La Teologia del laicato - Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna

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LA TEOLOGIA DEL LAICATO, «TEST» DI SINTESI E DI MATURITÁ
TEOLOGICA: RIFLESSIONI SUL VATICANO II
STEFANO MOSCHETTI, SJ
Docente di Teologia Dogmatica alla Pontificia Facoltà Teologica della
Sardegna, a Cagliari
Parlare oggi in teologia del laico, rappresenta un'impresa tutt'altro che facile: non
solo per il notevole numero di studi realizzati negli ultimi decenni, ma anche per
la constatazione che, almeno a livello verbale, in alcune tendenze lo stesso
soggetto, il laico, rischia di perdere la sua consistenza teologica, per poi ritrovarsi
notevolmente disciolto in una laicità diffusa e generica della Chiesa1.
Non dobbiamo minimamente stupirci di tali presenti ed anche sofferte difficoltà 2,
esse sono semplicemente il segno che il laico è veramente una figura cristiana,
membro vivo e qualificante la comunione ecclesiale, fa parte dello stesso
«mistero» della Chiesa. È la ricchezza propria, teologica che sottostà al termine «
laico », a stimolare la produzione teologica, ad avvisare circa la complessità dei
problemi: quante fondamentalissime realtà rivelate, qualificanti e orientanti le
realtà di creazione e di ragione, si devono tenere presenti per inquadrare lo stato
teologico del laico!
Non ci stupiamo ugualmente che la teologia del passato abbia trovato tanta
difficoltà a valorizzare la presenza lai- cale nella Chiesa, talora con l'impressione
penosa, mai corrispondente alla realtà, che il laico non fosse propriamente
Chiesa; così non ci stupiremo tanto che anche oggi qualcosa di analogo possa
verificarsi.
Per inquadrare in teologia la figura laicale è necessaria una riflessione che si
presenti completa, matura, organica; il Vaticano II si è proposto ed è riuscito a
darci una descrizione della figura laicale nella Chiesa3: vorrei in queste note
brevemente riflettere come tale descrizione tipologica è stata possibile, resta
teologicamente significante, solo all'in- terno dell'insegnamento conciliare, delle
sue mature ed organiche prospettive.
LA DESCRIZIONE DELLA FIGURA LAICALE NEL VATICANO II
La troviamo al n.31 della Lumen gentium (LG):
« Col nome di laici si intendono qui tutti i fedeli ad esclusione dei membri dell' ordine sacro e
dello stato religioso sancito dalla Chiesa, i fedeli cioè, che dopo essere stati incorporati a Cristo
col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell'ufficio
sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono nella Chiesa e nel mondo,
la missione propria di tutto il popolo cristiano.
1
L'indole secolare è propria e peculiare dei laici. (...) Per loro vocazione è proprio dei laici
cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel
secolo, cioè implicati in tutti e singoli i doveri ed affari del mondo e nelle ordinarie condizioni
della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante
l'esercizio del proprio ufficio e sotto la guida dello spirito evangelico, ed in questo modo a
manifestare Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro stessa vita, e col
fulgore della loro fede, della loro speranza e carità. A loro quindi spetta particolarmente di
illuminare ed ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che
siano sempre fatte secondo Cristo, e crescano e siano di lode al Creatore e Redentore»4.
Da questa descrizione tipologica ci rendiamo subito conto in quale ampio
orizzonte di realtà rivelate, percepite nei loro nessi, si muove il Vaticano II per
parlarci del laico. Possiamo fame un primo elenco ragionato: fondamenta- le
l'incorporazione sacramentale a Cristo, la partecipazione al suo triplice ufficio,
l'esercizio cioè del sacerdozio battesi- male; a questo proposito la relazione
dell'ordine sacro, qualifica positivamente il laico, gli assicura l'autenticità e la
efficacia dell'incorporazione a Cristo, nel nuovo Popolo di Dio. Il laico partecipa
cosi delle dignità e missione propria di tutto il popolo cristiano, missione che è
per tutti la santità, testimonianza ed annuncio del Vangelo, l'animazione cristiana
dell'ordine temporale. Certo i laici la compiono « per la loro parte», caratterizzata
dal l' essere discepoli del Signore, sempre operanti nella prospettiva del Regno,
ma con un inserimento completo, quasi all'interno delle cose temporali. Anche
nella prospettiva della missione, il fatto di non essere membri dell'ordine sacro,
non appartenere allo stato religioso, risulta in definitiva qualificante il compito
del laico: il ministero ordinato rappresenta un ulteriore segno della comune e
radicale dipendenza di tutti da Cristo capo, maestro e buon pastore; la relazione
allo stato religioso, di tipo essenzialmente diverso da quella dell'ordine sacro,
ricorda la comune finalità di tutti alla santità, ai beni escatologici5.
