Roberto Vetrugno LINGUA ED EPISTOLOGRAFIA CORTIGIANA IN EUROPA 1. Introduzione Il presente saggio è parte di una ricerca rivolta alla scrittura epistolare in lingua italiana della fine del Quattrocento e della prima metà del Cinquecento diffusa tra le classi dominanti e acculturate delle corti italiane ed europee. Della lingua ed epistolografia cortigiana ho definito in un saggio l’importanza dei carteggi rinascimentali per la storia della lingua, scritti in un italiano non letterario e piuttosto affine all’idea di idioma comune e italiano che Castiglione promuove nel suo Dialogo1. Le riflessioni del conte mantovano sulla lingua a corte (nella lettera dedicatoria e nei capp. XXIX-XXXIX) hanno inoltre un respiro europeo2 e proiettano l’italiano in un paesaggio continentale in cui la nostra lingua era ampiamente diffusa nelle corti, sedi del potere, e nelle attività commerciali e finanziarie. La mia indagine è rivolta a due carteggi femminili e regali con l’intento di partire da un campione minimo di testi e approfondire due aspetti: il primo è la somiglianza della grafia, della fonetica, della morfologia, della sintassi e del lessico tra testi scritti da diverse donne di palazzo, provenienti da corti distanti, e, come nel caso di Bona Sforza e Beatrice d’Aragona, residenti per gran parte della loro vita all’estero; somiglianza attribuibile al prestigio di un usus scribendi commune anche fuori dai confini della Penisola. Il secondo è la consistenza e la ricchezza del Vetrugno 2016. Tra le traduzioni e adattamenti emersi nel corso del Cinquecento presso i principali regni d’Europa, va certamente ricordata l’opera di Górnicki, cfr. Vetrugno 2015 in cui sono messi in evidenza i passi del Dialogo in cui si fa riferimento al commercio delle parole tra nazioni. 1 2 135 11. Vetrugno.indd 135 17/12/2018 09:18:10 Roberto Vetrugno vocabolario italiano rinascimentale in relazione agli studi lessicografici dedicati alle lettere di Baldassarre Castiglione3. Prima di accedere ai testi, può essere utile vagliare le direzioni di ricerca e i problemi che si affrontano con epistolari consistenti, come sono spesso quelli delle corrispondenze regali. Per le lettere dei secoli XV e XVI (considerando pertanto un arco cronologico ampio) si ha una sovrabbondanza di dati linguistici che sollecita una prospettiva diversa rispetto a quella di chi analizza testi delle origini e del Trecento, dove vige piuttosto la rarità della documentazione in lingua volgare. Il problema quantitativo influenza il metodo di individuazione e di codifica delle fonti4: se prendiamo le sole lettere di Isabella d’Este Gonzaga, marchesa di Mantova, tramandateci dai suoi copialettere (conservati nell’Archivio di Stato di Mantova, da cui, come vedremo, prendiamo le mosse) incontreremo circa 15000 testi; abbiamo inoltre solo da pochi anni e grazie all’impegno di uno studioso pavese, Matteo Basora, l’inventario completo dei registri di copialettere e possiamo finalmente conoscere i destinatari e le destinatarie delle sue missive. Se poi affrontassimo le corrispondenze di Francesco e Federico Gonzaga con tutti gli ambasciatori sparsi per l’Europa, i numeri si moltiplicherebbero. Di fronte a questa mole di fonti assume un ruolo centrale lo studio del lessico: la quantità di occorrenze delle sole parole notevoli, da glossare, sommate alle varianti semantiche e ai modi di dire sarebbe eclatante, invoglia ad andare a fondo in cerca di un possibile vocabolario della lingua italiana durante il Rinascimento; per dare un arco temporale più ristretto, potremmo per esempio fare riferimento agli estremi cronologici che due regine ci offrono: l’incoronazione di Beatrice d’Aragona a regina di Ungheria (1476) e il ritorno di Bona Sforza in Italia dopo più di trent’anni di reggenza del Regno di Polonia (1552). Vetrugno in stampa. La trascrizione di questo tipo di lettere è già di per sé impegno notevole, anche solo dal punto di vista organizzativo: reperire studiosi in grado di trascrivere corsive del tardo Quattrocento e del Cinquecento non è impresa facile (cfr. Vetrugno 2018). La pubblicazione di testi epistolari per la comunità scientifica è perciò spesso ritardataria, per molti anni progetti preziosi sono rimasti e rimangono in fase di attesa, altri per mancanza di fondi si interrompono. Le edizioni cartacee di missive sono ancora presenti nel mercato editoriale, non solo accademico, ma riguardano carteggi non ampi e perlopiù otto-novecenteschi: per corpora di duecento o più lettere invece, pubblicare epistolari è impresa dispendiosa anche per i grossi editori. Non resta quindi che fornire frequentemente anticipazioni di raccolte che spesso devono aspettare molti anni prima di vedere la luce, delle librerie e delle biblioteche oppure anche di una piattaforma online accessibile. La “digitalizzazione” è infatti centrale: la maggior parte delle ricerche in corso rivolte a carteggi riguardano “banche dati” consultabili in vario modo e spesso di grande interesse; auspicabile una rete che metta in comunicazione queste fonti in una visione europea, non stabilita da confini accademici e nazionali: alle soglie della modernità e per più di due secoli una rete di corrispondenze si sviluppava attraverso l’Europa mettendo in comunicazione le classi colte e dominanti di tutto il continente. 3 4 136 11. Vetrugno.indd 136 17/12/2018 09:18:10 Lingua ed epistolografia cortigiana in Europa 2. Bona e Isabella L’Archivio di Stato di Mantova è un ottimo punto di osservazione di questi flussi epistolari e la disponibilità di versioni digitali permette di selezionare campioni dei carteggi internazionali di Isabella, trascrivendo dai copialettere disponibili in rete: la piattaforma IDEA (Isabella d’Este Archive) e l’inventario di Basora permettono oggi di ricostruire molte reti di corrispondenze della marchesana: lo studio di Luzio e Renier dedicato alle relazioni letterarie che Isabella ha intessuto con i protagonisti della cultura durante la prima metà del Cinquecento5 può pertanto essere sviluppato in nuove direzioni, con uno sguardo attento ad altri tipi di carteggi, da quelli familiari a quelli politici, anche internazionali. Dall’inventario6 è stato possibile scegliere alcune lettere che Isabella inviava a diversi destinatari europei: due anni fa ho iniziato queste indagini puntando prima sulla Polonia e sulla figura di Bona Sforza7, promotrice della cultura, politica quanto artistica, rinascimentale italiana fuori d’Italia; in questa sede illustrerò invece il carteggio di Isabella con Beatrice d’Aragona, regina d’Ungheria. Per il carteggio con Bona basterà qui solo un accenno: si tratta della corrispondenza tra due nobildonne in cui Bona rappresenta una nuova generazione di donne regnanti che guardavano a Isabella come a un vero e proprio modello vivente. Il carteggio consta di undici lettere e, pubblicando recentemente in anteprima due testi, ho trovato un passo che deve essere interpretato con più attenzione, testimonianza delle difficoltà di comprensione che può porre una sola breve missiva. Bona il 30 marzo 1530 da Cracovia scrive a Isabella d’Este Gonzaga8: li mandiamo una zamarra de Arminiae [arminiae] al constumato del paese et quattro cibellini, doi grandi et doi minori quali, benché non siano equali alli maiori de grandecza essendone al iuditio nostro belli et neri, ne persuademo che saranno a satisfattione sua non meno epsi minori che li grandi. e Isabella risponde da Mantova, il 28 aprile: Hebbi dallo prefato gentilhomo la zammarra de Arminie [arminie] et li quattro zibellini che mi mandò a portare la maestà vostra; in veramente questo suo dono mi è stato tanto accetto et grato quanto merita la bellezza et rarità sua. Cfr. Luzio/Renier 2006. Cfr. Matteo Basora, Tra le carte della Marchesa. Inventario delle lettere di Isabella d’Este, con un’analisi testuale e sintattica, Tesi di dottorato in Scienze linguistiche, filologiche, letterarie e storicoarcheologiche, ciclo XXVIII, relatore Gianluca Frenguelli, Università degli Studi di Macerata, 2017. 