Le Denominazioni Comunali e il marketing territoriale

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Le Denominazioni Comunali
e il marketing territoriale:
nuovi percorsi di “sviluppo locale”
di Roberto De Donno*
L’articolo analizza lo strumento delle Denominazioni Comunali all’interno della pianificazione del
marketing territoriale, esaminando le sue potenzialità e la funzione di media così come il ruolo-chiave dell’ente locale nell’intera pianificazione strategica di sviluppo locale.
1. La “novità” culturale
Le Denominazioni Comunali di Origine (De.Co.) sono la
vera “novità” culturale degli ultimi anni, poiché sono uno
strumento sia di salvaguardia delle identità territoriali che
di sviluppo endogeno del territorio.
Da un lato, esse svolgono un ruolo di “tutela”, conservano intermente il patrimonio agroalimentare ed enogastronomico locale facendo da “barriera” a qualsiasi processo di omologazione culturale. Dall’altro, invece, sono la
“leva” su cui innestare lo sviluppo di un’economia territoriale, mediante interventi mirati di valorizzazione e promozione verso l’esterno.
Pertanto, l’applicazione della certificazione De.Co. rappresenta un’opportunità di crescita locale, in grado di incidere direttamente sulle dinamiche socioeconomiche di
una comunità, oltre che sull’azione di salvaguardia delle
specificità culturali, dando all’Ente locale (nella fattispecie
il comune) la pienezza dei poteri per decidere l’identificazione e la classificazione del “prodotto” del luogo.
2. Un’idea di Veronelli
La certificazione De.Co. nasce da Luigi Veronelli, che
già nel 1959 sottolineava l’importanza della denominazione
di origine per i vini gestita interamente dai comuni, in quanto enti direttamente preposti ad accertare che un prodotto
sia realmente realizzato nel territorio indicato dall’etichetta. Su questa idea alla fine degli anni ’90 viene avviato un
dibattito in ambito nazionale, che porta all’istituzione della
Denominazione Comunale, la quale in poco tempo diventa una proposta di legge: l’”Istituzione delle Denominazioni
Comunali di Origine per la tutela e la valorizzazione delle
attività agroalimentari tradizionali”, con l’obiettivo di definire una normativa-quadro all’interno della quale i comuni
possano esercitare la propria podestà regolamentare. In
questa discussione è stata coinvolta anche l’ANCI, e nonostante vi siano stati dei rallentamenti dovuti principalmente alla “questione di legittimità” della certificazione De.Co.
con la normativa comunitaria, il fenomeno delle Denominazioni Comunali si è sempre più diffuso in Italia, tant’è che
sono ad oggi circa 400 comuni1 che hanno adottato la certificazione De.Co. per i propri prodotti locali.
Nel corso di questi anni vi sono stati incontri, dibattiti
in tutta la penisola, da Nord a Sud, e quello che viene fuori
dalle discussioni è la capacità delle Denominazioni Comunali di essere uno strumento per risollevare le sorti di un
sistema economico e produttivo territoriale. Ed è proprio
in tal senso, che è opportuno soffermarsi e analizzare con
attenzione alcuni elementi che contraddistinguono le Denominazioni Comunali ed il loro rapporto con il territorio.
Pertanto, tenterò di riprendere con attenzione diversi
aspetti elaborati nella mia pubblicazione2 inerenti le Denominazioni Comunali di Origine e la loro capacità di inserirsi
in un processo di marketing territoriale.
3. Le De.Co.
e la loro funzione di media
Prima di tutto, bisogna esaminare lo stesso concetto di
“valorizzazione” di un prodotto cosiddetto “tipico”. Valorizzare un “prodotto” significa ottimizzare e affinare al meglio
le sue qualità formali e sostanziali. Le prime sono costituite
*
Docente di Marketing Territoriale e Internazionale presso l’ Università Lum Jean Monnet; partner della società Why.com srl.
1
Come è emerso nell’ultimo Convegno sulle De.Co. tenutosi ad Asti il 10/12/2006 “Veronelli e la filosofia della terra”.
