Pagina 000 RIASSUNTO DI FISIOLOGIA MEDICA APPARATO RESPIRATORIO APPARATO DIGERENTE RENE SISTEMA ENDOCRINO METABOLISMO GRASSI LIPIDI E PROTEINE Questo Riassunto è interamente ispirato al libro FISIOLOGIA MEDICA, GUYTON e HALL 12° EDIZIONE. Essendo un lavoro lungo e complesso invito il lettore a perdonarmi eventuali errori di battitura, e consiglio per lo studio l’integrazione con il suddetto libro. A.F. Pagina 001 Apparato respiratorio (37-40) CAPITOLO 37 Il sitema respiratorio ha il compito di fornire ossigeno ai tessuti e rimuovere l’anidride carbonica. Questo avviene tramite 4 processi: 1)ventilazione polmonare 2) la diffusione dell’O2 e Co2 tra aria alveolare e sangue 3) il trasporto sanguigno della co2 e O2 4)regolazione respiratoria Due meccanismi consentono la dilatazione polmonare durante la respirazione: primo meccanismo lo spostamento del diaframma in direzione craniale o caudale e l’elevazione/abbassamento delle coste. Durante la respirazione normale è soprattutto il movimento del diaframma a consentire l’espansione dei polmoni nell’inspirazione contraendosi e tirando verso il basso la superficie diaframmatica dei polmoni, seguita dall’espirazione, garantita dal rilasciamento del diaframma e dalla forza di ritorno elastico del polmone, della gabbia toracica e delle strutture addominali. Quando la ventilazione aumenta, è necessario l’intervento della muscolatura addominale che spinge gli organi verso l’alto contro il diaframma, favorendo la compressione polmonare. il secondo meccanismo con cui il polmone può essere espanso è il sollevamento delle coste: durante l’inspirazione le coste vengono sollevate verso l’alto e in avanti aumentando il diametro anteroposteriore della gabbia toracica del 20% grazie ai muscoli inspiratori. questi sono distinti in primari sempre (intercostali parasternali e scaleni), di cui fa parte anche il diaframma e che vengono necessariamente reclutati nell’inspirazione, e accessori (intercostali esterni, sternocleidomastoidei, serrati anteriori), che possono intervenire in aggiunta ai primari. al contrario, durante l’espirazione, si verifica l’abbassamento delle coste garantito dai muscoli espiratori, che riducono le dimensioni della gabbia toracica e sono i retti dell’addome e gli altri muscoli addominali e i muscoli intercostali interni. I polmoni sono strutture elastiche che, quando vengono a mancare le forze che li mantengono espansi, collassano ed espellono l’aria che contengono. I polmoni sono localizzati nella cavità toracica circondati da liquido pleurico che ne lubrifica i movimenti. La continua rimozione di liquido pleurico provoca un effetto aspirante tra le pleure viscerale e parietale che fa aderire saldamente i polmoni alla parete toracica senza impedirne però lo scivolamento. Tra i due foglietti pleurici vige la pressione pleurica, leggermente negativa (dovuta all’aspirazione di cui si è parlato): all’inizio dell’inspirazione la press pleurica è di circa –5 cmH2O, che corrisponde alla forza aspirante necessaria per mantenere i polmoni espansi al volume che essi hanno in condizioni di riposo. Durante l’inspirazione, l’espansione della parete toracica espandendosi trascina con se il polmone con una forza ancora maggiore che rende la pressione pleurica ancora più negativa (–7,5cmH2O). Durante l’espirazione i parametri variano in modo opposto. Da -7,5 a -5 Per pressione alveolare s’intende la pressione che vige negli alveoli polmonari. Quando, a glottide aperta, non vi è alcun flusso d’aria nei polmoni, la pressione dell’intero albero polmonare è pari alla pressione atmosferica, quindi 0cmH2O. Affinché possa entrare aria negli alveoli, la pressione deve scendere ad un valore leggermente inferiore a 0. Durante una normale inspirazione, la pressione si abbassa fino a –1cmH2O, sufficiente a far entrare nei polmoni circa 0.5L d’aria in circa 2 sec. Durante l’espirazione la pressione aumenta a circa +1 che consente di far uscire 0.5L in 2-3sec. Pagina 002 Per pressione transpolmonare s’intende la differenza tra pressione alveolare e pressione pleurica. Rappresenta una misura delle forze elastiche del polmone che tendono a farlo collassare in ogni istante del ciclo respiratorio e generano una pressione chiamata pressione di retrazione elastica. La distensibilità polmonare o compliance è definita come l’aumento di volume polmonare causato da un incremento della pressione transpolmonare. Ogni volta che la press transpolm aumenta di 1cmH2O, il volume polmonare aumenta di circa 200mL in 10-20 sec. Il diagramma della compliance polmonare statica mostra la variazione di volume polmonare in funzione delle variazioni della pressione transpolmonare: 2 curve, una per l’inspirazione e l’altra per l’espirazione. A determinare l’andamento del diagramma sono le caratteristiche elastiche del polmone che dipendono dalla forza elastica del tessuto polmonare (elastina e collagene) e dalla forza elastica originata dalla tensione superficiale del liquido che bagna le pareti alveolari. A livello della superficie interna degli alveoli le molecole d’acqua più superficiali della fase liquida (quindi a contatto con aria) si attraggono e tendono a trascinare verso l’interno la parete alveolare spingendo l’aria al di fuori degli alveoli verso i bronchi. La forza elastica di tensione superficiale rappresenta i 2/3 delle forze elastiche che tendono a far collassare il polmone: eliminando la presenza della tensione superficiale espandendo il polmone con soluzione fisiologica invece che con aria, la pressione pleurica necessaria per espandere il polmone è circa 3 volte minore di quella richiesta per espandere il polmone pieno d’aria. Quindi per espandere il polmone senza il liquido che generei la tensione superficiale serve una forza minore. Grazie al surfattante alveolare, una sostanza tensioattiva, la tensione superficiale è notevolmente ridotta. Maggiore è la forza di tensione superficiale maggiore è la forza necessaria a non far collassare il polmone, espressa dalla pressione. Pagina 003 Esso è secreto dalle cellule alveolari epiteliali (pneumociti) di II tipo (10% superficie alveolare), cellule granulari che contengono inclusioni lipidiche il cui contenuto viene riversato negli alveoli. Il tensioattivo è una miscela di fosfolipidi, proteine e ioni (dipalmitoilfosfatidilcolina, apoproteine del surfattante e ioni calcio soprattutto). I fosfolipidi, molecole anfipatiche, dispongono la loro coda idrofoba a contatto con l’aria e la loro testa idrofila disciolta nel liquido. Grazie allo strato di surfattante la tensione superficiale si riduce da 1/12 a ½ rispetto a quella che si esercita a livello di una superficie di acqua pura. Tens. Superf. Acqua pura=72dyn/cm; tens. Superf. liquido alveolare SENZA tensioattivo=50dyn/cm; tens. Superf. liquido alveolare CON tensioattivo= 5-30dyn/cm Fin’ora è stato considerato il polmone al di fuori della cavità toracica, ma la parete toracica possiede caratteristiche elastiche e viscose proprie che vanno tenute in considerazione. La pressione necessaria per espandere l’intero sistema respiratorio è quasi doppia rispetto a quella necessaria per espandere i polmoni separati dalla parete toracica, quindi la compliance del sistema toraco-polmonare è circa ½ rispetto a quella dei polmoni (110mL/cmH2O rispetto ai 200mL/cmH2O dei polmoni soli). Grazie alla spirometria è possibile registrare il volume d’aria che entra ed esce dai polmoni. Grazie allo spirometro, strumento che serve a calcolare i volumi polmonari, è stato possibile registrare i movimenti respiratori su uno spirogramma. In questo diagramma il volume d’aria contenuto nei polmoni viene suddiviso in 4 volumi e 4 capacità. Volumi: 1. Volume corrente (Vt), è il volume inspirato/espirato ad ogni atto respiratorio normale e corrisponde a 500mL ca; 2. Volume di riserva inspiratoria (VRI), è il volume che può essere inspirato forzatamente dopo la fine di un’inspirazione normale e corrisponde a 3L ca; 3. Volume di riserva espiratoria (VRE), massimo volume d’aria che può essere espirato forzatamente a partire dalla fine di un’espirazione (~1100mL); 4. Volume residuo (VR), volume d’aria che rimane nei polmoni dopo espirazione massimale (~1200mL). Capacità: 1. Capacità inspiratoria (CI)= vol corrente + vol di riserva inspiratoria (~3,5L); 2. Capacità funzionale residua (CFR)= vol di riserva espiratoria + vol residuo, corrisponde al volume d’aria che rimane nei polmoni alla fine di una normale espirazione (~2,3L); [N.B.: La CFR non è misurabile con lo spirometro perché il volume residuo non può essere espirato. Occorre utilizzare il metodo della diluizione dell’elio: lo spirometro (volume noto) viene riempito con una miscela di aria ed elio Pagina 004 (concentrazioni note), il soggetto espira normalmente prima di collegarsi allo spirometro (avrà quindi nei polmoni un volume d’aria corrispondente alla CFR) per poi collegarsi allo spirometro e iniziare a respirare in modo che la miscela di gas si mescoli all’aria contenuta nei polmoni. L’elio si diluirà quindi nel volume d’aria corrispondente alla CFR che si potrà determinare calcolando il grado di diluizione dell’elio (formula a pag 463)]. 3. Capacità vitale (CV)= vol di riserva inspiratoria + vol corrente + vol di riserva espiratoria, corrisponde al massimo volume d’aria che una persona può espellere con un’espirazione massimale, dopo averli riempiti quanto più possibile (~4,6L); 4. Capacità polmonare totale (CPT)= capacità vitale + vol residuo, corrisponde al massimo volume al quale i polmoni possono essere espansi con un’inspirazione massimale (~5,8L). Nella donna i valori sono inferiori del 20-25%, negli atleti sono superiori. Ventilazione polmonare totale VS ventilazione alveolare La ventilazione polmonare totale corrisponde al volume d’aria che entra (ed esce) ogni minuto ed è data dal prodotto tra il volume corrente (~500mL) e la frequenza respiratoria (12 atti/min), ammontando mediamente a circa 6L/min. La ventilazione alveolare corrisponde al volume d’aria inspirata che ogni minuto raggiunge alveoli, sacchi alveolari e bronchioli respiratori. Una parte dell’aria inspirata però non raggiunge mai queste regioni, ma riempie le vie respiratorie di conduzione dove non avvengono scambi gassosi. L’aria che si ferma in queste regioni viene espirata per prima e questo costituisce uno svantaggio per la rimozione dei gas espiratori dai polmoni. Il volume d’aria che si ferma in queste regioni corrisponde al volume dello spazio morto respiratorio. Il volume normale dello spazio morto è pari a ~150mL. Per calcolarlo si fa compiere un’inspirazione profonda di ossigeno puro al soggetto per poi farlo espirare attraverso un analizzatore rapido della concentrazione di azoto: la prima porzione di aria espirata proviene dallo spazio morto e sarà completamente costituita da ossigeno; quando l’aria alveolare inizia a raggiungere l’analizzatore, la concentrazione di azoto aumenta rapidamente e inizia a miscelarsi con l’ultima aria dello spazio morto fino a raggiungere un livello costante di concentrazione di azoto (solo aria alveolare). Inoltre, esiste una differenza tra spazio morto anatomico e spazio morto fisiologico: il primo corrisponde a quello che abbiamo descritto prima; il secondo invece include anche eventuali alveoli che non svolgono la propria funzione o sono solo parzialmente funzionali. I due sono in genere praticamente uguali, a parte in casi patologici. A questo punto è possibile calcolare l’entità della ventilazione alveolare come Va=Freq x (Vt – Vd) [Freq è la frequenza respiratoria per min; Vt è il volume corrente; Vd è il volume dello spazio morto], quindi Va= 12 x (500 – 150)=4,2L/min. Trachea-bronchioli-bronchioli terminali. I bronchioli in condizioni patologiche possono venire occlusi dalla contrazione della muscolatura liscia che li compone, dall’edema della parete o dalla raccolta di muco nel lume. Sono poche le fibre ortosimpatiche che qui hanno fibre nervose, tuttavia la nora e adrenalina rilasciata in circolo ha un potente effetto sui recettori beta adrenaergici con broncodilatazione. Al contrario qui il parasimpatico ha una forte azione broncocostrittiva. Altri fattori come istamina e SRSA rilasciata da mastociti causano broncocostrizione. Pagina 005 CAPITOLO 38 - Circolazione polmonare. Esistono due tipi di circolazione: una funzionale che serve per rifornire di ossigeno il sangue venoso ed una trofica che serve per nutrire il polmone I Vasi bronchiali hanno una funzione trofica: alta pressione, flusso ridotto. Le arterie bronchiali trasportano sangue ossigenato e irrorano le strutture di sostegno del polmone inclusi i setti, i grandi e piccoli bronchi e il tessuto connettivo. Il sangue viene drenato dalle vene polmonari e entra nell’atrio sinistro invece di tornare all’atrio destro. I vasi linfatici sboccano prevalentemente nel dotto linfatico toracico di destra e rimuovono particelle solide che entrano negli alveoli polmonari e allontanano eventuali proteine plasmatiche fuoriuscite dal letto vascolare per prevenire l’edema polmonare. Vasi polmonari sono quelli della circolazione funzionale: bassa pressione, flusso elevato. Trasportano il sangue venoso dal cuore destro. L’arteria polmonare i si divide nei 2 rami di dx e sx. Ha pareti sottili (1/3 dell’aorta) e le ramificazioni sono molto corte, ma di diametro maggiore rispetto alle arterie sistemiche delle corrispondenti generazioni: per questo l’albero arterioso polmonare ha distensibilità molto grande (7mL/mmHg) che consente di accogliere l’intera gittata sistolica del ventricolo dx. La capacitanza DV/DP può anche essere definita come il prodotto della distensibilità di un vaso per il volume) .La pressione nell’arteria polmonare durante la sistole è sostanzialmente uguale a quella del ventricolo dx (25mmHg) e alla fine della sistole scende molto lentamente rispetto alla pressione ventricolare. Durante la diastole, la pressione è circa 8mmHg (media 15mmHg). Nei capillari polmonari la pressione è bassa ed è di circa 7mmHg (calcolata con il metodo isogravimetrico spiegato nel cap 16; in ogni caso la pressione capillare deve avere valore medio tra la pressione dell’atrio sinistro, 2 mmHg, e il valore medio della pressione arteriosa polmonare, 15mmHg), cosa importante per gli scambi di liquido che avvengono a questo livello. Quando la gittata cardiaca è normale, il sangue impiega circa 0,8 sec per percorrere i capillari polmonari (fino a 0,3 sec se aumenta la gittata; il tempo di permanenza si ridurrebbe ulteriormente se non ci fosse il fenomeno dell’apertura di ulteriori numerosi capillari, normalmente collabiti, per accogliere il flusso ematico). Gli scambi di liquido attraverso la parete dei capillari polmonari presenta delle differenze quantitative (e non qualitative) rispetto agli scambi che avvengono nei capillari sistemici: 1. La pressione media dei capillari polmonari è più bassa rispetto a quella dei capillari sistemici (~17mmHg). Il bilancio delle forze di Starling attraverso la parete dei capillari polmonari è pari a +1mmHg (=pressione netta di filtrazione). Questa pressione provoca un flusso continuo di liquido dai capillari agli spazi intersiziali da cui in piccola parte passa negli alveoli e in gran parte viene drenato dai linfatici polmonari e pompato nel circolo sistemico. 2. La pressione del liquido interstiziale dei polmoni è leggermente più negativa; 3. I capillari polmonari sono relativamente permeabili alle molecole proteiche, che passano nell’interstizio e perciò aumentano la pressione colloido-osmotica interstiziale; 4. Le pareti alveolari sono molto sottili e l’epitelio è talmente fragile che potrebbe danneggiarsi se la pressione dell’interstizio diventasse troppo positiva superando la pressione atmosferica (0mmHg). Inoltre tra le cellule epiteliali delle pareti alveolari sono presenti alcune fenestrature che rimangono sempre aperte e attraverso le quali possono passare proteine, elettroliti e acqua. In questo modo, quando si ha liquido in eccesso, esso viene aspirato verso l’interstizio attraverso le piccole aperture per poi essere rimosso tramite i linfatici/i capillari polmonari. Forze tendenti a spingere il liquido fuori Capillari polmonari dai capillari nello spazio interstiziale Capillari sistemici Pressione capillare 7 17,3 (media) Pressione colloido-osmotica del liquido interstiziale Pressione negativa del liquido interstiziale Totale delle forze che spingono verso l’esterno 14 8,0 Pagina 006 Le vene polmonari riportano il sangue ossigenato all’atrio Forze tendenti a far riassorbire il liquido sinistro affinché venga all’interno del capillare pompato nella Pressione colloido-osmotica del plasma 28 28 circolazione sistemica. La Totale delle forze che spingono verso l’interno 28 28 pressione media nell’atrio sx e nelle grandi vene Pressione netta di filtrazione +1 +0,3 polmonari nell’uomo in posizione supina è in media circa 2mmHg. Non è possibile misurare la pressione atriale sinistra direttamente (si dovrebbe infilare un catetere in atrio), tuttavia si può stimare misurando la pressione polmonare d’incuneamento inserendo un catetere attraverso una vena periferica e spingendolo fino a farlo incuneare in una ramificazione arteriosa di piccolo calibro dell’arteria polmonare, passando per il cuore. La pressione che si misura in questo modo è di circa 5mmHg. Nei polmoni scorre circa il 9% del volume totale di sangue dell’intero sistema circolatorio (450mL) e di questo volume, circa 70mL sono contenuti nei capillari (il resto è suddiviso tra arterie e vene). I polmoni costituiscono quindi una riserva di sangue e possono compensare ad esempio un’emorragia sistemica con uno spostamento di sangue dai vasi polmonari a quelli sistemici. In caso d’insufficienza di cuore sinistro/stenosi o insufficienza della valvola mitralica, il deflusso di sangue dal circolo polmonare è ostacolato: il volume di sangue può aumentare fino al 100% e determinare un notevole aumento della pressione dei vasi polmonari. Questo aumento pressorio provoca l’allagamento dello spazio interstiziale e degli alveoli causando edema polmonare. I meccanismi di formazione dell’edema polmonare sono analoghi a quelli che portano edema a livello di qualsiasi altra parte dell’organismo: fattori che facciano aumentare la filtrazione di liquido dai capillari (come ad esempio in caso di lesioni della parete dei capillari causate da infezioni come la polmonite/inalazione di prodotti tossici) o impediscano la funzione linfatica e che siano capaci di rendere la pressione del liquido interstiziale più positiva. Alcuni esperimenti hanno dimostrato però che la pressione nei capillari deve aumentare fino ad un valore almeno uguale a quello della pressione colloidoosmotica del sangue prima che si possa instaurare un grado significativo di edema polmonare. Perciò essendo la pressione colloido-osmotica del sangue pari a circa 28mmHg, la pressione dei capillari dovrà salire da 7 a più di 28mmHg perché inizi a comparire edema, sicché il margine di sicurezza a breve termine nei confronti dell’edema polmonare è di circa 21mmHg. Superato questo margine si può sviluppare edema polmonare letale nell’arco di alcune ore e, in caso la pressione salga 25-30mmHg sopra il valore del margine, anche nel giro di 20-30 min. In situazioni croniche, quando la pressione capillare rimane costantemente elevata, il polmone diventa più resistente perché i linfatici si dilatano e aumentano la loro capacità di drenaggio del liquido interstiziale. 