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Costituzione della Repubblica Italiana

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La Costituzione della
Repubblica Italiana
Alessia Mazzara
Liceo Scientifico Statale
Carlo Miranda
Lo Statuto
Albertino nel
Regno Sabaudo
Il 4 marzo 1848, in pieno
Risorgimento, Carlo Alberto di
Savoia Concede la Costituzione
ai sudditi del Regno di Savoia. Lo
Statuto Albertino sarà poi esteso
a tutto il Regno d’Italia
all’indomani della conquista di
Garibaldi del Sud della Penisola.
Era il 1861 e fino alla Costituzione
Repubblicana del 1948 sarà la
legge fondamentale dello Stato.
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Quale Regno!?
La Costituzione del piccolo Regno di
Sardegna fu estesa a tutta la nazione
così com’era.
 Il 17 marzo 1861, dopo che Garibaldi, il 26 ottobre 1860,
aveva consegnato a Vittorio Emanuele II presso Teano il
Regno delle Due Sicilie strappato ai Borbone, nasce il
Regno d’Italia.
 Lo Statuto Albertino viene ritenuto idoneo anche per il
Regno d’Italia. Questo comporterà non pochi problemi nel
prosieguo fino all’ascesa del Fascismo.
 Il Re di Sardegna assume il titolo di Re d’Italia grazie ai
plebisciti che c’erano stati nelle regioni del centro nord ma
restava, per gli abitanti del sud, un estraneo usurpatore.
 Il suffragio limitato, che vedeva appena il 2% della
popolazione avere il diritto di voto (per censo), faceva del
neonato Regno, sebbene uno dei più popolosi ed estesi
d’Europa, uno Stato molto debole dove furono frequenti al
Sud fenomeni di brigantaggio.
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Lo Statuto Albertino
Lo Statuto Albertino era una
Costituzione Concessa al
popolo e prevedeva una
Monarchia Costituzionale ma
poi col tempo la forza popolare
della Camera bassa ha portato
alla modifica in Monarchia
Parlamentare. Il Re per non
rischiare di essere impopolare
appoggiò le scelte dei
Deputati.
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Le fondamentali previsioni
dello Statuto Albertino
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•
•
•
•
Il Re è Sovrano per grazia di Dio
L’Italia è un Regno con il Re titolare del
potere esecutivo e Giudiziario e che
esercita il controllo sul legislativo.
Il popolo italiano è costituito da sudditi
(regnicoli) e il voto è riservato solo a
particolari categorie per censo.
La Religione Cattolica è religione di
Stato. Gli altri culti sono tollerati. (art. 1)
Lo Statuto era una carta flessibile, cioè
modificabile da parte degli organi
legislativi ordinari senza particolari
procedure.
I Senatori erano nominati a vita dal Re
mentre i deputati erano eletti. Il Re
nominava anche i ministri.
Quando ci fu poi il passaggio a monarchia parlamentare il potere
legislativo era in capo al Parlamento.
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L’avvento del Fascismo
Arrivò il giorno in cui Mussolini decise di prendersi il potere
con coercizione. Organizzato con le camice nere, che da mesi si
rendevano protagoniste di efferate violenze, a partire dal 26
ottobre del 1922, decise di cingere d’assedio la capitale per
forzare la mano al Re e farsi nominare capo del Governo. Il 28
ottobre il primo ministro Facta dichiara lo stato d’assedio ma
Vittorio Emanuele III, timoroso di disordini, cedette al ricatto.
Chiamò a sé Mussolini il 30 ottobre e gli affidò il governo. I
fascisti in breve tempo:
 Dichiararono fuorilegge tutti gli altri partiti e i sindacati
Sottrassero il potere legislativo al Parlamento, attribuendolo al
potere esecutivo, cioè al capo del Governo (Mussolini).
Soppressero il sistema elettivo per le amministrazioni comunali e
provinciali. I Sindaci furono sostituiti dai podestà nominati dal
Governo.
Reintrodussero la pena di morte, eliminarono la libertà di stampa,
eliminarono la Camera elettiva per sostituirla con una nominata,
tolsero il diritto di voto perché nei fatti si poteva solo scegliere di
approvare o meno i deputati nominati dal Gran Consiglio del
Fascismo e in maniera palese con chiare ripercussioni.
