6 giugno 1944, sotto un micidiale fuoco di sbarramento i soldati americani sbarcano a Omaha Beach, in
Normandia.
D-DAY - All'alba del 6 giugno 1944 cominciava una delle più vaste e complesse operazioni militari di sempre: lo
Sbarco in Normandia, il momento tanto atteso e meticolosamente pianificato della liberazione dell'Europa
continentale dal controllo nazista, ma anche uno dei più ingenti spargimenti di sangue su militari e civili della
Seconda Guerra Mondiale. Ecco 10 aspetti storici curiosi e forse meno conosciuti sulla missione alleata, sui suoi
protagonisti e sul suo dietro le quinte.
1. D-Day: che cosa vuol dire?
2. L'importanza delle previsioni meteo
3. I depistaggi: come ingannare il nemico
4. Il ruolo dei genieri
5. Magnificent Eleven: 11 foto storiche
6. Le speranze di Anna Frank
7. La muraglia bucata
8. La Grande Alleanza
9. Le giovani speranze
10. Coincidenze?
1. NOME. Nel gergo militare inglese, la D maiuscola di "D-Day" significa semplicemente "giorno", il giorno
stabilito per una missione. Il codice "D-Day", quindi, era un'espressione generica che indicava l'inizio di una
particolare manovra, e prima del 1944 venne usato in numerose altre occasioni. Dopo quella data si legò
indissolubilmente allo Sbarco in Normandia, il cui segretissimo nome in codice era originariamente Neptune, parte
della più grande Operazione Overlord. Per altri, D-Day significherebbe invece "Decision Day" (il giorno della
decisione), o ancora, "Deliverance Day", "giorno della liberazione".
2. PREVISIONI METEO SBAGLIATE. È noto che lo sbarco, previsto inizialmente per il 5 giugno 1944, fu
rimandato al giorno seguente per le pessime condizioni meteo sul canale della Manica. Ma i meteorologi britannici
commisero comunque un colossale errore di valutazione, che avrebbe potuto ribaltare l'esito dell'operazione:
ipotizzarono una tregua tra la tempesta del 5 giugno e quella successiva, che avrebbe aperto uno spiraglio di sereno
per dare il via alla missione.
Quella pausa non ci fu: durante lo sbarco si osservò solamente un leggero indebolimento dei venti, che consentì
comunque di procedere con l'approdo delle navi. Il successo degli alleati, quindi, fu anche merito dalla buona sorte.
Fortunatamente i tedeschi avevano invece previsto correttamente l'andamento del meteo, e quindi non si
aspettavano l'arrivo delle forze nemiche prima delle due settimane successive. Così lasciarono gran parte dei loro
uomini nelle retrovie.
3. FALSE SOFFIATE. Buona parte del successo alleato dipese dalla capacità di sviare i sospetti sul reale luogo
dello sbarco. Le azioni di depistaggio sono passate alla storia con il nome in codice di "Operazione Fortitude": il
filone nord aveva lo scopo di far credere ai tedeschi che gli Alleati stessero pianificando un attacco sulle coste della
Norvegia, quello sud serviva a instillare il dubbio che sarebbero sbarcati a Calais, il punto della costa francese più
vicino a quella inglese.
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A questo scopo gli alleati crearono addirittura un intero esercito finto: il FUSAG, First United States Army Group,
affidato a un comandante vero, il generale George Patton, e per il quale si crearono carri armati gonfiabili e aerei
di legno, scambiati dai ricognitori tedeschi in volo sui campi militari britannici per veri armamenti. L'inganno
funzionò: contro le minacce del finto esercito, i tedeschi schierarono a Calais 18 divisioni di uomini che sarebbero
potuto risultare molto più utili in Normandia.
4. INGEGNERIA A PROVA DI SPIA. Per non attirare l'attenzione del controspionaggio tedesco, i componenti
dei Mulberry, i porti trasportabili temporanei utilizzati durante il D-Day, furono fatti fabbricare da oltre 300
diverse aziende in diverse località lungo le coste britanniche, e poi preassemblati e finiti di montare sulle coste
della Normandia, a Saint-Laurent-sur-Mer e Arromanches. Per la costruzione dei porti di sbarco, che nel luglio del
'44 raggiunsero una capacità di carico di 20 mila tonnellate di attrezzature pesanti al giorno, furono usate 600.000
tonnellate di calcestruzzo.
