasticità.
La Neuro-ortopedia viene in aiuto al terapista o al piano terapeutico solamente se le fibre
muscolari non sono alterate: ciò presuppone che l’intervento avvenga in una fase sub-acuta o
comunque di relativa ripresa. Per questo motivo un eventuale intervento chirurgico neuroortopedico viene valutato da vari specialisti: Fisiatra – Chirurgo Neurortopedico – Fisioterapista,
non dimenticando di esporre il tutto, in maniera chiara e dettagliata, sia al paziente che ai suoi
famigliari.
Durante la valutazione vengono considerati vari punti in un contesto globale, ossia valutando le
capacità toniche e dinamiche del tronco e soprattutto del cingolo pelvico:
• la mobilità articolare;
• il tono dei singoli muscoli;
• eventuali retrazioni;
• i tessuti;
• disturbi della sensibilità o disturbi cognitivi.
Si può così concludere dicendo che la chirurgia funzionale supera, in questo modo, il concetto di
correzione della deformità ed introduce come obiettivo terapeutico il ripristino e il potenziamento
della funzione residua, ove presente, consentendo di ottenere il riequilibrio fra le forze statiche
(spasticità e rigidità) e quelle dinamiche parzialmente presenti (funzioni motorie residue).
Riassumendo:
• è importante eseguire un’accurata valutazione ed individuare degli obiettivi precisi;
E’ indispensabile :
• il consenso dei pazienti e dei familiari, dando loro spiegazioni esaurienti;
• un’ adeguata preparazione all’intervento;
• una corretta gestione post-intervento (valve – proposte ideatorie ed attive – stazione
eretta il giorno dopo con la valva e la possibilità di deambulare sempre con la valva che
dovrà essere portata per un mese);
• valve notturne (a garanzia) per un altro mese.
La fase preoperatoria
E’ bene ricordare che un paziente con lesione neurologica è sempre un paziente che ha bisogno di
molte cure, di molte attenzioni ed è un paziente che deve essere stimolato a diventare parte attiva
in tutto il processo riabilitativo.
• Gli assetti posturali rimangono, come sempre, un punto fondamentale che incide in modo
sia positivo che negativo nel piano terapeutico: le posture a letto, la stazione seduta in
sedia a rotelle e in sedia normale, la stazione eretta.
• Mobilizzare: la mobilità deve essere considerata fondamentale per riuscire a sperare in un’
attività funzionale. Le strutture su cui si lavorerà sono:
- ARTICOLAZIONI;
- PARTI TENDINEE E MUSCOLARI;
- NERVI E TRONCHI NERVOSI.
• Mobilizzare bene le parti articolari, sia dell’avampiede, sia del retropiede.
• Mobilizzare e stirare il polpaccio (Gastrocnemius e soleus) abbinando manovre di
massaggio per garantire una maggiore viscosità/elasticità.
• Esercizi guidati per ideare un movimento in estensione dorsale inibendo la componente di
supinazione e di varismo: prima a ginocchio flesso andando lentamente verso l’estensione,
senza però arrivare a spinte da schema estensorio patologico.
• Importante resta l’allenamento dei muscoli della coscia, i glutei e i muscoli del tronco per
garantire maggiori capacità toniche; spesso la spasticità e gli schemi patologici sono di fatto
“scompensi” in mancanza di stabilità dinamica prossimale. Quest’ultimo è infatti un
importante prerequisito per poter muovere certi distretti distali.
• In stazione eretta, oltre ad una correzione posturale, vengono fatte proposte terapeutiche
per ottenere una corretta distribuzione del carico che deve essere allineato su tutti e tre i
piani.
• Stiramenti della catena posteriore: vengono eseguiti anche in fase preoperatoria al fine
che il paziente sia già ben preparato e conosca già molte delle proposte dato che dopo
l’intervento certi esercizi creeranno dei dolori.
• Si richiede sempre al paziente di seguire il “suo programma“ a casa; solo pazienti
consapevoli e collaboranti avranno i risultati auspicati.
La fase postoperatoria
Subito dopo l’intervento il paziente deve portare un gesso per ca. 1 settimana, ma la terapia inizia
subito attraverso proposte come:
• alzare la gamba attivamente, ma con una certa guida da parte del terapista
aumentando i gradi finché subentra uno stiramento della catena posteriore. È
necessario spiegare al paziente che i dolori in questa prima fase sono normali e
devono essere, purtroppo, sopportati. Diventa comunque più sopportabile quando
il momento del dolore è molto breve, meglio più ripetizioni che l’aumento della
durata;
• con lo stesso principio di prima abbinare ab- ed adduzione a gamba tesa;
• esercizi per il tronco da supino, ossia venire verso la posizione seduta, diritto ed in
diagonale, così il quadricipite e gli abduttori lavorano come fissatori, oltre a creare
un tono migliore del tronco e trovare strategie per raggiungere la posizione seduta
in modo più facile e più rapido;
• i ponti (mettere un antisdrucciolo sotto il gesso) bipodalici e monopodalici con
variazioni per rendere meno monotono questo allenamento.