7 Cfr. Vetrugno 2018a. 8 Cito da Vetrugno 2018a: 265-266. 5 6 137 11. Vetrugno.indd 137 17/12/2018 09:18:10 Roberto Vetrugno Ci soffermiamo brevemente su zamarra de Arminiae: la zimarra è originariamente una lunga veste da cerimonia (cfr. ar. sammŭr ‘zibellino’, sp. zamarra, pr. samarra, quindi una sopraveste di pelli di zibellini o foderata con esse); Arminie è un toponimo (quindi zimarra dell’Armenia), Bona si riferisce a una particolare foggia, tipica dell’Armenia, della lunga sopraveste. La forma Arminiae è connessa con la storia della parola ermellino: dal lat. volg. *armeninus (LEI s.v. armenius [3, 1309.25]) dal lat. tard. mus arminius ‘topo dell’Armenia’ e le varie attestazioni richiamano la forma usata da Bona per il nome comune: fr. ant. erme, ermine, erminie, prov. erminis, sp. armiño, port. arminho ecc. La parola ricorre dalle origini e nel Cinquecento è stabilmente in uso. Per cercare una attestazione italiana fuori d’Italia, si può attingere al libro di conto del guardarobba di Ippolito d’Este che conserva molti nomi italiani di indumenti reperibili in Ungheria9. Troviamo in questo inventario, e libro di conti, una sezione con riferimenti agli ermellini alle cc. 51v-52r (segnalatemi molto gentilmente da Hajnalka Kuffart): si registrano centoquaranta armellini e una parte di questi è stata utilizzata per compire la fodra di una vesta. Siamo nei primi anni Novanta del Quattrocento e la forma più diffusa della parola è ermellino, anche se, fuori d’Italia, nel libro del guardaroba e nella lettera di Bona è con a- iniziale e senza suffissazione, quindi più affine all’etimo e alle forme attestate in Francia e in Spagna sopra citate10. Nel libro del Vecellio, De gli habiti antichi e moderni11 si trovano le zimarre de Armenia, in un elenco di zimarre di varie fogge e paesi. Tra le descrizioni di abiti femminili e maschili diffusi in Armenia non si cita però la zimarra, parola che evidentemente Vecellio usava per indicare vesti lunghe di vario tipo, anche italiane. Bona fa riferimento a una veste lunga, la zamarra, assai diffusa nel Nord e nell’Est, proveniente dall’Armenia, de Arminiae12: 9 Devo perciò fare riferimento al prezioso lavoro di una giovane studiosa ungherese, Hajnalka Kuffart, dell’Università Páznámy, che con passione studia, sotto la supervisione del professor György Domokos, il Libro di Guardaroba di Ludovico di Orlando 1492-1496 (ASMo, Amministrazione dei Principi, n. 1505), uomo vicino a Ippolito d’Este durante gli anni ungheresi. Per gli ermellini il professor Domokos mi segnala anche una missiva conservata in ASMo, Cancelleria Carteggio ambasciatori, Ungheria b.4/6, 17 (5 maggio 1510), c. 2v: Ercole Pio, agente di Ippolito I d’Este, informa il cardinale dell’aumento dei prezzi di queste pellicce per via della guerra tra la Polonia e l’Impero Ottomano nel 1510: «Delli hermellini farò ogni opera acciò Vostra Signoria sia bene e cum ogni avantagio fornita […] sarano più cari del solito, per rispecto di queste guerre sono state». 10 Basora mi segnala due occorrenze di armellini, quindi con a-, autografe di Isabella: lett. di Isabella a Francesco Gonzaga, Ferrara 2 febbraio 1502 (ASMn, Autografi Volta, b. 1, cc. 632-633); lett. di Isabella a Francesco Gonzaga, Ferrara 7 febbraio 1502 (ASMn, Autografi Volta, b. 1, cc. 635637); le due lettere sono state scritte in occasione delle nozze di Lucrezia Borgia con Alfonso d’Este. 11 Vecellio 1590. 