5. FOTO STORICHE. Il fotoreporter ungherese Robert Capa fu uno dei pochi che riuscì a fissare sulla pellicola
i momenti dello sbarco: in particolare, documentò con 106 scatti i drammatici momenti del secondo sbarco a
Omaha Beach.
Il reportage, considerato uno dei migliori servizi di guerra di tutti i tempi (ad esso si è ispirato anche Steven
Spielberg in Salvate il soldato Ryan) andò in gran parte perduto a causa dell'errore di un tecnico alla camera oscura
di Londra, dove i rullini furono inviati a sviluppare. Rimangono solo 11 scatti - i "Magnificent Eleven", non si sa
se volutamente o accidentalmente sfocati (guarda). Capa in seguito affermò che la sfocatura fu una scelta voluta.
Le truppe alleate sbarcano uomini e materiali su Omaha Beach qualche giorno dopo il D-Day.
6. LE SENSAZIONI DI ANNA FRANK. Prima che il 4 agosto 1944 i nazisti entrassero nel suo
nascondiglio, Anna Frank fece in tempo ad apprendere, via radio, la notizia dello sbarco. Otto Frank, padre di
Anna, appese una cartina sulle pareti dell'Alloggio Segreto in cui seguire l'avanzata delle truppe alleate. Anna ne
scrisse, con entusiasmo, nel suo Diario: "Si starà avvicinando la tanto anelata liberazione [...] Oh, Kitty, la cosa
più bella dell'invasione è che ho la sensazione che siano in arrivo degli amici"
7. LAVORO A METÀ. Le truppe naziste avrebbero forse potuto organizzare una difesa migliore se il Vallo
Atlantico, la linea di fortificazioni che andava da Capo Nord, in Norvegia, fino alla Spagna, fossero stati completati
a dovere. Il progetto, voluto fortemente da Hitler, consisteva nell'erigere una "muraglia" (con bunker, postazioni
per i cannoni, barriere contraeree e casematte per mitragliatrici) a un eventuale attacco all'Europa continentale
occupata dai nazisti. Ma quando Rommel, nel 1943, ne assunse il comando, si accorse che la linea fortificata era
incompleta, a causa della disorganizzazione e di forti sprechi di lavoro e risorse. Così il giorno dello sbarco, il vallo
fu superato già in serata, e senza grosse difficoltà.
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8. RESTO DEL MONDO VS NAZI. Le truppe alleate che presero parte allo sbarco videro una vasta
partecipazione di forze canadesi, australiane, belghe, cecoslovacche, francesi, greche, olandesi, neozelandesi,
norvegesi e polacche, oltre a quelle britanniche e americane. E tutti lasciarono sul campo la loro quota di morti.
9. SARANNO FAMOSI. Tra i molti italiani che combatterono a fianco dei tedeschi in Normandia contro le forze
alleate ci fu anche un certo Walter Annichiarico, che dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 era stato inquadrato
nell'esercito della Repubblica Sociale Italiana. Il soldato, descritto come un compagnone, dalla battuta pronta anche
nei momenti più difficili, avrebbe raggiunto la fama in seguito, non come militare ma come attore, con il nome di
Walter Chiari (1924-1991).
Con le forze alleate, invece, combatterono anche J.D. Salinger, in seguito autore de Il giovane Holden (1951), e
Theodore Roosevelt Jr., figlio del Presidente USA, che morì di infarto poco più di un mese dopo lo sbarco.
10. PAROLE CROCIATE. Molti dei nomi in codice usati durante lo sbarco, come Juno, Gold, Sword, Utah,
Omaha (termini che indicavano le spiagge scelte per le invasioni), Overlord (nome in codice dell'intera
operazione), Mulberry (i porti artificiali usati dagli alleati) e Neptune (nome in codice dell'assalto navale) uscirono
come soluzioni delle parole crociate del quotidiano britannico Daily Telegraph nel mese precedente l'attacco
alleato. L'intelligence britannica indagò su eventuali fughe di notizie a beneficio dei tedeschi, ma non furono trovate
prove contro Leonard Sidney Dawe, autore dei giochi, che si difese definendo le presunte fughe di notizie come
semplici coincidenze.
"BONUS TRACK" Il Google Cultural Institute ha uno dei più completi documenti sullo sbarco in Normandia.
Da non perdere.