Il laico vive la santità del cristiano, lo spirito delle beatitudini facendosi carico, in
prima persona, delle realtà temporali: sono infatti gli inserimenti nel mondo a
costituire la nota caratteristica del cristiano laico: ne segue che l'intelligenza
teologica del laico necessita particolarmente della dottrina circa le relazioni
Cristo, Chiesa e mondo.
Questa prima riflessione sulla descrizione tipologica del laico si conferma nel
nostro assunto iniziale: la teologia del laicato richiede un orizzonte teologico
ampio, completo, maturo nelle singole componenti e nelle loro relazioni: in caso
contrario il discorso sul laico diviene affannoso, difficile assicurargli un avvenire
teologico6.
Come si è arrivati alla teologia del laicato propria del Vaticano II? Una teologia
non si improvvisa mai, nemmeno in un Concilio Ecumenico; la riflessione sul
laico nella Chiesa e nel mondo aveva già compiuto progressi notevoli nei due
decenni anteriori alla celebrazione del Concilio, passi avanti che avevano
permesso i due congressi internazionali sull'apostolato dei laici, tenuti a Roma nel
'51 e'57. Cosi i Padri conciliari potevano trovare all'apertura del Concilio, non
2
solo uno schema specifico, molto, troppo voluminoso, che diventerà
l'Apostolicam actuositatem, ma inoltre un intero capitolo dedicato ai laici nel
progetto di costituzione dogmatica della Chiesa7: per la prima volta una
costituzione sulla Chiesa dedicava spazio qualificato ai laici!
Non solo la teologia del laicato si presentava già matura all'inizio del Vaticano II,
ma costituiva uno stimolo alla riflessione, specialmente ove trattavasi del Popolo
di Dio, della universale vocazione alla santità, del dialogo col mon- do; un tema
quindi trainante e catalizzante i lavori conciliari, ed ha potuto esserlo in quanto ha
trovato quell'ampio e ordinato orizzonte teologico, l'humus fecondo
indispensabile per la sua crescita. Ma quali dimensioni teologiche hanno favorito
la teologia del laicato? Ci sembra siano state le seguenti: la Chiesa come
sacramento-mistero, come hierarchica communio; i notevoli progressi nella
dottrina sul ministero ordinato, la cui pienezza sta nel vescovo, segno personale di
Cristo capo, maestro e buon pastore; l'autorità del vescovo ed i rapporti tra realtà
escatologiche, spirituali, sacre, soprannaturali, e realtà temporali, secolari,
profane, naturali; la legittima autonomia delle realtà create; i religiosi segno della
santità della Chiesa; la dottrina eucaristica. Le passiamo ora rapidamente in
rassegna, cercando di coglierne i riferimenti essenziali alla teologia del laicato.
LA CHIESA COME SACRAMENTO DI COMUNIONE
Anzitutto ha favorito la teologia del laicato una prospettiva della Chiesa come
sacramento di comunione: il pia- no di salvezza che sgorga dalla Vita trinitaria,
per l'incarnazione del Verbo, il dono dello Spirito Santo, il ministero della Chiesa,
già ci permette di vivere nella dimensione filiale e fraterna, nella tensione verso la
pienezza escatologica. Tutte le immagini della Chiesa accolte dalla LG: ovile,
vite, edificio, tempio, famiglia, specialmente quelle privilegiate di Regno, Popolo
di Dio e Corpo di Cristo sottolineano un aspetto di quella comunione realizzata da
Cristo nello Spirito Santo, che costituisce la realtà propria della vita ecclesiale.
«La Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima
unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (LG 1); «Cosi la Chiesa si
presenta come un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo» (LG 4); «La Chiesa riceve la missione di annunciare ed instaurare in tutte
le genti il Regno di Dio e di Cristo, e di questo Regno costituisce in terra il germe
e l'inizio» (LG 5); «Nella frazione del pane eucaristico partecipando noi
realmente al corpo del Signore, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi»
(LG 7): cosi in molti modi la Lumen gentium ci avvisa della fondamentale
dimensione di comunione8, che già qualifica la vita di tutti i battezzati. Certo,
contemporaneamente, ci avvisa della necessaria esistenza nella Chiesa di doni
gerarchici (LG 4): ci insegna che « Nella struttura del corpo di Cristo vige una
diversità di membri e di uffici [...] di doni. Tra questi doni eccelle quello degli
apostoli» (LG 7); al n. lO la Lumen gentium introduce il discorso sul sacerdozio
ordinato o gerarchico, che sarà ampiamente sviluppato nel cap. III: così la «
communio» viene qualificata come «hierarchica»9, perché viene realizzata da
3
Cristo buon pastore, nella sua Pasqua; storicamente ed efficacemente in rapporto
al suo segno personale, sacramentale, il collegio dei vescovi con Pietro e sotto
Pietro.
Anche il progresso realizzato dal Vaticano Il nel precisare i rapporti tra il Primato
petrino e la collegialità episcopale, il suo insegnamento circa la pienezza
sacramentale dell'ordine propria del vescovo, è stato di grande aiuto per la
comprensione del laico nella comunione ecclesiale.