2
R. De Donno, “Le Denominazioni comunali: un’opportunità di sviluppo territoriale”, Giuffrè Editore, 2005.
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dagli elementi estrinsechi, che catturano l’attenzione multisensoriale del consumatore (vista, olfatto, gusto, udito e
tatto). Le seconde riguardano le caratteristiche intrinseche,
che strutturano il prodotto da un punto di vista sia organolettico (proprietà nutrizionali) che storico-culturale (tradizione e filiera produttiva). In tal senso, l’obiettivo è creare
“valore” intorno al prodotto rendendolo attrattivo.
Un prodotto territoriale possiede già una forte carica
attrattiva, in particolare per quel che riguarda il fascino
della tradizione e della memoria del “luogo” in cui esso viene realizzato, tale da trasferirgli tutta una serie di elementi
che incidono sulla sua identità. Di conseguenza, ciò si riflette anche sul gusto, inteso sia come senso che permette
di percepire e distinguere i sapori che come sentimento di
soddisfazione e piacere che si prova nel mangiare o bere
un prodotto. Qui scatta il desiderio di possederlo e/o acquistarlo, rendendolo attrattivo e al contempo esclusivo.
In tutto questo, l’applicazione della certificazione
De.Co. è rilevante per due motivi. Il primo è legato, come
già detto, alla sua capacità di “salvaguardia” delle produzioni locali conferendo direttamente al comune il potere di
identificare, coordinare e controllare l’intera fase di adozione ed attuazione delle Denominazioni Comunali. Il secondo, invece, è connesso alla sua capacità di divenire
un mezzo di promozione del territorio a livello nazionale ed
internazionale, ovvero un efficace strumento di marketing
territoriale.
Le Denominazioni Comunali di Origine sono un “prodotto” specifico con determinati caratteri, che lo differenziano da altri prodotti alimentari e/o enogastronomici legati
ad una dimensione territoriale, definita come “specifica”
o “tipica”. I suoi caratteri distintivi possono essere individuati in primo luogo nella collocazione geografica, che è
circoscritta unicamente nell’area comunale. Ciò significa
riconoscere la sua “unicità” che è stabilita da una serie di
fattori non trasportabili o riproducibili in altri luoghi, dettati
essenzialmente dall’universo socioculturale ed economico di quel territorio. E attraverso il riconoscimento di prodotto del territorio, esso acquisisce pienamente il suo tratto d’identità che gli consente di rappresentare all’esterno
l’intero territorio di origine. Perciò, il prodotto De.Co. essendo la sintesi costitutiva delle attitudini di una comunità
locale, permette di esprime così al meglio la sua funzione
di media comunicando all’esterno il patrimonio culturale e
ambientale presente sul territorio.
4. L’applicazione
del marketing territoriale
Questo ruolo di media deve essere però inserito in una
coordinata e pianificata azione di marketing territoriale che
consenta allo stesso prodotto di esprimere correttamente
sia il complesso di valori ad esso collegati che le sue potenzialità promozionali in rapporto al territorio di origine.
In tal senso, è indispensabile uno studio per un’azione
di marketing che miri a promuovere il prodotto sul mercato
di riferimento attraverso un intervento integrato di promotion, sia a livello nazionale che internazionale. Al fine di
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rendere efficace l’azione di promozione è comunque indispensabile attuare un piano operativo di marketing che
evidenzi perfettamente il quadro d’azione sul mercato di
riferimento.
In un contesto in cui vi è una sovrabbondanza dell’offerta di territorio, che riproduce situazioni di dominio della domanda è necessario orientarsi prettamente al cliente/consumatore attraverso sia una valorizzazione delle risorse e delle competenze del territorio che una capacità
progettuale e gestionale dell’ente locale. Tale approccio
conduce a tre fasi di analisi: conoscitiva, strategica e operativa.