8 29 3,0 28,3 Il flusso di sangue attraverso i polmoni è uguale alla gittata cardiaca e per questo regolato dai medesimi fattori. Quando la concentrazione di ossigeno dell’aria alveolare diminuisce al di sotto di un valore di 73mmHg (70% del valore normale che quindi è 104,3 mmHg), i vasi sanguigni adiacenti agli alveoli si costringono e la resistenza vascolare aumenta (risposta opposta a quella che si verifica a livello sistemico): il tessuto polmonare rilascia una sostanza ancora ignota che induce vasocostrizione delle piccole arterie e delle arteriole (si ipotizza che sia secreta dalle cellule dell’epitelio alveolare). Il flusso sanguigno è così dirottato verso regioni polmonari meglio ventilate. A causa della differenza di pressione idrostatica, il flusso sanguigno non è lo stesso in tutte le regioni del polmone: nelle zone al di sopra del cuore è pari a 10mmHg (25pressione a livello del cuore -15 che è la pressione idrostatica) e a Pagina 007 33mmHg (25+8 p idrostatica) in quelle al di sotto, perciò il flusso è modesto nella parte alta del polmone, mentre è circa 5 volte maggiore nelle porzioni più basse. Tuttavia la pressione diastolica raggiunta nei capillari è solo di 8 mmHg pertanto durante la diastole tale pressione non può superare quella idrostatica dando origine alla zona 2. I capillari delle pareti alveolari vengono distesi dalla pressione del sangue al loro interno ma contemporaneamente sono compressi dalla pressione alveolare al loro esterno. Se questa supera la pressione capillare i capillari collassano.Le differenze di flusso ematico che si ritrovano nel polmone ci consentono di suddividerlo in 3 zone: 1. Assenza totale di flusso sanguigno in tutte le fasi del ciclo cardiaco (perché la pressione nei capillari alveolari non è mai superiore alla pressione alveolare), si osserva solo in condizioni anormali, ad es quando la pressione sistolica dell’arteria polmonare è troppo bassa oppure quando la pressione alveolare è troppo alta da permettere il flusso. 2. Flusso sanguigno intermittente, quando la pressione dell’arteria polmonare è vicina al valore sistolico (perché la pressione del sangue supera quella alveolare solo nella fase sistolica), generalmente agli apici; 3. Flusso sanguigno continuo (perché la pressione capillare supera quella alveolare per tutto il ciclo cardiaco), in tutte le altre regioni dei polmoni. Durante l’esercizio fisico intenso il flusso aumenta in tutte le parti del polmone fino a provocare il passaggio delle regioni apicali del polmone da una situazione di zona 2 a una di zona 3. I polmoni possono accogliere l’aumento di flusso (1) aumentando i capillari pervi, (2) distendendo i capillari e raddoppiando il flusso in ciascuno di essi, (3) aumentando la pressione arteriosa polmonare. In particolare i primi due fattori fanno sì che la resistenza vascolare polmonare sia ridotta di molto e in questo modo la pressione arteriosa aumenta molto poco. Questo garantisce che ci sia un risparmio energetico da parte del cuore destro e impedisce che la pressione nei capillari polmonari aumenti troppo (potrebbe provocare edema polmonare). In caso d’insufficienza del cuore sinistro, il sangue inizia ad accumularsi in atrio sx e la pressione può raggiungere i 40-50mmHg (rispetto al normale valore di 15mmHg): l’iniziale aumento non produce alcun effetto, ma quando si superano i 7-8 mmHg, si verifica un aumento parallelo della pressione dell’arteria polmonare e superati i 30mmHg l’insorgenza di edema polmonare è probabile. Liquido pleurico È costituito da mucopolisaccaridi che facilitano lo scivolamento dei due foglietti pleurici uno sull’altro. Il volume di liquido è di norma minimo, pari ad alcuni millilitri, e in caso di aumento è pompato via prevalentemente dai vasi linfatici della pleura parietale che comunicano con il cavo pleurico tramite una serie di aperture o stomi presenti nel mediastino, sulla superficie superiore del diaframma e sulla superficie delle regioni caudali della pleura costale. Lo spazio pleurico è quindi, di norma, uno spazio virtuale. Data la tendenza dei polmoni a collassare (dovuta alla loro natura elastica), necessitano di una costante pressione negativa che agisca sulla loro superficie esterna, che è garantita dal continuo drenaggio linfatico di liquido dallo spazio pleurico. Questa pressione deve essere sempre di almeno -4mmHg (dato che la forza con cui il polmone tende a collassare è pari a circa -4mmHg). La pressione del liquido pleurico varia da -5 a -7. Il versamento pleurico corrisponde all’edema che si verifica nei tessuti, solo che nel cavo pleurico. Le cause corrispondono a quelle che determinano la formazione dell’edema negli altri tessuti, quindi: blocco del drenaggio linfatico, insufficienza cardiaca, forte diminuzione della pressione colloido-osmotica plasmatica ed infezioni o altre cause che portino a lesioni dell’endotelio capillare e del mesotelio. Pagina 008 Capitolo 39 – Principi fisici degli scambi gassosi La diffusione Dopo che, grazie alla ventilazione, è stata immessa nuova aria negli alveoli, si verifica la diffusione dell’ossigeno da questi ultimi al sangue e dell’anidride carbonica dal sangue agli alveoli. La diffusione è dovuta a movimenti casuali delle molecole in tutte le direzioni attraverso la membrana respiratoria ed è importante conoscere la velocità con cui essa avviene. Il processo di diffusione richiede energia, rappresentata dall’energia cinetica delle molecole che sono libere di muoversi e collidono tra loro in continuazione. La diffusione delle molecole di un gas avviene secondo gradiente di concentrazione e la velocità di diffusione di un gas in una direzione è proporzionale alla sua concentrazione nella regione di origine. – [Occorre ricordare però che alcune molecole riescono a spostarsi dall’area a minore concentraz a quella a maggiore concentraz a causa dei loro movimenti casuali: il flusso diffusionale netto di un gas è uguale al numero di molecole che si muovono secondo gradiente di concentrazione meno quelle che si muovono nella direzione opposta ed è proporzionale alla differenza tra le pressioni parziali del gas nelle due regioni, detta gradiente di pressione per la diffusione]. In fisiologia respiratoria però non troviamo un unico gas, ma una miscela gassosa, quindi diciamo che la velocità di diffusione di ognuno dei gas che fa parte della miscela è proporzionale alla sua pressione parziale. Quest’ultima è determinata sia dalla concentrazione sia dal coefficiente di solubilità del gas in soluzione. Le molecole di un gas sono chimicamente e fisicamente attratte dalle molecole d’acqua, altre ne sono respinte: nel primo caso si potranno sciogliere nel liquido molte più molecole di gas senza esercitare valori elevati di pressioni parziali (coefficiente di solubilità più alto), mentre nel secondo caso basteranno poche molecole per sviluppare pressioni parziali elevate (coefficiente di solubilità più basso). Secondo la legge di Henry quindi: Pparziale= [gas disciolto]/coeff. di solubilità Concentrazione gas = Pparziale x Coeff di solubilità Meno è alto coefficiente più pression Più è alto il coeff più bassa è la pressione Coefficienti di solubilità più importanti (a temperatura corporea di 37°C): O2= 0.024 CO2= 0.57 CO2 è 20 VOLTE PIU’ SOLUBILE DELL’O2 (quindi a parità di concentrazione la Pco2 è 1/20 di quella dell’O2) CO= 0.018 N= 0.012 He= 0.008 I gas diffondono dall’aria alveolare al sangue, ma anche nel sangue le molecole di gas sono soggette ad agitazione casuale, quindi alcune di esse tornano negli alveoli. Per questo la direzione della diffusione netta del gas è determinata dalla differenza tra i valori di Pparz del gas nelle due fasi (gas e liquido): se la Pgas alv>Pgas sangue (come per l’O2), allora saranno di più le molecole che diffonderanno dall’alveolo al sangue e viceversa (come per la CO2). Quando aria inalata non umidificata passa attraverso le vie respiratorie, si verifica l’immediata evaporazione di acqua presente sulla superficie delle vie aeree: questo fenomeno è dovuto alla naturale tendenza che anche le molecole di acqua, come i gas, hanno di sfuggire dalla superficie del liquido per portarsi in fase gassosa. La PH2O esercitata per sfuggire alla superficie è detta tensione di vapore e a 37°C è pari a 47mmHg. Il valore della PH2O dipende Pagina 009 strettamente dalla temperatura: > è la temp, > sarà la PH2O. pertanto l’aria umidificata ha in più vapore acque che diluisce i gas abbassando la percentuale di N2 e O2. La diffusione di un gas nel liquido è influenzata, oltre che dal gradiente di pressione parziale, anche (1) dalla solubilità del gas nel liquido (>solubilità= >numero di molecole che diffondono a parità di gradiente pressorio), (2) dall’area della sezione trasversa del liquido (>area= >numero di molecole che diffondono), (3) dalla distanza attraverso cui il gas deve diffondere (>distanza= >tempo per diffondere), (4) dal peso molecolare del gas (l’attività cinetica delle particelle, che è direttamente proporzionale alla velocità di diffusione, è inversamente proporzionale alla radice quadrata del peso molecolare) e (5) dalla temperatura del liquido (che generalmente è costante nel corpo umano, quindi può non essere presa in considerazione). Tutti questi fattori sono espressi in un’unica formula che è a pag. 478. N.B. (solo per i pazzi come noi <3): Solubilità e peso molecolare dipendono strettamente dalle caratteristiche del gas considerato e possono essere riuniti in una costante detta coefficiente di diffusione del gas (= S/√PM) e i valori più importanti sono a pag. 479 nel box blu ed espressi relativamente a quello dell’O2 che è assunto essere =1. [N.B.B.: Questo NON E’ il coefficiente di diffusione di Fick che noi conosciamo BENISSIMO e che è direttamente proporzionale all’energia cinetica delle molecole – quindi alla temperatura – e inversamente proporzionale alla viscosità del mezzo e al raggio delle molecole, BENSI’ (e qua viene il bello) corrisponde al coefficiente di Krogh che trascura temperatura e viscosità in quanto costanti nel caso della diffusione alveolare e considera che il raggio di una molecola sferica è direttamente proporzionale alla radice quadrata del suo peso molecolare, pertanto raggruppa il coefficiente di solubilità e 1/√PM e quindi corrisponde al prodotto tra coefficiente di solubilità e coefficiente di diffusione secondo Fick]. Per quanto riguarda la diffusione dei gas attraverso i tessuti, procede come nell’acqua con coefficienti dello stesso valore di quelli nella tabella a pag.479 dato che i gas non hanno difficoltà ad attraversare le membrane cellulari (essendo altamente liposolubili). Composizione dell’aria alveolare diversa da quella dell’aria atmosferica L’aria alveolare non ha affatto la stessa concentrazione di gas dell’aria atmosferica che viene inspirata per una serie di motivi. 1) Appena l’aria atmosferica entra nelle vie aeree viene saturata di vapore acqueo prima di entrare negli alveoli: in questo modo i gas vengono diluiti e questo provoca un abbassamento della Pparziale (ad es. Po2 atmosferica=159mmHg ≠ Po2 aria umidificata=149mmHg). 2) Nel corso di ogni atto respiratorio soltanto 350mL di aria “nuova” vengono immessi negli alveoli quindi solamente 1/7 del volume di aria totale è costituito da aria appena inspirata nel polmone (con una ventilazione alveolare normale, dopo 17 sec è stato rimosso solo il 50% circa del gas già presente, se la ventilazione si dimezza ci vogliono 34 sec, se raddoppia ce ne vogliono 8). Questa lentezza di ricambio di aria è essenziale per evitare bruschi cambiamenti di [gas] nel sangue e in questo modo la respirazione è mantenuta più stabile e sono prevenute eccessive oscillazioni del grado di ossigenazione dei tessuti e della concentrazione di CO2 e del pH quando la respirazione è temporaneamente interrotta. La [O2] è controllata sia dalla velocità di assorbimento dell’O2 nel sangue, sia dalla velocità con cui nuovo O2 entra nel polmone. L’assorbimento di O2 nel sangue procede ad una velocità di 250mL/min in condizioni normali. Mentre la velocità di ventilazione è pari a 4.2litri di aria al minuto. E la pressione parziale dello2 è costante a 104 mmHg. Se la velocità di consumo di 02 aumenta, come in caso di moderato esercizio fisico, l’entità della ventilazione alveolare deve essere aumentata perché sia mantenuta una normale Po2 (=104mmHg negli alveoli). Pagina 010 Alcontrario La CO2 si comporta in maniera opposta all’O2 essendo continuamente prodotta dall’organismo e trasportata dal sangue agli alveoli per essere rimossa. La CO2 viene normalmente prodotta ad una velocità di 200mL/min e la ventilazione alveolare ne espelle 4,2L/min in modo da mantenere la Pco2 a 40mmHg. All’aumentare della produzione di CO2 aumenterà quindi anche la Pco2 e, viceversa, all’aumentare della ventilazione alveolare la Pco2 diminuirà. Grafici a pagg 480 e 481. Unità respiratoria (o lobulo respiratorio) e membrana alveolo-capillare L’unità respiratoria comprende un bronchiolo respiratorio con i dotti alveolari, gli atri e i sacchi alveolari o alveoli. Nei due polmoni ci sono 300 milioni di alveoli e le pareti alveolari contengono un fittissimo reticolo di capillari tra di loro interconnessi. Dato l’elevato numero di capillari (il cui diametro medio è di appena 5µm, quindi ci passa un globulo rosso e pure male), il flusso ematico nella parete alveolare è stato descritto come uno “strato” di sangue che scorre. Le membrane che si interpongono tra l’aria e il sangue e che consentono gli scambi, prendono il nome di membrana respiratoria o membrana alveolo-capillare. Questa è costituita da 6 strati: (1) uno strato di liquido che riveste l’alveolo e che contiene surfattante (2) l’epitelio alveolare costituito da cellule epiteliali molto sottili; (3) la membrana basale dell’epitelio, (4) uno spazio interstiziale tra l’epitelio alveolare e l’endotelio capillare, (5) la membrana basale del capillare che in molti punti si fonde con la membrana basale epiteliale, (6) l’endotelio Pagina 011 capillare. Lo spessore complessivo è in media di 0,6 µm, la superficie totale di membrana in un soggetto adulto normale è di circa 70m^2 e il volume totale di sangue presente in ogni istante nei capillari è tra 60 e 140 mL. Data l’estrema sottigliezza dei capillari, i globuli rossi vi passano deformandosi e la loro membrana è praticamente a contatto con la parete del capillare: in questo modo i gas diffondono attraverso la membrana dell’alveolo e poi del globulo rosso senza quasi entrare in contatto col plasma. Velocità di diffusione La velocità di diffusione del gas attraverso la membrana respiratoria è influenzata da una serie di fattori: (1) lo spessore della membrana, che può aumentare ad esempio in presenza di liquido edematoso o in alcune malattie che provocano fibrosi polmonare; (2) l’area della superficie della membrana, che può ridursi in diverse situazioni come ad esempio dopo rimozione di un polmone o in caso di enfisema polmonare in cui più alveoli possono fondersi insieme e formare una cavità molto più grande di un alveolo che però ha una superficie di scambio molto ridotta; (3) il coefficiente di diffusione di cui si è già parlato; (4) il gradiente di pressione di un gas che è dato dalla differenza tra la pressione parziale del gas nell’alveolo e quella del medesimo gas nel sangue e corrisponde al valore netto della tendenza di un dato gas ad attraversare la membrana. Capacità di diffusione La capacità di diffusione della membrana respiratoria è definita come il volume di un dato gas che in 1 min diffonde attraverso la membrana, per una differenza di pressione di 1mmHg ed è quindi la capacità complessiva della membrana a prestarsi allo scambio di un gas. La capacità di diffusione per l’O2 si aggira intorno a 21mL/min/mmHg. Durante una respirazione tranquilla (a riposo), la differenza di Po2 attraverso la membrana si aggira intorno a 11mmHg (104-11)e il prodotto di questo valore per la capacità di diffusione (11 x 21) dà un totale di circa 230mL di O2 che diffondono attraverso la membrana ogni minuto e corrisponde al consumo di O2 dell’organismo a riposo. Durante esercizio fisico intenso invece, la capacità di diffusione aumenta fino ad un massimo di 65mL/min/mmHg (il triplo del valore a riposo) grazie all’apertura di un certo numero di capillari prima esclusi e alla dilatazione di quelli già funzionanti che provoca un aumento della superficie di scambio per la diffusione di O2, nonché ad una migliore corrispondenza tra ventilazione degli alveoli e perfusione ematica dei capillari alveolari (rapporto ventilazione-perfusione espresso da Va/Q, ovvero ventilazione alveolare/flusso ematico, che, come dice nelle sbob, è importante. Poiché un alveolo, per essere funzionale, deve essere contemporaneamente ben ventilato e anche ben perfuso, se una delle due condizioni viene a mancare l’alveolo non è ben funzionante. Se l’alveolo non è ben perfuso, i gas che arrivano all’alveolo sono praticamente sprecati poiché non possono essere ben scambiati visto che non c’è una sufficiente irrorazione sanguigna. Viceversa, se abbiamo un alveolo non ben ventilato, il sangue che arriva è inutile perché si creerà un equilibrio in cui non c’è più ossigeno nuovo da prendere dall’alveolo e l’anidride carbonica si accumulerà a livello alveolare; quindi avremo lo stabilirsi di diversi equilibri, tutti non funzionali. Il rapporto ventilazione/ perfusione si può misurare a seconda della zona del polmone e in particolare per i singoli alveoli. Ogni alveolo viene regolato singolarmente in base al proprio rapporto ventilazione/ perfusione in modo da renderlo funzionale.). La capacità di diffusione per la CO2 non è mai stata misurata per difficoltà tecniche, dato che diffonde molto rapidamente attraverso la membrana respiratoria e la differenza di Pco2 tra i due compartimenti è pari a circa 1mmHg, valore che le tecniche di oggi non permettono di misurare con precisione. Tuttavia, sapendo che il coefficiente di diffusione della CO2 è circa Pagina 012 20 volte più grande di quello dell’O2, la capacità di diffusione per la CO2 dovrebbe essere intorno a 400-450mL/min/mmHg a riposo e 1200-1300mL/min/mmHg durante l’attività fisica. Capitolo 40 – Trasporto di O2 e CO2 nel sangue e nei liquidi corporei Trasporto di ossigeno dai polmoni ai tessuti Quando il sangue ossigenato giunge ai tessuti, la Po2 è più elevata nei