5 giugno 2021 Elisabetta Intini
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6 giugno 1944: operazione Overlord, nome in codice dello sbarco in Normandia
5 Juin 2020 , Rédigé par RenatoPublié dans #II guerra mondiale
Il luogo dello sbarco dell’operazione Overlord fu scelto durante la conferenza Trident nel maggio 1943 a
Washington: venne preferita la Normandia piuttosto che il Pas-de-Calais, in quanto le divisioni tedesche
presenti in questa zona erano più numerose e soprattutto perché non vi erano spiagge e porti che consentissero
un rinforzo rapido della testa di ponte.
Alla fine del mese di gennaio 1944, Eisenhower stabilì i mezzi che dovevano essere impiegati
nell’operazione: tre divisioni aviotrasportate e cinque divisioni trasportate via mare (due americane e tre
inglesi). La zona di sbarco si doveva estendere per circa 60 chilometri, dall’estuario del fiume Orne alla costa
orientale del Cotentin. Durante la notte precedente l’operazione anfibia, le divisioni aviotrasportate dovevano
coprire tutto il settore di sbarco al fine di proteggerlo ai suoi fianchi.
La scelta della Normandia per l’operazione Overlord consentì di ingannare i tedeschi. Con l’operazione
Fortitude, lanciata dagli Alleati, si fece credere ai tedeschi ad uno sbarco nel Pas-de-Calais, bloccando così
alcune divisioni tedesche in quest’ultimo settore.
D-DAY Sbarco per la vittoria
La decisione di attaccare i nazisti in Normandia porta la data del 6 giugno 1944. Alle 9.33 del mattino le
agenzie americane lanciano il primo flash sullo sbarco. Ma per mettere in ginocchio la Germania il prezzo è
altissimo: diecimila morti nelle prime 24 ore.
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Articolo di Silvio Bertoldi
«Overlord», il Signore: questo è il nome che americani e inglesi hanno scelto per indicare l'operazione di
sbarco sul Continente. «Overlord» comincerà quando verrà il momento del D-Day, il Decision Day, o giorno
della decisione. Il D-Day viene il 6 giugno 1944, alle 6.30 del mattino, tra nuvole basse e mare di onde lunghe
e scure: 2727 navi mercantili, 700 da guerra, 2500 mezzi da sbarco, 1136 aerei inglesi (tra cui una formazione
agli ordini del famigerato generale Harris che distruggerà Dresda senza un perché), 1083 aerei americani. Il
fronte corre da Le Havre a Cherbourg in Normandia. Una sorpresa per i tedeschi che aspettavano l'attacco
sulla Manica, al Pas de Calais, e non vogliono ammettere di essersi sbagliati. Cinque i punti di sbarco,
classificati con nomi di fantasia: «Utah» o «Omaha» di pertinenza degli americani a occidente, «Gold»,
«Judno» e «Sword» per gli inglesi a oriente. Un giorno intero di battaglia sanguinosissima ed è inutile
illudersi di salvare il soldato Ryan: di soldati Ryan ne moriranno circa diecimila nelle prime ventiquattr'ore,
il prezzo tremendo (peraltro previsto) pagato per una testa di ponte in Europa dopo quattro anni di guerra. Il
colpo decisivo per mettere in ginocchio la Germania e sollevare l'Urss dal sostenere da sola il peso del
conflitto. Torna alla memoria la promessa di Churchill nella drammatica notte del 2 agosto 1940, quando
tutto sembrava perduto: «Ricordate: non ci fermeremo, non ci stancheremo mai, non cederemo mai; l'intero
nostro popolo e l'Impero si sono votati al compito di ripulire l'Europa dalla peste nazista e di salvare il mondo
dal nuovo Medioevo... e il mattino verrà».
Quel mattino è venuto. È cominciato poco dopo la mezzanotte del 5 giugno, quando sono partiti 60 incursori
con il compito di segnalare le zone di atterraggio ai 72 alianti lanciati su Caen, precedendo le divisioni di
paracadutisti dei generali Taylor e Ridgway: gli stessi che l'8 settembre sarebbero dovuti scendere su Roma,
se un terrorizzato Badoglio non li avesse scongiurati di soprassedere. Poi è toccato alle due Armate, la prima
americana di Bradley e la seconda inglese di Dempsey, entrambe agli ordini di Montgomery, l'eroe partito
da El Alamein, che ha giurato di concludere la sua corsa solamente a Berlino. Come sarebbe in effetti
avvenuto, se ragioni politiche non avessero costretto Eisenhower a imporgli di lasciare la precedenza ai russi.