In primo luogo vi è l’esigenza di “attrarre” il proprio
“cliente”, o meglio uno specifico segmento di target corrispondente a determinate caratteristiche, conformi e coerenti al prodotto offerto. In secondo, vi è necessità di valorizzare gli elementi costitutivi del prodotto (storia, natura e
attitudini culturali) in linea con le richieste della domanda.
Di seguito, considerando l’offerta del territorio in chiave
resource based, l’azione di marketing punterà ad incidere
sulle competenze radicate nel “luogo”, al fine di differenziarsi dai territori concorrenti e renderle i propri punti di
forza e/o fattori vincenti.
Le peculiarità del territorio, quindi, caratterizzando l’intero processo di marketing, incidono direttamente sulla
fase di analisi, la quale parte dallo studio dell’audit territoriale e delle sue specificità, per definire dettagliatamente
la strategia e gli obiettivi da raggiungere.
La determinazione del quadro generale delle caratteristiche istituzionali, socioculturali ed economiche dell’area
geografica, consentirà di individuare l’opportunità e le minacce al fine di individuare correttamente sia la sua identità territoriale che la sua aspirazione o “sogno”, la cosiddetta vision. Proprio quest’ultima rappresenta lo scenario verso cui la pianificazione economico-territoriale e di
marketing dovrà indirizzarsi.
Una volta definito l’auditing del territorio bisogna comprendere l’ambito competitivo in cui si muove l’offerta territoriale, operando un’analisi della concorrenza in grado
di cogliere le opportunità del “prodotto”. Ciò che ne scaturisce diventa importante in relazione alla definizione del
target di riferimento e del relativo concetto di posizionamento.
Determinati così questi fattori, si può passare all’elaborazione della strategia di marketing territoriale che individuerà e coordinerà una serie di interventi tra loro correlati,
al fine di supportare l’intera fase di sviluppo del territorio.
In particolare di quei prodotti con la certificazione De.Co.,
capaci di garantire un vantaggio competitivo sul mercato
di riferimento.
Nell’applicazione del marketing bisogna tener conto degli strumenti che si possono utilizzare per incidere e
controllare l’intero processo di vendita e commercializzazione del “prodotto”. L’insieme di questi strumenti è definito marketing mix e la formulazione tradizionale è contrassegnata dalle quattro P (o quattro leve): Product (Prodotto), Price (Prezzo), Place (Distribuzione) e Promotion
(Promozione). A queste se ne aggiungono altre due: Power
(Potere) e Public Relation (Relazioni Pubbliche), divenendo
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così le sei P del marketing mix (il cosiddetto mega marketing mix).
5. Il ruolo dell’Ente Locale
nel processo di marketing
territoriale
L’applicazione del marketing rappresenta uno strumento valido all’interno di una pianificazione di sviluppo
territoriale in cui l’adozione, da parte di un comune, delle
Denominazioni Comunali costituisce un elemento su cui far
ruotare la strategia di crescita economica di una comunità locale.
Tuttavia, se da un lato l’inserimento delle De.Co. in un
programma di sviluppo territoriale presenta delle rilevanti potenzialità di successo, dall’altro incide sull’intero tessuto sociale e produttivo locale, imponendo al comune la
valutazione corretta di una serie di fattori che riguardano
la sfera:
culturale: inerente al vissuto quotidiano della comunità locale;
economica: inerente al sistema produttivo e distributivo locale;
politico-amministrativa: inerente all’apparato gestionale del governo locale.
Nel primo caso, l’ente locale dovrà necessariamente
tener conto delle dinamiche socioculturali del territorio,
soprattutto per ciò che concerne la tendenza e la vocazione di accettare pienamente il “progetto De.Co.”. La comunità locale deve cioè essere sin dall’inizio coinvolta in
modo partecipativo e rappresentativo nell’attuazione delle
Denominazioni Comunali per i prodotti individuati.