12 Tra le numerose attestazioni che gli archivi certamente conservano, potremmo ammettere anche le occorrenze pittoriche degli ermellini nelle opere del tempo: il quadro di Lorenzo Lotto Ritratto di Andrea Odoni (1527), dove si vede una pelliccia ricavata dall’ermellino ma con il manto estivo: il colore del pelo dell’animale non è infatti del tutto bianco ma marrone sul dorso e bianco 138 11. Vetrugno.indd 138 17/12/2018 09:18:10 Lingua ed epistolografia cortigiana in Europa la moda dal Nord e dall’Est dell’Europa giunge così a Mantova e con sé porta e diffonde parole nella rete epistolare delle corti. 3. Beatrice e Isabella Volgiamo lo sguardo a un altro carteggio emerso nelle stesse intenzioni di ricerca che ha in comune con il primo studio l’aspetto femminile e regale: zia di Isabella fu Beatrice d’Aragona, un esempio di regnante colta e attiva politicamente, formatasi alla corte di Napoli in una fase di importante espansione. Il matrimonio con Mattia Corvino fu un progetto di promozione europea del casato d’Aragona in una congiuntura in cui Mattia rappresentava un protagonista della vita militare e culturale dell’Europa, che difendeva sul fronte orientale esposto al Turco invasore. Albert Berzeviczy pubblicò nel 1908 una monografia dedicata a Beatrice e qualche anno dopo una serie di documenti relativi alle relazioni rinascimentali tra l’Ungheria e le corti italiane con cui Beatrice e Mattia ebbero contatti assidui, principalmente Napoli, Ferrara – per la lunga permanenza di Ippolito d’Este in Ungheria – e Milano13. Beatrice fu un modello di stile cui presumibilmente Isabella d’Este sin da giovane guardò con ammirazione: educata alle arti e alle lettere, promotrice della cultura italiana e libera di interessarsi alla politica e all’amministrazione dello stato, come la biografia di Berzeviczy, se pur a tratti romanzata, dimostra, non sfugge ai ritratti femminili di Castiglione che associa le più celebri regine e signore della famiglia d’Aragona a Isabella e a Beatrice d’Este, in un affresco di nobildonne regnanti pronte ad affrontare le sventure del potere: Ritornando adunque in Italia, dico che ancor qui non ci mancano eccellentissime signore; che in Napoli avemo due singular regine; e poco fa pur in sul ventre (la fodera è infatti di questi due colori); l’ermellino è invece integralmente bianco d’inverno, come si vede nel robbone foderato di Fortunato Martinengo Cesaresco ritratto dal Moretto (a conferma dell’importanza dell’animale nell’estetica del tempo, si pensi all’ermellino vivo tra le braccia della Dama, Cecilia Gallerani, nel famoso quadro di Leonardo da Vinci). 13 Cfr. Berzeviczy 1962; Berzeviczy ha poi curato nel 1914 gli Acta vitam Beatricis reginae Hungariae illustrantia. Aragóniai Beatrix magyar királyné életére vonatkozó okiratok (Berzeviczy 1914). Un’équipe universitaria ungherese diretta di György Domokos e Armando Nuzzo, dell’Università Pázmány di Budapest, porta avanti da tempo uno studio dedicato ai documenti italiani e ungheresi sulle relazioni quattrocentesche e cinquecentesche tra i due paesi, corredato da edizioni di testi epistolari nonché da studi di notevole interesse. Saranno inclusi anche i documenti che legano quindi l’Ungheria a Mantova e all’Archivio di Stato cittadino. Il mio apporto a questo progetto riguarda le corrispondenze isabelliane con il Regno magiaro tra cui il breve carteggio tra Beatrice regina di Ungheria e la nipote Isabella marchesa di Mantova. 