MINISTERO ORDINATO, SEGNO SACRAMENTALE DI CRISTO CAPO,
BUON PASTORE
Attraverso tutte le sue immagini e descrizioni della Chiesa, sempre la Lumen
gentium ci ricorda che la comunione ecclesiale è dono divino, frutto della Pasqua:
non si dà vissuta comunione ecclesiale senza una radicale dipendenza di tutti da
Cristo, l'animazione del suo Spirito, l'accoglienza di carismi e ministeri che ne
sono il frutto. Ora, il segno sacramentale, personale della autentica radicale dipendenza di tutti dalla persona di Cristo capo, maestro e buon pastore è
rappresentata dal ministero ordinato, con Pietro e sotto Pietro: esso è necessario
perché si dia autentica e piena comunione ecclesiale, per il discernimento
autentico dei doni dello Spirito Santo, carismi e ministeri, per- ché semplicemente
esista la Chiesa-comunione, sacramento universale di salvezza10.
Dimensione di fede indispensabile: la Chiesa è fondata sugli apostoli, il ministero
fa parte della struttura portante della Chiesa; teologia insieme delicata: non si può
mai separare, ma neppure identificare Cristo sommo sacerdote, che dona il suo
Spirito e fa della sua Chiesa il suo popolo sacerdotale, con il suo segno
sacramentale, personale, col ministero ordinato. In questa prospettiva la
descrizione del laico come fedele non ordinato, più ancora che rappresentare una
nota negativa, segnala piuttosto il beneficiario di un servizio autorevole di
comunione, di inserimento autentico nel Mistero cristiano, perché esista un
popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (LG 4).
Ascoltiamo cosa dice in proposito il recente documento della Commissione
teologica internazionale:
«Per il pieno sviluppo della vita della Chiesa, Corpo di Cristo, il sacerdozio comune dei fedeli
ed il sacerdozio ministeriale o gerarchico non possono che essere complementari o ordinati
l'uno all'altro, così però che dal punto di vista della finalità della vita cristiana e del suo
compimento, il primato spetta al sacerdozio comune, anche se dal punto di vista dell'organicità
visibile della Chiesa e dell' efficacia sacramentale, la priorità spetta al sacerdozio
ministeriale»11.
Potremo anche dire che una matura teologia del ministero ordinato si manifesta
nella sua capacità di orientare una matura teologia del laicato: la sua
partecipazione al Mistero trinitario, la sua espressione celebrativa nella liturgia, il
suo influsso sulla vita quotidiana in tutti gli inserimenti cristiani nel temporale.
Ne abbiamo un limpido esempio nel Vaticano Il: esplicitando la dottrina circa
l'autorità propria del vescovo, in quanto maestro, santificatore, pastore, ha fornito
4
elementi preziosi per una migliore impostazione dei rapporti tra realtà naturali,
create, temporali, secolari, e quelle più specificamente cristiane, escatologiche,
spirituali, soprannaturali; si tratta delle premesse necessarie per impostare .la
dottrina circa la legittima autonomia delle realtà create, i rapporti Chiesa-mondo,
in definitiva meglio precisare la figura laicale nella Chiesa e nel mondo .
L'AUTORITÀ DEL VESCOVO E
TEMPORALE
L'ANIMAZIONE
DELL'
ORDINE
Nel passato i rapporti Chiesa-società civile erano tendenzialmente trattati, in
termini molto giuridici, come superiorità di poteri del sacro sul profano; in
conseguenza i rapporti Chiesa-mondo rischiavano di essere ridotti ad un problema
di vertici, di subordinazione di potestà. Così i compiti del cristiano laico
risultavano mortificati, cioè stentavano a ritrovare tutto lo spazio dovuto nella
riflessione teologica12.
La Lumen gentium, trattando della necessaria autorità del ministero ordinato,
imposta il problema in modo rigoroso: Cristo possiede per creazione e
redenzione, un'autorità universale che si estende al tutto, al Risorto è stata data
ogni autorità in cielo ed in terra13; ora, il Risorto ha fornito Pietro ed il collegio
apostolico di tutta la necessaria autorità per la missione di annunciare il Vangelo
ad ogni creatura, di ammaestrare tutte le genti, affinché tutti gli uomini, per
mezzo della fede, del battesimo e dell'osservanza dei comandamenti, ottengano la
salvezza.
Si tratta di una vera autorità, per edificare il Popolo di Dio nella verità e santità,
un servizio autorevole di animazione della vita con i valori evangelici, per una
gestione del secolare in cui già maturano le dimensioni eterne ed escatologiche 14.
Non si tratta esattamente della stessa signoria universale assoluta di Cristo, anche
se il ministero ordinato deve muoversi in questa prospettiva, per realizzarla nelle
coscienze e nella vita, ma senza avere ricevuto per questo alcuna investitura di
dominio politico. L'autorità del collegio apostolico viene cosi esercitata come un
primato santificante, spirituale, che senza nulla sottrarre al bene tempora- le,
terreno, anima, purifica, orienta il secolo presente verso la sua pienezza nel
futuro.