Nel secondo caso, l’ente locale dovrà valutare e analizzare capillarmente il tessuto economico e produttivo locale, nonché distributivo, al fine di evidenziare chiaramente il
suo potenziale di sviluppo progettando e pianificando delle linee-guida di crescita dei settori economici interessati
alla certificazione De.Co..
In ultimo, ma non meno importante degli altri due, l’ente
locale dovrà verificare la propria capacità quali-quantitativa dell’apparato di governo nella gestione e nel coordinamento dell’intero “progetto De.Co.”, in particolare per quel
che concerne il supporto ai produttori locali e la gestione
dei rapporti con l’esterno.
Emerge di conseguenza la necessità di un coinvolgimento d’insieme, ovvero l’esigenza di creare il sistema
De.Co. sul territorio, e in questo il compito di “guida” spetta proprio al Comune.
Infatti, la presenza di una pluralità di attori richiede necessariamente l’intervento di un “soggetto unico” che garantisca il coordinamento e la finalizzazione delle azioni
stabilite. È un ruolo che spetta alla pubblica amministrazione in virtù del suo perseguire l’interesse collettivo.
In tal senso il comune è il governo locale del territorio, ha il compito di promuovere il suo sviluppo economico.
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Per far questo dovrà adoperarsi affinché le Denominazioni Comunali siano il reale volano della crescita territoriale.
La forma più appropriata può essere rappresentata dalla
creazione di organismi ad hoc, vere e proprie “agenzie” di
sviluppo del territorio, anche in staff alla struttura comunale, in grado di studiare, organizzare e coordinare l’intero
iter processuale, del marketing territoriale. Creare quindi
organismi specifici, in grado non solo di gestire le fasi di
attuazione degli indirizzi programmatici ma che parallelamente siano rappresentanti degli interessi socioeconomici
del territorio.
6. La creazione dell’agency
Il governo locale acquisisce così una posizione “strategica” poiché, considerando la presenza di una pluralità di attori sociali, diventa necessaria una “unione” fra gli
stessi. Tale unità deve essere realizzata dall’ente locale
con la creazione di un’agency capace di concorrere alla
costruzione reale del “pacchetto localizzativo”.
L’agency avrà il compito della gestione tecnica ed operativa del “pacchetto localizzativo” e dell’elaborazione
della linea comune d’indirizzo da seguire nel processo di
marketing territoriale.
Se in linea generale questi possono essere considerati
i compiti dell’agency, è altrettanto importante considerare
i suoi componenti, o quanto meno fare una riflessione sui
soggetti che dovrebbero essere coinvolti nella sua costituzione.
Esaminando una condizione territoriale prevalentemente di ambito comunale, è possibile definire in grandi
linee le componenti stabili dell’agency ed i loro ambiti d’intervento.
Il sindaco. Rappresenta il responsabile politico ed
istituzionale del territorio, ad esso vanno riconosciuti i compiti di amministratore dell’agency.
Gli assessori con delega alla Programmazione Economica, alle Attività Produttive e all’Urbanistica.
Rappresentano i responsabili degli indirizzi politicoeconomici, nonché di sviluppo urbano per un Comune, ad essi vanno riconosciuti i compiti di attuazione degli interventi prestabiliti in materia.
Gli assessori con delega alle Politiche Culturali, Sociali ed al Turismo. Rappresentano i responsabili
degli indirizzi politici in tema di iniziative socioculturali ed interventi in ambito turistico e di promozione
territoriale; ad essi vanno riconosciuti i compiti di
attuazione delle azioni pianificate in merito.
Istituti scolastici, centri di ricerca, di formazione e
specializzazione. Rappresentano le componenti integranti tra l’insegnamento ed il mondo del lavoro;
ad essi spetta il compito primario di legare sempre
più le soggettività attive sul territorio all’esigenza
dell’economia locale, formando e creando personale specializzato e qualificato nei vari settori produttivi dell’area.
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Associazioni di categoria e associazioni culturali.