Alle 9.33 del mattino del 6 giugno le agenzie di stampa americane avevano lanciato il primo flash con
l'annuncio dello sbarco, poi era stato letto il proclama di Eisenhower ai soldati. Il generale non aveva fatto
economia di parole ed era ricorso a quello che riteneva il tono epico adatto alla circostanza. ...
A Londra, alla Camera dei Comuni, a mezzogiorno Churchill stava illustrando la presa di Roma, avvenuta
due giorni avanti. Un segretario gli passò un biglietto, lui lo lesse e, senza alterare il tono della voce, annunciò
che la battaglia per liberare l'Europa dal nazismo era cominciata e con l'aiuto di Dio sarebbe continuata fino
alla vittoria. Quella sera stessa le truppe alleate erano saldamente attestate nell'entroterra della Normandia e
prendeva il via la lunga cavalcata che le avrebbe condotte all'Elba, dopo che Patton ebbe distrutta a Bastogne
l'estrema speranza di Hitler di rovesciare la situazione.
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Come fu vissuta l'avventura dalle due parti? Il giorno dello sbarco Rommel, capo dell'armata tedesca
stanziata in Normandia, non si trovava al suo comando di La Roche-Guyon. Fidando nell'inclemenza del
tempo, che lasciava pensare a tutto tranne alla possibilità di uno sbarco, era partito in automobile per la
Germania. Andava a festeggiare il compleanno della moglie e le portava in regalo un paio di scarpe francesi.
Lo avvertì Speidel, il suo capo di Stato Maggiore e si precipitò verso Parigi a tappe forzate. Capì subito che
per tamponare la falla si dovevano spostare le divisioni del Nord verso la zona di Cherbourg, ma per questo
occorreva il consenso di Hitler. Il Führer stava dormendo e l’ordine categorico era di non svegliarlo prima
di mezzogiorno. Così seppe dello sbarco con dieci ore di ritardo e anzi non volle credere che si trattasse dello
sbarco vero, bensì di una manovra degli Alleati, un diversivo a scopo di disturbo. Negò a Rommel di disporre
delle truppe richieste e in tal modo diede al nemico una chance di successo mai immaginata. Qualche tempo
prima Rommel aveva detto che, quando fosse cominciata la battaglia di Normandia, quello sarebbe stato «il
giorno più lungo». Non azzeccò la previsione. Il 6 giugno non fu il giorno più lungo, al cadere della sera era
praticamente terminato, con gli Alleati vittoriosi sulla costa.
Per Eisenhower il problema era diverso, legato soprattutto alle condizioni meteorologiche. Dopo una
preparazione durata mesi, aveva deciso di attaccare il 5 giugno, perché in quel giorno si presentavano le
condizioni ideali di luna, di marea e di vento che, se lasciate passare, si sarebbero ripetute soltanto il mese
successivo. Non si poteva restare tanto tempo in sospeso, dunque o subito o chissà quando. Ma una bufera
implacabile cominciò a imperversare sulla Manica e rese impossibile la partenza delle navi.
Già da venerdì 2 giugno si erano scatenati gli elementi e fu necessario rinviare. Dopo lunghe ore di attesa
spasmodica il meteorologo inglese, colonnello Stagg, la sera del lunedì annunciò che il 6 mattina si sarebbe
presentata la possibilità di uno spiraglio di qualche ora. Si trattava di cogliere quella problematica occasione,
con il pericolo che tutto cambiasse di nuovo. Eisenhower decise di rischiare. Le truppe erano imbarcate da
giorni, non era possibile tenerle ancora «prigioniere» nelle navi. Vi fu un'ulteriore consultazione e poi, sulla
fede nelle previsioni di Stagg, l'annuncio: «OK si parte». Era il D-Day, il giorno della decisione.
Stagg, l'oscuro eroe della grande avventura, aveva lavorato senza un attimo di sosta per decifrare le sue carte
del tempo e indovinare il momento magico per l'attacco. Così era avvenuto, la schiarita c'era stata. Quando
le navi furono partite e i comandi svuotati diventarono silenziosi, Stagg si ritirò nel suo accantonamento, si
gettò vestito su una branda e dormì dodici ore filate.
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