capillari sanguigni che nei tessuti e quindi l’ossigeno diffonde negli spazi interstiziali e poi all’interno delle cellule. Come mostra la figura a sinistra, il valore iniziale del gradiente di pressione parziale che determina la diffusione di O2 nei capillari polmonari è di 104 – 40= 64mmHg. Man mano che il sangue scorre nel capillare polmonare, la Po2 sale rapidamente sino a raggiungere un valore quasi pari a quello dell’aria alveolare (104mmHg) prima che il sangue abbia percorso 1/3 della lunghezza del capillare (diagramma in basso nella figura). In questo modo, durante l’esercizio fisico, pur essendo ridotta la durata del ciclo cardiaco e con essa anche il tempo di permanenza del sangue nei capillari polmonari, l’ossigenazione del sangue (la saturazione in ossigeno del sangue arterioso) sarà comunque pressoché completa. Oltre a questo fenomeno, bisogna ricordare che la capacità di diffusione dell’ossigeno può aumentare di quasi 3 volte durante l’esercizio muscolare ( passa da 21 a 65 ml/min/mmHg N.B.: Circa il 98% del sangue che arriva dai polmoni all’atrio sinistro ha una Po2 di 104mmHg. Il restante 2% costituisce un flusso di shunt: è passato attraverso la circolazione bronchiale, irrorando i tessuti delle strutture profonde del parenchima polmonare senza essere esposto agli scambi gassosi polmonari, e poi ha cortocircuitato le aree in cui avvengono gli scambi gassosi lasciando i polmoni con una Po2 di circa 40mmHg e unendosi al sangue ossigenato nelle vene polmonari. Avviene così una commistione venosa del sangue che determina una riduzione della Po2 del sangue che entra nel cuore sinistro da cui viene pompato nell’aorta a 95mmHg. Quando il sangue arterioso raggiunge i tessuti periferici, la Po2 è ancora di circa 95mmHg mentre la Po2 del liquido interstiziale è di circa 40mmHg. Il gradiente di Po2 è quindi ampio all’inizio dei capillari sistemici e quindi l’O2 diffonde rapidamente. In questo modo la Po2 scende a un valore quasi uguale a 40mmHg nel sangue che lascia i capillari tissutali e passa nelle vene sistemiche. La Po2 intracellulare è sempre inferiore a quella nel capillare, dato che le cellule consumano continuamente ossigeno. Inoltre spesso la distanza tra capillari e cellule Pagina 013 è considerevole, perciò il valore della Po2 intracellulare varia tra 5 e 40mmHg, con un valore medio di 23mmHg. Per soddisfare le esigenze metaboliche delle cellule è sufficiente una Po2 compresa tra 1 e 3, quindi un valore medio di 23 dà un buon margine di sicurezza. Nell’ambito del metabolismo cellulare, l’utilizzo dell’O2 è controllato da una serie di fattori: Quando la Po2 (cell) supera 1mmHg, la velocità di utilizzazione dell’O2 non è controllata dalla disponibilità di ulteriore O2, bensì dall’entità della spesa energetica intracellulare, ovvero dalla velocità con cui ADP si forma da ATP e non dalla quantità di ossigeno erogato alle cellule: l’aumento della [ADP] incrementa l’utilizzazione metabolica dell’O2 e dei nutrienti per produrre energia, che riconverte ADP ad ATP; Inoltre il consumo di O2 intracellulare può essere limitato dalla diffusione: in caso la distanza capillare-cellula sia >50µm, la velocità di diffusione è talmente bassa che la Po2 intracellulare può scendere sotto 1mmHg, quindi il consumo di O2 viene limitato (si verifica solo in casi patologici); Infine l’utilizzo di ossigeno è limitato dal flusso ematico: può capitare che il flusso ematico si riduca tanto da provocare una riduzione della Po2 al di sotto di 1mmHg, critico per il mantenimento del metabolismo tissutale. Ruolo dell’emoglobina In condizioni normali quasi tutto l’ossigeno è trasportato ai tessuti dall’emoglobina. Il 97% circa dell’O2 trasportato dal sangue si trova in forma chimicamente legata all’emoglobina contenuta nei globuli rossi e solo il 3% è disciolto nella fase liquida del plasma e dei globuli rossi. La molecola di O2 si lega in modo debole e reversibile con il gruppo eme dell’emoglobina. A Po2 elevata, come nei capillari polmonari, l’O2 si lega all’emoglobina, a Po2 bassa invece, come nei capillari tissutali, l’O2 si stacca dall’emoglobina. Curva di dissociazione dell’ossiemoglobina (o curva di dissociazione dell’emoglobina per l’O2) Mostra come la percentuale di emoglobina che lega l’ossigeno aumenti progressivamente all’aumentare della Po2. Il sangue che lascia i capillari sanguigni polmonari ed entra nelle arterie sistemiche ha Po2 di ~95mmHg e dalla curva si può notare che la normale saturazione in ossigeno del sangue arterioso sistemico è mediamente pari al 97%. Nel sangue venoso refluo invece la Po2 ha valore di ~40mmHg e la saturazione dell’emoglobina è mediamente pari al 75%. Dato che un soggetto adulto normale ha in media 15g di emoglobina ogni 100mL di sangue e ogni grammo può trasportare 1,34mL di O2 (1,39 se l’emoglobina fosse pura, ma non lo è vd meta-emoglobina), ad un grado di saturazione del 100% l’emoglobina può trasportare circa 20mL di O2 (1,34 x 15), ossia 20 vol di O2 %. È possibile quindi esprimere la curva di dissociazione in termini di volumi di O2 % anziché in % di saturazione come mostra la figura a pagina seguente. Pagina 014 Nel sangue arterioso sistemico normale la quantità di O2 legato all’emoglobina ammonta a ~19,4mL/100mL (saturaz. 97%). Nel passaggio attraverso i capillari tissutali si riduce a 14,4mL/100mL (saturaz. 75%), quindi ogni 100mL di sangue che passano per i tessuti cedono 5mL di O2. Durante lavoro muscolare intenso, dato l’elevato consumo di O2, la Po2 del liquido interstiziale può abbassarsi fino a 15mmHg (normalm. 40). La quantità di O2 che resta legata è quindi di soli 4,4mL/100mL, quindi la quantità di O2 liberata corrisponde a 19,4 – 4,4= 15mL ogni 100mL. Considerando anche l’aumento della gittata cardiaca (di 6-7 volte in un atleta ben allenato), la quantità di O2 trasportata ai tessuti può aumentare anche di 20 volte (6-7 il flusso x 3 il rilascio da 5 a 15). N.B.: Il coefficiente di utilizzazione è la percentuale di sangue che, passando lungo i capillari tissutali, viene privata dell’O2 che conteneva. Di norma è pari al 25%, ma durante l’esercizio fisico intenso può raggiungere il 75-85% e se la richiesta metabolica è particolarmente elevata, può anche raggiungere il 100% in certe aree. Fattori che possono modificare la curva di dissociazione dell’ossiemoglobina: pH quando il sangue diviene leggermente acido, la curva si sposta verso destra (del 15% in media), quando invece diviene leggermente basico si sposta verso sinistra; quindi il pH acido tende a far dissociare più O2. Ovvero a parità di pO2 si avrà una saturazione minore nel ph acido rispetto al pH normale (saturazione maggiore) CO2 e H+ L’effetto Bohr. Un aumento della [CO2] nei tessuti fa spostare la curva verso destra. A questo corrisponde una riduzione dell’affinità dell’emoglobina per l’O2, per cui l’emoglobina cederà una maggiore quantità di O2 ai tessuti e ne assumerà una maggiore quantità nei polmoni: quando la [CO2] nei tessuti aumenta e diffonde al sangue, aumenta anche la [H2CO3] (acido carbonico) che dissocia formando H+ con conseguente spostamento a destra della curva e aumento della cessione di O2 ai tessuti; nei polmoni viene rilasciata la CO2, dopo gli scambi la pCO2 nei capillari polmonari diminuisce, la curva si sposta verso sinistra e aumenta l’assunzione di O2. Temperatura un aumento fa spostare la curva verso destra Pagina 015 2,3-difosfoglicerato un aumento della concentrazione di questo enzima, che si verifica in caso di ipossia protratta, fa spostare la curva verso destra con conseguente aumento della cessione di O2 ai tessuti. Esercizio fisico la curva si sposta verso destra per vari motivi: (1) aumentano [CO2] e metaboliti acidi rilasciati dalle fibre muscolari (vd sopra), (2) la temperatura del muscolo aumenta favorendo il rilascio di O2 ai tessuti. Nei capillari muscolari la curva si sposta marcatamente verso destra, tanto da consentire il distacco dell’O2 anche a valori di Po2 tissutali ~40mmHg anche quando l’emoglobina aveva già ceduto il 70% dell’O2 ad essa legato. Nel polmone succede l’opposto come già detto. Oltre ad essere necessaria per il trasporto dell’O2, l’emoglobina svolge la funzione di sistema tampone per l’O2 nei tessuti, mantenendo valori stabili di Po2 nei tessuti. La Po2 tissutale non può superare i 40mmHg in quanto, se ciò accadesse, l’emoglobina non potrebbe rilasciare i 5mL di O2 ogni 100mL richiesti dai tessuti. È proprio l’emoglobina a stabilire a ~40mmHg il limite massimo della Po2 tissutale. Durante un esercizio muscolare intenso è necessario che l’emoglobina ceda quantità maggiori di ossigeno e questo effetto può essere ottenuto in seguito ad una modesta riduzione della Po2 grazie (1) all’elevata pendenza della curva di dissociazione dell’ossiemoglobina in questo ambito e (2) all’incremento del flusso sanguigno locale. A valori di Po2 tra i 15 d i 40mmHg l’emoglobina cede automaticamente O2 ai tessuti. In alta quota e nelle profondità marine, la Patm si riduce e aumenta rispettivamente e con essa anche la Po2 negli alveoli può abbassarsi e alzarsi notevolmente (che normalmente è 104mmHg): grazie al tampone dell’emoglobina la Po2 varia solo di poco. Ad esempio, come si può osservare dalla curva di dissociazione dell’ossiemoglobina, se la Po2 alveolare scende a 60mmHg, l’emoglobina è satura per l’89%, un valore inferiore solo dell’8% rispetto al normale 97%. Inoltre i tessuti rimuovono 5mL di O2 ogni 100mL di sangue, quindi la Po2 si riduce a 35mmHg, solo 5mmHg al di sotto del normale. Quindi, nonostante la variazione della Po2 sia significativa (da 104 a 60), il valore della Po2 tissutale si modifica solo di poco. Diffusione dell’anidride carbonica dalle cellule ai capillari tissutali e dai capillari polmonari agli alveoli L’utilizzo di O2 comporta la produzione di CO2 e l’aumento della Pco2 intracellulare che facilità la diffusione di CO2 verso i capillari e il trasporto con il sangue venoso verso gli alveoli. Nel polmone la CO2 diffonde dai capillari polmonari nell’aria alveolare con la quale sarà espirata. La CO2 diffonde quindi in direzione opposta all’O2 ad una velocità circa 20 volte maggiore (coeff di diffusione 20 rispetto a 1 dell’O2): i livelli di Pco2 necessari per la diffusione di questo gas sono quindi molto inferiori rispetto a quelli di Po2 necessari per la diffusione dell’O2. I valori della Pco2 nei diversi punti del percorso diffusionale sono: 46mmHg intracellulare e 45mmHg interstiziale gradiente di 1mmHg 40mmHg sangue arterioso che arriva al tessuto e 45mmHg sangue venoso che lascia il tessuto il sangue capillare a livello dei tessuti si equilibra a 45mmHg (Pco2 dell’interstizio) 45mmHg sangue capillari polmonari e 40mmHg aria alveolare gradiente di 5mmHg. È da notare inoltre che la riduzione della Pco2 nel sangue polmonare capillare da 45 a 40mmHg si completa in 1/3 della distanza disponibile lungo il capillare esattamente come per l’O2 (vd sopra). Pagina 016 Il valore della Pco2 tissutale può essere influenzato dal flusso sanguigno e dall’attività metabolica tissutale in modo esattamente opposto alla Po2: (1) una riduzione del flusso sanguigno (a ¼ del normale) fa incrementare il valore della Pco2 interstiziale (da 45 a 60mmHg), al contrario un aumento (di 6 volte) riduce la Pco2 (da 45 a 41mmHg , un valore vicino a quello della Pco2 dei capillari arteriosi); (2) un aumento del metabolismo tissutale (di 10 volte) fa aumentare la Pco2 del liquido interstiziale a tutti i valori di flusso sanguigno, mentre una riduzione del metabolismo (a ¼ del normale) riduce la Pco2 ad un valore molto vicino a quella del sangue arterioso (41mmHg, con 40 mmHg nel sangue). La co2 è trasportata come : GAS DISCIOLTO 7%- hbCO2,23% e HCO3- 70% In condizioni normali di riposo ogni 100mL di sangue vengono ceduti ai polmoni circa 4mL di CO2. Ad una Pco2 di 45mmHg come quella del sangue venoso o del liquido interstiziale vengono rimosse dai tessuti IN FORMA DISCIOLTA COME GAS 2,7mL di co2 per 100 ml (2,7 vol %); al contrario per una Pco2 di 40mmHg, come nel sangue arterioso, si hanno 2,4mL di CO2 disciolta è circa 2,4mL: solamente 0,3mL 7% (2,7-2,4) della CO2 presente in forma disciolta vengono prelevati dai tessuti e ceduti a livello polmonare. Tale quota costituisce il 7% di tutta l’anidride carbonica trasportata dai tessuti ai polmoni. Il processo di trasporto dell’anidride carbonica inizia con la diffusione dall’interno verso l’esterno delle cellule in forma di gas che, nei capillari tissutali, va immediatamente incontro a diverse reazioni fisiche e chimiche indispensabili per il trasporto, riassunte nell’immagine qui sotto. Pagina 017 1)La CO2 disciolta nel sangue reagisce con l’acqua per formare acido carbonico e la reazione è catalizzata, all’interno dei globuli rossi, dall’anidrasi carbonica (assente nel plasma) e ciò permette che quantità enormi di CO2 reagiscano con H2O ancor prima che il sangue abbandoni i capillari tissutali; 2)L’acido carbonico dissocia in H+ e HCO3- (ioni bicarbonato): H+ si combina in gran parte con l’emoglobina (che è un potente tampone acido-base), HCO3-, grazie all’antiporto cloro-bicarbonato, esce dal globulo rosso nel plasma e al suo posto entra Cl- ( [Cl-] dei globuli rossi del sangue venoso>[CL-]sangue arterioso= fenomeno detto scambio dei cloruri). Oltre che con H2O, la CO2 può reagire con radicali aminici della molecola di emoglobina formando la carbaminoemoglobina (CO2Hb) tramite legame reversibile e labile (una piccola quantità di CO2 reagisce con proteine del plasma). La quantità massima di CO2 che potrebbe essere trasportata da Hb e proteine è pari al 30% del totale (1,5mL/100mL), ma la reazione della CO2 con queste proteine è molto più lenta di quella catalizzata dall’anidrasi carbonica, quindi è improbabile che, in condizioni normali, questa modalità di trasporto possa contribuire per più del 20%. La quantità totale di CO2 contenuta nel sangue nelle diverse forme dipende dal valore della Pco2, come mostrato dalla curva di dissociazione dell’anidride carbonica. La normale concentrazione di CO2 nel sangue (tutte le forme), è di circa 50 vol %, ma solo 4 vol % vengono scambiati dai tessuti al polmone, quindi la [CO2] sale a 52 vol % nei tessuti e si riduce a 48 vol % nei polmoni. Un aumento della [CO2] nel sangue determina, per l’effetto bohr, uno spostamento dell’O2 dall’emoglobina ed è vero anche il contrario: legandosi all’Hb, l’O2 determina il rilascio della CO2 (effetto Haldane). Questo accade perché il legame dell’O2 rende l’Hb un acido più forte che quindi (1) avrà minore tendenza a formare legami con la CO2 e (2) determinerà la liberazione di H+ che andrà a reagire con gli ioni bicarbonato a formare acido carbonico che a sua volta dissocerà in H2O e CO2 che verrà poi liberata negli alveoli polmonari. Grazie all’effetto Haldane, la quantità di CO2 che può essere eliminata dal sangue nel polmone è approssimativamente raddoppiata. CAPITOLO 40 – Regolazione della respirazione Il centro respiratorio è localizzato nel bulbo e nel ponte ed è suddiviso in 3 formazioni neuronali principali: 1) Gruppo respiratorio dorsale, nella regione dorsale del bulbo e responsabile dell’inspirazione. Quasi tutti i neuroni che lo costituiscono sono nel nucleo del tratto solitario – a cui arrivano fibre sensoriali del IX e X provenienti dai chemocettori periferici, dai barocettori e da altri tipi di recettori del sistema respiratorio* –, altri nella formazione reticolare bulbare. Sono questi neuroni che generano il ritmo respiratorio di base emettendo scariche ripetitive di potenziali d’azione inspiratori “a rampa” che ecciterebbero un secondo gruppo di neuroni che a suo volta inibisce il primo gruppo (ipotesi da confermare, sperimentata solo in alcune specie animali primitive). “A rampa” significa che il potenziale Pagina 018 inizia lentamente e poi la frequenza di scarica aumenta progressivamente per ~2 sec, trascorsi i quali i neuroni smettono di scaricare e rimangono silenti per i successivi 3 sec in cui la trasmissione dell’eccitazione al diaframma è interrotta e si verifica il ritorno elastico di polmone e parete toracica, quindi inizia ad attuarsi la fase espiratoria 2) Gruppo respiratorio ventrale, nella porzione ventrolaterale del bulbo e responsabile dell’espirazione. I neuroni più rostrali fanno parte del nucleo ambiguo, quelli più caudali del nucleo retroambiguo. Questi neuroni inviano intensi segnali espiratori ai muscoli addominali durante le espirazioni eseguite attivamente (come durante lavoro muscolare intenso): l’espirazione “tranquilla” infatti avviene passivamente per il ritorno elastico del polmone e della parete toracica; 3) Nuclei localizzati dorsalmente della porzione superiore del ponte (prima definiti centro pneumotassico), implicati nel controllo della frequenza e dell’ampiezza del respiro. Inibiscono l’area inspiratoria bulbare (1) controllando lo spegnimento della rampa inspiratoria (quindi la durata di espansione del polmone). Quest’azione produce, in via secondaria, un aumento della frequenza respiratoria anche fino a 30-40 atti/min (riduz. inspiraz.= riduz. espiraz.