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Il Referendum
Con la fine della disastrosa guerra e la caduta del fascismo, dopo
vent’anni di dittatura, era forte nei partiti ricostituiti il sentimento
democratico e la volontà di porre fine ad una anacronistica
Monarchia che era stata, se non colpevole, debole al punto da
mettere l’Italia nelle pericolose mani degli illiberali. Al fine di
rendere la scelta quanto più democratica possibile, per la prima
volta nella sua Storia, in Italia venne indetto un referendum a
suffragio universale per la scelta tra Repubblica e Monarchia. Le
consultazioni furono fissate per il 2 e 3 giugno 1946, un anno dopo
la fine della guerra e con la necessità di provvedere in maniera
rapida alla ricostruzione del Paese.
Le forze antifasciste del CLN, che avevano fronteggiato
Mussolini contribuendo alla liberazione dell’Italia, confidavano
in una scelta schiacciante per la Repubblica ma furono sorprese
nello scoprire che l’Italia era divisa in due dal Tevere. Mentre il
Sud si mostrava monarchico, il nord era fortemente motivato
verso la scelta repubblicana e fu solo per poco che il popolo
italiano scelse la Repubblica.
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La Costituente
Quantunque il referendum avesse sancito la nascita della Repubblica, le questioni
che si ponevano non erano di facile risoluzione. Bisognava dare voce alle minoranze;
riconoscere di fatto la divisione dei poteri per rendere quasi impossibile il ritorno di
forme dittatoriali; considerare a fondo la divisione del Paese in Nord e Sud, trovata
anche nei risultati referendari.
Il 2 giugno 1946 gli italiani vengono chiamati alle
urne, oltre che per il referendum istituzionale tra
repubblica e monarchia che sancirà la fine di
quest’ultima, anche per eleggere i membri
dell’Assemblea Costituente cui sarà affidato il
compito di redigere la nuova carta costituzionale
(come stabilito con il decreto-legge luogotenenziale
del 25 giugno 1944, n. 151). Il sistema elettorale
prescelto per la consultazione elettorale è quello
proporzionale, con voto "diretto, libero e segreto a
liste di candidati concorrenti", in 32 collegi
plurinominali, per eleggere 556 deputati (la legge
elettorale prevedeva l'elezione di 573 deputati, ma le
elezioni non si effettuarono nell'area di Bolzano,
Trieste e nella Venezia Giulia, dove non era stata
ristabilita la piena sovranità dello Stato italiano). In
base all’esito elettorale, l’Assemblea Costituente
risulta così composta: DC 35,2%, PSI 20,7%, PCI
20,6%, UDN 6,5%, Uomo Qualunque 5,3%, PRI
4,3%, Blocco nazionale delle libertà 2,5%, Pd’A 1,1%.
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Le motivazioni per il referendum...
Tre settimane dopo la liberazione di Roma da parte degli alleati, si insedia un governo provvisorio a guida De Gasperi che avrebbe dovuto
avere il compito di guidare il Paese fino alla formazione del nuovo Parlamento elettivo. Sebbene il decreto prevedesse anche la formazione
della Costituente, De Gasperi propose ai partiti del CLN, di indire un referendum sia per la scelta della forma istituzionale sia per l’elezione
dei componenti dell’Assemblea cui sarebbe stato affidato il compito di redigere la nuova Costituzione.
Il motivo di tale delicata scelta, inizialmente invisa a socialisti
e comunisti ma appoggiata dagli alleati che ancora avevano
voce vista la mancata ratifica del trattato di pace, risiedeva
nella peculiare situazione italiana. Il Paese, come mostreranno
poi anche i risultati dello stesso Referendum, era
profondamente diviso a causa della diversità delle esperienze
della Resistenza nelle varie aree del paese e delle reazioni che
aveva provocato la vicenda della Repubblica sociale. Una
nuova cittadinanza avrebbe dovuto essere fondata sul
superamento della “guerra civile”. Il referendum popolare fu
considerato utile a realizzare una “saldatura” fra i differenti
ambienti, le diverse tendenze ed aree.
