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Martedì 1 Aprile 2008
n n Ricerca Uno studio internazionale analizza gli effetti delle mutazioni del Dna in 10 mila donne
Le spie genetiche salva seno
Nelle donne predisposte a sviluppare i carcinomi alla mammella e all’ovaio
il rischio è modulato dalla presenza di polimorfismi in altri geni
di Elisa Martelli
A
lcuni marcatori genetici sarebbero in grado di
predire il maggior rischio
di tumore al seno in donne che
presentano già una predisposizione ereditaria a sviluppare
un carcinoma alla mammella o
all’ovaio. È quanto emerge da
una ricerca internazionale pubblicata sull’American Journal
of Human Genetics, coordinata
dal Cancer Research Centre UK
di Londra, che ha coinvolto 65
laboratori di ricerca e unità cliniche di 15 paesi diversi riuniti
nel consorzio Cimba (Consortium
of investigators of modifiers of
Brca1/2).
Lo studio ha coinvolto 10 mila
donne che presentano una mutazione dei geni che costituiscono
una delle principali determinanti
della predisposizione ereditaria
a sviluppare un carcinoma della
mammella o dell’ovaio. «Si tratta
di uno studio concettualmente
molto importante che esprime
l’indirizzo della ricerca genetica
anche se va ricordato che solo il
5-7% dei tumori alla mammella
sono ereditari», spiega Alberto
Marassi, responsabile dell’Unità di senologia dell’Istituto San
Raffaele di Milano. «Solo i due
terzi di questa percentuale di
tumori, inoltre, sono correlati a
una mutazione del gene Brca1
o Brca2», sottolinea Marassi. Ciò
significa che allo stato attuale è
possibile spiegare le cause dei
tumori alla mammella solo nel
4% dei casi circa. «Le donne con
un’alterazione genetica Brca 1
o 2 presentano un alto rischio
di sviluppare un carcinoma alla
mammella, con una percentuale
che oscilla dal 50 al 70% contro
dati normali che parlano di un
10% di probabilità che una donna sviluppi un tumore di questo
tipo nell’arco di tutta la vita»,
precisa Marassi. «I dati scendono
al 15-20% nel caso del tumore
ovarico ma va considerata la difficoltà nella sua diagnosi e la sua
incidenza del 2% nella popolazione normale», spiega Monica
Barile, genetista medico della
divisione di prevenzione genetica
e oncologica dell’Istituto europeo
di oncologia di Milano.
Se non tutte le donne che presentano questa mutazione genetica
sono destinate ad ammalarsi, significa che esistono dei fattori
che influiscono nella modulazione del cancro. È quanto ha
attestato lo studio internazionale Cimba, evidenziando un rischio di tumore alla mammella
o all’ovaio più alto nelle donne
che presentavano polimorfismi
in altri marcatori già associati a
un aumento del rischio di queste
forme tumorali nella popolazione in generale, le varianti dei
geni Fgfr2, Tnrc9 e Map3ki. «La
determinazione di questi geni,
Brca, viene generalmente effet-
tuata solo nei casi di donne che
presentano un’alta familiarità per
questo tipo di tumore, almeno
due casi di cancro alla mammella
e uno all’ovaio in famiglia, oppure
tre casi di tumore alla mammella prima dei 50 anni, o ancora
due sorelle entrambe affette da
tumori alla mammella o all’ovaio», spiega Marassi. Lo studio di
altri geni nella popolazione di
donne Brca1/2 positive mostra
una correlazione con queste mutazioni genetiche: l’associazione
dell’alterazione Brca1/2 con uno
di questi tre geni fa infatti salire
il rischio fino all’80%. Nel caso
della combinazione più favorevole invece il rischio scende al
40%. «Esistono polimorfismi di
geni che aggravano il rischio e
altri che lo riducono. La grande
potenzialità di questa ricerca, ancora in fase di sperimentazione, è
un’eventuale futura applicazione
dello studio dei polimorfismi di
alcuni geni anche per i casi di
tumore sporadici, di cui non è
stata ancora individuata la causa», spiega Barile. Se lo studio è
incentrato sulle donne, le mutazioni Brca possono essere presenti anche nell’uomo. «Un altro
caso di familiarità del tumore alla
mammella per una donna è costituito dall’avere un fratello affetto
da questa forma tumorale, rischio
che ha un valore doppio rispetto
alla presenza del carcinoma in
una donna», sottolinea Barile.
Questo studio fornisce uno strumento più preciso per individuare il rischio di cancro in chi ha
una predisposizione ereditaria,
procedendo con programmi di
sorveglianza. Un esame molto
utile, specialmente per donne
al di sotto dei 30 anni che presentano una familiarità tumorale, è lo screening con risonanza
magnetica, meno invasivo della
mammografia e più appropriato
per il seno di ragazze giovani. La
parola chiave resta quindi anticipazione diagnostica, mentre per
quanto concerne invece la prevenzione con terapie endocrine
nel caso di donne a rischio i dati
a disposizione non sono ancora
sufficienti, conclude Marassi.
(riproduzione riservata)
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