= riduz. durata ciclo respiratorio). *Riflesso di Hering-Breuer Oltre ai meccanismi di controllo respiratorio operanti all’interno del tronco encefalico, intervengono anche i segnali sensoriali provenienti dal polmone. I più importanti sono i recettori di stiramento ad adattamento lento della tonaca muscolare delle pareti dei bronchi e dei bronchioli che trasmettono impulsi tramite il X al gruppo respiratorio dorsale: la loro scarica aumenta durante l’espansione polmonare e, quando viene raggiunto un determinato volume, attivano una risposta a feedback negativo che interrompe la rampa impedendo ulteriore espansione (azione analoga a quella del centro pneumotassico). Nell’uomo questo riflesso si attiva solo come meccanismo protettivo atto ad impedire un sovradistensione del polmone (quando il volume inspirato si avvicina a 1,5L 0,5 volume correntex 3 ). Controllo della ventilazione rispetto alle necessità dell’organismo L’obiettivo della respirazione è mantenere adeguate [O2], [CO2] e [H+] nei tessuti, quindi l’attività respiratoria risente delle modificazioni di ognuno di questi parametri. Pagina 019 CO2 ed H+ hanno controllo chimico diretto dell’attività del centro respiratorio tramite l’area chemosensibile, localizzata bilateralmente nel bulbo in posizione ventrale, in grado di eccitare le altre parti del centro respiratorio. Essa è molto sensibile agli idrogenioni che si formano per dissociazione dell’acido carbonico, a sua volta formato da CO2 e H2O. Gli idrogenioni del sangue però non attraversano tanto facilmente la barriera emato-encefalica, quanto la CO2: è per questo motivo che una variazione della Pco2 ematica determina un’attivazione maggiore dell’area rispetto ad una variazione della [H+] ematica (vd immagine), perché, in ogni caso, a causa della reazione descritta prima, dopo che la CO2 attraversa la barriera, si formano comunque H+ che vanno ad eccitare i neuroni e vissero tutti felici e contenti FINE. L’azione eccitatoria della CO2 è molto intensa nelle prima ore dopo l’aumento della sua concentrazione, ma l’effetto declina nel giro di 1-2 gg riducendosi a ~1/5 (potente effetto acuto, debole effetto cronico) grazie all’intervento del rene (e te pareva) che ripristina la [H+] ematica aumentando la [HCO3–] che tampona H+ presenti nel sangue e nel liquido cerebro-spinale, attraversando anche la barriera emato-encefalica ed ematoliquorale (mai sentita). L’O2 non ha un effetto diretto sul centro respiratorio: grazie all’Hb infatti, la cessione di ossigeno ai tessuti può essere adeguata anche a fronte di variazioni della ventilazione polmonare fino a 20 volte e più rispetto al normale. Tuttavia, quando l’organismo si trova in una situazione critica per carenza di ossigeno, si attiva un meccanismo speciale di controllo localizzato nei chemocettori periferici (localizzati in gran parte nei glomi carotidei da cui passano ai IX, ma anche nei glomi aortici da cui passano ai X) che si attiva quando la Po2 ematica scende a valori <70mmHg (ricevono un volume di sangue SOLO ARTERIOSO pari a 20 volte il loro peso), in particolare tra i 30 e i 60mmHg, l’ambito nel quale la saturazione in O2 dell’Hb si riduce rapidamente. Anche un aumento della [CO2] e [H+] stimola i chemocettori: questo meccanismo indiretto agisce 5 volte più rapidamente, ma con effetti molto meno intensi rispetto al meccanismo diretto visto prima (è utile all’inizio di un esercizio muscolare). Inoltre, quando la Po2 diminuisce, vi è anche una risposta ventilatoria: al di sotto dei 100mmHg nei capillari polmonari la ventilazione aumenta, dapprima moderatamente, poi sempre più marcatamente, aumentando di quasi 5 volte se la Po2 si riduce a valori molto bassi. I fattori responsabili della regolazione della respirazione sono comunque CO2 e H+, essendo l’effetto dell’ipossia modesto. Quando però la diminuzione della Po2 avviene gradualmente (come ad esempio durante una scalata), si verifica il fenomeno dell’acclimatazione: nei primi 2-3 gg di ipossia il centro respiratorio perde l’80% della sua sensibilità a variazioni di Pco2 ed H+, perciò, nonostante la ventilazione aumenti e vi sia una maggiore eliminazione di CO2, la conseguente riduzione della Pco2 perde gran parte dell’effetto inibitorio che normalmente avrebbe sull’incremento della ventilazione consentendo un aumento della ventilazione alveolare del 400-500%. Pagina 020 Nel grafico sono riportate due famiglie di curve che rappresentano gli effetti ventilatori di vari valori di Pco2 e Po2 a due pH differenti (curve rosse= pH 7,4; curve verdi= pH 7,3 Infine, perché durante un esercizio fisico intenso la respirazione aumenta così tanto? In fondo le variazioni di pH, Po2 e Pco2 non sono così significative da giustificare quella sensazione di morte che tutti noi conosciamo fin troppo bene e che, tra l’altro, sopraggiunge appena iniziamo a fare sport, quindi troooppo presto perché ci siano alterazioni chimiche nel sangue. Quali sono quindi le cause? In primo luogo impulsi nervosi trasmessi dalle aree della corteccia cerebrale insieme ai comandi motori che arrivano anche al centro respiratorio, effetto stimolante analogo a quello esercitato dai centri cerebrali superiori sul centro vasomotore per far aumentare la pressione arteriosa. In secondo luogo fattori chimici provocano fini aggiustamenti dell’attività respiratoria: alcuni fattori neurogeni provenienti dai centri nervosi superiori attuano una stimolazione anticipatoria del centro respiratorio che provvede ad incrementare la ventilazione alveolare ancor prima del necessario. In questo modo, quando dopo 30-40 sec di esercizio il muscolo inizia a rilasciare CO2 in quantità maggiore, la Pco2 rimane a valori normali anche se continua l’esercizio, grazie all’aumento iniziale della ventilazione alveolare. Inoltre la capacità di modificare la risposta ventilatoria durante l’esercizio sembra essere una risposta appresa: il cervello acquisisce progressivamente una maggiore capacità di stimolare la respirazione nella misura appropriata da mantenere i livelli della Pco2 normali durante l’esercizio. Pagina 021 APPARATO DIGERENTE (62-65) CAPITOLO 62 - Aspetti generali della motilità gastrointestinale La parete del canale alimentare è formato da 5 strati: sierosa, muscolatura liscia longitudinale, muscolatura liscia circolare, sottomucosa e mucosa con la muscolaris mucosae formata da fibre muscolari lisce. La muscolatura liscia dell’apparato digerente è costituita da fibre (200500µm lunghezza e 2-10µm diametro) disposte in fasci e connesse tra loro elettricamente attraverso gap junctions che permettono il movimento di ioni da una fibra muscolare a quella adiacente (più rapidamente longitudinalmente che non trasversalmente). Perciò ogni strato muscolare è costituito da un reticolo ramificato di fasci di muscolatura liscia, fusi tra loro nei punti in cui non sono separati da tessuto connettivo lasso, e funziona come un sincizio in cui il potenziale si trasmette in tutte le direzioni. Inoltre tra gli strati longitudinale e circolare di muscolatura liscia vi sono numerose connessioni, perciò l’eccitazione di uno dei due strati si trasmette spesso anche all’altro. L’attività elettrica intrinseca della muscolatura liscia è lenta e continua sulla membrana delle fibre muscolari ed è caratterizzata da due tipi di onde: 1) Onde lente, con intensità variabile tra 5 e 15mV, non sono potenziali d’azione, ma piuttosto delle fluttuazioni del potenziale di membrana a riposo, per cui non causano direttamente contrazione muscolare (forse solo nello stomaco). La frequenza varia dalle 3 fluttuazioni/min (nello stomaco) alle 12 flutt/min (nel duodeno) e 8-9 f/min (nell’ileo). Si pensa che siano causate dall’interazione tra cellule muscolari e cellule di Cajal, specializzate, che fanno da pacemaker (grazie all’apertura ciclica di uno specifico canale ionico) formando una rete tra le cellule muscolari lisce. Le onde lente determinano la comparsa dei potenziali a punta; 2) Potenziali a punta, veri potenziali d’azione, si generano automaticamente quando il potenziale di riposo della muscolatura liscia gastrointestinale supera i –40mV (normale potenziale di membrana a riposo = tra –50 e –60mV). Quanto più in alto sale il potenziale delle onde lente, tanto maggiore è la frequenza dei potenziali a punta, in genere compresa tra 1-10 potenziali/sec. Altre differenze tra i potenziali a punta e i potenziali d’azione delle grandi fibre nervose: (a) la durata del potenziale è più lunga nei potenziali a punta (10-20msec); (b) inoltre i potenziali d’azione sono provocati dall’apertura di canali calcio-sodio, più lenti sia ad aprirsi che a chiudersi nel gastrointestinale, rispetto ai canali del sodio delle grandi fibre nervose (N.B.: calcio, essenziale per la contrazione, non entra nella cellula a seguito delle onde lente). 3)Le fibre muscolari possono diventare più o meno eccitabili, rispettivamente per una depolarizzazione o iperpolarizzazione della membrana, a causa di una serie di fattori (vedi figura in alto). I depolarizzanti sono: (a) stiramento della muscolatura; (b) acetilcolina rilasciata dalle fibre nervose del parasimpatico; (c) stimolazione da parte di ormoni gastrointestinali specifici. Gli iperpolarizzanti sono: (a) adrenalina e noradrenalina; (b) stimolazione da parte dell’ortosimpatico (che libera noradrenalina). N.B.: La maggior parte delle contrazioni gastrointestinali si verifica RITMICAMENTE e, come già detto, dipende dalla frequenza delle onde lente. Alcuni muscoli del tratto gastrointestinale Pagina 022 presentano anche una contrazione TONICA, continua e non associata al ritmo elettrico basale delle onde lente. Questa può aumentare o diminuire d’intensità e può essere causata da: (1) una scarica di potenziali a punta ripetuta e continua; (2) ormoni o altri fattori che portano continuamente ad un’incompleta depolarizzazione della membrana del muscolo liscio; (3) l’ingresso continuo di ioni calcio con un meccanismo non associato a variazioni del potenziale di membrana. Sistema nervoso enterico Si estende per tutta la lunghezza del canale alimentare (esofago-ano), è costituito da ~100 milioni di neuroni e comprende 2 plessi: 1. Plesso mioenterico o di Auerbach, esterno, situato tra i due strati di muscolatura, costituito da catene lineari di numerosi neuroni, controlla principalmente i movimenti gastrointestinali (in particolare l’aumento del tono della parete, l’aumento d’intensità delle contrazioni ritmiche, il lieve aumento della frequenza di contrazione e l’aumento della velocità di propagazione delle onde peristaltiche). Contiene anche dei neuroni inibitori che secernono probabilmente il polipeptide intestinale vasoattivo, utile per rilasciare alcuni sfinteri intestinali per consentire il passaggio del materiale alimentare (sfintere pilorico e sfintere della valvola ileo-ciecale; 2. Plesso sottomucoso o di Meissner, interno, localizzato nella sottomucosa, ha funzione di controllo della parte più interna della parete di ogni segmento dell’intestino da cui riceve molti segnali sensitivi che vengono qui integrati e contribuiscono al controllo di secrezione, assorbimento intestinale e grado di contrazione della muscolatura sottomucosa. Nonostante il sistema nervoso enterico possa funzionare autonomamente, entrambi i plessi ricevono fibre nervose ortosimpatiche e parasimpatiche. Le terminazioni nervose sensitive che originano nell’epitelio o nella parete del tratto gastrointestinale mandano fibre sensoriali afferenti, oltre che ai due plessi (per riflessi locali), anche ai gangli prevertebrali dell’orto, al midollo e al tronco encefalico lungo i nervi vaghi. Più di una dozzina di neurotrasmettitori sono liberati dalle terminazioni nervose dei diversi tipi di neuroni enterici. In particolare i già noti acetilcolina (eccitatorio) e noradrenalina (inibitorio, come anche l’adrenalina che raggiunge la circolazione dopo essere stata secreta dalla midollare del surrene) e a questi aggiungiamo ATP, serotonina, dopamina, colecistochinina, sostanza P, polipeptide intestinale vasoattivo, somatostatina, leuencefalina, metencefalina e bombesina. PARA ORGINA DAL MIDOLLO SPINALE E VA DIRETTAMENTE AI PLESSI(FIBRE PREGANGLIARI) ORTO ORIGINA DAL MIDOLLO E VA PRIMA NEI GANGLI DAI QUALI DIPARTONO LE FIBRE POSTGANGLIARI. Controllo dell’apparato digerente da parte del sistema nervoso autonomo La stimolazione parasimpatica provoca un aumento generalizzato di attività del sistema nervoso enterico. Il parasimpatico che innerva il canale alimentare è suddiviso in una porzione craniale – le cui fibre, a eccezione di quelle dirette a bocca (che sono molto numerose) e faringe, sono quasi tutte contenute nei nervi vaghi, che innervano esofago, stomaco, pancreas e l’intestino fino alla metà prossimale del crasso – e una sacrale che, originata da II, III e IV segmento sacrale del midollo, tramite i nervi pelvici innerva la metà distale dell’intestino crasso fino all’ano (soprattutto sigma, retto e ano a livello dei quali le fibre sono impegnate per la defecazione). I neuroni postgangliari sono localizzati principalmente nei plessi mioenterico e sottomucoso. Pagina 023 La stimolazione dell’ortosimpatico provoca inibizione delle funzioni dell’apparato digerente in due modi: (1) azione inibitoria diretta della noradrenalina sulla muscolatura liscia (≠muscolaris mucosae viene eccitata perché è speciale, piccina); (2) soprattutto mediante azione inibitoria della noradrenalina sui neuroni del sistema nervoso enterico. Le fibre ortosimpatiche originano dai segmenti di midollo spinale T5–L2. La gran parte delle fibre pregangliari entra subito nelle catene gangliari ortosimpatiche paravertebrali e da qui attraversano e raggiungono gangli più periferici (ganglio celiaco e vari gangli mesenterici) in cui si trova la gran parte dei corpi cellulari dei neuroni postgangliari ortosimpatici. Le fibre postgangliari si distribuiscono a tutte le porzioni del tubo digerente (≠parasimpa che era più ricco a bocca e ano). Le fibre nervose afferenti (sensitive) possono essere stimolate da (1) irritazione della mucosa, (2) eccessiva distensione del tubo digerente, (3) particolari sostanze chimiche nel lume. (a) Alcune di queste fibre hanno corpi cellulari all’interno del sistema nervoso enterico, quindi trasmettono segnali che possono provocare un’eccitazione o un’inibizione della motilità o della secrezione gastrointestinali generando i cosiddetti riflessi che si integrano totalmente nel sistema nervoso enterico. (b) Altre hanno invece i corpi cellulari nelle radici dorsali del midollo spinale(sacrale) e del tronco encefalico da cui partono riflessi vagali (~80% fibre del vago sono di tipo afferente) che trasmettono segnali che tornano al tratto gastrointestinale per regolare molte sue funzioni e vengono definiti riflessi che dal tratto gastrointestinale vanno al midollo spinale e al tronco encefalico e ritornano al tratto gastrointestinale (esempi: riflessi che originano da stomaco e duodeno, vanno al tronco encefalico e tornano tramite i nervi vaghi per stimolare attività motoria e secretoria gastrica; riflessi provocati da stimoli dolorifici che provocano inibizione generale; riflessi della defecazione che partono da colon e retto, raggiungono il midollo e ritornano per generare contrazioni di colon, retto e parete addominale). (c) Altre fibre ancora mandano segnali ai gangli ortosimpatici prevertertebrali e da questi vanno ad un altro tratto gastrointestinale provocando riflessi che vanno dal tratto gastrointestinale ai gangli ortosimpatici prevertebrali e che ritornano ad esso (esempi: riflessi gastrocolici = segnali che originano dallo stomaco e determinano evacuazione del colon; riflessi enterogastrici = dal colon/tenue inibiscono la motilità e secrezione gastrica; riflessi colon-ileali = dal colon inibiscono lo svuotamento del contenuto ileale nel colon stesso). Movimenti del tratto gastrointestinale Nel tubo digerente si hanno due tipi di movimenti: 1. Propulsivi (o peristaltici): fanno avanzare il materiale. un anello di contrazione si forma nella parete e si propaga in avanti. Si verificano anche in altri condotti che hanno muscolatura liscia sinciziale (ad es. dotti biliari, ureteri, dotti ghiandolari). Sono attivati dalla distensione delle pareti del tubo digerente (a causa di accumulo di materiale) che stimola, tramite il sistema nervoso enterico, la contrazione della parete stessa 2-3cm a monte del punto. Altri stimoli sono l’irritazione chimica/fisica dell’epitelio e l’intensa stimolazione parasimpatica. La peristalsi può, in teoria, avvenire in entrambe le direzioni, ma in genere si estingue rapidamente in direzione orale e continua in direzione aborale spingendo il contenuto intestinale per 5-10cm prima di estinguersi: questa trasmissione unidirezionale ( LEGGE DELL’INTESTINO: le onde di contrazione si propagano in senso aborale) è probabilmente dovuta al fatto che il plesso mioenterico stesso è polarizzato (ed essenziale per avere un’efficace peristalsi). Contemporaneamente alla contrazione peristaltica il tubo digerente si rilascia diversi centimetri più a valle, verso l’ano: questo fenomeno è definito Pagina 024 rilasciamento recettivo e permette al chimo di essere spinto più facilmente in direzione aborale che non orale. In assenza del plesso mioenterico non si verificherebbe questo fenomeno che è quindi chiamato riflesso mioenterico o peristaltico. 2. Di rimescolamento: hanno caratteristiche diverse nei vari tratti del canale. Possono essere causati (a) dai movimenti peristaltici stessi (ad esempio quando c’è uno sfintere a valle che blocca il chimo e a seguito di una contrazione peristaltica si rimescola il tutto), (b) da contrazioni locali intermittenti distanziate di pochi cm che durano dai 5 ai 30 sec e cui seguono altre contrazioni simili in altri tratti del tubo digerente in modo da frammentare e sminuzzare il contenuto intestinale in più punti. Flusso sanguigno gastrointestinale I vasi sanguigni del tratto gastrointestinale sono parte di un sistema più esteso detto circolo splancnico che provvede anche all’irrorazione di milza, pancreas e fegato. Il sangue che scorre attraverso questi distretti confluisce poi attraverso la vena porta nel fegato (in cui le cellule reticolo-endoteliali che tappezzano i sinusoidi epatici rimuovono batteri e altre particelle) da cui si riversa, tramite le venule epatiche, nella vena cava inferiore. Gli epatociti trasportano e immagazzinano temporaneamente al loro interno dalla metà ai ¾ di tutti i nutrienti assorbiti dall’intestino. Quasi tutte le sostante grasse non passano nella vena porta, ma passano nel circolo linfatico intestinale e si riversano nel dotto toracico aggirando così il fegato. Lo stomaco è vascolarizzato dall’arteria celiaca, le pareti dell’intestino tenue e crasso sono irrorate dalle arterie mesenteriche superiore e inferiore che si ramificano e mandano piccoli vasi in entrambe le direzioni tutt’intorno al segmento da vascolarizzare con le estremità che si incontrano sulla parete opposta a quella dove si inserisce il mesentere. Da queste arterie partono rami più piccoli che vanno ai fasci muscolari, ai villi e ai vasi sottomucosi subepiteliali deputati alle funzioni secernenti e assorbenti dell’intestino. Le pareti delle arteriole sono molto ricche di fibre muscolari lisce e questo consente una notevole regolazione del flusso all’interno del villo in cui le piccole arteriole e venule si interconnettono grazie ad un sistema di anse capillari multiple. A questo livello, i flussi arterioso e venoso vanno in direzione opposta e i vasi sono molto vicini uno all’altro: per questo gran parte dell’ossigeno diffonde dalle arteriole direttamente nelle venule, prima di arrivare all’apice dei villi (simile ai vasa recta della midollare renale). In condizioni patologiche (in cui il flusso si riduce) questo shunt può provocare carenza di O2 ed eventualmente necrosi ischemica, disintegrazione della punta del villo e riduzione della capacità di assorbimento. Il flusso sanguigno nei vari distretti è correlato al grado di attività locale (ad es. durante l’assorbimento il flusso nei villi e nella sottomucosa aumenta fino a 8 volte) e torna a livello basale nel giro di 2-4 ore. I motivi dell’aumento del flusso sanguigno sono poco chiari, i fattori noti, che agiscono in maniera combinata, sono: (a) sostanze vasodilatatrici liberate dalla mucosa gastrointestinale (in gran parte colecistochinina, peptide intestinale vasoattivo, gastrina e secretina); (b) prodotti di secrezione delle ghiandole intestinali che sono sostanze vasodilatatrici (callidina e bradichinina); (c) la ridotta concentrazione di O2 che induce un aumento di 4 volte della concentrazione di adenosina (vasodilatatrice). La stimolazione delle fibre parasimpatiche