Rappresentano i bisogni del tessuto socioeconomico locale, l’agricoltura, il commercio, l’artigianato
e i lavoratori. Ad essi spetta non solo il compito di
rappresentanza degli interessi “di parte”, ma anche
di concorrere all’elaborazione degli indirizzi ed alla
loro attuazione. Così come le associazioni culturali
che operano sul territorio, costituiscono un presidio
importante delle dinamiche sociali di una città o di
una comunità locale.
Organizzazioni finanziarie (assicurazioni e banche).
Rappresentano le componenti fondamentali per
la crescita di un “sistema locale”, poiché ad esse
spetterebbe il compito di offrire bassi tassi di interesse al fine di facilitare e incentivare nuove forme
di insediamento produttivo sul territorio.
7. Alcune esperienze:
Modica (RG) e Specchia (LE)
Ad oggi i casi più significativi sono Modica e Specchia,
in cui l’utilizzo delle Denominazioni Comunali ha svolto un
ruolo fondamentale nella promozione del territorio.
Per ciò che riguarda Modica, l’individuazione delle
quattro tipologie di prodotti locali individuate (il cioccolato, la fava cottoia, il pane a forma di spiga e il formaggio
tumazzo) hanno sin da subito rappresentato un importante strumento di promozione del territorio, in particolare il
cioccolato tradizionale, la cui ricetta, di origine azteca risalente al periodo della dominazione spagnola in Sicilia,
rappresenta tuttora l’elemento-chiave della produzione
De.Co.. In tal senso, il prodotto cioccolato ha svolto la sua
funzione di media, da un lato comunicando all’esterno la
propria esistenza e il proprio territorio d’origine, dall’altro
attirando l’attenzione di testate giornalistiche nazionali (sia
carta stampata sia TV) specializzate attraverso l’organizzazione di eventi ad hoc realizzati intorno alle Denominazioni Comunali di Origine.
È da annoverare la “Festa dei Sapori”, in cui per due
giornate si sono potute degustare le produzioni De.Co. all’interno degli atri degli antichi palazzi barocchi della città.
Il tutto correlato ad eventi culturali specifici e visite guidate alla scoperta dell’intero territorio modicano. In più, per
l’occasione ben 120 attività commerciali, tra bar e ristoranti, hanno dato il benvenuto agli ospiti i quali, tra passeggiate
di storia e cultura, hanno degustato le specialità della tradizione culinaria modicana. Una manifestazione che ha richiamato così l’interesse delle maggiori testate giornalistiche della stampa e delle televisioni nazionali, tra cui Rai 3,
Canale 5 e Sky, realizzando interessanti e suggestivi servizi sull’intera manifestazione. A ciò si aggiunge la crescita sostanziale della produzione e della vendita dei prodotti
De.Co..
Un’altra esperienza importante dell’applicazione della
certificazione De.Co. riguarda la piccola città di Specchia,
in provincia di Lecce, che ha individuato i suoi prodotti territoriali nell’olio e nelle piante officinali. Qui l’idea veronel-
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liana delle Denominazioni Comunali di Origine ha trovato
sin dal 2002 nel Sindaco Antonio Lia un saldo punto di riferimento, ma soprattutto una sperimentazione unica nel
panorama nazionale. Ossia, una suddivisione delle Denominazioni Comunali in base alla quale determinati requisiti conferiscono al prodotto la propria definizione: De.Co.,
De.Co.bio oppure De.Co.più. Si tratta di una segmentazione basata esplicitamente dall’area o meglio dal territorio
specchiese di produzione. Emerge che nel caso di alcuni
prodotti provenienti dalla zona delle “serre” di Specchia,
la cosiddetta parte più collinare della città, essi siano inquadrati come prodotti De.Co.bio, rispetto, invece, ad altri
che realizzati in altre zone più prettamente pianeggianti,
strutturano il prodotto diversamente.