139 11. Vetrugno.indd 139 17/12/2018 09:18:10 Roberto Vetrugno Napoli morì l’altra regina d’Ongaria, tanto eccellente signora quanto voi sapete e bastante di far paragone allo invitto e glorioso re Matia Corvino suo marito. Medesimamente la duchessa Isabella d’Aragona, degna sorella del re Ferrando di Napoli; la quale, come oro nel foco, così nelle procelle di fortuna ha mostrata la virtù e ’l valor suo. Se nella Lombardia verrete, v’occorrerà la signora Isabella marchesa di Mantua; alle eccellentissime virtù della quale ingiuria si faria parlando così sobriamente, come saria forza in questo loco a chi pur volesse parlarne. Pesami ancora che tutti non abbiate conosciuta la duchessa Beatrice di Milano sua sorella, per non aver mai più a maravigliarvi di ingegno di donna. E la duchessa Eleonora d’Aragona, duchessa di Ferrara e madre dell’una e l’altra di queste due signore ch’io v’ho nominate, fu tale che le eccellentissime sue virtù faceano bon testimonio a tutto ’l mondo, che essa non solamente era degna figliola di Re, ma che meritava esser regina di molto maggior stato che non aveano posseduto tutti i suoi antecessori. E per dirvi d’un’altra, quanti omini conoscete voi al mondo, che avessero tollerato gli acerbi colpi della fortuna così moderatamente, come ha fatto la regina Isabella di Napoli? la quale, dopo la perdita del regno, lo esilio e morte del re Federico suo marito e di duo figlioli e la pregionia del Duca di Calabria suo primogenito, pur ancor si dimostra esser regina e di tal modo supporta i calamitosi incommodi della misera povertà, che ad ognuno fa fede che, ancor che ella abbia mutato fortuna, non ha mutato condizione14. Uno dei passi del Libro III che più evidenziano quanto Castiglione volesse elogiare le virtù femminili nella sua contemporaneità e non solo secondo gli esempi classici. Dal Cortegiano e dalla cortegiania ideale ed esemplare delle regine e signore, alla cortegiania reale, alla storia e ai documenti che la narrano in presa diretta, con il cotidiano favellare dei carteggi. Già lo scambio epistolare tra Beatrice e gli Este15 ha permesso di comprendere le vicende drammatiche della regina, completando il quadro più pubblico e politico offerto da Berzeviczy. Per questa indagine preliminare si fornisce l’edizione (provvisoria) di due lettere inedite, di cui si darà una prima lettura linguistica. È infatti importante ribadire la volontà di riconoscere l’uso della lingua cortigiana da parte dei regnanti e dei cortigiani di alto rango in Italia e in Europa, nel periodo che va dalla metà del Quattrocento alla metà del Cinquecento. Una lingua che include e assimila il dominio unificante della letteratura di matrice fiorentina ma che afferisce piuttosto a una comunicazione diplomatica di impianto latineggiante, colta e comune perché libera da tratti municipali e regionali; un ambito di attività epistolare che per la quantità rilevante di testi prodotti ha avuto un ruolo decisivo 14 15 Castiglione 2016: 319. Guerra 2010. 140 11. Vetrugno.indd 140 17/12/2018 09:18:10 Lingua ed epistolografia cortigiana in Europa nella formazione e nel consolidamento di una lingua nazionale, ragione che induce a trascriverli e studiarli. Del carteggio (a parte si veda la prima lettera di Beatrice conservata nell’Archivio Gonzaga di ASMn, indirizzata al marchese Francesco per congratularsi del matrimonio imminente con Isabella), la prima lettera è di Isabella e risale al 14 febbraio 1494; l’ultima è di Beatrice ed è del 18 giugno 1508, tre mesi circa prima della sua morte. La maggior parte delle missive riguarda il periodo 1501-1508, quando Beatrice afflitta rientrò a Napoli dopo le burrascose vicende della successione al trono di Ungheria, che la videro protagonista e osteggiata da più parti. Il ritorno in patria fu motivo di grande tristezza per lei, che più volte si definisce infelicissima; le lettere testimoniano affetto e stima tra la zia e la nipote ed entrambe ribadiscono la disponibilità a supportare qualsiasi richiesta dell’altra. Nell’ottava lettera della corrispondenza, qui edita, affiora inoltre un