che innervano colon e stomaco aumenta di pari passo il flusso ematico locale e la secrezione ghiandolare (probabilmente l’aumento del flusso è dovuto all’aumento dell’attività ghiandolare). La stimolazione ortosimpatica provoca direttamente vasocostrizione intensa con forte diminuzione del flusso. Dopo poco però, i meccanismi metabolici vasodilatatori locali, attivati dall’ischemia, prendono il sopravvento ripristinando il normale flusso ematico (FUGA AUTOREGOLATORIA). La vasocostrizione è essenziale per ridurre il flusso a questi distretti durante l’attività sportiva, quando occorre un maggiore apporto di sangue a muscolatura scheletrica e cuore. Anche nello shock circolatorio Pagina 025 la stimolazione ortosimpatica può ridurre al minimo il flusso ematico splancnico per diverse ore, favorendo organi vitali. Anche le vene subiscono vasocostrizione, il che dirotta grandi quantità di sangue verso altri distretti (essenziale in shock emorragico/ipovolemia quando fornisce da 200 a 400mL di sangue per sostenere la circolazione generale). CAPITOLO 63 – Propulsione e rimescolamento degli alimenti Masticazione e deglutizione I denti sono perfettamente conformati per la masticazione: gli anteriori tagliano, i posteriori triturano. Inoltre i muscoli della mascella, contraendosi, possono chiudere i denti con una forza che raggiunge i 25kg a livello degli incisivi e i 90kg a livello dei molari. La gran parte dei muscoli masticatori è innervata dal trigemino (controllo della masticazione a livello di nuclei del tronco encefalico) e la stimolazione di aree nella formazione reticolare, prossime ai centri troncoencefalici del gusto, e di zone dell’ipotalamo, dell’amigdala e della corteccia, in prossimità delle aree sensoriali del gusto e dell’olfatto, evoca movimenti masticatori ritmici. Questi movimenti sono spesso dovuti a riflessi masticatori: la presenza del bolo in bocca determina prima l’inibizione riflessa dei muscoli masticatori con conseguente abbassamento della mandibola; questo determina stiramento dei muscoli masticatori che, in risposta, si contraggono e poi ricomincia il ciclo. La masticazione è essenziale (1) per la digestione di tutti gli alimenti, ma soprattutto frutta e verdure crude che contengono membrane cellulosiche che devono essere rotte perché si possano digerire i nutrienti, (2) per aumentare la superficie totale esposta agli enzimi digestivi, (3) per prevenire escoriazioni delle pareti del tratto gastrointestinale. La deglutizione, effettuata a livello della faringe – implicata sia in processi respiratori che in quelli della deglutizione –, viene generalmente suddivisa in 3 fasi: 1. Fase volontaria, consiste nel passaggio (volontario, appunto) del bolo dalla bocca alla faringe, grazie alla pressione esercitata dalla lingua in alto e indietro contro il palato. Da qui in poi il processo diventa (quasi) totalmente automatico e non può più essere arrestato; 2. Fase faringea, involontaria, consiste nel passaggio del bolo attraverso la faringe nell’esofago. Questo avviene grazie alla stimolazione di aree recettoriali (epiteliali) della deglutizione, disposte ad anello intorno all’apertura della faringe, che, tramite fibre sensitive che decorrono lungo V e IX, trasmettono impulsi ad una zona del bulbo in stretta associazione al nucleo del tratto solitario. A questo punto si attivano aree neuronali localizzate nella formazione reticolare del bulbo e nella parte inferiore del ponte, che, insieme alle aree troncoencefaliche citate prima, costituiscono il centro della deglutizione. Da qui gli impulsi eccitatori vengono trasmessi alla faringe tramite V, IX, X, XII e fibre di alcuni gangli cervicali superiori, provocando: (a) la spinta verso l’alto del palato molle che chiude la rinofaringe impedendo il reflusso; (b) l’avvicinamento delle pliche palato-faringee una all’altra per far sì che possa passare solo il bolo adeguatamente masticato; (c) l’avvicinamento delle corde vocali tra loro e l’innalzamento della laringe (contemporaneamente alla contrazione dei muscoli del collo) con conseguente chiusura dell’epiglottide sull’apertura della laringe (nun te strozzà), stiramento e allargamento contemporaneo dell’apertura dell’esofago (rilasciamento dello sfintere esofageo superiore che ritorna ad essere contratto tra una deglutizione e l’altra impedendo l’ingresso di aria nell’esofago durante la respirazione) e risalita della glottide in modo che il cibo passi lateralmente all’epiglottide anziché sulla superficie; (d) contrazione dell’intera parete muscolare della faringe (dalla porzione superiore a quella inferiore, tipo onda peristaltica) così da spingere il bolo nell’esofago. L’intera fase interrompe la respirazione per un tempo di circa 2 sec Pagina 026 inibendo in modo specifico il centro respiratorio bulbare (interruzione talmente breve che è difficilmente apprezzabile). 3. Fase esofagea. L’esofago presenta normalmente 2 tipi di movimenti peristaltici. Abbiamo quindi (a) peristalsi primaria, che è una continuazione dell’onda peristaltica che inizia dalla faringe e si propaga fino allo stomaco in 8-10 sec (in posizione eretta il bolo raggiunge l’estremità distale dell’esofago anche in 5-8sec grazie alla forza di gravità) e, se la prima non riesce a far arrivare tutto il bolo allo stomaco, vengono attivate (b) le onde peristaltiche secondarie a causa della distensione dell’esofago (evocate sia da riflessi attivati da segnali originati dalla faringe, sia dal sistema nervoso enterico dell’esofago e quindi attive anche dopo la paralisi del riflesso bulbare della deglutizione tramite il nervo vago). Inoltre la muscolatura della faringe è striata come anche la muscolatura del terzo superiore dell’esofago e la contrazione è controllata da impulsi nervosi somatici trasmessi dai nervi X e IX . Quando l’onda peristaltica della deglutizione raggiunge l’esofago, avviene il rilasciamento recettivo anticipato dello sfintere esofageo inferiore (localizzato 3cm al di sopra della giunzione con lo stomaco e che rimane tonicamente contratto con una pressione intraluminale di 30mmHg) , favorendo la progressione del bolo nello stomaco (se si rilascia in maniera insufficienteACALASIA). Il reflusso del succo gastrico acido nell’esofago è impedito dalla tonica contrazione dello sfintere esofageo inferiore e da un meccanismo a valvola che interessa una piccola porzione dell’esofago e una parte dello stomaco, impedendo ad un eventuale aumento della pressione addominale (provocata ad esempio dalla tosse) di provocare reflusso acido nell’esofago. Nello stomaco Lo stomaco è diviso fisiologicamente in una porzione orale (comprende i primi 2/3 del corpo) e una caudale (che comprende il resto del corpo e l’antro). Ha 3 funzioni motorie che si esplicano nell’attesa del compimento del processo digestivo al suo interno: Serbatoio. Mano a mano che il bolo entra nello stomaco si dispone in strati concentrici nella porzione orale. La distensione dello stomaco per l’entrata del bolo attiva un riflesso vago-vagale che riduce il tono muscolare del corpo dello stomaco consentendone la distensione (può accogliere fino a un volume di ~0,8-1,5L); Rimescolamento. Le ghiandole gastriche secernono i succhi digestivi acidi che entrano in contatto con la parte di materiale alimentare a ridosso della superficie della mucosa gastrica. Per tutto il tempo di permanenza del chimo nello stomaco, si verificano onde di rimescolamento (onde peristaltiche di contrazione che si verificano ogni 15-20sec circa) che partono da porzioni medio-superiori e vanno verso l’antro divenendo sempre più intense: alcune sono così intense da attivare potenti contrazioni peristaltiche circolari (attivate da potenziali d’azione) che spingono il contenuto verso il piloro. Queste onde sono sostenute dal ritmo elettrico basale della parete gastrointestinale (onde lente). La muscolatura liscia del piloro però, a mano a mano che l’onda si avvicina, si contrae impedendo uno svuotamento del contenuto gastrico e provocando, al contrario, una retropropulsione del chimo favorendo il rimescolamento. [N.B.: quando lo stomaco è vuoto da diverse ore possono insorgere le contrazioni da fame, contrazioni peristaltiche ritmiche che interessano il corpo dello stomaco e che, se diventano particolarmente intense, possono diventare un’unica lunga contrazione tetanica che può durare anche 2-3min. Quando si hanno queste contrazioni, si avvertono i morsi della fame (dopo almeno 12-24 ore dall’ultima ingestione di cibo) che si manifestano come un dolore alla bocca dello stomaco]. Svuotamento. È determinato da onde peristaltiche di maggiore intensità che si originano da un punto sempre più alto nel corpo dello stomaco in modo da spingere il Pagina 027 chimo qui contenuto verso il chimo già presente nell’antro. Queste contrazioni peristaltiche sono circa 6 volte più potenti delle comuni onde peristaltiche di rimescolamento (Press di 50-70cmH2O) ed esercitano anche un’azione di pompa detta pompa pilorica. Il piloro è l’apertura distale dello stomaco e qui lo spessore della muscolatura liscia circolare è dal 50 al 100% maggiore di quello che si riscontra a monte dell’antro gastrico e si mantiene quasi costantemente in un lieve stato di contrazione tonica. Questo stato di contrazione dello sfintere pilorico consente il passaggio di sostanze liquide e del chimo, una volta che abbia raggiunto consistenza semifluida. Lo svuotamento è controllato : in minima parte da fattori gastrici, come la distensione delle pareti dello stomaco, che evoca riflessi mioenterici locali che accentuano l’attività della pompa pilorica e fanno rilasciare il piloro, In piccola parte dalla secrezione di gastrina, quando nel chimo sono presenti determinati alimenti, in particolare prodotti della digestione proteica, che pure ha capacità di esaltare la pompa pilorica. Il controllo più importante dello svuotamento consiste nei segnali INIBITORI a feedback provenienti dal duodeno, che NON FANNO SVUOTARE LO STOMACO e comprendono riflessi nervosi che si esplicano (a) tramite il sistema nervoso enterico, (b) tramite fibre nervose estrinseche che si portano al midollo e poi ritornano allo stomaco tramite fibre ortosimpatiche inibitorie, (c) attraverso fibre vagali afferenti che al tronco encefalico inibiscono segnali eccitatori (trasmessi dai nervi vaghi stessi) Infatti quando il pH del chimo duodenale scende al di sotto di 3,5-4, vi è un blocco dell’arrivo di altro chimo acido dallo stomaco. Anche quando vi è un gran quantitativo di prodotti proteici e quando il chimo è ipotonico/ipertonico (soprattutto) per impedire che ci siano variazioni troppo rapide delle concentrazioni elettrolitiche nei liquidi extracellulari dell’organismo. Anche il controllo ormonale da parte della colecistochinina (CCK), secreta dalla mucosa del digiuno in seguito all’entrata di lipidi nel duodeno (i grassi necessitano di una digestione più lenta). La CCK agisce inibendo l’azione della gastrina (inibizione competitiva), bloccando quindi l’aumento della motilità gastrica provocato da quest’ormone. Oltre alla CCK citiamo anche la secretina, liberata dalla mucosa duodenale in risposta all’acido gastrico proveniente dallo stomaco, e il GIP (peptide inibitore gastrico, o insulinotropico glucosio-dipendente), liberato dalla parte prossimale del tenue anche in risposta ai carboidrati, seppur in misura minore. Il GIP in certe condizioni inibisce la motilità gastrica, ma ha principalmente funzione di stimolare secrezione di insulina da parte del pancreas. Nel tenue Anche nel tenue abbiamo contrazioni di rimescolamento e propulsive, ma in realtà tutti i movimenti dell’intestino tenue comportano entrambi i fenomeni in contemporanea. Le contrazioni di rimescolamento, essendo distanziate a intervalli regolari, danno origine ad una segmentazione del canale (come una fila di salsicce). Appena termina una serie di contrazioni, ne inizia una nuova, ma in punti diversi. La frequenza di queste contrazioni è stabilita dalla frequenza delle onde lente (ritmo elettrico basale). I movimenti sono inibiti dall’atropina. I movimenti propulsivi sono costituiti dalle onde peristaltiche che spingono il chimo in direzione aborale e lo spargono sulla superficie della mucosa intestinale. La progressione del chimo è molto lenta: occorrono 3-5 ore dal piloro alla valvola ileo-ciecale. A livello della valvola il chimo viene talvolta bloccato finché il soggetto non ingerisce un altro pasto (riflesso gastro-ileale). L’attività peristaltica aumenta fortemente dopo un pasto sia per fattori nervosi come lo stiramento delle pareti duodenali e il riflesso gastrointestinale (pareti Pagina 028 stomaco si distendonoconduzione attraverso plesso mioenterico lungo la parete dell’intestino), sia per fattori ormonali, che comprendono gastrina, CCK, insulina, motilina e serotonina (≠secretina e glucagone inibiscono), secreti durante le varie fasi della digestione. N.B.: La peristalsi nel tenue è normalmente debole, ma in caso d’intensa irritazione della mucosa (diarrea infettiva) può verificarsi una peristalsi potente e rapida, detta scarica peristaltica. Questa ha lo scopo di liberare rapidamente il tenue da un chimo irritante/ne evitano l’eccessiva distensione. La muscolaris mucosae determina la comparsa di piccole pieghe sulla superficie, favorendo l’assorbimento, e inoltre manda piccole fibre all’interno dei villi che favoriscono il fluire della linfa dal vaso chilifero centrale al sistema linfatico (contrazioni attivate da riflessi locali integrati nel plesso sottomucoso). La valvola ileo-ciecale impedisce il ritorno di materiale fecale dal colon al tenue e può resistere ad una pressione in senso contrario di 50-60cmH2O. Inoltre, nell’ileo, pochi cm a monte della valvola vi è lo sfintere ileo-ciecale, un inspessimento della muscolatura circolare, che rallenta lo svuotamento del contenuto ileale nel cieco (favorisce assorbimento). Quando c’è estensione delle pareti del cieco si ha una contrazione maggiore dello sfintere ileo-cecale e un inibizione della peristalsi ileale, come accade nella appendicite. Questi riflessi, mediati dal plesso mioenterico e dall’innervazione estrinseca vegetativa (attivazione gangli ortosimpatici prevertebrali).. Nel colon Anche nel colon ci sono movimenti di rimescolamento e movimenti propulsivi, seppur lenti. I movimenti di rimescolamento sono, come nel tenue, movimenti di segmentazione. Si verificano grandi contrazioni circolari che restringono il lume fino quasi a occluderlo e in contemporanea, si contrae anche la muscolatura longitudinale organizzata in teniae coli. In questo modo i tratti del colon non contratti si rigonfiano verso l’esterno con la formazione delle austrazioni (formazioni sacciformi che raggiungono massima intensità in 30 sec e scompaiono per i successivi 60 sec). Nel cieco e nel colon ascendente queste si muovono lentamente in direzione anale e contribuiscono alla propulsione del contenuto. Inoltre, dato che insorgono nuove austrazioni in zone vicine alle precedenti, il materiale fecale viene scavato e rivoltato e progressivamente esposto alla superficie mucosa per l’assorbimento di acqua ed elettroliti. Le austrazioni impiegano 8-15 ore a spingere il chimo dalla valvola ileociecale attraverso il colon. Dal cieco al sigma la funzione propulsiva è assunta dai movimenti di massa che insorgono 1-3 volte al giorno, spesso per 15 min nell’ora successiva alla colazione o comunque dopo un pasto. Sono facilitati dai riflessi gastro-colico e duodenocolico, evocati dalla distensione dello stomaco e del duodeno, trasmessi per mezzo del sistema nervoso autonomo. Costituiscono una particolare forma di peristalsi: inizia con una contrazione concentrica (per distensione/irritazione della parete di solito del colon trasverso), seguita da una perdita delle austrazioni e contrazione rapida di un tratto di 20cm di colon (o più) a valle della contrazione concentrica (dura 30 sec e si rilascia per 2-3min) che spinge il materiale fecale in massa in direzione anale. Una serie completa di movimenti dura 10-30 min per poi interrompersi magari per mezza giornata. Per la maggior parte del tempo il retto non contiene feci a causa della presenza di un debole sfintere funzionale 20cm a monte dell’ano e dell’angolazione dell’ansa esistente tra sigma e retto. Quando un movimento di massa spinge del materiale fecale nel retto, insorge il bisogno di defecare. La fuoriuscita incontrollata di materiale fecale attraverso l’ano è impedita dai due sfinteri anali interno (muscolatura liscia circolare, involontario) ed esterno (muscolatura striata, volontario, innervato dal nervo pudendo). La defecazione inizia mediante i riflessi Pagina 029 della defecazione: (1) la distensione della parete rettale dà origine a segnali che si propagano attraverso il plesso mioenterico (riflesso intrinseco) che inibisce e fa rilasciare lo sfintere anale interno (l’esterno è controllato volontariamente); (2) il riflesso parasimpatico di defecazione potenzia notevolmente il riflesso mioenterico attraverso l’attivazione di segmenti sacrali del midollo spinale (che mandano segnali eccitatori tramite i nervi pelvici) e genera anche altre risposte come l’inspirazione profonda, la contrazione dei muscoli addominali e l’abbassamento del pavimento pelvico. Il riflesso della defecazione può essere attivato volontariamente, ma è molto meno efficace. Altri riflessi che influenzano la motilità intestinale: riflesso peritoneo-enterico (irritazione peritoneo inibisce le fibre nervose eccitatorie intestinali = paralisi intestinale), riflessi nefroenterico e vescico-enterico (inibiscono attività intestinale in presenza di irritazione renale o vescicale). CAPITOLI 64 E 65 – secrezione e assorbimento Le ghiandole presenti lungo il canale alimentare hanno due funzioni primarie: secernere enzimi digestivi e muco per la lubrificazione. Lungo tutto il canale alimentare vi è una grande varietà di ghiandole. In genere lo stimolo meccanico provocato dalla presenza di cibo induce le ghiandole a secernere i succhi digestivi. La stimolazione locale dell’epitelio ad opera di stimoli tattili chimici e distensivi della parete attivano i riflessi del sistema nervoso enterico. tuttavia La secrezione è stimolata anche dal sistema nervoso autonomo: il parasimpatico determina un aumento dell’attività secretoria (soprattutto porzione prossimale del canale innervata da X e IX e porzione distale del crasso innervata da nervi pelvici parasimpatici; il resto è stimolato più da ormoni e riflessi nervosi locali); l’ortosimpatico ha duplice effetto in quanto fa aumentare lievemente la secrezione, ma, in presenza di stimolazione parasimpatica/ormonale in atto, riduce la secrezione dato il suo effetto vasocostrittore sui vasi sanguigni che irrorano le ghiandole. Diversi ormoni gastrointestinali (polipeptidi o loro derivati) stimolano la secrezione, in particolare fanno aumentare la produzione di succo gastrico e