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Il 27 dicembre 1947 E. De Nicola
Firma la Costituzione della
Repubblica Italiana
La nuova carta costituzionale contiene 139 articoli dei quali 5
sono stati successivamente abrogati (precisamente 115, 124, 128,
129, 130) sono stati abrogati dalla legge costituzionale n.3 del
2001 (riforma del titolo V). Le sue caratteristiche fondamentali
sono:
Lunghezza - 139 articoli divisi in 3 parti: principi fondamentali
(artt. 1-12); Diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-54);
Ordinamento della Repubblica (artt. 55-139)
Rigidità – Può essere modificata solo attraverso una legge
Costituzionale il cui iter viene stabilito proprio dalla
Costituzione all’art. 138 e il 139 vieta che possa cambiarsi la
forma Repubblicana.
È compromissoria – era espressione di tutte le varianti politiche
del CLN.
Votata – non fu concessa da un sovrano ma è espressione del
popolo attraverso i suoi rappresentanti.
Previdente la separazione dei poteri.
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La forma
democratica della
Costituzione
Art. 1: L'Italia è una Repubblica Democratica
fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al
popolo che la esercita nelle forme e nei limiti
della Costituzione.
Il contenuto dell’art. 1 era in esatta opposizione al
vecchio Statuto Albertino. È il principio
fondamentale della sovranità che rende concreta la
democrazia. Il popolo smette di essere composto da
sudditi. È la stessa Costituzione, con la sua rigidità,
ad assicurare il fondamentale principio di Giustizia.
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Le garanzie Democratiche
In ossequio al libro XI de Lo spirito delle Leggi di Montesquieu in cui si traccia la
separazione dei poteri come garanzia di incorruttibilità dei poteri, in quanto «Il
potere assoluto corrompe assolutamente», la Costituzione della Repubblica prevede
appunto una separazione tra:
Potere legislativo, in capo al Parlamento come espressione della volontà del
Popolo, così come previsto dal secondo comma dell’art. 1;
Potere esecutivo, in capo al Governo nel quale il Primo Ministro è primus inter
pares, così che se ne limita anche l’esercizio, e che necessita che ottenga la fiducia
dal Parlamento;
Potere Giudiziario, come potere separato dalle cariche politiche e il cui massimo
organo di controllo è il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) il cui
Presidente è il Presidente della Repubblica che è garante del giusto esercizio del
potere.
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Le laicità dello Stato
La Carta Costituzionale è lacunosa in questo senso in quanto non prevede espressamente un
articolo in cui venga stabilita la laicità dello Stato. Questo dipende dal fatto che nella
Assemblea Costituente i cattolici erano in prevalenza, anche nei partiti tradizionalmente
laici come il partito comunista e quello socialista. Il risultato di questa presenza è quello che
si legge dalla Carta. La mancata espressione di un articolo secco che indichi l’Italia come
Stato Laico è stata sopperita con la presenza degli artt. 2-3-7-8-19-20. Questa “laicità
all’italiana” è stata confermata anche da varie sentenze della Corte Costituzionale e dalla
Giurisprudenza. L’Italia è uno Stato laico, nel senso che, come affermato dalla
giurisprudenza (fra tutti sent. Cass. pen. 439/2000), le leggi ordinarie, i regolamenti e tutta
l’attività della Pubblica Amministrazione devono conformarsi al principio di laicità che
costituisce uno dei profili della forma di Stato così come delineato dalla Carta costituzionale
(Cass. 400/95). Tale principio, pur non formalmente espresso, viene presupposto e si ricava
in via interpretativa dall’analisi di numerosi articoli della Costituzione e dall’orientamento
che la giurisprudenza, soprattutto quella costituzionale, ha espresso quando è stata chiamata
a pronunciarsi in merito.
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La forma dello Stato
In Italia vige il bicameralismo perfetto, da molti ritenuto anacronistico tanto
che si è indetto un referendum per la modifica del Titolo V della seconda
parte della Costituzione con l’intenzione di abolire il Senato che non è stato
capace di raggiungere il quorum, per garantire che le leggi siano davvero
espressione di tutta la popolazione. La divisione del Parlamento in Camera
dei Deputati (Camera Bassa) e Senato (Camera Alta), doveva garantire, nelle
intenzioni dei padri costituenti, la pluralità di giudizio sulle leggi. L’iter di
formazione delle leggi, che prevede l’approvazione dello stesso testo in ambo
le Camere, si è mostrato spesso farraginoso e ha portato alla lentezza
legislativa. Nella realtà questo è dipeso soprattutto dalla politica che ha
cominciato ad usare troppo spesso l’istituto della delega al Governo per la
legiferazione e il ricorso alla fiducia e che ha portato il Parlamento ad essere
depauperato nelle sue prerogative legislative.