interessamento di Isabella per una certa tavola, per cui Beatrice la dona alla nipote permettendole di ritirarla a Venezia da un maestro. Il bel volume di Berzeviczy dedicato alla regina di Ungheria è una lettura gradevole e da consigliare: lo studioso attinge sistematicamente alle lettere e a documenti pubblici e privati che commenta attentamente e con passione. Per gli anni che riguardano le due lettere selezionate lo storico evidenzia un momento tragico della storia di Napoli e della famiglia d’Aragona, che subisce un vero e proprio affronto dalla Francia e dal re di Spagna, alleato e parente dei reali di Napoli. Poche settimane dopo l’invio di queste lettere, da cui trapela contentezza e serenità, il Regno verrà travolto dall’invasione francese, e il re di Napoli sarà deportato in Francia accompagnato dal poeta che più rappresenta lo splendore culturale della capitale partenopea negli ultimi anni del Quattrocento: Jacopo Sannazaro. Merita perciò riportare un passo dello storico ungherese nella traduzione di Mosca: Il re di Francia aveva deciso di mettere fine al dominio degli Aragonesi su Napoli […] fu quindi costretto [Federico d’Aragona] ad accettare la proposta [di recarsi in Francia] e dopo aver detto addio, col cuore sanguinante, alla patria e alla famiglia fece vela per la Francia il 6 settembre, seguìto da pochi fedeli [tra cui il Sannazaro]. Non rivide mai più il suo paese. Le due regine [Beatrice e Isabella del Balzo] e gli altri rifugiati trovarono asilo ad Ischia dove si trattennero per quasi due anni e mezzo. La roccia che emerge dalla punta orientale dell’isola, di contro a Procida, allora unita all’isola soltanto per mezzo di un leggero ponte di legno, facile ad esser tolto all’approssimarsi del nemico; su questa roccia isolata era costruito il castello-fortezza degli Aragonesi, considerato, a ragione, imprendibile. Appunto questo castello ospitò le due regine e coloro che divisero il loro triste destino. Quando il cielo era limpido, potevano scorgere il Vesuvio e, ai 141 11. Vetrugno.indd 141 17/12/2018 09:18:10 Roberto Vetrugno suoi piedi, la città che era stata la culla della loro infanzia; paradiso terrestre sul quale avevano regnato i loro antenati, oggi servilmente sottomesso a coloro che li avevano traditi16. I due testi epistolari hanno come argomento la nascita di Cesare d’Aragona, figlio di Federico e di Isabella del Balzo, regina consorte per breve tempo e assai vicina a Beatrice in questi mesi. Beatrice d’Aragona regina d’Ungheria a Isabella d’Este Gonzaga Napoli, 26 maggio 1501 Illustrissima marchionessa neptis et filia nostra carissima. Per lettere de la maestà de la serenissima signora regina consorte de la maestà del signor re nostro fratre, intenderà vostra illustrissima signoria como heri ad XXV del presente ad XXII hore et quarta, parturio sua reginale maestà uno figliolo bellissimo et cum parto multo facile et cum salvezza e salute de <…> serenissima regina. Del che dite maiestate et tuti nuj restamo incredibilmente allegri e contenti cum grande letitia de tucta questa citate, del che havemo facta festa e luminarie per tucta la cità. 2Lo simile vi avisamo nuj, licet sia, supplico per esserenj vostra illustrissima signoria avisata per lettere de dicta maestà, la quale simo certe vi ne dà pleno e particulare aviso ad contenteza de vostra illustrissima signoria, come ni rendimo certe ne havrete per la coniuntione è fra dicta maestà et vostra signoria illustrissima. Nostro signore Dio per sua benignità et gratia <…> ad dicte maiestate figliolo e ad tucti li altri quella felicità et vita che ipse stesse desyderano. 