Sintesi sul Giappone - Digilander

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Sintesi sul Giappone1
A partire dal 1640, gli unici Europei che rimasero in relazioni commerciali col Giappone furono
gli Olandesi, che non avevano peraltro il diritto di penetrare nel Giappone propriamente detto e si
trovavano confinati, in condizioni molto umilianti, nell'isola artificiale di Deshima, nella rada di
Nagasaki. L'epoca dei Tokugawa si distinse essenzialmente, dal punto di vista sociale, per l'ascesa
della borghesia urbana che affermò la sua influenza nella letteratura e nelle arti («era Genroku»,
1688-1704). L'egemonia della classe mercantile si affermò soprattutto sotto lo shogun Yoshimune
(1716-45): la nobiltà e i contadini erano allora notevolmente indebitati e questa crisi rurale provocò
rivolte cui lo shogun tentò di porre fine con intelligenti riforme. Fino al XVIII sec., la cultura cinese
fu predominante nell'élite intellettuale, ma ben presto si sviluppò un movimento di ritorno alle
tradizioni nazionali con la scuola dei wagakusha, il cui maestro fu Motoori Norinaga (m. 1801).
Tornando al vecchio Shinto, ai miti e ai culti nazionali, i wagakusha ritrovarono anche le antiche
concezioni dell'origine divina del potere imperiale; contribuirono così a preparare la rivoluzione del
1868, da cui sarebbe uscito il Giappone moderno. Di fronte al conservatorismo degli shogun, i
sostenitori della restaurazione imperiale univano il nazionalismo culturale al desiderio di reintrodurre in Giappone le tecniche straniere. Per la presenza degli Olandesi nell'isola di Deshima, il
Giappone conservava una piccola finestra sul mondo. Ma i tentativi per aprire il Giappone al
commercio estero, compiuti nel 1808 dagli Inglesi e nel 1811 dai Russi, erano falliti. Dopo la
vittoria britannica sulla Cina nella «guerra dell'oppio» (1839-42), la pressione delle potenze
occidentali riprese intorno all'arcipelago.
Infine, nel febbraio 1854, un ufficiale americano, il commodoro Matthew Perry, dopo aver
compiuto una minacciosa dimostrazione con navi da guerra, ottenne il trattato di Kanagawa (31
marzo), con cui il Giappone consenti ad aprire alle navi americane i porti di Shimoda e di Hakodate.
Nel 1856, il primo console generale degli Stati Uniti, Townsend Harris, arrivò in Giappone. Negli
anni seguenti, altri porti giapponesi furono aperti non solo agli Americani ma alle diverse potenze.
Questo ingresso degli stranieri provocò viva agitazione in Giappone suscitando sommosse xenofobe
con numerose vittime e per contrastare lo shogun, che aveva firmato i trattati con gli stranieri,
l'imperatore di Kyoto si fece sostenitore dell'indipendenza nazionale contro i «barbari..
L'opposizione agli stranieri e allo shogun era forte soprattutto fra i daimyo dell'ovest e del sud. I
clan di Choshu e di Satsuma, che guidavano il movimento, entrarono in aperta ribellione contro lo
shogun nel 1866. Il giovane imperatore Mutsuhito o Meiji Tenno (1867-1912) li appoggiò e l'ultimo
shogun, Yoshinobu, preferì cedere senza resistenza (9.XI.1867). Qualche giorno dopo, l'imperatore
(mikado) annunciò ufficialmente la restaurazione della monarchia assoluta e, nel 1869, trasferì la
sua capitale a Tokio, l'antica capitale degli shogun di Edo.