Inoltre, in questo progetto di valorizzazione delle produzioni territoriali si sono inserite sin dall’inizio importanti
realtà aziendali locali. È il caso per esempio dell’azienda
agricola “San Demetrio” che ha aderito alle Denominazioni
Comunali iscrivendosi immediatamente all’Albo comunale,
consentendo di certificare i propri prodotti come Denominazioni Comunali, incentivando non solo l’indirizzo di promozione della produzione del territorio, ma altresì di sviluppo socioeconomico territoriale. Questa azienda è specializzata in coltivazione biologica di piante officinali e produce,
oltre all’olio di oliva, più di 30 specie di erbe, dall’origano
alla menta al rosmarino sino al peperoncino, sostenendo e
supportando l’usanza locale di utilizzare queste piante oltre
all’uso domestico anche e soprattutto terapeutico.
In conclusione, è opportuno affermare che queste due
esperienze pur rimanendo ancora in uno stato “iniziale” di
sperimentazione sono tuttavia casi concreti che mostrano tutta la potenzialità della certificazione De.Co. in ambito
culturale ed economico e nei suoi effetti di sviluppo endogeno del territorio.
8. Conclusioni:
un fenomeno in crescita
Nel frattempo molte altre realtà locali hanno adottato il
progetto delle Denominazioni Comunali, a oggi sono circa
400 i comuni che hanno deliberato le Denominazioni Comunali di cui più di 40 hanno identificato anche il proprio prodotto territoriale, che va dal Carciofo romanesco di Ladispoli (Roma), al Mais di Castegnato (BS), all’Asparago rosa
di Mezzago (MI), passando per il Maiale nero di Teano (CE)
sino al Peperone di Minerbe (VR).
È una preziosa varietà di prodotti che risaltano città,
comuni spesso sconosciuti e che oggi grazie alle De.Co.
potranno avere una visibilità finora ignorata. Difatti, è interessante il dato che emerge dalle ricerche, ovvero che più
del 50% dei comuni che hanno adottato le Denominazioni
Comunali sono sotto i 5.000 abitanti, ovvero rappresentano
quell’Italia di provincia molto spesso inesplorata e dimenticata dai grandi media, dove però è ancora possibile trovare antichi mestieri, abitudini, folklore e tecniche di lavorazione agricola e artigianale del tutto incontaminate.
È un fenomeno che cresce quotidianamente, ed è sempre più facile trovare comuni italiani, spesso sperduti, dove
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qualche sindaco, assessore o semplice impiegato sta lavorando all’attuazione delle De.Co., come nel caso di Magasa
(BS), con i suoi soli 187 abitanti, che individua il suo Formaggio tombea, oppure come nella città di Zollino (LE) nel cuore
della Grecìa Salentina, che promuove la sua Scèblasti.
Si tratta di esperienze interessanti e affascinanti che
tratteggiano un volto dell’Italia sobria e intelligente, in grado di proiettarsi verso una nuova e sempre più avanzata
proposta di sviluppo territoriale.
Realtà straordinarie che nelle loro attività quotidiane
mettono in campo capacità amministrative e culturali, che
si manifestano non solo, come nel nostro caso nell’adozione delle Denominazioni Comunali, ma anche in altri percorsi di crescita comunitaria, in grado di garantire benessere
e innalzamento della qualità della vita dei propri cittadini.
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È il caso, ad esempio, dell’associazione dei “comuni virtuosi”, di cui ne fanno parte Monsano (AN), Colorno
(PR), Vezzanoligure (SP) e Melpignano (LE), capace di produrre e gestire “buone prassi” amministrative, le quali si
diramano dalla difesa dell’ambiente all’utilizzo consapevole del consumo energetico, così come dall’incentivo all’uso
della bioarchitettura, dei pannelli solari all’aumento della
raccolta differenziata di rifiuti.
In conclusione, è utile affermare l’esigenza di osservare, seguire e analizzare i vari e tanti percorsi di sviluppo
territoriale che negli ultimi anni si sono affermati nel nostro
paese, poiché è dalle loro esperienze che può innescarsi
una visione complessiva di crescita sostenibile, che si articoli nelle dinamiche sociali ed economiche di un territorio,
di una città, di un luogo.
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