Il laico viene cosi a trovare nell'attività dei Pastori un aiuto autorevole per
qualificare in senso cristiano tutti quegli inserimenti nel secolo che dovrà gestire
con personale responsabilità. Non si tratta più di un quasi esclusivo potere di
vertici, di subordinazione del potere profano a quello sacro, ma di animare
cristianamente tutto l'ordine temporale: per questo, nel modo proprio a ciascuno,
tutta la comunità è impegnata. Questa animazione cristiana del tempora- le
richiede l'apporto decisivo del laicato per il suo inserimento in tutti e singoli gli
impegni secolari, ma sa riconoscere nel ministero ordinato il segno sacramentale,
persona- le di Cristo capo, maestro, buon pastore, che tutto fonda, riconcilia,
attira a sé con il frutto molteplice del suo Spirito15.
5
Anche il dominio secolare, proprio dei laici in quanto ne assumono tutte e singole
le dimensioni, è qualificato dai valori cristiani, escatologici, già in esso presenti,
che orientano al secolo futuro della Parusia; il secolo presente, con il suo lento
evolversi nel tempo, ha come suo fondamento, mèta e norma decisiva il Signore
escatologico dei tempi e dello spazio. La cattolicità della Chiesa, la sua
universalità, la sua presenza in tutti quegli ambiti che i laici sono direttamente
invitati a gestire con indivisa coscienza cristiana, e cristocentricamente fondata:
tutto è creato in relazione a Cristo, che ne è il salvatore, il ricapitolatore; il segno
personale, sacramentale, certo non l'identità, di questa cattolica, universale
capitalità del Signore risorto, è ancora il ministero ordinato, nei vincoli collegiali
della successione apostolica16.
LA LEGITTIMA AUTONOMIA DELLE REALTÀ CREATE
In questa prospettiva cristocentrico-pneumatica, di crescita del Regno nel secolo
presente verso la sua pienezza escatologica, il Vaticano Il situa la sua dottrina
sulla legittima autonomia delle realtà create. La Gaudium et spes, che più la
esplicita, si muove sempre in prospettiva cristocentrica, di vitali relazioni tra
creazione e salvezza, esistenza e fede, natura e soprannaturale17.
Si dà cioè una sola creazione cristocentrica e pneumatica; il Redentore è venuto a
riconciliare, cioè a rinnovare e riportare a sé quel mondo che già fin dall'inizio è
stato creato in, per, verso lui. L'uomo sin dall'inizio è già stato voluto secondo
quell'immagine di Dio che è lui, Cristo Signore, primogenito tra molti fratelli;
l'ordinazione di tutti alla vita soprannaturale qualifica la vita dell'uomo, la può
trasfigurare nella comunione pienamente accolta nello Spirito Santo col Padre18.
Ora, in questa situazione Cristofondata, l'ordine naturale, temporale, secolare non
viene disciolto, alienato, ma purificato, consolidato, qualificato perché aperto
nell'uomo al dono del tutto gratuito della Vita divina 19. Sappiamo dalla moderna
esegesi e teologia biblica, come è stato il manifestarsi del Salvatore al popolo dell'
Alleanza a restituire il senso vero ed autentico del Dio creatore, della sua
personalità unica, spirituale, trascendente; il recupero del senso vivo del Dio
creatore nel popolo dell' Alleanza, corrisponde al pieno recupero del senso
dell'uomo e del suo mondo come creatura di Dio: certo, totalmente dipendente da
Dio in quanto sua creatura, ma insieme, proprio perché creatura, con tutta la sua
donata oggettiva consistenza, i propri fini immediati, le proprie leggi 20.
In questa consistenza propria della creatura, la Gaudium et spes fonda la legittima
autonomia della realtà temporale: le leggi proprie del mondo fisico, biologico,
anche psichico e sociale devono essere ben conosciute e rispettate; in tutto questo,
la comunità cristiana, specialmente i laici con i loro inserimenti caratteristici,
trovano un campo amplissimo di fedeltà al Creatore, in unione a tutti gli uomini
di buona volontà21. Evidentemente, tutta questa legittima autonomia è vissuta dal
laico con indivisa coscienza cristiana, poiché è consapevole che tutta la creazione
è Cristofondata e Cristofinalizzata22.
6
Abbiamo sopra accennato come proprio il beneficio shock (per l'uomo peccatore
è sempre uno shock) dell'offerta dell' Alleanza è stato determinante nel restituire
Dio a Dio, la creatura alla sua consistenza creata, a superare la tentazione di tutti
gli orgogliosi e semplicisti monismi, che sfociano facilmente in disperati
dualismi23. Un compito della comunità cristiana, del laico in quanto inserito in
tutte le faccende secolari, è riconoscere, rispettare tale legittima autonomia, per
aprirla all'unica storia di salvezza, necessaria per tutti.
