MANDATO AD ALIENARE CON FUNZIONE DI GARANZIA: STRUMENTO LECITO PER LA TUTELA DEL CREDITO? La tutela del credito può essere intesa sia in senso processuale sia come tutela, per così dire, preventiva, da predisporsi cioè in sede d’instaurazione del rapporto da cui il credito medesimo deriva. Strumenti tipici di tutela del credito apprestabili in una fase ancora fisiologica del rapporto contrattuale sono il pegno e l’ipoteca. E’ però di tutta evidenza che anche in presenza di tali garanzie tipiche, nell’ipotesi di inadempimento del rapporto obbligatorio, la soddisfazione delle istanze creditorie debba sempre passare attraverso il procedimento esecutivo legislativamente previsto. Oggi vi voglio presentare un istituto giuridico che, ove ritenuto lecito( ma io ritengo che tale non sia), potrebbe evitare al creditore di sottostare alle”lungaggini”del processo esecutivo: si tratta del mandato ad alienare con funzione di garanzia. Il mandato ad alienare con funzione di garanzia è quella clausola, inserita nella maggior parte delle ipotesi in un contratto di mutuo, che attribuisce al creditore ipotecario, per volontà del proprietario del bene, la legittimazione ad alienare il bene concesso in ipoteca. Attraverso tale mandato1, che le parti espressamente qualificheranno come irrevocabile in quanto conferito anche nell’interesse del mandatario , il 1 Tale mandato può essere con o senza rappresentanza. Con entrambe le clausole la banca, o comunque il soggetto mutuante, può ritenersi al riparo dal rischio di essere coinvolta nel procedimento esecutivo qualora il mandante non abbia già autonomamente disposto del bene ipotecato. Si segnala che la Cassazione, come parte della dottrina, nega decisamente che la causa mandati, nell’ipotesi di assenza di rappresentanza, sia idonea a sorreggere un trasferimento creditore ipotecario potrà estinguere il proprio credito, avvalendosi, nei limiti dell’ammontare di quest’ultimo, della compensazione con il credito vantato dal mandante ed avente ad oggetto il ritrasferimento della somma ricavata dal mandatario mediante la vendita. L’interesse per il tema in esame, di cui ho già avuto modo di occuparmi ormai sei anni fa2, c’è ed è abbastanza vivo, soprattutto da parte degli istituti di credito, che ben hanno avvertito la possibilità, prima già evidenziata, di poter evitare il lungo procedimento legale di espropriazione forzata. E’ di pochi mesi or sono il colloquio richiestomi da un collega del foro di Torino, legale di alcuni istituti di credito, che per conto dei suoi clienti stava vagliando la legittimità dell’inserimento nelle bozze di mutuo della clausola che stiamo prendendo in esame. L’argomento che mi accingo ad affrontare riveste un discreto banco di prova per differenti e fondamentali grandi temi del diritto civile. Non è possibile in realtà affrontare il tema del mandato ad alienare con funzione di garanzia senza ricondurlo alla complessiva problematica di fondo cui appartiene, vale a dire quella delle alienazioni in garanzia. Esempio classico di trasferimento in garanzia è l’alienazione di un bene sottoposta alla condizione sospensiva dell’inadempimento o a quella risolutiva dell’adempimento del credito. immobiliare dal mandante al mandatario che conferisca a quest’ultimo la legittimazione a disporre del bene. Il mandato ad alienare beni immobili senza rappresentanza avrebbe cioè solamente la limitata efficacia obbligatoria di obbligare il mandante a fornire al mandatario la provvista per l’esecuzione dell’incarico(l’obbligo cioè di porre in essere un autonomo negozio di trasferimento immobiliare al mandatario). 2 “Brevi riflessioni sul mandato ad alienare con funzione di garanzia”, Federnotizie, Maggio 2009. Il primo problema teorico che si pone è quello della sufficienza e dell’idoneità della causa di garanzia a reggere un trasferimento. In proposito si sottolinea anzitutto che la Corte di Cassazione per molti anni ha fatto fatica ad uscire dal doppio binario costituito dai contratti a prestazioni corrispettive e dalla donazione. Il superamento di tale concezione si è avuta espressamente in occasione della riconosciuta liceità dei contratti gratuiti atipici traslativi passando anche attraverso la presa di coscienza del nuovo ruolo della causa, non più da intendersi quale funzione economico-sociale ma quale funzione economicoindividuale, quale sintesi cioè degli interessi in concreto realizzati dal contratto posto in essere. Ammessa dunque l’idoneità di cause atipiche, o meglio differenti da quella di scambio o liberale, a fornire sostegno causale al trasferimento si è posto, in dottrina, il problema di conciliare l’effetto del trasferimento con la causa di garanzia che non assicura la definitività dell’attribuzione