Dopo una settimana verrà rimosso il gesso e sostituito con una valva, noi abbiamo optato per la
valva VACOPED per vari motivi:
-
confortevole, senza punti di pressione dato che ci sono 2 rivestimenti interni, uno di sabbia
che si adatta alla superficie e l’altro gonfiabile per dare una lieve pressione;
-
la superficie in spugna è lavabile e vengono consegnate 2 calze (dalle quali si tira fuori il
rivestimento sabbioso);
-
l’angolo della tibio – tarsica è regolabile;
-
la suola è staccabile (igiene) per andare a letto, dato che per ca. 2 mesi deve essere portato
anche di notte.
-
oltre alla possibilità di staccare la suola, essa è leggermente convessa per dare al passo un’
andatura fisiologica, ossia dal tallone verso l’avampiede, un movimento che i pazienti
generalmente non sentono né avvertono più.
-
Si porta la valva per evitare che il piede vada in flessione plantare portando i tendini
appena operati in una posizione di allungamento, stressando il nuovo ancoraggio.
I primi giorni post operatori:
-
la posturazione corretta, sia a letto che da seduto o in piedi, resta fondamentale.
I primi giorni il paziente resta probabilmente più ore disteso a letto: indicare ed insegnare la
corretta postura, ossia evitare l’extrarotazione della coscia e mettere solo un piccolo spessore
sotto la cavità poplitea per non stressare i legamenti periarticolari.
-
la stazione eretta con carico è concessa da subito così come la deambulazione con il gesso,
ma dato che all’inizio è dolorosa, diventa utile, se non indispensabile, una guida per i primi
giorni.
Proposte terapeutiche
Paziente supino:
allenamento del quadricipite; il tallone posa sul ginocchio del terapista, il paziente tiene la
gamba flessa , con più o meno gradi di flessione sia nell’anca che nel ginocchio viene richiesto
al paziente di sollevare il tallone.
!!! attenzione che la coscia resti allineata e il ritorno del piede avvenga sullo stesso punto di
partenza. Alzare la testiera in modo che il paziente abbia anche un controllo visivo;
l’esercizio precedente può svilupparsi in questo modo: arrivare lentamente ad un’estensione
completa del ginocchio (!!Asse corretto!!);
piedi in appoggio: sollevare il bacino ( ponti bipodalici, monopodalici)
Paziente prono:
flessione/estensione del ginocchio con informazioni verbali o feedback sonori perché manca il
controllo visivo;
estensione dell’anca sollevando la coscia dal lettino con e senza ginocchio flesso (con la gamba
estesa il piede/gesso deve uscire dal lettino);
Paziente seduto:
proposte posturali con spostamenti di carico da dx a sin, avanti e indietro;
sempre seduto: slump-test, ossia allungare la gamba e flettere la testa;
In piedi davanti a un lettino:
controllare la base (larghezza) e che il carico sia distribuito equamente;
portare il peso verso dx e sinistra restando con le anche estese = restare attaccato al bordo
del letto;
Poi piegarsi in avanti con la testa ed il tronco per stirare la catena posteriore e raddrizzarsi,
usando in modo corretto la catena estensoria, senza SPINTE. Spiegare al paziente che è
normale sentire “tirare” la parte posteriore.
Cura ed igiene postoperatoria
Dopo aver tolto il gesso, ossia dopo una settimana, ci sarà la necessità di controllare le ferite,
lavare il piede ed il polpaccio, disinfettare le ferite e infine medicarle con dei cerotti. Per togliere
l’eventuale gonfiore si possono usare i cerotti kinesiotape e una benda elastica compressiva da
mettere sotto la valva che può essere statica o dinamica. Per tre settimana la tutorizzazione è
obbligatoria 24/24h, questo per evitare che il piede vada in flessione plantare portando i tendini
appena operati in una posizione di allungamento, stressando il nuovo ancoraggio.
Solamente durante le sedute di fisioterapia la valva può essere rimossa controllando che il piede
sia in corretto allineamento/POSTURA.