Il Giappone diventa uno stato moderno (1867-1912). Il programma di «lotta contro i barbari» ,
che aveva riunito tutte le opposizioni contro lo shogunato, venne completamente abbandonato
appena il potere imperiale fu ristabilito. I giovani samurai che avevano avuto una parte decisiva nel
movimento si resero conto, invece, che il Giappone doveva seguire l'esempio delle potenze
occidentali se voleva conquistare la parità con loro. Il nuovo Giappone doveva essere uno stato
unificato, ma anche uno stato costituzionale, liberato dai vecchi quadri desueti del feudalesimo. Lo
slancio rinnovatore fu così poderoso che, nel 1869, i daimyo consentirono spontaneamente a
consegnare i loro feudi all'imperatore. Una ribellione dei Tokugawa fu soffocata e, nel 1871, il
feudalesimo fu ufficialmente abolito: i circa trecento feudi che componevano allora il Giappone
furono riuniti in 72 prefetture (il cui numero sarebbe stato in seguito ridotto). Numerose missioni
furono inviate in Europa e in America per apprendere le tecniche occidentali. Il Giappone si
prefiggeva due obiettivi essenziali: l'industrializzazione e la creazione di un esercito moderno. Nel
1872, l'istruzione e il servizio militare furono resi obbligatori. Uno Shinto di stato, che non era una
vera religione, ma piuttosto un movimento nazionale di fedeltà all'imperatore e alle tradizioni
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Da M. Mourre, Dizionario enciclopedico di storia, Mondadori
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giapponesi, fu istituito a partire dal 1869, mentre la libertà religiosa per tutti i culti venne introdotta
da varie ordinanze emanate fra il 1884 e il 1889. L'ultima ribellione contro il potere centrale, quella
di Saigo Takamori, capo del clan di Satsuma, fu stroncata nel 1877, e nel 1889 entrò in vigore una
costituzione che stabiliva il regime parlamentare. Vennero costruite linee ferroviarie (fra Tokio e
Yokohama fin dal 1872) e telegrafiche, e la modernizzazione economica fu estremamente rapida.
L'esercito giapponese, divenuto il primo dell'Estremo Oriente, non tardò a dar prova di sé allorché
nel 1894 scoppiò la guerra cori la Cina per il protettorato della Corea. I Giapponesi sbaragliarono il
nemico e, col trattato di Shimonoseki (17.IV.1895), la Cina dovette cedere loro Formosa, le isole
Pescadores, la penisola di Liaotung. Ma l'intervento della Russia, della Germiania e della Francia
obbligò il Giappone a restituire alla Cina la penisola di Liaotung; questa passò nel 1898 alla Russia,
che v'installò l'importante base di Port Arthur. I Giapponesi parteciparono, a fianco degli Europei,
alla spedizione contro i Boxer in Cina (1900), ma l'invasione della Russia in Manciuria e la sua
crescente influenza in Corea prepararono un nuovo conflitto. Privato di parte delle sue conquiste del
1894, il Giappone meditava la rivincita. Assicuratasi la neutralità dell'Inghilterra (1902), nella notte
dall'8 al 9.11.1904, senza dichiarazione di guerra, la flotta giapponese silurò sette navi russe nella
rada di Port Arthur. La guerra russo-giapponese nel 1904-05 rivelò, con grande sorpresa
dell'Europa, l'assoluta superiorità militare del Giappone sull'impero zarista. Il Giappone dava così il
segnale del risveglio dell'Asia. Col trattato di Portsmouth (5.IX.1905), la Russia cedette la penisola
di Liaotung (con Port Arthur), il sud dell'isola di Sakhalin e rinunciò ad ogni pretesa sulla
Manciuria meridionale e la Corea (questo paese passò sotto il protettorato giapponese nel 1907 e fu
annesso al Giappone nel 1910).
L'espansione nell'Asia orientale (1912-1945). La guerra russo-giapponese fece del Giappone la
prima potenza asiatica, ma non poté risolvere i problemi interni creati dalla rapidità quasi eccessiva
della sua modernizzazione. La popolazione giapponese, che era di 30 milioni di abitanti nel 1867,
superava i 50 milioni meno di cinquant'anni dopo e non poteva più nutrirsi con le risorse del paese.