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L’istituto della fiducia (art. 94)
Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la
fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla
sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.
La più importante novità, garante della democraticità dello Stato, portata
dalla Costituzione Repubblicana, è l’istituto della fiducia contenuta
nell’art. 94. In base a quest’articolo, infatti, non è possibile avere un
Governo che non sia espressione della maggioranza della popolazione
così come espressa dalla composizione delle due Camere. Non è
possibile, in altre parole, ritornare ad avere un “Mussolini” al Governo
che accentra i poteri. Quantunque si possano muovere critiche alle varie
leggi elettorali utilizzate per la composizione del Parlamento con premi
di maggioranza di varia natura, il governo, anche qualora fosse tecnico,
dovrebbe ottenere la fiducia dei rappresentanti del popolo seduti in
Senato e Camera dei Deputati.
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Il popolo eligendo
L’altra grande novità della Costituzione Repubblicana è costituita dalla possibilità per chiunque, sempre che goda di tutti i
diritti giuridici e che abbia i necessari requisiti di età, di essere eletto ad una carica dello Stato senza limitazioni di censo,
religione, orientamento sessuale o colore della pelle. In questo senso non vi è più la differenza, contenuta nello Statuto
Albertino, tra Camera elettiva e Camera nominata (cosa che invece cercava di fare l’ultimo quesito costituzionale nel 2016)
Con il suffragio universale, introdotto a partire dal 2 giugno 1946, il popolo italiano non
solo ha acquistato la possibilità di votare i propri rappresentanti ma anche di essere
candidato ad essere eletto a rappresentante dello Stato, sia nelle amministrazioni locali che a
livello parlamentare senza distinzione alcuna (art. 51, comma 1). La differenziazione
avviene solo in base all’età in termini di elettorato passivo ed elettorato attivo:
• Camera dei Deputati (art. 56): 630 rappresentanti (art. 56, comma 2)
 Elettorato attivo (art 56, comma 1) – Composto da tutti i cittadini che godono dei diritti civili e
politici che hanno compiuto il diciottesimo anno di età.
 Elettorato passivo (art. 56, comma 3) – Composto da tutti i cittadini che godono dei diritti civili e
politici che hanno compiuto il venticinquesimo anno di età.
• Senato della Repubblica (art. 58): 315 rappresentanti a base regionale (art. 57)
 Elettorato attivo (art. 58, comma 1) – Composto da tutti i cittadini che godono dei diritti civili e
politici che hanno compiuto il venticinquesimo anno di età.
 Elettorato passivo (art. 58, comma 2) – Composto da tutti i cittadini che godono dei diritti civili e
politici che hanno compiuto il quarantesimo anno di età.
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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
La figura del Presidente della Repubblica è disciplinata dal titolo II della
parte II della nostra Costituzione. Il primo comma dell'art. 87 Cost. dispone
che:
“Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato
e rappresenta l'unità nazionale.”
Il Presidente della Repubblica
Secondo l’art. 83, comma 1, Cost.:
“Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei
suoi membri.”
Inoltre, il secondo comma di tale articolo prevede che:
“All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio
regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La
Valle d’Aosta ha un solo delegato.”
e l’ultimo comma dello stesso art. 83 Cost. aggiunge che:
“L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a
maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente
la maggioranza assoluta.”
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Il Presidente della Repubblica
Costituisce, nell’ordinamento italiano, un “potere neutro” che non partecipa
all'attività di indirizzo politico del Paese e quindi ha il ruolo di garante della
Costituzione e quindi il suo ruolo è super partes
Secondo l’art. 85, comma 1, Cost. “Il Presidente della Repubblica è eletto per sette
anni.”. Questo serve a che un Presidente della Repubblica non sia rappresentante di
una maggioranza. Il suo mandato, infatti, dura più della legislatura la cui durata è
fissata in 5 anni.
L’interruzione della carica può avvenire per permanente impedimento, o per morte o
per dimissioni o per decadenza dalla carica (questo è avvenuto solo in 2 casi nel
corso della storia con Antonio Segni, nel 1964 e con le dimissioni di Napolitano dal
suo secondo mandato)
Non essendo prevista la carica di Vice-Presidente, questa è assunta, per
impedimento temporaneo del Presidente o in vacanza, dal Presidente del Senato.