pancreatico quando il cibo arriva allo stomaco e al duodeno. Il meccanismo di secrezione delle sostanze organiche non è ancora perfettamente noto, ma prove sperimentali portano ai seguenti principi della secrezione: 5) Segnali ormonali/nervosi fanno aumentare la permeabilità della membrana agli ioni calcio che entrano nella cellula e questo porta alla fusione delle vescicole con la membrana apicale e conseguente esocitosi. Inoltre la stimolazione nervosa/gli ormoni fanno sì che, insieme alla componente organica, anche acqua e sali passino attraverso la cellula ghiandolare trascinando contemporaneamente le sostanze organiche attraverso il versante secretorio delle cellule. Secrezione di saliva 1) Il materiale nutritivo necessario diffonde/viene trasportato attivamente dal sangue dei capillari verso il lato basale della cellula; 2) I mitocondri usano l’energia derivata dall’ossidazione per formare ATP; 3) L’energia derivata dall’ATP insieme ai substrati è usata per sintetizzare la componente organica delle secrezioni nel reticolo endoplasmatico (ribosomi responsabili della sintesi delle proteine) e nel Golgi; 4) Dal RE le sostanze sono trasportate al Golgi in vescicole e qui vengono modificate, combinate e concentrate per poi essere riversate nel citoplasma sotto forma di vescicole secretorie immagazzinate nella parte apicale delle cellule; Pagina 030 Le principali ghiandole salivari sono parotidi (sierose), sottomandibolari e sottolinguali (sierose e mucose) e parecchie piccole ghiandole buccali (mucose) che secernono giornalmente una media di 1L di saliva (pH 6-7). Questa è composta da una secrezione sierosa, che contiene ptialina (un’alfa amilasi), che digerisce gli amidi, e una secrezione mucosa, che contiene mucina, che lubrifica protegge la superficie epiteliale. Il muco è un secreto denso composto principalmente da acqua, elettroliti e glicoproteine ed è leggermente diverso nei vari tratti del canale alimentare, ma presenta sempre le seguenti importanti caratteristiche: (1) si compatta col cibo o con altre particelle e si distende sulla superficie come una pellicola, (2) ricopre la parete e la protegge, (3) lubrifica, (4) permette alle particelle fecali di aderire una all’altra per formare le feci, (5) resiste agli enzimi digestivi, (6) le glicoproteine hanno proprietà anfipatiche, quindi tamponano piccole quantità di acidi/basi insieme alla piccola quantità di bicarbonato che il muco contiene (neutralizza acidi). La saliva contiene anche grandi quantità di ioni potassio (30mEq/L) e bicarbonato (5070mEq/L) e scarsi ioni sodio e cloro (15mEq/L ciascuno). La secrezione avviene in due passaggi: 1) gli acini producono secrezione primaria che contiene ptialina e/o mucina in una soluzione ionica a concentraz. simile a quella del liquido extracellulare; 2) la secrezione passa attraverso i dotti e vengono riassorbiti attivamente gli ioni Na+ in cambio di K+ e, dato che esce più Na di quanto non entri K, nei dotti si crea un potenziale negativo di –70mV che determina il riassorbimento passivo di Cl-. Secondariamente viene secreto ione bicarbonato forse per scambio passivo con gli ioni cloro o forse per secrezione attiva. In caso di salivazione massimale la concentrazione ionica cambia perché il tempo di permanenza dei dotti si riduce notevolmente. Regolazione Le ghiandole salivari sono controllate da segnali nervosi parasimpatici che provengono dai nuclei salivatori superiori e inferiori localizzati alla giunzione bulbopontina, eccitati da stimoli tattili (oggetti ruvidi riducono, oggetti lisci aumentano) e gustativi (cibi acidi aumentano) derivanti dalla lingua e da altre aree di bocca e faringe. Il parasimpatico ha anche azione vasodilatatrice sui vasi sanguigni, assicurando alle ghiandole l’aumentato apporto nutritivo necessario (le cellule salivari attivate stesse secernono callicreina che scinde un’alfa2globulina per formare bradichinina, vasodilatatore). Nella regolazione interviene anche il centro della fame (centri parasimpatici ipotalamo anteriore) che funziona in risposta a segnali derivati dall’area del gusto e dell’olfatto. Anche riflessi che originano dallo stomaco e dalla porzione prossimale del tenue (per ingestione di cibi irritanti o per nausea) provocano salivazione. La stimolazione ortosimpatica (dai gangli cervicali superiori) provoca lieve aumento della salivazione (<parasimpa). Azione digestiva La ptialina della saliva, secreta principalmente dalle parotidi, idrolizza l’amido liberando maltosio (disaccaride) e altri piccoli polimeri del glucosio (max 3-9 molecole). Dato il brevissimo tempo di permanenza del cibo in bocca, non più del 5% di tutti gli amidi riescono ad essere idrolizzati prima della deglutizione. La digestione degli amidi però continua ancora nel corpo e nel fondo dello stomaco (30-40% degli amidi idrolizzati a maltosio) finché i succhi gastrici acidi disattivano l’amilasi salivare (inattiva a pH 4). Viene rilasciato anche lisozima un antibatterico. Pagina 031 Secrezione gastrica Oltre alle cellule secernenti muco (mucose di superficie) – che tappezzano la superficie dello stomaco formando uno strato di muco-gel (>1mm) che protegge, lubrifica e ha caratteristica alcalinità – la mucosa presenta due tipi di ghiandole tubulari: 1) Ghiandole ossintiche (o gastriche), formate da 3 tipi cellulari: cellule del colletto secernenti muco; cellule peptiche o principali secernenti pepsinogeno; cellule parietali o ossintiche secernenti HCl (160mmol/L) e fattore intrinseco. Queste ultime sono caratterizzate dalla presenza di numerosi canalicoli intracellulari ramificati a livello dei quali viene formato l’HCl tramite la pompa idrogeno-potassio ATPasi. (a)H2O nel citoplasma dissocia in H+, che vengono secreti nel canalicolo in cambio di K+, e OH-, che si accumula nella cellula e reagisce con la CO2 a formare HCO3- che viene trasportato nel liquido extracellulare in scambio con Cl-; (b)la Na-K ATPasi basolaterale intanto crea bassa [Na+] intracell, quindi Na+ viene riassorbito da parte del lume;(c) Cl- che prima era entrato nella cellula viene secreto nel canalicolo con formazione di HCl;(d) l’acqua passa nel canalicolo per osmosi, trascinata da ioni secreti in soprannumero nel canalicolo. Il pepsinogeno (42.500 Da) deve essere trasformato nella forma attiva, la pepsina (35.000 Da), per acquisire le attività digestive. L’attivazione avviene appena entra in contatto con l’HCl: la pepsina è infatti attiva solo a pH acido e si inattiva a pH>5. La velocità di secrezione del pepsinogeno è influenzata fortemente dalla quantità di acido presente nello stomaco che suscita riflessi nervosi enterici. Questi ultimi si sommano alla stimolazione delle cellule peptiche effettuata dall’acetilcolina rilasciata dai X o dal plesso nervoso gastrointestinale. La pepsina ha l’essenziale funzione di scindere il collageno, una proteina albuminoide, principale costituente del tessuto connettivo intracellulare della carne, in modo che gli enzimi digestivi del canale alimentare possano penetrare la carne e digerirne le altre proteine. La pepsina si limita quindi a iniziare il processo digestivo proteico scindendo il 10-20% delle proteine totali in proteosi, peptoni e pochi polipeptidi tramite idrolisi dei legami peptidici tra due aa. Il fattore intrinseco lo sai. La secrezione finale contiene acqua, HCl a 150-160mEq/L, KCl a 15mEq/L e poco NaCl. 2) Ghiandole piloriche, con struttura simile alle ossintiche, ma con prevalenza di cellule mucose che secernono una piccola quantità di pepsinogeno e tanto muco fluido. In particolare, le cellule G delle ghiandole piloriche secernono gastrina (in 2 forme G-34 e G-17, il numero corrisponde al numero di amminoacidi e G17 è la più abbondante) in risposta ad alcune proteine degli alimenti. Questo ormone entra nel sangue e raggiunge le cellule enterocromaffini (ECL), localizzate nella rientranza delle ghiandole ossintiche, dove stimola la secrezione di istamina che, a sua volta induce la secrezione di HCl. L’acetilcolina (parasimpa) stimola la secrezione di pepsinogeno, di HCl e di muco. Gastrina e CCK hanno gli stessi 5 aa terminali e la loro attività funzionale risiede rispettivamente negli ultimi 4 e 8 aa. Nello stomaco vengono assorbite solo alcune sostanze liposolubili, tipo alcool e farmaci. Pagina 032 Secrezione pancreatica Il succo pancreatico, secreto in grande quantità in risposta alla presenza del chimo nella porzione prossimale del tenue, contiene enzimi, prodotti in forma inattiva dagli acini, in grado di digerire proteine, carboidrati e grassi. Per la digestione delle proteine abbiamo: tripsina e chimotripsina, secrete in forma inattiva e attivate dall’enterochinasi (la tripsina) e dalla tripsina stessa (tutte e due), scindono proteine parzialmente digerite a peptidi di varia grandezza (non aa singoli); carbossipeptidasi, anch’essa secreta in forma inattiva e attivata dalla tripsina, stacca i singoli aa dalle estremità carbossiliche dei polipeptidi; la proelastasi, convertita in elastasi, che digerisce le fibre di elastina della carne. Per la digestione dei carboidrati vi è l’amilasi pancreatica, un’alfa-amilasi identica a quella della saliva ma più potente, che idrolizza la maggior parte dei carboidrati formando soprattutto disaccaridi e a volte trisaccaridi. Agisce in 15-30 minuti dall’entrata del chimo nel duodeno. I principali enzimi per la digestione dei grassi sono: lipasi pancreatica, che idrolizza i grassi neutri (trigliceridi) in acidi grassi e monogliceridi e in 1 min digerisce tutti i trigliceridi che riesce a raggiungere; colesterolo esterasi, che idrolizza gli esteri del colesterolo; fosfolipasi, stacca gli acidi grassi dai fosfolipidi. Acetilcolina (terminazioni parasimpa) e CCK (mucosa duodenale) sono gli ormoni che stimolano la produzione di grosse quantità di enzimi digestivi. L’attivazione degli enzimi avviene sempre dopo che sono stati secreti nell’intestino, per evitare l’autodigestione del pancreas. Per questo motivo le cellule acinari del pancreas secernono un inibitore della tripsina che previene l’attivazione della tripsina e quindi di tutti gli altri enzimi pancreatici. Si parla di pancreatite acuta quando, a causa di un’ostruzione di un dotto/danneggiamento del parenchima, si accumulano grandi quantità di secrezione pancreatica e gli enzimi vengono attivati. A livello dei duttuli sono secreti HCO3- (fino a 145mEq/L, 5 volte superiore al plasma) e H2O. Il bicarbonato di sodio serve a neutralizzare l’HCl riversato nel duodeno dallo stomaco. La CO2 diffonde dai capillari al citoplasma della cellula e qui reagisce con l’acqua a formare acido carbonico. Questo a sua volta dissocia in H+ e HCO3-: H+ viene scambiato sul lato vascolare della cellula con Na+; HCO3- viene trasportato attivamente, assieme ad Na+ che ne neutralizza la carica elettrica, nel lume del dotto. Il movimento totale degli ioni crea un gradiente di pressione osmotica che causa osmosi di acqua (soluzione finale quasi isosmotica). La secretina è l’enzima che stimola la secrezione di una grande quantità di bicarbonato di sodio e H2O. Questa agisce in sinergia con acetilcolina e CCK in modo tale che i diversi stimoli si potenzino uno con l’altro. Gli enzimi pancreatici vengono secreti in più fasi: gli stessi segnali nervosi che attivano la secrezione nello stomaco determinano una modesta secrezione nel pancreas (20% tot, FASE CEFALICA), ma la secrezione di acqua ed elettroliti è ancora scarsa; durante la FASE GASTRICA, sempre sotto l’effetto della stimolazione parasimpatica, continua la secrezione di enzimi (5-10% tot), ma ancora c’è poco liquido; nella FASE INTESTINALE, in risposta Pagina 033 all’ormone secretina, presente in forma inattiva (prosecretina) nelle cellule S del duodeno e del digiuno e attivata dall’HCl, il pancreas secerne una grande quantità di liquido che si riversa nel duodeno e neutralizza l’acidità (HCl+NaHCO3NaCl+H2CO3). Il bicarbonato consente il raggiungimento di un pH leggermente alcalino, ottimale per gli enzimi pancreatici. Secrezione epatica La bile ha la funzione di emulsionare i grassi e favorirne l’assorbimento attraverso la membrana della mucosa intestinale. Contiene gli acidi biliari, essenziali per queste funzioni, e i prodotti di scarto del sangue, bilirubina e colesterolo in eccesso. Essa è prima secreta dagli epatociti, poi scorre nei canalicoli biliari verso i setti interlobulari da cui si riversa nei dotti biliari terminali (dove viene aggiunta una soluzione acquosa di ioni sodio e bicarbonato) per poi raggiungere dotti di calibro sempre maggiore fino al dotto epatico e al dotto biliare comune da cui può essere riversata nel duodeno, oppure essere deviata dal dotto cistico nella cistifellea ove rimane da pochi minuti a parecchie ore. La cistifellea può contenere 30-60mL di bile, ma qui viene assorbita acqua, sodio (trasporto attivo), cloro e piccoli elettroliti, quindi tutta la bile secreta nell’arco delle 12 ore può essere qui immagazzinata. La bile viene concentrata nella cistifellea e risulta costituita da sali biliari, colesterolo, lecitina e bilirubina. In condizioni non normali il colesterolo può precipitare portando alla formazione di calcoli. Le pareti della cistifellea iniziano a contrarsi circa mezz’ora dopo il pasto e, contemporaneamente, si rilascia lo sfintere di Oddi che consente lo svuotamento della cistifellea con deflusso della bile dal dotto biliare comune nel duodeno. Anche qui è la CCK, secreta in presenza di cibi grassi nel duodeno, insieme ad un modesto effetto della stimolazione nervosa, che stimola la contrazione della cistifellea. Quando non sono presenti cibi grassi, la cistifellea si svuota solo parzialmente. I sali biliari sono sintetizzati dagli epatociti a partire dal colesterolo. Questo prima è convertito in acido colico e acido chenodesossicolico (in parti uguali) che si legano principalmente a glicina e, in misura minore, taurina, a formare gli acidi biliari glico- e tauroconiugati. I sali di questi acidi (sali di sodio) vengono secreti nella bile e hanno funzione (1)detergente (tensioattiva) sulle particelle di grasso e (2) favorente l’assorbimento di acidi grassi, monogliceridi, colesterolo e altri lipidi grazie alla formazione di micelle semi-solubili nel chimo. Nonostante esista una lipasi linguale, secreta dalle ghiandole linguali in bocca e deglutita con la saliva, la digestione dei grassi avviene essenzialmente nel tenue grazie all’azione dei sali biliari e della lipasi pancreatica (e enterica in minima parte). I sali biliari (soprattutto la lecitina in essi contenuta) emulsionano i grassi, abbassando la tensione superficiale delle gocce, e frammentano le grosse gocce in piccole goccioline, le micelle, che si formano grazie a (1) nucleo sterolico liposolubile, che forma una goccia lipidica all’interno della micella, e (2) gruppo polare idrosolubile dei sali biliari rivolto all’esterno in modo da ricoprire la superficie e carico negativamente (consente alla micella di sciogliersi nell’acqua dei succhi digestivi). Le micelle consentono alle lipasi pancreatica e enterica di agire agevolmente e sono essenziali per il trasporto dei monogliceridi e degli acidi grassi liberi attraverso l’orletto a spazzola degli enterociti. Questo trasporto tramite micelle vale anche per colesterolo libero e molecole fosfolipidiche digerite dagli enzimi pancreatici. A livello dei microvilli, che sono in continuo movimento, sia i monogliceridi che gli acidi grassi si portano all’esterno delle micelle diffondendo nelle cellule epiteliali (mentre le micelle biliari rimangono nel chimo e possono essere ancora utilizzate per trasportare grassi). Gli acidi grassi vengono poi captati dal REL e utilizzati per la sintesi di nuovi trigliceridi che vanno a formare i chilomicroni passando poi nel dotto toracico e infine nel sangue (N.B.: acidi grassi a catena corta e media tipo quelli del burro sono più idrosolubili e passano direttamente nel sangue portale tramite i capillari dei villi senza essere riconvertiti in trigliceridi) I sali biliari Pagina 034 vengono in gran parte riassorbiti nel sangue dal tenue (per diffusione nella parte prossimale del tenue e per trasporto attivo attraverso la mucosa dell’ileo distale) per tornare al fegato dove vengono riassorbiti dagli epatocitiripercorrono il circuito enterico in media 17 volte prima di essere eliminati con le feci. Anche qui la secretina stimola la secrezione biliare per parecchie ore dopo il pasto, soprattutto la parte acquosa ricca di NaHCO3 che, insieme a quello contenuto nei succhi pancreatici, neutralizza l’acidità del chimo. Secrezioni dell’intestino tenue Nel duodeno, tra piloro e papilla di Vater soprattutto, sono presenti le ghiandole del Brunner, secernenti muco alcalino che protegge la parete dall’azione digestiva del succo gastrico. Secernono in risposta a (1)l’irritazione/stimolazione tattile della mucosa, (2) la stessa stimolazione vagale che determina l’aumento della secrezione del succo gastrico, (3) la secretina. L’ortosimpa inibisce la secrezione delle ghiandole. Su tutta la superficie dell’intestino tenue, tra i villi intestinali, ci sono le cripte di Lieberkühn. La superficie di cripte e villi è coperta da un epitelio formato da cellule caliciformi mucipare e tanti enterociti che, nelle cripte, secernono acqua ed elettroliti(1,8L/die di puro liquido extracellulare), nei villi, assorbono acqua ed elettroliti (con i prodotti finali della digestione). Questo flusso di liquido fornisce un veicolo acquoso per l’assorbimento. Il movimento osmotico dell’acqua è dovuto, probabilmente, alla fuoriuscita di ioni cloro e bicarbonato nelle cripte, che a loro volta richiamano sodio e tutti insieme determinano movimento osmotico di acqua. Nelle secrezioni del tenue non sono presenti enzimi, ma gli enterociti contengono enzimi che agiscono mentre le sostanze stanno per essere assorbite attraverso l’epitelio. Questi enzimi, localizzati nell’orletto a spazzola, sono: 1) Peptidasi varie che scindono piccoli peptidi a singoli aa. In particolare sono importanti l’aminopeptidasi e numerose dipeptidasi che scindono i grossi polipeptidi in tri- e dipeptidi liberando anche alcuni aa. Questi sono facilmente trasportati all’interno dell’enterocita e nel citosol altre peptidasi specifiche li digeriscono formando singoli aa. 2) Saccarasi (scinde saccarosio in fruttosio e glucosio), maltasi e isomaltasi (scindono in molecole di glucosio), lattasi (scinde lattosio in galattosio e glucosio). I monosaccaridi che si formano sono idrosolubili e vengono assorbiti nel circolo portale; 3) Poche lipasi intestinali, di scarsa importanza rispetto alla lipasi pancreatica. L’epitelio dei villi è continuamente rimpiazzato da cellule epiteliali che si trovano nella profondità delle cripte e sono continuamente sottoposte a mitosi. La superficie assorbente della mucosa intestinale è estremamente vasta grazie alla presenza di: (1) valvole conniventi (pliche di Kerckring) che