Un'emigrazione massiccia si sviluppò verso l'Australia e gli Stati Uniti, ma la legge americana
sull'immigrazione del 1924 frenò bruscamente questo movimento. La pressione demografica
spingeva il Giappone a una politica espansionistica, ma questa prese una caratterizzazione
spiccatamente bellicosa solo dal 1930. L'imperatore Mutsuhito ebbe come successore il figlio
Yoshihito (1912-26), poi il nipote, Hirohito, che prese il titolo imperiale nel 1926, ma esercitava la
reggenza già dal 1921. Alleato all'Inghilterra in seguito al trattato del 1902, il Giappone si unì agli
Alleati il 23.VIII.1914 e la sua partecipazione alla prima guerra mondiale gli arrecò importanti
vantaggi: nel 1919 ottenne la maggior parte delle colonie ex tedesche del Pacifico (isole Caroline,
Marianne e Marshall), come pure la vecchia base tedesca di Kiao-cheu, nello Shantung. Approfittando del conflitto, i dirigenti giapponesi avevano inoltre tentato di stabilire la loro egemonia in
Cina: il 18.1.1915, presentarono a Pechino le “Ventuno richieste”, che costituivano il programma
d'un protettorato camuffato. Infine la rivoluzione sovietica aveva permesso al Giappone di mettere
piede nella Siberia orientale. Ma questa espansione cominciava a preoccupare gli Stati Uniti,
contrari alla monopolizzazione del mercato cinese da parte del commercio nipponico. La
conferenza di Washington (1921-22) obbligò il Giappone a cedere alla Cina Kiao-cheu e lo
Shantung, a evacuare le sue truppe dalla Siberia e a limitare la sua flotta di guerra nella proporzione di 3 a 5 per gli Stati Uniti e l'Inghilterra. Queste concessioni furono accettate dai liberali,
che nel 1925 imposero il suffragio universale. Ma due forze estranee alla vita parlamentare dovevano pesare sulla politica giapponese nel corso degli anni successivi: quella dei grandi trust e quella
dell'esercito.
La rapidità della ricostruzione di Tokio, dopo il terribile terremoto dell'l.IX.1923, dimostrò la
vitalità dell'economia giapponese, che esportava a basso prezzo i suoi prodotti nel mondo intero.
Essa non fu toccata affatto dalla crisi mondiale del 1929; dall'indice 100 nel 1929, la produzione
industriale passò all'indice 113 nel 1933, 128 nel 1934, 141 nel 1935, 170 nel 1937. Dal 1928 il
Giappone era il primo produttore mondiale per la seta, e il terzo per le stoffe di cotone. La
produzione di carbon fossile passò da 34 milioni di tonnellate nel 1929 a 46 milioni nel 1937, quella
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dell'acciaio da 3 a 7 milioni di tonnellate, quella di fibre artificiali da 11 000 a 270 000 tonnellate.
Ma a quell'epoca, il Giappone era già entrato in un'economia di guerra.
Dal 1927, col ministero Tanaka, gli ambienti militari esercitarono un'accresciuta influenza.
Irritati dalla politica di «raccoglimento esterno» praticata dai gabinetti liberali, dei giovani ufficiali,
contrari sia al parlamentarismo sia al capitalismo, propugnarono come soluzione la «via imperiale»,
vale a dire l'unione di tutta la nazione intorno all'autorità assoluta dell'imperatore. Il ruolo svolto dai
militari non era dettato dal caso. L'economia giapponese infatti, nella sua rapida espansione, era in
balia della chiusura dei mercati esteri; era una questione vitale assicurarsi larghi sbocchi il cui
possesso non potesse più venire contestato; solo la conquista militare pareva ormai in grado di
fornirle questi sbocchi, nonché di garantirle le materie prime essenziali che le mancavano. Per
piegare ai suoi voleri i dirigenti politici, la cricca militare ricorse all'azione terroristica e diverse
personalità giapponesi (fra cui i primi ministri Inukai e Saito) furono assassinate fra il 1932 e il
1936. La penetrazione giapponese in Manciuria, che era continuata dopo il 1924 con la complicità
del “signore della guerra” cinese Ciang Tso-lin, prese un ritmo molto più aggressivo negli anni
Trenta. Ciang Tso-lin, che mostrò poi velleità d'indipendenza, fu assassinato nel giugno 1928. In
seguito a incidenti provocati deliberatamente le truppe giapponesi occuparono Mukden
(18.IX.1931) e poi tutta la Manciuria che divenne, nel 1932, il Manciukuò, stato indipendente sotto
il protettorato nipponico. La colonizzazione del paese fu compiuta dall'esercito in uno spirito
nettamente anti-capitalista che stava facendo progressi anche in Giappone. Dal 1937 tutta l'attività
economica giapponese era passata sotto il controllo dello stato, che sorvegliava strettamente i
cambi, il commercio estero, i capitali, le importazioni, il consumo di certi prodotti. Dopo una serie
d'incidenti e di operazioni circoscritte, il Giappone entrò apertamente in conflitto con la Cina nel
luglio 1937: la guerra cino-giapponese permise ai Giapponesi di occupare Pechino, Nanchino e la
maggior parte delle regioni costiere, ma guastò irreparabilmente le loro relazioni con gli Stati Uniti.