(art. 86.)
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Il Presidente della Repubblica
In quanto potere neutro, posto in posizione super partes rispetto agli altri organi
costituzionali, il Presidente della Repubblica è politicamente irresponsabile.
La responsabilità degli atti presidenziali viene sempre assunta da un ministro o dal
Presidente dei Consiglio dei ministri. Lo strumento per mezzo del quale si verifica
tale assunzione di responsabilità è costituito dalla controfirma ministeriale prevista
dall'art. 89 Cost, il quale dispone, al primo comma, che “Nessun atto del Presidente
della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne
assumono la responsabilità. ”
A norma dell'art. 90, comma 1, Cost., “Il Presidente della Repubblica non è
responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto
tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa
dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.”
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Candidabili alla
Presidenza
“Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni
cittadino che abbia compiuto cinquant’anni d’età e
goda dei diritti civili e politici. ”
“L’ufficio di Presidente della Repubblica è
incompatibile con qualsiasi altra carica.”
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Diritti e doveri dei cittadini
La prima parte della
Costituzione, intitolata
“Diritti e doveri dei cittadini”,
è divisa in 4 titoli:
Rapporti
Rapporti
Rapporti
Rapporti
civili
etico-sociali
economici
politici
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Diritti e doveri dei cittadini
Rapporti civili (artt. 13 - 28)
Negli articoli che vanno dal
13 al 28 la Costituzione
prende in considerazione
tutte le libertà che
riguardano l’uomo come
persona fisica, come essere
spirituale e come individuo
che vive nella collettività
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Articolo 13
La libertà personale è inviolabile e le
restrizioni di libertà sono di competenza
della Magistratura che può porle in essere
solo nei casi previsti dalla legge e solo con
provvedimenti motivati.
L’art. 13 tutela la libertà personale
intesa come libertà dell’individuo da
interventi esterni che potrebbero
limitare la sua libertà di movimento,
per esempio con un arresto o un
fermo.
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Libertà di domicilio e
corrispondenza
La libertà reale si ottiene solo se agli individui è consentito avere libertà di scelte!
Articolo 14
Articolo 15
Con il principio dell’inviolabilità
del domicilio, sancito dall’art.
14, la Costituzione ha inteso
tutelare il diritto dell’individuo
ad avere una propria sfera
privata senza interferenze
dall’esterno.
L’art. 15 della Costituzione
garantisce come inviolabili la
libertà e la segretezza della
corrispondenza e di ogni altra
forma di comunicazione.
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Articolo 16
All’art. 16 la Costituzione tutela poi
la libertà di circolazione e di
soggiorno: ogni cittadino è libero di
fissare il proprio domicilio o la
propria residenza in qualsiasi luogo
del territorio nazionale. Solo la
legge può limitare tale libertà ed
esclusivamente per motivi di sanità
e sicurezza. Viene garantita anche la
libertà di espatrio.
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Libertà di riunione e
associazione
Articolo 17
Articolo 18
L’art. 17 garantisce ai cittadini
la libertà di riunirsi
pacificamente ovunque a patto
di preavvisare le autorità se si
tratta di luogo pubblico. Questo
garantisce la possibilità di
manifestare.
L’art. 18 proibisce le
associazioni segrete e quelle
politiche che si avvalgono di
organizzazioni di carattere
militare.
Mentre la riunione, in quanto raggruppamento temporaneo di persone, è un
evento occasionale, l’associazione, definita come un insieme di persone
organizzate in forma stabile, ha carattere duraturo.
28
Articolo 19-20
Gli artt. 19 e 20 garantiscono la
libertà religiosa e di culto sia in
privato che in pubblico tipica di uno
Stato aconfessionale come è l’Italia.
L’unica restrizione imposta alla
professione della religione è il buon
costume così come previsto dalla
riserva di legge in materia di codice
penale. Non possono essere causa di
limitazioni il carattere ecclesiastico
e il fine di religione (art. 20)
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Articolo 21
L’art. 21 sancisce il principio di
libertà di manifestazione del
pensiero.
Tutti hanno il diritto di esprimere
liberamente opinioni, giudizi,
valutazioni in campo culturale,
economico, politico, religioso con
qualsiasi strumento di
comunicazione.