traslativa, originando una situazione di titolarità del diritto per così dire funzionalizzata rispetto alla soddisfazione dell’interesse sostanziale dei contraenti. Anche questo scoglio dogmatico può essere agevolmente superato, come hanno osservato gli autori che hanno studiato più a fondo la tematica, evitando la sovrapposizione tra trasferimento ed acquisto del diritto, tra effetto traslativo, di per sé neutro e casualmente irrilevante e operazione di scambio. La causa di garanzia non è certo idonea a sorreggere un trasferimento che comporti l’acquisto definitivo e finale di un diritto quale punto di arrivo di un’operazione di scambio, ma è invece capace di determinare un’investitura nella titolarità del diritto che sia strumentale alla tutela del credito vantato dall’attributario, cui casualmente il contratto di trasferimento è riferito. L’attribuzione del diritto in garanzia, in altri termini, resta compatibile con l’effetto traslativo3 che non la esclude perché il trasferimento non si sostanzia solamente in perdita ed acquisto del diritto, non è solo il mezzo attraverso il quale dar vita ad operazioni di scambio o liberali. Il trasferimento, come accade specificamente nel patto commissorio, può servire anche a garantire l’adempimento dell’obbligazione in modo più rapido e sicuro rispetto alle tradizionali garanzie reali. Un ulteriore ostacolo da superare per ammettere le alienazioni in garanzia è quello dei principi della tipicità e del numero chiuso dei diritti reali 4. Il codice civile del 1942 ha infatti introdotto nel nostro ordinamento il principio del consensualismo(che non è una necessità logica ma una scelta politica)e ha provveduto ad introitare la causa all’interno del contratto. Così ubicata, la causa non può che rifluire sull’assetto dell’investitura nel diritto trasmesso all’attributario5. 3 Si pensi alla cessione del credito in garanzia unanimemente riconosciuta da dottrina(per una recente e completa ricostruzione del tema si veda Stefini, La cessione del credito con causa di garanzia) e giurisprudenza e si veda anche il D.lgs n. 170 2004 in materia di garanzie finanziarie in attuazione della Direttiva della Comunità Europea n. 47/2002. (Art. 6.”…Ai contratti di garanzia finanziaria che prevedono il trasferimento della proprietà con funzione di garanzia….non si applica l’art. 2744 c.c.). 4 In particolare Pugliatti (Precisazioni in tema di vendita a scopo di garanzia) sottolinea che nel negozio traslativo con causa di garanzia, se si privilegia la prospettiva del trasferimento, la funzione di garanzia trasforma la proprietà in “proprietà fiduciaria”, cioè in una proprietà “attenuata”, se invece si privilegia l’aspetto della costituzione di garanzia, il fatto che si attui un trasferimento trasforma la garanzia reale pura in una garanzia “rafforzata”.Entrambe, proprietà attenuata e garanzia rafforzata, sarebbero figure di diritti reali ignote al nostro ordinamento positivo. 5 La questione è differente negli ordinamenti(come quello tedesco ad esempio) fondati sulla scissione tra il contratto obbligatorio ed il trasferimento astratto, per i quali la rifluenza della causa contrattuale sull’investitura nel diritto è imp edita dalla scissione tra modo e titolo dell’acquisto. Per una lucida ricostruzione del tema in esame si veda La Porta, Il problema della causa del contratto,I,La causa e il trasferimento dei diritti. L’investitura nel diritto risente cioè della causa del contratto e da questa resta modellata in considerazione degli interessi sostanziali(nel caso in esame di garanzia) che la causa stessa esprime6. In proposito si deve correttamente dar conto della recente, ma sempre più accentuata, tendenza della dottrina al superamento dei principi (o forse ormai dogmi) della tipicità e del numero chiuso dei diritti reali. Prova di tale tendenza è anche l’introduzione legislativa dell’art. 2645-ter c.c. e il conseguente implicito riconoscimento del negozio di destinazione e della specifica causa di destinazione idonea a conformare necessariamente il diritto di proprietà o gli altri diritti passibili di trascrizione. Attenzione però che ruolo fondamentale nella vicenda gioca la trascrizione e infatti l’art. 2645ter è proprio norma sulla trascrizione. Emerge cioè chiaro il principio secondo cui, la conformazione dei diritti reali è ammessa, ma di tale scostamento dal modello legale, devo poter rendere edotti i terzi tramite formalità pubblicitarie che rendano loro opponibili queste nuove situazioni proprietarie. Così tratteggiato il profilo e tracciati i confini delle alienazioni in garanzia possiamo ora occuparci, avendone gli strumenti, del mandato ad alienare con funzione di garanzia partendo proprio dalla norma che si ritiene