L`ambiente «innesca» i geni Così possono esplodere

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Gli studi Le violenze sui bambini e le violenze da grandi
L'ambiente «innesca» i geni
Così possono esplodere
comportamenti antisociali
dì GIUSEPPE REMUZZI
G
eni o ambiente? Il solito problema mai risolto che questa
volta si applica a chi ha subito
violenza da piccolo. Questi
bambini, dall'adolescenza in
poi possono avere comportamenti antisociali e qualcuno diventa persino aggressivo o commette dei crimini. Non
tutti però, molti di loro avranno una vita
normale, socievoli o meno si capisce, ma
come tutti gli altri.
Perché qualcuno di loro sì e qualcuno
no? Non lo sa nessuno. Potrebbe dipendere dai geni di cui si sa qualcosa ma non
tutto, oppure dall'ambiente, dai genitori
per esempio o dalle persone che frequentano o dalla scuola e dalle possibilità economiche. Come orientarsi?
Provate a chiedere a un genetista, vi
dirà quasi sicuramente che tutto dipende
dal Dna; poi fate la stessa domanda a uno
psicologo, vi risponderà che è tutta questione di ambiente, quello in cui questi
ragazzi sono cresciuti. Insomma siete al
punto di prima, chi ha ragione? Tutti e
due almeno un po', n fatto è che per rispondere a domande così bisognerebbe
aver studiato il problema in modo molto
più approfondito di come è stato fatto
finora. Ci vorrebbero dati su varie popolazioni di ragazzi e si dovrebbero poter
confrontare quelli che hanno avuto
un'infanzia felice con chi invece ha subito violenza e il comportamento di questi
ragazzi poi andrebbe seguito nel tempo e
lo si dovrebbe poter fare per un periodo
L'indagine
Una ricerca ha studiato
le reazioni che avrebbero
avuto da adulti oltre
tremila ragazzi cresciuti in
situazioni normali o difficili
abbastanza lungo. Difficile, ma non impossibile, tanto che ricercatori del Canada — il lavoro è pubblicato su «The British Journal of Psychiatry» di questi giorni — ci sono riusciti. Hanno preso in
esame più di tremila ragazzi, la maggior
parte di loro con una vita del tutto normale fin da piccoli, ma c'era anche chi
aveva avuto un'infanzia difficile. L'obiettivo di tutto questo poi era di studiare l'influenza dei geni sul comportamento che
i ragazzi avrebbero avuto negli anni successivi. Iricercatorinon potevano certo
studiare l'intero genoma — almeno 30
mila geni con interazioni estremamente
articolate tra loro e sistemi di regolazione
che rendono tutto ancora più complicato
— perché mettere in rapporto una 0 più
alterazioni genetiche con diversi comportamenti è più difficile che cercare
l'ago nel pagliaio. Così hanno fatto riferimento a un lavoro precedente pubblicato
su «Science» da un gruppo di psichiatri
inglesi, americani e neozelandesi che
aveva già dimostrato come i comportamenti antisociali di chi aveva subito violenza da piccolo dipendevano soprattutto da un gene che presiede alla sintesi di
una proteina: monoaminossidasi A (MAOA) — si tratta di un enzima che degrada
noradrenalina, serotonina e dopamina,
ormoni che funzionano come «neurotrasmettitori», aiutano cioè i neuroni a dialogare fra loro e in questo modo governano emozioni, tono dell'umore ma anche
depressione, rabbia e tanto d'altro.
Una volta deciso di concentrarsi su
quel gene, il resto diventava più facile. Si
trattava di mettere in rapporto certe variazioni (i medici dicono polimorfismi)
del gene MAOA con il comportamento
dei ragazzi nel tempo confrontando chi
aveva subito violenza da piccolo con gli
altri.
La prima informazione che viene fuori
da questo studio — e non è di poco conto — è che essere esposti a violenza da
piccoli aumenta davvero la probabilità di
sviluppare con il tempo una personalità
antisociale fino ad arrivare, per qualcuno
di questi, a comportamenti aggressivi, in
famiglia per esempio 0 con il partner. Fin
qui non c'è niente di nuovo e ci si poteva
arrivare con il buon senso, ma il rigore
con cui è stato condotto questo studio e il
tempo di osservazione così prolungato ci
consentono oggi di avere qualche certezza in più.
Un'altra informazione importante che
emerge dallo studio canadese è che la
GIUSEPPE REMUZZI
variazione del gene MAOA, proprio quello identificato più di dieci anni fa su
«Science», influenza in modo importante l'eventuale comportamento antisociale
di chi ha subito violenza da piccolo. Questo polimorfismo ce l'ha il 30 per cento
della popolazione e sono proprio i portatori di questa variazione ad avere alla
lunga le maggiori difficoltà di rapporto
con gli altri.
Ma l'informazione forse più importante che emerge da questo studio è che la
variazione genetica da sola non basta a
scatenare comportamenti antisociali.
L'effetto negativo dell'alterazione genetica sul comportamento si esprime solo in
contesti molto particolari che configurano di fatto circostanze ambientali sfavorevoli. Così la domanda che c'eravamo
posti all'inizio (vale per questo ma per
tantissime altre condizioni in cui ci si
interroga sull'influenza dei geni rispetto
all'ambiente) andrebbe posta in un altro
modo: «Com'è che l'ambiente può modificare l'espressione 0 la funzione di certi
geni?». Più si studia e più ci si rende conto che non ci sono comportamenti che
dipendono dai geni e comportamenti
che dipendono dall'ambiente. Ci sono
piuttosto predisposizioni genetiche che
consentono in circostanze ambientali
particolari di sviluppare certi comportamenti piuttosto che altri. Ed è vero anche
il contrario. Capita che l'ambiente possa
influenzare attraverso modifiche che i
medici chiamano epigenetiche, l'espressione di certi geni e questo si traduce in
comportamenti diversi a seconda delle
circostanze.
Insomma, nel caso dei bambini che
hanno subito violenza da piccoli non
bastano i geni per sviluppare comportamenti antisociali e altre forme di labilità
psichica: ci vogliono circostanze ambientali sfavorevoli. Il termine «ambiente»
però è un po' vago, n passo successivo
rispetto allo studio del «British Journal of
Psychiatry» sarà quello di capire quali
sono queste circostanze ambientali sfavorevoli e come si possono prevenire i
comportamenti antisociali ed eventualmente aggressivi. E non è solo una curiosità; il giorno che riusciremo a capirlo la
vita di questi ragazzi potrebbe cambiare.
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