Il Giappone, che aveva lasciato la Società delle Nazioni fin dal marzo 1933 e aveva denunciato
nel dicembre 1934 gli accordi di Washington del 1922 che limitavano la sua potenza navale, si
avvicinò alle grandi dittature europee. Tuttavia, nonostante il Patto Anticomintern firmato con la
Germania nel novembre 1936, i dirigenti di Tokio riuscirono, fino al 1945, a evitare un conflitto con
l'URSS. L'imperialismo giapponese si orientava soprattutto verso il sud-est asiatico, verso i minerali
e il caucciù indocinese e verso il petrolio delle Indie olandesi. Dopo la disfatta della Francia,
nell'agosto 1940, l'esercito giapponese occupò il Tonchino. Per frenare questa espansione, il
governo di Washington mirò a provocare, a lunga scadenza, la paralisi dell'economia giapponese,
ma la denuncia dei trattati commerciali del 1911 e l'embargo posto da Roosevelt sulle consegne di
petrolio al Giappone non ebbero altro risultato che quello di rafforzare il partito della guerra.
I militari ebbero il sopravvento quando il principe Konoye fu sostituito come primo ministro dal
generale Tojo (ottobre 1941). Dopo aver distrutto la flotta americana del Pacifico con un attacco
contro Pearl Harbor (7.XII.1941), i Giapponesi, ormai padroni del mare, occuparono in pochi mesi
le Filippine, Hong-Kong, la Malesia, Singapore, l'Indonesia, la Birmania, e minacciarono
l'Australia. Ma la battaglia navale di Midway (giugno 1942) segnò il primo grave insuccesso dei
Giapponesi. A partire dal settembre 1943 iniziò la riconquista americana delle isole del Pacifico, ma
le truppe giapponesi opposero ovunque una fortissima resistenza, nonostante la crescente
superiorità di mezzi bellici degli Stati Uniti. Il presidente Truman infine prese la decisione di far
lanciare due bombe atomiche su Hiroshima (6.VIII.1945) e Nagasaki (9.VIII.1945). II 14 agosto
successivo il Giappone chiese la pace, e l'atto di capitolazione fu firmato sulla nave da guerra
americana Missouri il 2.IX.1945. Il Giappone subì nel corso della guerra terribili bombardamenti,
perse 1 800 000 uomini e si vide togliere Formosa e la Manciuria (rese alla Cina), il sud di Sakhalin
e le Curili (attribuiti all'URSS che era entrata in guerra contro il Giappone negli ultimi mesi) oltre
alla Corea, venendo riportato ai suoi territori insulari del XIX sec. e sottoposto all'occupazione
americana. Tuttavia la conquista giapponese nell'Asia orientale aveva segnato una svolta nella
storia del mondo: la potenza coloniale britannica, francese, olandese aveva ricevuto un colpo
mortale; l'imperialismo giapponese aveva dato il segnale per il risveglio politico dell'Asia.
Il Giappone dopo il 1945. MacArthur, comandante delle truppe d'occupazione americane, si
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comportò in Giappone come un proconsole incaricato di guidare il paese verso la vera democrazia.
Col loro consueto spirito d'adattamento alle circostanze, i Giapponesi fecero di tutto per soddisfare i
desideri dei vincitori. La nuova costituzione, promulgata il 3.XI.1946 ed entrata in vigore il
3.V.1947, instaurò una monarchia non più soltanto costituzionale, ma parlamentare. L'imperatore,
che aveva solennemente rinunciato alla sua sacra dignità nel messaggio dell' 1.I.1946, era designato
come «il simbolo dello stato e dell'unità del popolo», ma la costituzione precisava che il suo potere
derivava dalla volontà del popolo sovrano. Una severa epurazione eliminò i responsabili della
politica di guerra e diversi grandi capi politici e militari del periodo 1935-45 (fra cui il generale
Tojo) furono condannati a morte e giustiziati dagli Americani. Lo Shinto di stato fu abolito. Gli
Stati Uniti si proponevano anche di smantellare la potenza economica del Giappone, ma il
mutamento dei rapporti di forza in Estremo Oriente, in seguito alla vittoria dei comunisti cinesi
(1949), li indusse rapidamente a modificare la loro politica giapponese. Il regime d'occupazione finì
nel 1949, il trattato di pace fu firmato nel 1951 e, cinque anni dopo, il Giappone divenne membro
dell'ONU.
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