collegare le due tematiche, il divieto del patto commissorio. Parte minoritaria anche se autorevole della dottrina(Anelli, L’alienazione in funzione di garanzia) sostiene che il tema della compatibilità tra funzione di garanzia e contenuto del diritto di proprietà degradi ad un ruolo di secondo piano, in quanto la compressione delle prerogative inerenti il dominio si manifesta come riflesso dell’effetto restitutorio previsto dai contraenti quale conseguenza dell’adempimento dell’obbligazione garantita, senza quindi corrosione del principio del numerus clausus dei diritti reali. L’autore aggiunge però che se si volesse riconoscere natura reale alla posizione di “alienante” e “acquirente” si potrebbe far ricorso alla categoria dell’aspettativa reale(in materia si veda La Porta, Il trasferimento delle aspettative). 6 L’art. 2744 c.c. dispone la nullità del patto con il quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il 2744 è ornai unanimemente considerato norma materiale, norma cioè che vieta un determinato risultato indipendentemente dallo schema negoziale utilizzato dalle parti per raggiungerlo, anche al di fuori dei casi, espressamente previsti dal legislatore, relativi al passaggio diretto in proprietà al creditore, in caso di inadempimento del debitore, dei beni oggetto di ipoteca e di pegno7. Parte della dottrina e della giurisprudenza meno recente, ritenevano che si ricadesse nel divieto del patto commissorio solo nel caso in cui il trasferimento dal debitore al creditore fosse sospensivamente condizionato all'inadempimento del primo e che al contrario fosse valida un’alienazione immediatamente traslativa in quanto, in tal caso, sarebbe mancata la coazione sul debitore individuata come ratio del divieto di cui all'art. 2744 c.c .. Questa impostazione, già in precedenza oggetto di critiche, è stata definitivamente abbandonata in seguito ad una sentenza della Cassazione a sezioni unite8che ha affermato la generale illiceità delle alienazioni a scopo di garanzia,a prescindere dall'immediatezza o meno del trasferimento,vista l'incompatibilità della causa di scambio con quella di garanzia, mostrando così anche la parziale insufficienza dell'impostazione tradizionale riguardo la ratio del divieto. Secondo un orientamento, essendo il divieto del patto commissorio essenzialmente volto a prevenire un iniquo squilibrio economico a carico del 7 Si vedano Cass. 8441/2003, Cass. 9466/2004 e anche, oltre che come espressione del principio in questione, in tema di astratta validità del sale and lease back Cass. 11419/2002 . debitore, questo squilibrio sarebbe eliminato da apposite pattuizioni riguardo al prezzo minimo di vendita o comunque dall'obbligo, derivante a carico del mandatario ex art.1710 C.C., di realizzare al meglio gli interessi del mandante, obbligo che si ricollega ai più generali principi di correttezza e buona fede espressi dagli artt. 1175, 1176 e 1375 c.c. e che viene esplicitato e specificato anche nell'art.1713 c.c.. Un mandato ad alienare in funzione di garanzia dovrebbe quindi considerarsi valido nel caso in cui contenga meccanismi volti ad accentuare l'obbligo di diligenza del creditore mandatario. In realtà occorre precisare che la ratio del divieto di cui all'art. 2744 c.c. è stata variamente individuata dalla giurisprudenza e da altra parte della dottrina9. In particolare ai fini della nostra indagine va sottolineato che, sulla base della recente tendenza giurisprudenziale ad estendere l'ambito di applicazione del divieto del patto commissorio, si è sottolineato che siffatto divieto avrebbe alla sua base esigenze di ordine pubblico quali, quella di riservare allo Stato ogni potere inerente alla soddisfazione coattiva del credito e quella della tipicità delle garanzie reali. La stessa Corte Cassazione nella sentenza ( n. 3800 1983)che ha inaugurato l’orientamento fatto proprio dalle Sez. Unite cui ci si è riferiti in precedenza(n. 1611 1989), ha affermato che il divieto del patto commissorio trova 8 Cass. 1611/1989 in tema di vendita con patto di riscatto. 