Anche per ben situare l'autonomia delle realtà create è necessaria tutta una
costellazione di realtà rivelate: in particolare la creazione dell'uomo secondo
l'immagine di Dio, Cristo, il cristocentrismo pneumatico di creazione e
redenzione, la Chiesa come germe del Regno per annunciarlo e realizzarlo. Ne
segue che la vera autonomia dell'uomo è propriamente una teonomia, più
specificamente una cristonomia, essendo Cristo, il Figlio di Dio incarnato, la
misura del nostro essere immagine di Dio, il fondamento ultimo della nostra
dignità, la norma vivente del nostro comportamento religioso e morale 24. Questa
autonomia teonomica-cristonomica qualifica l'azione del laico: la competenza
pro- fessionale che deve procurarsi come cittadino del mondo, l'unica coscienza
cristiana per dirigersi anche nelle realtà temporali, la luce della dottrina, degli
orientamenti, gli aiuti spirituali accolti nella sincera partecipazione alla vita della
comunità ecclesiale, l'obbedienza al suo Magistero.
LAICATO, STATO RELIGIOSO E SANTIFICAZIONE
DELL ORDINE TEMPORALE
Un'ultima considerazione ci suggerisce il n. 31 della Lumen gentium, quando
descrivendo la tipologia del laico, richiama il fatto che non è religioso;
nell'ecclesiologia di comunione del Vaticano II, questo riferimento alla vita
religiosa intende stimolare la consapevolezza di tutti che il fine della Chiesa è la
santità, la pienezza dei beni escatologici. Infatti il religioso rappresenta, pur nella
fragilità della comune situazione umana pellegrinante, un segno dello stato di vita
scelto dal Signore Gesti e dalla sua Madre, segno quindi di una situazione
escatologica già penetrata nel secolo presente, della vicinanza e superiorità del
Regno25; una vita ancora evidentemente segnata da questo mondo che passa, ma
già totalmente centrata, con impegno pubblico e comunitario, sull'imitazione di
Cristo che vergine e povero, con la sua obbedienza ha redento il mondo:
«Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta della dimora
celeste col desiderio di essa, contribuendo cosi a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a
consacrarsi al servizio degli uomini, cosi da prepara- re, attraverso tale loro ministero, la
materia per il Regno dei cieli o In tutti però opera una liberazione […]» (GS 38).
Il dono proprio dei laici, è sempre dono dello Spirito Santo, carisma, ministero,
conosce le vie più lunghe e pazienti dell'inserimento in tutte e singole le realtà
secolari, accogliendo il Regno che si manifesta lentamente anche at- traverso il
dinamismo delle realtà temporali; ascoltiamo in proposito la voce di Paolo VI:
7
« I laici, che la loro vocazione specifica pone in mezzo al mondo e alla guida dei pili svariati
compiti temporali, devono esercitare con ciò stesso una forma singolare di evangelizzazione. Il
loro compito primario non è, l'istituzione e lo sviluppo della comunità ecclesiale - che è il ruolo
specifico dei Pastori - ma è la messa in atto di tutte le possibilità cristiane ed evangeliche
nascoste, ma già presenti ed operanti nelle realtà del mondo. Il campo proprio della loro attività
evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale,
dell'economia; cosi pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli
strumenti della comunicazione sociale; ed anche delle altre realtà particolarmente aperte
all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il
lavoro professionale, la sofferenza. Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico,
responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e
consapevoli di dovere sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e
soffocata, tanto pili queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano,
ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio del
Regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo,, 26.
Mentre i religiosi si collocano nel dinamismo della Chiesa assetata dell' Assoluto
di Dio, chiamata alla santità, desiderosa di abbandonarsi al radicalismo delle
beatitudini27, i laici, pur muovendosi nello stesso progetto fondamentale di vita
cristiana hanno, si direbbe, per virtù caratteristica la pazienza: attendere che, in
questo mondo la cui figura passa, maturino i germi di vita eterna, facilitarne la
maturazione in tutti e singoli gli impegni temporali di cui la loro vita è come
intessuta.
Ricordiamo infine che la distinzione: religiosi-laici è di natura diversa da quella:
ministero ordinato - laici; quest'ultima è indispensabile, per volontà istituzionale
di Cristo costituisce la Chiesa nel segno sacramentale, personale della sua
radicale dipendenza da Cristo capo. In questo riferimento la distinzione tra
ministero ordinato (specialmente se considerato in relazione alla sua pienezza,
l'episcopato), e laicato risulta del tutto netta, non graduale; è anche comprensibile
come la Chiesa, nell'intelligenza della fede circa questa distinzione-relazione
costitutiva della stessa comunione ecclesiale, abbia sancito uno stato e spiritualità
clericale conforme al « carattere» ricevuto nel sacramento, di essere segno di
Cristo capo, maestro e buon pastore28.