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La Libertà di
stampa
L’interesse generale all’informazione
implica l’esistenza di una pluralità di
fonti d’informazione.
Questo articolo fissa le basi giuridiche
del pluralismo dell’informazione, uno
dei principali pilastri su cui si fondano
tutte le società democratiche.
La stampa non può essere soggetta ad
autorizzazioni o a censure.
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Garanzie Civili,
Politiche e Patrimoniali
Articolo 22
Articolo 23
L’art. 22 afferma che nessuno
può essere privato, per motivi
politici, della capacità giuridica,
della cittadinanza, del nome.
L’art. 23 esclude che lo Stato
possa imporre ai cittadini
prestazioni personali (es:
servizio militare) o patrimoniali
(es.: pagamento delle imposte),
se non in base alla legge.
Questi due articoli sono fondamentali nelle garanzie democratiche in quanto
limitano i poteri dello Stato sui cittadini.
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Articolo 24
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e
interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado
del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi
istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
L’art. 24 introduce due garanzie
fondamentali: il potere di agire in giudizio
per la tutela dei propri diritti ed il diritto
alla difesa.
Il diritto di agire in giudizio implica che
ognuno può rivolgersi a un giudice per far
valere i propri diritti.
Il diritto alla difesa garantisce a chiunque la
possibilità di esporre le proprie ragioni,
assistito da un avvocato, davanti al giudice
per ottenere una sentenza favorevole.
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Articolo 25
Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per
legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia
entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere
sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.
L’art. 25 stabilisce con chiarezza che ciascun cittadino
ha il diritto di essere giudicato dal suo giudice
naturale: ciò significa che il giudice viene individuato
dalla legge sulla base di criteri oggettivi relativi al
territorio in cui è stato commesso il fatto e alla
materia cui si riferisce. Non può essere scelto come
giudice qualcun’altro, magari proveniente da un’altra
regione e scelto appositamente (in questo caso sarebbe
spontaneo il sospetto di una manovra ai danni
dell’accusato).
La seconda parte dell’articolo enuncia il principio di
legalità penale, il cui scopo è di tutelare l’individuo
dai possibili abusi dei pubblici poteri per quanto
riguarda i procedimenti penali che possono prevedere
la privazione della libertà personale: l’individuo può
essere imprigionato solo nei casi previsti dalla legge e
sottoposto a giudizio per reati che erano definiti tali al
momento in cui ha compiuto (o si suppone che abbia
compiuto) l’azione.
34
Articolo 26
L’estradizione del cittadino può essere
consentita soltanto ove sia espressamente
prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa per
reati politici.
L’art. 26 tutela i cittadini italiani in tre modi:
vieta l’estradizione per reati politici; prevede
l’estradizione verso Paesi con i quali l’Italia
abbia firmato un accordo; non ammette
l’estradizione verso quei Paesi il cui
ordinamento prevede pene che non possono
essere inflitte in Italia (ad es. la pena di
morte).
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Articolo 27
La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato
colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono
tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di
morte.
L’art. 27 contiene : 1) Il principio della personalità della
responsabilità penale: ciascun individuo è responsabile
solamente per le proprie azioni e, quindi, non può essere
punito per un reato commesso da altre persone. 2) Il
principio di non colpevolezza fino alla condanna
definitiva: ciascun cittadino italiano è dichiarato non
colpevole fino a quando non sia stata emessa la sentenza
definitiva che accerta la sua responsabilità penale. 3) Il
principio di umanità della pena: la Costituzione obbliga i
legislatori a non approvare modalità di pena che siano
lesive del rispetto della persona. Il principio della finalità
rieducativa della pena: le pene non devono sì punire chi si
è reso colpevole di un reato, ma, se possibile, devono
mirare anche alla sua rieducazione per il reinserimento
nella società. L’Italia ripudia inoltre la pena di morte ed è
stata promotrice di azioni internazionali finalizzate a
estendere in altri Paesi tale rifiuto.
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Articolo 28
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente
responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in
violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti
pubblici.
L’art. 28 stabilisce la responsabilità personale dei
pubblici dipendenti: se una persona che presta la
sua attività alle dipendenze dello Stato viola, con
il suo comportamento, un diritto del cittadino ne
risponde personalmente!
37
FINE
GRAZIE!
Alessia
Mazzara
Telefono
392-1875532
Posta elettronica
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