9 Una ratio del divieto del patto commissorio ulteriore rispetto a quella indicata in precedenza e a quelle che saranno indicate nel proseguio è stata individuata da parte della dottrina nel divieto di alterazione del principio della par condicio credito rum fuori dalle ipotesi espressamente previste per legge. In critica a siffatta ricostruzione si è osservato che il principio della par condicio è un principio che riguarda soltanto il concorso tra creditori chirografari e che è applicazione anche quando il bene sia stato dato a scopo di garanzia da un terzo, anziché dal debitore, poiché anche in tale ipotesi ricorrerebbero le ragioni giustificatrici del divieto del patto commissorio, che è posto, non tanto a tutela del debitore, quanto del soggetto esposto a responsabilità patrimoniale e quindi del proprietario del bene oggetto dell’alienazione in garanzia con patto commissorio. Il trasferimento in garanzia operato dal terzo è in definitiva nullo, ad avviso della Cassazione, non sulla base di esigenza di tutela del debitore, ma in considerazione delle ragioni della proprietà, dell’inammissibilità di una garanzia reale atipica. Se si prosegue nel ragionamento e si applica quanto appena sostenuto ad istituti giuridici concreti si giunge inevitabilmente ad affermare che il c.d. patto marciano, non sarebbe sufficiente, come invece è stato affermato in dottrina1011 e da qualche risalente e isolata decisione giurisprudenziale, ad eliminare l'illiceità di una alienazione a scopo di garanzia12. Ma la tutela del debitore non può consistere, alla luce delle conclusioni degli arresti della Cassazione prima ricordati, soltanto nel prevenire un iniquo singolare che la sanzione del divieto del patto commissorio sia la nullità, visto che la costituzione di cause di prelazione da parte del debitore dà normalmente vita ad atti soggetti a revocatoria e non a nullità. 10 Insigni autori (Anelli, Luminoso) sostengono che il patto commissorio sia vietato perché configura un accordo ai sensi del quale il debitore vincola definitivamente, in via programmatica e preventiva, il bene a soddisfazione della pretesa creditoria, senza prevedere alcun meccanismo che, nel momento dell’inadempimento concreto(cioè nella fase satisfattiva non realizzata), consenta di valutare la corrispondenza di valore tra la cosa trasferita originariamente in garanzia e l’ammontare del credito soddisfatto. Secondo questa tesi il 2744 non vieta invece le alienazioni in garanzia ma solo il patto commissorio per quanto appena detto. L’alienazione a causa di garanzia conterrebbe proprio quel meccanismo che, in fase satisfattiva, consente la verifica di corrispondenza tra il credito da soddisfare ed il valore del bene offerto in garanzia.(dati normativi su cui si fonda tale tesi sono l’art. 2937 comma II e l’art. 1229 c.c. dai quali si evincerebbe l’impossibilità di accordi programmatici sulle conseguenze dell’inadempimento). 11 Si ricorda anche la tesi di altro illustre studioso(C.M. Bianca) il quale, pur sostenendo che la ratio del divieto del patto commissorio sia esclusivamente quella di evitare che tale pattuizione divenga clausola di stile in tutte le operazioni di trasferimento immobiliare non accompagnate dall’integrale pagamento del prezzo, ritiene ammissibile un patto commissorio accompagnato da un patto marciano. 12 Il patto marciano è quella clausola accessoria ad un patto commissorio che prevede la restituzione al debitore dell’eccedenza del ricavato dell’alienazione rispetto al quantum da lui dovuto squilibrio economico a suo danno ma deve anche consentire che la procedura esecutiva si svolga con tutte le garanzie che il processo esecutivo offre. Come il principio della tipicità delle garanzie reali è altresì ritenuto alla base del divieto del patto commissorio quello della necessaria riserva statale in relazione alla soddisfazione coattiva del credito13.La legge n. 302 del 1998 ha abbreviato i tempi dei processi esecutivi, prevedendo la possibilità per i giudici di affidare agli stessi notai, in qualità di pubblici ufficiali, le espropriazioni immobiliari e ha mostrato che il nostro legislatore ritiene che nella soddisfazione coattiva del credito non si possa prescindere da una fase affidata ad organi giurisdizionali o almeno ad essi assimilabili. Avv. Luca Donegana E’ vietata la riproduzione, la diffusione e l’utilizzo anche parziale o per estratto della presente relazione per qualsiasi scopo senza l’espresso consenso dell’autore. Per eventuali chiarimenti o autorizzazioni contattare l’autore. La presente relazione è soltanto la trasfusione scritta dell’intervento tenuto al Convegno sulla tutela del credito organizzato dall’A.I.G.A. e patrocinato dalla Fondazione e dall’Ordine degli Avvocati di Monza in data 12 ottobre 2009 e non assume pertanto carattere scientifico. 13 Non si ritiene colgano nel segno coloro che negano tale principio sostenendo che istituti come la cessione dei beni ai creditori testimonierebbero il fatto che all’esecuzione dell’obbligazione possono provvedere anche i privati attraverso meccanismi convenzionali. In particolare la cessione dei beni ai creditori, prevista espressamente da una norma di legge, ha rilievo ex post rispetto alla nascita del credito e consente al debitore, per sua spontanea iniziativa, di migliorare la propria situazione rispetto a ciò che gli accadrebbe ove dovesse sottostare al processo esecutivo pubblico.