La distinzione religioso-laico si situa invece nel dinamismo verso la santità, i beni
escatoligici: se prescindiamo dalla testimonianza pubblica della vita religiosa
sancita dalla Chiesa, le ulteriori distinzioni nel vissuto cristiano possono risultare
molto più difficili a descriversi: è lo stesso dinamismo della santità, la tensione
agli stessi beni escatologici29. Deve rimanere in ogni caso evidente la nota
caratteristica dei cristiani laici, secondo l'insegnamento del Vaticano:
«Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli i doveri e affari del mondo e nelle ordinarie
condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da
Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo
[...] ».
Questi inserimenti nell'ordine temporale connotano il loro essere cristiano, anche
il loro modo proprio, «la loro parte ", con cui « compiono nella Chiesa e nel
mondo la missione propria di tutto il popolo cristiano» (LG 31).
8
L'EUCARISTIA, «TEST» CELEBRATIVO DELLA VERITÀ E VITA
CRISTIANA
Tutte queste dimensioni della fede e della vita cristiana necessarie per descrivere
teologicamente il laico, trovano la loro sintesi ed espressione liturgica nel Mistero
eucaristico30: esso plasma e forma evangelicamente la vita del cristiano, nelle sue
dimensioni comunitarie e personali, la unisce alla preghiera e all'oblazione di
Cristo, alla sua carità verso il Padre ed i fratelli. Per realizzare questa preghiera ed
oblazione, fonte e vertice della vita cristiana, è necessario il ministro ordinato che
agisce in persona di Cristo capo, presentando al Padre l'intera comunità offerente.
Nel- l'Eucaristia la vita dell'uomo, nelle sue molteplici articolazioni, servizi, ben
rappresentati dal pane e dal vino, frutto della terra e del lavoro dell'uomo, ritrova
il suo fondamento, armonia, dinamismo, finalità: per Cristo, nello Spirito Santo,
verso il Padre. La Pasqua del Signore, cosi celebrata e resa presente, fruttifica ed
irradia la forza vivificante dello Spirito Santo per animare il Corpo di Cristo nelle
sue molteplici articolazioni, nei suoi stessi inserimenti nel temporale, mentre già
si pregusta nella fede un anticipo della gioia del banchetto celeste.
Già sant'Ireneo affermava che l'autentica celebrazione eucaristica rappresentava la
migliore prova contro la gnosticismo dei suoi tempi: la separazione tra il Creatore
ed il Salvatore, che spezza l'unità del progetto di Dio, della comunione ecclesiale,
negando la bontà redenta del creato, delle stesse attività temporali 31. Anche ora
troviamo nel- l'Eucaristia la celebrazione più efficace ed espressiva della vita del
Popolo di Dio. Ministero ordinato, vita religiosa riconosciuta dalla Chiesa non
sono, a livelli diversi, doni del Signore risorto, frutti del suo Spirito, per la
qualificazione, il servizio, l'orientamento del Popolo di Dio, della sua componente
più numerosa? Affinché il Popolo di Dio sia quel particolare soggetto storico, già
qualificato dalla partecipazione al Ministero trinitario, con la ricchezza propria di
carismi e ministeri? 32.
***
Trattandosi di un soggetto storico che si alimenta del Mistero trinitario, che già ne
partecipa ricevendone cosi la sua identità, che resta ad esso orientato come alla
sua patria, siamo invitati ad una fedeltà anche lessicale. È una esigenza fondata:
solo la Parola rivelata, conservata ed intesa nella comunione ecclesiale, manifesta
e realizza efficace- mente la partecipazione al Mistero che ci avvolge, penetra e
supera da ogni parte: ora, il laico si direbbe il fedele più bisognoso di ampi e
sicuri orizzonti di fede, per qualificare ed orientare cristianamente la sua esistenza
nel vasto e anche dispersivo mondo dei suoi inserimenti temporali.
Il Concilio dei nostri tempi ci ha dato un modello: come parlare di Cristo e della
sua Chiesa, dell'uomo e dei suoi problemi, rispettando la creatura di Dio, sempre
muovendoci alla luce della Parola, mai allontanandoci dall'unico progetto divino
di salvezza. Nelle prospettive aperte dal Vaticano II si potrà continuare a riflettere
teologicamente sul cristiano laico, con frutto.
9
1 Cf. R. GOLDIE, Laici e laicità: bilancio di trent'anni di bibliografia, in «Rassegna di
teologia», 1981, pp. 295-305, 386-394, 445- 460. Per la proposta di una diffusa laicità della
Chiesa: ivi, p.391; L. SERENTHA, Laicato ed azione cattolica, in «Presenza pastorale», 1984,
pp. 597 s.
2 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla VI assemblea dell'ACI in «L'Osservatore Romano»
26/4/1986, p. 5, n. 3.
3 Cf. Lumen gentium (LG) 31, nel contesto del cap. IV, con le esplicitazioni di Apostolicam
actuositatem (AA) 2-14.