Durante la terapia si fanno anche delle proposte per l’ attività degli estensori dorsali del
piede e delle dita, guidando il movimento ed ideando il movimento, muovendo in modo
assistito e concentrico, aumentando le tenute ed il lavoro eccentrico, per infine ritornare e
rilasciare lentamente senza andare in flessione plantare.
Stimoli sensitivi e sensoriali: superfici varie ecc.
Stimoli tattili sul dorso del piede e stimolare le dita (verso l’estensione).
Dopo ca. 3 settimane: il paziente può iniziare qualche passo SENZA valva SOLO durante la terapia,
indicando le traiettorie ed ideando il passo con appoggio tacco-avampiede.
Solo PAZIENTI COLLABORANTI, CONCENTRATI E LIGI, possono camminare per tempo limitato
anche a casa senza la valva.
La valva viene tenuta di notte per altri 2 mesi per garantire l’ancoraggio ed il consolidarsi della
nuova inserzione, motivo questo per avere un supporto non pesante ed igienicamente adatto.
Esercizi a casa
Supino:
o Ponti;
o alzare ed abbassare la gamba estesa;
o venire su seduto, ridistendersi ecc. ecc.
Paziente seduto:
o piedi appoggiati, estendere dorsalmente prima il piede non operato e poi cercare di
ripetere lo stesso movimento con l’altro piede tenendo il tallone appoggiato a terra ed
evitando compensi con il tronco;
o reclutamento degli estensori dorsali del piede e delle dita a ginocchio flesso e tallone in
appoggio (concentrarsi che il tallone resti fermo, fissare eventualmente un punto di
riferimento), evitando che il piede vada in supinazione (eventuali punti di riferimento).
All’inizio si potrebbe facilitare, mettendo un cuneo sotto le piante del piede (v. foto)
oppure inserendo il canale visivo (testa più alta, specchio ecc.)
Dopo 4 settimane
Gli esercizi generali continuano, ma ci si indirizza ormai maggiormente su una corretta
deambulazione:
1° dato che il piede è in una posizione più funzionale, si cerca in primis di limitare la circonduzione
ed avviarsi verso una proiezione anteriore limitando la traiettoria in larghezza. Si può fare “un
corridoio” di larghezza normale con degli scotch colorati, o seguire 2 righe di piastrelle ecc. ecc.
2° mettere 2 cunei in posizione di passo vicino al bordo del lettino; quello anteriore fa si che il
piede sia in estensione dorsale (quello operato) e quello dietro in flessione plantare:
a) restare fermo in mezzo con il carico distribuito;
b) trasferire il carico in avanti, allineandosi con il corpo sopra la parte in carico ( !! attenzione
ad eventuali rotazioni);
c) passare con il carico da dietro in avanti in successione, controllare che spostando il carico
indietro l’avampiede operato diminuisca in attività o addirittura osservare se c’è un attività
da parte degli estensori.
3° camminare nella stanza e cercare di “pensare-fare” la stessa cosa con il piede operato, ossia
atterrare con il tallone e cercare di alzare un po’ la punta; senza però portare l’anca in flessione e
senza compensare con un ricurvato del ginocchio.
4° incidere sul ritmo, ossia aumentare la velocità della deambulazione quando il paziente riesce a
fare gli esercizi precedenti. All’inizio sarà bene che il terapista sostenga il paziente o dall’ascella
destra o sinistra ( secondo la deviazione sul piano sagittale o secondo eventuali disturbi cognitivi) e
impostare con le proprie gambe il ritmo e la lunghezza dei passi.
Tutti gli esercizi perla deambulazione vengono fatti CON le scarpe per “proteggere” il piede o le
dita ma si possono cambiare le scarpe per cercare di dare input diversi. Solo durante esercizi da
fermi si può togliere la calzatura.
Riassumendo si può dire che i risultati dimostrano che:
molti pazienti camminano più veloci e più sicuri;
tutti appoggiano con il piede piatto e tutti hanno una “discesa” plantare troppo rapida
(anche udibile); far fare un maggiore lavoro eccentrico!!!
i risultati sono migliori e maggiori con pazienti che hanno una buona catena muscolare
estensoria, reclutabile e tonica.
Le controindicazioni secondo noi sono:
o pazienti che hanno già un’ alterazione del tessuto muscolare, ossia fibre muscolari che non
sono più reclutabili e che sono diventate connettivali;
o pazienti con gravi disturbi cognitivi;
o pazienti che non sono disposti a “soffrire” ed a impegnarsi in un ciclo terapeutico più
intenso con compiti a casa.