aumentano la superficie di ~3 volte e nel duodeno e nel digiuno protrudono fino a 8mm nel lume; (2) villi che nella porzione prossimale del tenue sono talmente ravvicinati da toccarsi tra loro, mentre nella parte distale sono di meno, e fanno aumentare la superficie di altre 10 volte; (3) microvilli dell’orletto a spazzola degli enterociti che fanno aumentare la superficie di altre 20 volte. Nel tenue sono assorbiti giornalmente 100g o più di grassi, 50-100g di aa, 50-100g di ioni e 7-8L d’acqua. Il trasporto dell’acqua avviene per diffusione dal chimo al plasma e viceversa. Pagina 035 La quantità di sodio riversata nell’intestino ogni giorno è di 20-30g più i 5-8g della dieta. L’intestino deve assorbire quindi 25-35g di sodio per evitare una perdita netta. La forza motrice per l’assorbimento del sodio è fornita dal trasporto attivo dall’interno della cellula attraverso la membrana basolaterale negli spazi paracellulari. Questo fa abbassare la [Na+] intracell a 50mEq/L e, dato che nel chimo è 142mEq/L, il sodio diffonde dal chimo nel citoplasma della cellula, in parte trascinando Cl- (che può entrare anche tramite lo scambiatore cloro-bicarbonato e può uscire attraverso canali specifici sulla membrana basolaterale). Il Na+ inoltre entra nella cellula per cotrasporto con glucosio e aa e tramite lo scambiatore sodio-idrogeno. Perché funzioni il cotrasporto, le due molecole (glu e aa) devono legarsi al trasportatore insieme al sodio e poi seguono insieme il gradiente elttrochimico del sodio. Anche il galattosio e certi aa vengono assorbiti per cotrasporto (ogni aa ha un trasportatore specifico), mentre il fruttosio e altri aa per diffusione facilitata. Data l’elevata concentrazione di ioni negli spazi paracellulari, l’acqua esce per osmosi e il flusso di liquido confluisce nel sangue dei villi. N.B.: In caso di disidratazione, la corticale del surrene secerne aldosterone. Questo in 1-3h determina l’aumento dei meccanismi coinvolti nell’assorbimento del sodio nell’intestino. Questo determina a sua volta un maggiore assorbimento di Cl-, H2O e altri soluti. Questo è importante perché consente di eliminare pochissima acqua e NaCl con le feci. In forme gravi di diarrea causate da tossine tipo quella colerica, aumenta la produzione intracellulare di cAMP che va ad aprire numerosi canali del cloro che esce nel lume intestinale richiamando sodio e acqua. Il bicarbonato secreto nel duodeno e nel digiuno deve essere riassorbito dalla parte prossimale del tenue. Questo si verifica in modo indiretto: grazie allo scambiatore sodioidrogeno nel lume intestinale vengono secrete moderate quantità di H+ che reagiscono con HCO3- formando H2CO3 che poi dissocia liberando CO2 che passa nel sangue e viene espirata (assorbimento “attivo” degli ioni bicarbonato si verifica anche nei tubuli renali). A livello del duodeno vengono assorbiti ioni calcio (essendo bivalente è assorbito meno dei monovalenti). L’ormone paratiroideo aumenta fortemente l’assorbimento di Ca++ attivando la vitamina D. Anche il ferro è assorbito nel tenue. Gli ioni potassio, magnesio e fosfato e altri vengono assorbiti agevolmente e in grande quantità (monovalenti) Pagina 036 Secrezioni dell’intestino crasso La mucosa del crasso non presenta villi, ma ci sono molte cripte di Lieberkhün. Le cellule epiteliali inoltre non secernono quasi per niente enzimi digestivi, ma le cripte contengono cellule mucose che secernono solo muco, contenente moderate quantità di HCO3- (secreto dalle poche cellule non secernenti muco e utile per neutralizzare l’acidità delle feci). Il muco protegge le pareti dalle escoriazioni e dall’attività batterica e serve ad aggregare il materiale fecale. La velocità di secrezione è regolata da stimoli tattili della mucosa e anche la stimolazione dei nervi pelvici (parasimpa) può determinare aumento di secrezione di muco. Quando un tratto del crasso viene irritato (infezione batterica) la mucosa secerne elevate quantità di acqua ed elettroliti(soprattutto Cl-) per diluire i fattori irritanti e si ha la diarrea come risultato. Nell’ileo e nel crasso lo scambiatore cloro-bicarbonato consente l’assorbimento di cloro con simultanea secrezione di bicarbonato che neutralizza i prodotti acidi formati, nel crasso, dai batteri. Nel colon vengono riassorbiti la gran parte dell’acqua e degli elettroliti lasciando meno di 100mL di liquido e solo da 1 a 5mEq di sodio e cloro eliminati con le feci. la gran parte del riassorbimento avviene nel colon assorbente (metà prossimale) dove viene riassorbito sodio insieme a cloro (trattenendoli, data la presenza di giunzioni serrate). Il trasporto di questi ioni causa gradiente osmotico per l’assorbimento di H2O per un massimo di 5-8L (quando si superadiarrea). Nel colon si trova la flora batterica costituita principalmente da colibacilli che producono sostanze importanti tipo la vitamina K (quella ingerita con la dieta sarebbe insufficiente), vitamina B12, tiamina, riboflavina e vari gas. Pagina 037 Pagina 038 SISTEMA ENDOCRINO (74-81) CAPITOLO 74 Il sistema endocrino è quel sofisticato insieme di organi, tessuti e cellule che tramite molecole dette ormoni permettono il corretto funzionamento, coordinamento ed omeostasi dell’organismo. Vi sono parecchi tipi di ormoni che svolgono queste funzioni e sono classificabili in base alla loro biochimica: Ormoni proteici e polipeptidi: Tutti quelli dell’ipofisi anteriore(GH, TSH, ACTH, Prolattina, Lh e FSH) e posteriore (ADH e Ossitocina) Molti di quelli liberati dall’ipotalamo (TRH CRH GHRH GHIH) inoltre la calcitonina, l’insulina il glucagone e l’ormone paratiroideo. Questi ormoni vengono immagazzinati in vescicole secretorie. Sono idrosolubili pertanto si trovano informa libera nel plasma Ormoni steroidei: sessuali(testosterone, estrogeni, progesterone e derivati), i mineralcorticoidi e glucocorticoidi (Aldosterone e cortisolo e tutti quelli minori secreti dalla corteccia surrenalica). Derivano tutti dal colesterolo o sono sintetizzati a partire dall’acetilcoA e non vengono immagazzinati. Meno del 10% è libera nel plasma il resto è legato a specifiche proteine di trasporto. Ormoni derivati dell’amminoacido tirosina: sono delle amine come il T3 e il T4, la nora e adrenalina, ed anche la dopamina o Ormone inibitore prolattina. Sono contenuti in vescicole secretorie e rilasciati all’occorrenza. Gli ormoni tiroidei si trovano quasi del tutto legati a proteine di trasporto del plasma. Ogni ormone possiede un tipo particolare di feedback positivo o negativo. La Clearance metabolica ( espressa in mL/min) è il rapporto tra entità della scomparsa dell’ormone dal plasma espressa in nanogrammi/minuto e concentrazione dell’ormone stesso nanogrammi/millilitri. La scomparsa dell’ormone fa riferimento a varie eventualità quali consumo dell’ormone nei tessuti, degradazione, modificazione o espulsione dall’organismo(rene e fegato come bile). L’emivita degli ormoni varia molto ma ovviamente e minore per quelli in forma libera rispetto a quelli legati a proteine. Meccanismi d’azione degli ormoni. Gli ormoni agiscono sulla cellula bersaglio in diversi modi: 1. Nella membrana cellulare o sulla superficie, i recettori di membrana legano perlopiù ormoni proteici peptidici e catecolamine. 2. Nel citoplasma soprattutto gli ormoni steroidei che liposolubili attraversano facilmente la membrana cellulare 3. Nel nucleo, come nel caso degli ormoni steroidei che vanno a promuovere la trascrizione di determinati geni all’interno della cellula. Il numero di recettori e la loro sensibilità varia notevolmente ed è finemente regolata. Abbiamo infatti due tipi di regolazione, la down-regulation ovvero quando il legame di un ormone coi suoi recettori induce una diminuzione dei recettori stessi, facendo abbassare man mano la capacità di risposta all’ormone e l’up-regulation in cui avviene il contrario, l’ ormone secreto aumenta la produzione di recettori che lo legano. La trasduzione del segnale all’interno della cellula dopo l’attivazione del recettore ormonale può seguire diverse strade: 1. Alcuni recettori sono legati a canali ionici (acetilcolina e nora) e una semplice modificazione conformazionale del recettore dovuta al legame stesso col recettore porta all’apertura o chiusura di diversi tipi di Pagina 039 canale(sodio potassio calcio). L’entrata nella cellula di ioni o il suo blocco provoca solitamente una depolarizzazione/iperpolarizzazione della cellula. 2. Alcuni ormoni espletano effetti simili ma in modo indiretto. Questi ormoni infatti legano recettori uniti a gruppi di proteine della membrana cellulare particolari dette proteine G o leganti la guanosina trifosfato. Tutti questi recettori hanno 7 domini transmembrana e una coda citoplasmatica che è accoppiata alla proteina G formata da 3 subunità alpha beta e gamma. Quando l’ormone si lega al recettore il cambiamento conformazionale del recettore si propaga ed arriva alla proteina G che lega GDP sulla porzione alpha. Questa porzione allora lega il GTP, si dissocia dal recettore e si associa con altre proteine coinvolte nella trasduzione del segnale. Queste a loro volta inducono cambiamenti in canali ionici o in enzimi intracellulari attivando una cascata di trasduzione del segnale che si trasmette in tutta la cellula. Le Gs sono attivatrici e Gi inibitrici. 3. Altri ormoni posseggono recettori accoppiati direttamente a enzimi. Questi legano esternamente il reccetore che passando solo una volta attraverso la membrana ha il sito catalitico all’interno del citoplasma. Un esempio è il recettore della leptina che svolge funzioni nella regolazione dell’appetito. In questo caso la via di trasduzione è JAK2 e STAT con MAPK. Importante è anche la funzione del cAMP come secondo messaggero. 4. Recettori intracellulari si combinano con ormoni steroidei e con quelli tiroidei che penetrano nella cellula e si combinano con proteine a formare complessi promotori della trascrizione di DNA specifico nel nucleo. Impiegano ore se non giorni per esplicare il loro massimo effetto. GH RH ; GHIH; CRH; GnRH; PiH PEPTIDE, sulle cellule dell adenoipofisi che producono GH cAMP e rilascio di ca TSH E ACTH cAMP LH E FSH(Glicoproteine) cAMP TRH INVECE Fosfolipasi C GH- IGF1-INSULINA TIROSIN CHINASICO PER PRODURRE IGF1(INSULIN GROWTH FACTOR LIKE) CHE FUNZIONA CON cAMP T3 e T4 derivano dalla tirosina. INSIEME A TUTTI Passano nel nucleo, si legano al recettore e Agisce anche nel nucleo aumentando i geni per il gh Pagina 040 GLI ORMONI STEROIDEI legano il retinoide X Adrenalina e Acetilcolina cAMP Glucagone e paratormone cAMP CAPITOLO 75 - Ormoni ipofisiari e loro controllo ipotalamico. L’ipofisi o ghiandola pituitaria è una piccola ghiandola di 1cm x 0,5 contenuta nella sella turcica, alla base dell’encefalo collegata con ipotalamo dal peduncolo ipofisiario e da un sistema portale ipotalamo-ipofisiario. È formata da una porzione anteriore chiamata adenoipofisi (tasca di Rathke) e una porzione posteriore di origine embrionale diversa, la neuroipofisi, separate da una porzione centrale poco sviluppata detta pars intermedia. L’adenoipofisi secerne numerosi ormoni ed è controllata strettamente dall’ipotalamo che tramite il sistema portala ipotalamo-ipofisiario secerne dei neurotrasmettitori specifici di origine peptidica che agiscono sulla adeno ipofisi come stimolanti o inibitori. L’ipotalamo ricevendo numerose afferenze di fatto integra diversi segnali e tramite vari neurormoni controlla la secrezione ipofisiaria. Questi ormoni prodotti in vari nuclei ipotalamici raggiungono l’eminenza mediana tramite assoni e riversano il loro contenuto nel sistema portale. 1) TRH o thyreotropin releasing hormon, stimola la liberazione dell’ormone stimolante la tiroide o TSH. 2) CRH (corticotropin R.H.) promuove la liberazione dell’ormone adenocorticotropo ACTH. 3) GHRH (growth hormon R.H.) stimola la liberazione del GH. Esiste anche il GHIH che invece la inibisce. È prodotto nel nucleo ventromediale sensibile anche all’ipoglicemia e della sensazione della fame. Infatti una forte ipoglicemia stimola molto la produzione di GHRH e quindi GH. Il GHRH si lega ai recettori delle cellule dell’adenoipofisi e tramite l’cAMP e quindi il calcio viene rilasciato. L’cAMP stimola anche la trascrizione genica di ulteriore quantità dell’ormone stesso. 4) PIH è uno dei pochi ormoni completamente inibitori ed inibisce la produzione e liberazione di prolattina. 5) GnRH (gonadotropin R.H) stimola la produzione degli ormoni sessuali FSH e LH. Gli ormoni ipofisiari sono prodotti da cellule specifiche dell’adeno ipofisi, in particolare le cellule somatotrope producono GH, le cellule gonadotrope producono LH e FSH, le cellule corticotrope l’ormone adenocorticotropo, le cellule tireotrope l’ormone TSH e le cellule lattotrope la prolattina. L’ormone della crescita o GH è chiamato anche ormone somatotropo o somatotropina è una molecola proteica di 191 aa con peso di 22 kDa. Molti effetti del Gh sono mediati da composti chiamati somatomedine o fattori di crescita insulino simili. Infatti il GH se aggiunto ad una coltura cellulare da solo non stimola l’accrescimento delle cellul. è infatti nel fegato che avviene il più importante contributo del GH, ovvero la produzione di somatomedina C o IGF-I di 7,5 kDa che probabilmente esplica la maggior parte degli effetti. (nanismo di Levì lorain da Gh normale ma produzione nulla di somatomedina). Il GH ha diversi effetti metabolici: Pagina 041 Aumenta la sintesi proteica in tutte le cellule dell’organismo. Questo processo avviene tramite diversi meccanismi, 1)come l’esaltazione del trasporto attraverso la membrana della maggior parte degli amminoacidi verso l’interno della cellula portando ad un aumento intracellulare di a.a.2) aumenta la trascrizione del DNA nel nucleo con formazione di maggiore RNA. 3) aumenta la traduzione del RNA sui ribosomi per la formazione di proteine. 4) diminuisce il catabolismo proteico e la degradazione delle proteine probabilmente facendo utilizzare all’organismo principalmente acidi grassi come fonte energetica. Stimola l’utilizzo di acidi grassi dalle riserve adipose come substrato energetico, facendo pertanto aumentare la presenza di acidi grassi in circolo. Porta pertanto ad un aumento della massa magra. La mobilizzazione di grassi in eccesso porta ad una azione chetogena in quanto vengono prodotti molte quantità di chetoni. Diminuisce l’utilizzo dei carboidrati ed in particolare del glucosio in vari modi. 1) riduce l’assorbimento di glucosio nei tessuti. 2) Aumenta la produzione di glucosio (gliconeogenesi)da parte del fegato 3) promuove un rilascio di quantità maggiore di insulina. Infatti l’ormone induce una resistenza all’insulina che pertanto riduce il suo effetto di captazione da parte del tessuto muscolare e adiposo sul glucosio. Innalzando cosi la glicemia. Una ipersecrezione di Gh ha effetti diabetogeni tipici del diabete di tipo 2 insulino indipendente(resistenza). È fondamentale cmq per l’azione del gh la presenza di insulina e glucosio altrimenti non può avvenire la crescita coporea. Forse perché l’insulina aiuta il trasporto di aa. Stimola l’accrescimento della cartilagine e dell’osso poiché 1) aumenta la produzione di proteine nelle cellule cartilaginee e osteogenetiche 2) stimola l’attività riproduttiva di queste 3)Converte i condrociti in cellule osteogenetiche con deposizione di nuovo osso. Durante la crescita Le ossa crescono in lunghezza a livello delle epifisi al confine con le diafisi dove aumenta la cartilagine che poi viene calcificata e trasformata in osso. Successivamente avviene la saldatura ossea tra epifisi e diafisi che termina il periodo accrescitivo. Se aumenta il GH dopo la fine dell’accrescimento le ossa invece crescono in spessore o larghezza quando l’attività degli osteoblasti prevale su quella degli osteoclasti. Gli osteoblasti infatti depongono nuovo osso al livello del periostio e nelle cavità ossee mentre gli osteoclasti rimuovo quello vecchio. L’ormone della crescita stimola fortemente gli osteoblasti. REGOLAZIONE GH : La concentrazione normale di Gh è circa 1.6-3 ng/mL ma può variare notevolmente sia durante le ore del giorno, aumenta nettamente durante le prime ore della notte, ma può variare per attività fisica, digiuno di proteine, ipoglicemia e abbassamento acidi grassi nel sangue traumi e stati di eccitazione. Cmq in condizioni acute è l’ipoglicemia che ha un fortissimo effetto sul rilascio del gh rispetto al digiuno proteico al contrario in condizioni croniche l’ipoprotinemia ha l’effetto maggiore. Tuttavia la concentrazione dell’ormone è regolata da i due ormoni ipotalamici GHRH e GHIH o somatostatina. Questi so prodotti dal nucleo ventromediale centro della fame e del controllo dell’ipoglicemia. Inoltre anche stress che comporta la produzione nell’ipotalamo di serotonina e dopamina e catecolamine fanno aumentare il GH. (IL GHRH FUNZIONA cAMPcalciovescicole si fondono). Feedback negativo, se aumenta troppo il GH viene inibito il GHRH e rilasciato il GHIH. CAPITOLO 76 - Ormoni metabolici della tiroide. Ormone stimolante la tiroide o TSH è prodotto dalle cellule tireotrope dell’adenoipofisi ed aumenta la secrezione in circolo degli ormoni tiroidei T3 triiodiotironina e T4 tetraiodiotironina o tiroxina. I due ormoni vengono sintetizzati a partire dall'amminoacido tirosina. Innanzitutto viene trasportato all'interno della cellula lo ioduro prelevato dal sangue tramite il cotrasportatore sodio iodio(1iodio 2 na) , processo chiamato captazione dello iodio che può far aumentare la concentrazione dello iodio nella cellula di 250 volte rispetto al sangue. Il TSH stimola attivamente l'attività della pompa. Lo iodio poi viene trasportato nel follicolo contro gradiente nel co-traporto con la pendrina. Le cellule tiroidee producono una molecola chiamata tireoglobulina, contenente circa una 70 di tirosine e avente un peso molecolare di 335 kDa. Lo iodio che è stato trasportato NEL FOLLICOLO della cellula deve essere prima ossidato da una perossidasi in presenza di acqua ossigenata per potersi poi unire alla tireoglobulina nel processo chiamato di Pagina 042 organicizzazione dello iodio. Questo processo è portato avanti da un enzima la tireoperossidasi. Vi sono vari stadi, prima si viene a formare la monoiodiotirosina(MIT), poi la diiodiotirosina (DIT) e infine i due ormoni triiodiotironina (T3)e tetraiodiotiroina (T4) o tiroxina. Questi due ormoni nascono dall'unione di due diiodiotirosine o di una monoiodiotirosina cn una diiodiotirosina. La tiroide accumula una grande quantità di ormone e fino a 30 molecole di tiroxina sono contenute in una molecola di tireoglobulina. Ovviamente dopo che sono stati sintetizzati e raccolti nel follicolo, gli ormoni devono essere staccati dalla molecola di tireoglobulina e poi verranno rilasciati nel sangue. Tramite vescicole pinocitiche le cellule recuperano dai follicoli molecole di tireoglobulina che poi vengono portate ai lisosomi dove vengono modificate dalle proteinasi presenti per liberare i singoli ormoni. Al polo basale della cellula vengono liberati nei capillari sanguigni. Le mono e diiodiotirosine contenute nella tireoglobulina vengono de iodate dall'enzima deiodasi e lo iodio viene riciclato, dato che circa 3/4 dello iodio non forma ormoni è fondamentale poterlo ricilcare. Il 93% è costituito da tiroxina e solo 7% da T3, tuttavia la maggiorparte della T4 viene riconvertita in T3 che è la forma più attiva e circa 35microgrammi al giorno vengono rilasciati. Nel sangue solo 1 % degli ormoni tiroidei non è legato mentre il 99 percento si trova complessato con proteine plasmatiche quali l'albumina la prealbumina e la globulina legane la tiroxina. Hanno un emivita di legame con le proteine sieriche di 6 e 1 giorno rispettivamente la t4 e t3. Anche nelle cellule non vengono utilizzate subito ma si legano a proteine e vengono utilizzate nell'arco di giorni o settimane. La tiroxina ha infatti una latenza di 2-3 gg e raggiunge il massimo dopo 12 gg mentre la T3 dopo 6-12 ore di latenza esplica il suo massimo entro 2-3 gg(dopo infusione venosa). 