4 La discussione teologica, preconciliare e conciliare, circa la possibilità di descrivere
teologicamente la figura cristiana del laico è delineata da E. SCHILLEBEECKX, Definizione
del laico cristiano, in G. BARAUNA (ed.), La Chiesa del Vaticano Il, Vallecchi ed., Firenze
1965, pp. 959-977; cf. anche in "Communicationes», 1985, 164-239, Ex actis Pont. Comm.
CJC recognoscendo, Coetus studiorum « de laicis».
5 Cf. C. MOELLER, Il fermento delle idee nella elaborazione della costituzione, in La Chiesa
del Vat. Il, cit., pp. 166-172.
6 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso per il XX della promulgazione del decreto conciliare
Apostolicam actuositatem, in «L'Osservatore Romano», 18-19/11/1985, p.4: «[...] il decreto AA
[...] si situa necessariamente e perfettamente nel disegno globale del Concilio, come sviluppo
specifico dell'ecclesiologia integrale globale della co- stituzione dogmatica Lumen gentium e
della costituzione pastorale Gaudium et spes ».
7 Caput 6 de laicis dello schema de ecclesia, preparato dalla commissione preconciliare, in
Acta et documenta conc. oecum. Varo II apparando, Series II (preparatoria), vol. III, Acta
comm. et secre- tariatuum praep. conc. oecum. Vat. II, Pars I, Typis Polyglottis Vaticanis 1969,
154-158; de apostolatu laicorum, ibid., Pars II,303-388. 8 8 Ricordiamo un'opera ormai
classica, che ha preceduto di po- chi mesi i lavori conciliari: J. HAMER, La Chiesa è una
comunione, Morcelliana, Brescia 1964; notevole di H.H. VON BALTHASAR, Communio: un
programma, in «Communio» (ed. ital.), 1972, pp. 3-21.
9 LG 22a, Nota explicativa praevia, 2°; cf. G. GHIRLANDA, Signficato della fonnula
«hierarchica communio» nella «Lumen gentium", in «Analecta gregoriana», vol. 216, Pont.
Univo Greg., Roma 1980.
1O Cf. Y. CONGAR, Ministeri e comunione ecclesiale, Ed. Dehoniane, Bologna 1973; nella
prima parte l'autore ripercorre il suo cammino teologico sui rapporti tra ministero e laicato,
ricordando lo schema bipartito (sacerdozio ordinato-laicato) dei suoi Jalons, e la sua preferenza
per uno schema più complesso, in cui venga posta più in risalto la dimensione comunitaria, i
carismi; evidentemente, la comunione ecclesiale non può non essere gerarchica, e Congar si
dichiara ancora alla ricerca.
11 COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Temi scelti di ecclesiologia, 7.2., in
«La Civiltà Cattolica», 1985, IV, p.470.
12 Cf. G. MARTELET, La Chiesa ed il temporale: verso una nuova concezione, in La Chiesa
del Vat. lI, cit., pp. 548-552.
13 Cf. LG 7d, 24a.
14 Cf. LG 24a, 26, 27c, 28a, 48; AA 24-26; GS 43e; G. MARTELET, in La Chiesa del Vat. Il,
cit., pp. 552-554, 542-548.
15 Cf. GS 34-36, 43a-d; AA 7e, 11-14.
16 Cf. G. MARTELET, in La Chiesa del Vat II, cit., pp. 557-560.
17 La dottrina sulla legittima autonomia delle realtà create trova le sue formulazioni più dense
in GS 36 e 43, ma è preparata remotamente dalla migliorata impostazione dei rapporti tra realtà
spirituali, escatologiche, sacre, soprannaturali, e quelle temporali secolari, profane, naturali,
propria della Lumen gentium; prossimamente nella Apostolicam actuositatem, particolarmente
felice il n.7: cf. S. MOSCHETTI, La legittima autonomia delle realtà terrene. Riflessioni sulla
«Gaudium et spes», in "La Civiltà Cattolica», 1984, IV, pp. 428-440.
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18 Cf. M. GILBERT - J. N. ALETTI, La sapienza e Gesù Cristo, Gribaudi, Torino 1981, pp.
36-38, 58-70; B. REY, Créés dans le Christ Jesus, Ceri, Paris pp. 157-230; P.E. BONNARD,
La Sagesse en personne annoncée et venue: Jésus-Christ, Paris 1966, pp. 123-157; A.
FEUILLET, Le Christ sagesse de Dieu, Gabalda, Paris 1966, pp. 163-273; G. MARTELET, Il
Primogenito di ogni creatura. Abbozzo di una visione cristologica della creazione, in
"Communio», n.1 (1976), pp. 34-47.
19 Cf. LG 13b, 17; Ad gentes lO; cf. H. DE LUBAC, Piccola catechesi su natura e grazia, in
Spirito e libertà, Jaca Book, Milano 1980, pp. 50-67.
20 Per le reciproche implicazioni tra creazione e salvezza, cf. una limpida esposizione in L.F.
LADARIA, Antropologia teologica, UPCM-PUG, Madrid-Roma 1983, pp. 9-31; inoltre B.