3 Preterea vi damo aviso como nuj per la gratia de Dio stamo in bona e optima sanità, desiderando intendere lo simile de vostra illustrissima signoria et de lo illustrissimo signor marchese vostro consorte, lo quale salutamo molto. Non vi scrivimo altro al presente, appresso scriverimo ad vostra illustrissima signoria per uno homo nostro amplamente, lo quale mandarimo prestissimo in quesse parte e ad lo illustrissimo marchese vostro consorte e ad vostra illustrissima signoria. Data in castello novo Neapolis, XXVJ maij M.o quingentesimo primo. Regina Beatrix. 1 Isabella d’Este Gonzaga a Beatrice d’Aragona regina d’Ungheria Mantova, 10 giugno 1501 Reginae Ungariae. 1 <…> reverendissima maestà baso vostra mane. Per le lettere de la maestà 16 Berzeviczy 1962: 279. 142 11. Vetrugno.indd 142 17/12/2018 09:18:10 Lingua ed epistolografia cortigiana in Europa vostra de XXVJ del passato ho inteso el felice parto de la signora regina, del quale ho preso quello piacere et contento che se recerca a la coniunctione et reverentia che ho a la sacra maestà sua et prego nostro signore Dio che per sua bontà doni perpetua felicità a la matre et figliolo. 2Ringratio la maestà vostra che la se sij dignata partecipare cum me questa buona nuova insieme cum lo aviso dil suo ben stare, quale non mi ha portato minore letitia, per il desiderio che ho continuamente del ben stare suo. Supplicola se digni congratularsi cum la maestà regale et recommandarmeli summamente. Io per Dio gratia sto bene insieme cum lo illustrissimo signor mio consorte e figlioli, et in buona gratia de vostra maestà basandoli la mane me raccomando. Mantuae, X junij MDI. Il Reame di Napoli è in bilico, a breve gli Aragonesi saranno cacciati per sempre; tuttavia la gioia della nascita prevale e nulla trapela della situazione politica. Per mostrare l’affinità di scrittura basterà solo qualche esempio: entrambi i testi presentano una veste latineggiante nei tratti grafici17 (hora, tucta, havemo facta, optima 1 ad contenteza 2 B, letitia B e Is; coniunctione 2 B, 3, 1 Is, reverentia 2 Is) e fonetici (heri, multo, cum, citate 1 cità, pleno, particulare, bona, ipse, maiestate 2 B, matre 1, dignata e digni, summamente, cum 2 ecc. Is); all’usuale bona di Isabella, qui fanno eccezione i dittonghi di buona nuova 1, buona 2 (anche Beatrice ha la forma monottongata). A questa altezza inizia a presentarsi in Isabella (o meglio in uno dei suoi cancellieri che copiava sui registri dalla missiva originale scritta sotto dettatura della marchesa o copiata da una minuta autografa) l’attenzione ben calibrata al fiorentino letterario, che si farà largo progressivamente con il procedere degli anni del nuovo secolo18. Sul piano morfologico si possono notare alcune differenze che mostrano come Beatrice accetti ancora alcuni tratti quattrocenteschi diffusi più a sud che a nord: a stamo 3 (con restamo 1, damo e salutamo 3) di Beatrice corrisponde il fiorentino stiamo (raro stemo) di Isabella; la regina di Ungheria conserva inoltre lo articolo davanti a consonante (lo simile, due volte lo quale 3) forma che guarda al passato e all’area centrale e meridionale della Penisola, dove Isabella utilizzerebbe il o el, anche con preposizione precedente e parola seguente iniziante per consonante, per s implicata e per vocale: la marchesana scriverebbe, di suo pugno e per mano dei suoi segretari, del illustrissimo. Per simo (e gli altri in -imo per é > ì: rendimo 17 Indico con B le forme presenti nella lettera di Beatrice e con Is quelle presenti nella lettera di Isabella. 18 Rimando all’utile spoglio di cinquecento lettere isabelliane della tesi magistrale di Matteo Basora, «La prima donna del mondo»: Isabella d’Este epistolografa tra lettere e arti. Edizione e analisi linguistica di missive autografe e dei copialettere, relatore Silvia Isella, correlatori Simone Albonico e Roberto Vetrugno, Università degli Studi di Pavia, A.A. 2010/2011. 