STOECKLE, L'umanità «extrabiblica» e le religioni del mondo, in Mysterium salutis, vol.
11/2: La storia della salvezza prima di Cristo, Queriniana, Brescia 1970, pp. 852-866.
21 GS 36, 43b, 45c; AA 7. 22 Cf. LG 36d; GS lO, 22, 43b; AA 7e. 23 Cf. C.
TRESMONTANT, Cristianesimo, filosofia, scienza, Jaca Book, Milano 1983, pp. 13-43; R.
MINNERATH, Les chrétiens et le monde, Gabalda, Paris 1983, pp. 1-37.
24 Cf. H.V. VON BALTHASAR, Neuf thèses pour un éthique chrétienne (testo approvato in
forma generica dai membri della Commissione teologica internazionale), in Enchiridion
vaticanum, vol. V (1974-1976), Ed. Dehoniane, Bologna 1980, 612-645, in particolare 617;
anche Paolo VI parla di una autonomia legittima, in Evangelii nuntiandi 55 s, ivi, 1073-1075; il
termine compare più volte in documenti della COMMISSIONE TEOLOGICA
INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, ivi, vol. VII (1980-1981), Bologna 1982, 663,
651; Teologia, cristologia, antropologia, ivi, vol. VIII (1982-1983), Bologna 1984,373.
25 Cf. LG 44, 46.
26 PAOLO VI, Evangelii nuntiandi 70, ivi, vol. V (1974-1976), Bologna 1979,1099.
27 Cf. ivi, 69, 1097.
28 Cf. J. GALOT, Teologia del Sacerdozio (Nuova ColI. Teol. Cattolica, 14), Ed. Fiorentina,
Firenze 1981, pp. 31-272; COMM. THEOL. INTERN., Le ministère sacerdotale, Cerf., Paris
1971, pp. 95-122; J. COPPENS (ed.), Sacerdoce et célibat, Duculot- Peeters, GemblouxLouvain 1971, pp. 307-713.
29 Il Vaticano Il, in LG 31, ha cercato di qualificare in modo positivo i laici, sia per la loro
partecipazione battesimale al triplice ufficio di Cristo (aspetto comune a tutto il Popolo di Dio),
sia per il loro prendersi carico, in prima persona, di tutti e singoli gli impegni temporali, da
animare in senso cristiano. Accanto alla qualificazione positiva, comune e caratteristica,
aggiunge l'aspetto negativo: non sono membri dell'ordine sacro e dello stato religioso san- cito
dalla Chiesa. I laici sono benefici ari sia della presenza nella Chiesa dell'ordine sacro, segno
efficace della radicale dipendenza di tutti da Cristo capo, per cui è la sua Chiesa, sia della
presenza dei religiosi, segno del comune dinamismo alla santità. Notiamo che la distinzionerelazione ordine sacro (specie se considerato in relazione alla sua pienezza) laici, è del tutto
netta: riguarda la stessa struttura della Chiesa. La distinzione-relazione religioso-laico, riguarda
invece la struttura nella Chiesa, il dinamismo verso la santità; così risente della distinzione più
netta chierici-laici, e si parla, sia nel Vaticano Il, sia nel Codice di Diritto Canonico, di vita
religiosa laicale, cioè dei non ordinati: Perfectae caritatis lO; CJC, can. 588.
Ricordiamo a questo proposito il voto della Pont. Comm. per il nuovo codice, perché il senso di
«laico» e «laicale» sia mantenuto in senso rigoroso: cf. in «Communicationes», 1985, 173, Ex
actis Pont. Comm. CJC recognoscendo.
Per quanto riguarda l'indole secolare caratteristica dei laici, G. Ghirlanda nota opportunamente:
«I laici sono secolari non solo nel mondo, ma anche nella Chiesa. Si dà un modo particolare dei
laici di annunciare il Vangelo, che dipende dalla condizione secolare nella quale i laici
agiscono: i laici sono nella situazione secolare come laici. Per questo motivo si dà una
differenza tra la condizione secolare dei laici in quanto laici, e la condizione secolare dei
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chierici diocesani, ed infine di coloro che sia chierici sia non chierici, cioè laici, vivono negli
istituti secolari»: P .A. BONNET - G. GHIRLANDA, De christifidelibus, de eorum iuribus, de
laicis, de consociationibus. Adnotationes in codicem, Pont. Univo Greg., Roma 1983, p.60.
30 Cf. LG 10b, 17, 26, 28a, 34, 50d; GS 38c.
31 Cf. IRENEO, Adv. Haer. IV, 17, S (IRENEO DI LIONE, eresie e gli altri scritti, Jaca Book,
Milano 1981, p.339).
32 Cf. COMM. TEOLOGICA INTERN., Temi scelti di ecclesiologia, in «La Civiltà Cattolica»,
1985, IV, pp. 454-458.
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