143 11. Vetrugno.indd 143 17/12/2018 09:18:10 Roberto Vetrugno 2, scrivimo 3 e i futuri scriverimo e mandarimo 3) dove al nord è semo, rendemo, rimando ai Ricordi di Loise De Rosa e alla disamina di questi casi di metafonesi proposta da Formentin19. Residuo importante è quesse per ‘queste’20, attestato ampiamente a Napoli in diversi tipi di testi. Di Isabella si segnala la forma padana, e latineggiante, baso 1 e basandoli 2 nonché l’uso di el articolo. Le poche differenze tra le due lettere provano la condivisione di un italiano comune nonostante le diverse aree di provenienza, la Lombardia per Isabella, Napoli per Beatrice; scritture messaggere che presentano in veste femminile quella comunicazione tra i protagonisti delle corti in cui Castiglione riconobbe l’affermazione di una lingua nazionale ed europea. Bibliografia Castiglione 2016 = Baldassarre Castiglione, Amedeo Quondam (ed.), Il libro del Cortegiano. I. La prima edizione, Roma, Bulzoni. Berzeviczy 1962 = Albert Berzeviczy, Rodolfo Mosca (ed.), Beatrice d’Aragona regina d’Ungheria, Milano, Dall’Oglio (1. ed. Milano, Corbaccio, 1931; ed. orig. Id., Beatrix Királyné 1457-1508, Atheneum, Budapest 1908). Berzeviczy 1914 = Albert Berzeviczy (ed.), Acta vitam Beatricis reginae Hungariae illustrantia. Aragóniai Beatrix magyar királyné életére vonatkozó okiratok, Budapest, Monumenta Hungariae Historica, Diplomataria 39, MTA. De Rosa 1998 = Loise De Rosa, Vittorio Formentin (ed.), Ricordi, edizione critica del ms. Ita. 913 della Bibliothèque Nationale de France, vol. I, Roma, Salerno. Guerra 2010 = Enrica Guerra, Il carteggio tra Beatrice d’Aragona e gli Estensi (1476-1508), Roma, Aracne. Ledgeway 2009 = Adam Ledgeway, Grammatica diacronica del napoletano, Tübingen, Niemeyer Verlag. Luzio/Renier 2006 = Alessandro Luzio / Rodolfo Renier, Simone Albonico (ed.), La coltura e le relazioni letterarie di Isabella d’Este Gonzaga, [introduzione di Giovanni Agosti, indici e apparati a cura di Alessandro Della Casa et al.] Milano, Sylvestre Bonnard. Vecellio 1590 = Cesare Vecellio, De gli habiti antichi e moderni di diverse parti del mondo, Venezia, Zenaro: 471. Vetrugno 2015 = Roberto Vetrugno, La lingua cortigiana nel Dworzanin Polski di Górnicki, in Elżbieta Jamrozik / Dario Prola (edd.), Il traduttore errante. Figure, strumenti, orizzonti. Atti del Convegno (Varsavia, 10-11 aprile 19 20 De Rosa 1998: 116. Cfr. Ledgeway 2009: 295-208. 144 11. Vetrugno.indd 144 17/12/2018 09:18:10 Lingua ed epistolografia cortigiana in Europa 2015), Warszawa, Instytut Komunikacji Specjalistycznej i InterkulturowejUniwersytet Warszawski: 237-248. Vetrugno 2016 = Roberto Vetrugno, Lingua ed epistolografia cortigiana, in Laura Fortini / Giuseppe Izzo / Concetta Ranieri (edd.), Scrivere lettere nel Cinquecento. Corrispondenze in prosa e in versi, Roma, Edizioni di Storia e letteratura: 233-245. Vetrugno 2018a = Roberto Vetrugno, La lingua cortigiana in Europa: il carteggio di Isabella d’Este Gonzaga con Bona Sforza regina di Polonia, in Elena Pirvu (ed.), Il tempo e lo spazio nella lingua e nella letteratura italiana. Atti dell’VIII Convegno internazionale di italianistica dell’Università di Craiova (Craiova, 16-17 settembre 2016), Firenze, Cesati: 259-270. Vetrugno 2018b = Roberto Vetrugno, Una proposta di criteri per l’edizione di carteggi rinascimentali italiani, in Claudia Berra / Paolo Borsa / Michele Comelli e Stefano Martinelli Tempesta (edd.), Epistolari dal Due al Seicento: modelli, questioni ecdotiche, edizioni, cantieri aperti, in «Quaderni di Gargnano» 2, Milano, Università degli Studi, riviste.unimi.it/quadernidigargnano. Vetrugno in stampa = Roberto Vetrugno, Le parole del cortigiano. Glossario tematico delle lettere di Baldassarre Castiglione, Bologna, I libri di Emil. 145 11. Vetrugno.indd 145 17/12/2018 09:18:10 11. Vetrugno.indd 146 17/12/2018 09:18:10