1) Gli ormoni tiroidei penetrati all'interno della cellula si legano ai recettori cellulari e arrivano nel nucleo dove il complesso recettore ormone insieme al recettore retinoide X forma un dimero che funge da promotore per attivare la trascrizione di determinate porzioni del genoma. Sembra inoltre che questi ormoni abbiano effetti cellulari non genomici come la regolazione di canali ionici e la fosforilazione ossidativa tramite cAMP. 2) aumentano il metabolismo basale del 60-100% aumentando le dimensioni e il numero dei mitocondri,3) Aumentano l'azione della pompa sodio potassio Atpasi con pertanto una maggior velocità di trasporto di sodio e potassio, maggior energia consumata e maggior calore prodotto, incrementando così il metabolismo energetico. 4)Aumentano l'accrescimento corporeo, infatti nell'ipertiroidismo si ha un accrescimento scheletrico eccessivo e una prematura maturazione con saldatura delle epifisi. 5) fondamentle anche per lo sviluppo cerebrale, ipotiroidismo può causare cretinismo se il feto non ha avuto abbastanza ormone, e il trattamento del neonato non può risolvere il preblema. Altre funzioni generali degli ormoni tiroidei sono: 1) aumento del metabolismo dei carboidrati, come velocità di assorbimento del glucosio nelle cellule e nell'intestino, gliconeogenesi, e glicolisi quindi secrezione di insulina. 2) Stimolazione del metabolismo dei grassi con esaurimento maggiore dei depositi adiposi. 3) Un maggiore utilizzo di acidi grassi e lipidi in circolo provocano un abbassamento dei livelli di colesterolo e fosfolipidi che invece nell'ipotiroidismo possono aumentare al punto tale da provocare aterosclerosi. La secrezione maggiore della bile fa eliminare più colesterolo nell'ipertiroidismo. 4) Aumento fabbisogno vitamine e co enzimi 5) Aumento metabolismo basale 6) Diminuzione del peso corporeo e quasi sempre calo ponderale 7) Aumento flusso sanguigno e della gittata cardiaca dovuto alla più elevata attività cellulare e al rapido aumento dell'utilizzo dell'ossigeno. Pertanto si ha vasodilatazione in tutti i distretti. Anche del 60% in più la gittata. 8) Aumento della frequenza cardiaca e quindi tachicardia. Pagina 043 9) Aumento dell'inotropismo cardiaco (forza contrattile) che però può diventare eccessivo e causare scompenso cardiaco dato anche l'aumento della gittata. 10) La pressione sistolica si innalza di circa 10-15 mentre quella diastolica si abbassa di altrettanto. 11) Aumento dell'attività respiratoria dato il bisogno maggiore di ossigeno 12) Aumento attività gastrointestinale e stimolazione dell'appetito. Spesso compare diarrea. 13) Effetti eccitatori sul sistema nervoso centrale, come nervosismo ansia e tendenze psiconeurotiche o paranoidi. 14) Aumentato cataolismo proteico porta a stanchezza muscolare e tremori caratteritici dovuta all'enorme eccitabilità delle fibre muscolari. 15) Mancanza di sonno dovuta alla troppa eccitazione del SNC. Al contrario nell'ipotiroidismo una sonnolenza fino a 12-14 ore di sonno. 16) Aumento secrezione anche di altre ghiandole endocrine, come l'insulina dovuto al maggior metabolismo dei carboidrati, cresce inoltre la richiesta di ormone paratiroideo dovuto all'aumento della formazione dell'osso. Anche l'ACTH aumenta poichè i glucocorticoidi vengono inattivati più facilmente dal fegato e quindi vi è bisogno di una maggiore quantità di questi ormoni. 17) Provoca inoltre impotenza o carenza di libido (iper e ipo) mentre nella donna ipo provoca amenorrea o menorragia e polimenorrea. Al contrario iper provoca spesso oligomenorrea e talvolta amenorrea. La regolazione degli ormoni tiroidei è data da due altri ormoni secreti rispettivamente dall'ipofisi TSH e dall'ipotalamo TRH. La tireotropina 28 kDa è una glicoproteia che stimola la produzione e il rilascio di T3 e t4 ed è secreta dall cellule tireotrope dell'adenoipofisi. Stimola la tiroide in vari modi: 1) aumenta la proteolisi di tireoglobulina nei follicoli così aumenta la secrezione di ormone e la quantità di sostanza follicolare, 2) esalta l'attività della pompa dello iodio cotrasporto di 2 na 3) incrementa la iodazione della tirosina 4)iperplsia cellule tiroidee 4)fa aumentare il numero delle cellule tiroidee. L'amp ciclico fa da secondo messaggero dopo il legame tra tsh e recettore posto sulla membrana celluare delle cellule tiroidee. Ovviamente anche il tsh è regolato da un altro ormone ipotalamico che è il TRH o ormone liberatore della tireotropina. Questo si lega a recettori sulle cellule tireotrope dell'adenoipofisi e attiva il sistema fosfolipaci c secondo messaggero. Esiste cmq un feedback negativo tra ormoni tiroidei e tsh, infatti quando i livelli di questi ultimi aumentano notevolmente viene inibito l'ulteriore rilascio di TSH e non agisce invece sull'ormone TRH che rimane quasi inalterato, infatti se l'ipotalamo viene separato dall'adenoipofisi il feedback resta funzionante. Alcuni effetti agiscono sull'ipotalamo e sulla sua secrezione di TRH come il freddo che l'aumenta notevolmente portando così ad un aumento di TSH e consequenzialmente di T3 e T4. CAPITOLO 77 - ormoni corteccia surrenale Si dividono in due gruppi, gli ormoni mineralcorticoidi prodotti a livello della zona glomerulare rappresentante il 15% della corteccia surrenale, gli ormoni glucocorticoidi ed androgeni prodotti invece nella zona fascicolata e reticolare circa il 75%. I mineralcorticoidi sono adibiti al controllo elettrolitico dei liquidi corporei, mentre i glucocorticoidi devono tale nome alla loro capacità di innalzare la glicemia. Il principlale mineralcorticoide è l'adosterone, mentre tra i glucocorticoidi il più importante è il cortisolo. Tra gli androgeni ricordiamo l'androstenedione e l'epiandrosterone. La funzione principale dei glucocorticoidi è quella di equilibrare il metabolismo dei grassi carboidrati e proteine, oltre a rispondere adeguatamente a periodi di stress fisico e mentale. Il 95% dell'attività dei glucocorticoidi è data dal cortisolo chiamato idrossicortisone, anche se il corticosterone è un atro composto prodotto dalla surrene che ha un’attività che corrisponde al 4% di tutta l’attività glucocorticoide. Il cortisone è potente quasi quanto il cortisolo.(vi Pagina 044 sono composti sintetitci più potenti di 4-5 e 30 volte il cortisolo chiamati rispettivamente prednisone, metilprednisone e desametasone) il più importante effetto del cortisolo è quello di stimolare la gliconeogenesi epatica aumentando tutti gli enzimi necessari a convertire gli amminoacidi in glucosio e a mobilitare gli stessi dai tessuti extraepatici, principalmente dal tessuto muscolare per poter arrivare al fegato. Così aumentano molto le scorte di glicogeno e permette a ormoni come adrenalina e glucagone di mobilizzare il glucosio in caso di necessità. 1. il cortisolo è iperglicemizzante, come anche il GH e il glucagone, aumenta la glicemia ma come il GH ne riduce il consumo da parte delle cellule, probabilmente avendo qualche effetto ritardante su una tappa della glicolisi, deprimono infatti l'ossidazione del NADH a NAD+. 2. Il "diabete surrenalico" come l'effetto diabetogeno del GH è dovuto all'incremento della gliconeogenesi e la riduzione del consumo di glucosio dalle cellule che porta a iperglicemia e una notevole secrezione di insulina che porta ad una resistenza maggiore e un insensibilità nel muscolo e nel tessuto adiposo. Una possibile spiegazione è che gli alti livelli di acidi grassi mobilitati da cortisolo e GH portino ad una minore sensibilità all'insulina. Questo aumento maggiore del 50% prende il termine di diabete surrenalico. Sul metabolismo proteico ha vari effetti: riduce la riserva proteica infatti muove appunto gli aa dai distretti extraepatici. Questo è dovuto ad una diminuzione della sintesi proteica nonché da un aumentato catabolismo causato in parte da un minor trasporto degli amminoacidi all’interno dei tessuti. Pertanto indebolisce fortemente la muscolatura nonché le funzioni immunitarie del tessuto linfoide. Nel fegato come nel plasma(prodotte dal fegato) aumentano il numero quantitativo di proteine grazie ad un aumento del trasporto di aa nel fegato per cui aumenta anche la gliconeogenesi nel fegato stesso. Anche nel sangue aumenta il quantitativo di aa poiché è depresso il trasporto di questi ultimi nelle cellule extraepatiche ma non nel fegato. Sul metabolismo dei grassi ha vari effetti: favorisce la loro mobilizzazione dal tessuto adiposo aumentandone la concentrazione nel sangue ed il loro uso per fini energetici stimolandone quindi l’ossidazione. Si ricordi inoltre che l’alphaglicerofosfato ricavato dal glucosio serve a mantenere i trigliceridi e depositarli in tali cellule e che la sua mancanza promuove la liberazione di questi. Tuttava questa risposta è più lenta ed ha bisogno di alcune ore. Molti soggetti affetti da ipersecrezione di cortisolo sono tuttavia obesi con particolare deposizione di grasso nel tronco e capo. Molti tipi di stress inducono la secrezione di ACTH a cui segue quella del cortisolo. Alcuni esempi sono traumi infezioni caldo o freddo intensi interventi chirurgici, iniezioni di Nora, immobilizzazione totale e malattie debilitanti. Si pensa che il beneficio del cortisolo in queste circostanze sia la rapida mobilizzazione dei grassi e proteine nonché della sintesi del glucosio pronto per l’utilizzo. Il cortisolo ha anche effetti antinfiammatori notevoli, utilizzato infatti nella cura dell’artrite reumatoide, come il blocco dei primi stadi del processo infiammatorio, la rapida risoluzione del processo flogistico con guarigione più rapida. 1. Stabilizzazione delle membrane lisosomiali e quindi limitazione di quegli enzimi 2. Diminuzione permeabilità capillari 3. Riduce la migrazione leucocitaria e la fagocitosi stessa. 4. Deprime il sistema immunitario causando una notevole riduzione dei linfociti in particolare i T. 5. Abbassa la febbre riducendo la liberazione di interleuchina 1 da parte dei linfociti e così abbassa anche vasodilatazione. Pagina 045 6. Blocca la componente infiammatoria della reazione allergica, che solitamente è responsabile della risposta più preoccupante e grave della reazione stessa 7. Diminuisce la sintesi di collagene e matrice ossea pertanto può provocare se in eccesso, anche in trattamenti autoimmunitari, osteoporosi. Regolazione della secrezione del cortisolo da parte dell’ACTH ipofisiario. L’ACTH è rilasciato dalle cellule corticotrope dell’ipofisi anteriore in seguito al rilascio dall’ipotalamo del nucleo paraventricolare di CRH polipeptide di 41 aa. L’ACTH stimola sia il rilascio di cortisolo che quello degli androgeni. L’ACTH è un polipetide di 39 aa. che stimola un recettore nella membrana cellulare con funzione di adenilato ciclasi aumentando il cAMP nelle cellule della corteccia surrenale che attiva ProteinKinasi A che stimola la conversione di colesterolo in pregnenolone prima tappa uguale per tutti gli ormoni steroidei corticosurrenalinici. Lo stress aumenta la secrezione di ACTH, anche segnali nociocettivi e stress mentale. Il cortisolo ha un effetto a feedback negativo sull ipotalamo per far diminuire CRH e sull’adenoipofisi per ridurre ACTH. I glucocorticoidi sono rilasciati durante l’arco della giornata a concentrazioni differenti, infatti maggiore è il rilascio alle 8 del mattino fino a un max di 20 microgrammi per 100 mL e un minimo di 5 microgrammi alle 12 pm. Pertanto modificando il proprio cilco sonno veglia si modifica notevolmente anche la secrezione di glucocorticoidi. L’ACTH deriva da una proteina molto più grande la Pro-opiomelanocortina o POMC precursore anche di MSH o ormone stimolante i melanociti e Betalipotropina e betaendorfina. Quando aumenta la sua secrezione come nell morbo di addison anche la quantità degli altri ormoni aumenta. FUNZIONE MINERALCORTICOIDI I mineralcorticoidi hanno la funzione di regolare la quantità di elettroliti presenti nei liquidi dell’organismo. L’aldosterone è quello più importante, responsabile del 90% dell’attività mineralcorticoide surrenalica. Altri mineralcorticoidi sono: deossicorticosterone e corticosterone che possiedono meno di 1/30 dell’attività dell’aldosterone. Anche il cortisolo tuttavia contribuisce in misura rilevante, essendo la sua attività 3000 volte inferiore ma essendo la sua concentrazione 2000 volte maggiore rispetto all’aldosterone. Il cortisolo possiede affinità di legame con i recettori dei mineralcorticoidi, tuttavia le cellule epiteliali renali, tramite l’11 betaidrossisteroidededrogenasi di tipo 2, convertono il cortisolo in cortisone, che non ha grande attività mineralcorticoide. L’aldosterone promuove il trasporto di Na in scambio con K a livello delle cellule principali del tubulo collettore e in misura minore nel tubulo distale e dotto collettore. Ciò porta al netto ad una secrezione di K e assorbimento di Na. L’aldosterone, se presente in eccesso, fa aumentare solo di poco la concentraz di Na nel liquido extracell: questo perché il riassorbim di Na si accompagna al riassorbim osmotico di H2O, aumentando così il volume del LEC e la pressione, ma non la concentrazione netta di sodio. L’aldosterone ha però effetto solo transitorio: un aumento del volume di LEC di 1-2gg, porta all’aumento della pressione arteriosa che fa seguito, attraverso i processi di diuresi e natriuresi pressoria, ad una forte escrezione renale di acqua e sali, che riporta in equilibrio il LEC. Un aumento del 5-15% del LEC aumenta di 15-25mmHg la pressione ristabilendo i normali equilibri. Questa normalizzazione è detta fuga dall’aldosterone. Quando invece la secrezione si riduce a zero, quantità molto elevate di sale vengono perse con l’urina, il che porta ad una riduzione del volume del LEC e, quindi, a disidratazione extracellulare, ipovolemia e shock circolatorio con esito letale in pochi giorni. L’eccesso di aldosterone dunque porta ad ipokaliemia, riducendo i valori da 4,5mEq/L fino alla metà e porta a paralisi muscolare. Al contrario una carenza provoca iperkaliemia e sofferenza cardiaca. L’eccesso di aldosterone aumenta anche la secrezione di H+ che vengono scambiati con Na nelle cellule intercalate dei tubuli collettori corticali causando così lieve alcalosi metabolica. Esercita lo stesso effetto anche su ghiandole sudoripare e salivari. Esalta inoltre l’assorbimento di Na a livello intestinale (colon soprattutto) evitando di perderlo con le feci. Quando manca aldosterone, la perdita di Na e H2O con le feci causa diarrea. l’aldosterone diffonde rapidamente Pagina 046 attraverso la membrana delle cellule epiteliali renali, si combina con il recettore mineralcorticoide (MR). Il complesso diffonde nel nucleo dove induce trascrizione di geni correlati con il trasporto di Na e K. Uno degli enzimi è l’ATP Na-K dipendente, principale componente delle membrane basolaterali. Altre proteine costituiscono il canale epiteliale del Na, ENaC, inserito nella membrana luminale delle stesse cellule tubulari e che permette una rapida diffusione di Na dal lume tubulare alla cellula. Occorrono pertanto circa 30min prima che si formi RNA e 45 prima che aumenti il trasporto di Na. Azioni non genomiche dell’aldosterone che si esplicano prima di 60-90 min possono essere indotte dal cAMP che aumenta nelle cellule della muscolatura vascolare liscia e nelle cellule epiteliali dei tubuli collettori renali. Stimola anche l’IP, tuttavia ancora non si sa bene cosa faccia. REGOLAZIONE SECREZIONE Un aumento della concentrazione di K stimola la secrezione Un aumento dell’angiotensina II stimola Aumento di Na riduce leggermente la secrezione Aumento di ACTH stimola La sua regolazione è meglio trattata nel rene. SINDROMI: Iposecrezione surrenalica (cortisolo e aldosterone)MORBO DI ADDISON. È provocata da un’atrofia o lesione della corteccia surrenalica e nell 80% dei casi è di origine autoimmune. Anche in seguito a tumore può essergi la distruzione della surrene. In altri casi è dovuta ad una mancanza di produzione di ACTH dall’ipofisi che può portare ad atrofia della surrene. Quasi tutti i pazienti colpiti dal morbo di addison hanno un eccesso di melanina dovuto al fatto che si produce un eccessivo quantitativo di ACTH per far fronte alla poca produzione di glucocorticoidi e mineralcorticoidi. E dai precursori dell’acth derivano altri ormoni come l’MSH. In genere il paziente va in contro a morte dopo 4-14 giorni dalla cessazione della produzione di ormoni mineralcorticoidi. Questa sindrome è caratterizzata da: 1. Ipoglicemia tra due pasti, abbassamento funzioni metaboliche, affaticamento muscolare e energia minore disponibile 2. Iposodiemia e conseguente iperkaliemia e acidosi (gli H+ vengono rilasciati quando si assorbe il sodio o al contrario si accumulo se non vi è riassorbimento di sodio). Diminuzione del volume plasmatico shock da ipotensione e abbassamento gittata cardiaca. 3. Iperproduzione di MSH alpha beta e gamma poiché per contro l’ipotalamo produce tanto CRH e vi è tanto ACTH ma poco cortisolo per inibire il feedback. Può essere trattata con piccole dosi di mineralcorticoidi e glucocorticoidi giornalieri. Ipersecrezione surrenalica o SINDROME DI CUSHING. Può essere dovuta a svariate cause come un adenoma ipofisiario(troppo ACTH), disfunzioni ipotalamiche(troppo CRH), tumori ectopici a secrezione surrenalinica(troppo cortisolo), adenoma surrenalinico(troppi ormoni surrenalici). È importante distinguere la malattia di CUSHING causata da troppo ACTH dalle altre che cmq hanno effetti simili. 1. Iperglicemia, iperproteinemia plasmatica ed epatica. Pagina 047 2. Deposizione di grasso corporeo su tronco e capo ed obesità tipica. 3. Perdita di proteine da tessuti extraepatici e grave osteoporosi Iperaldosteronismo primario o SINROME DI CONN. Dovuta a volte a iperplasia o tumore della surrene : Ipersodiemia anche se lieve (4-6 mEq/L), forte ipokaliemia, lieve alcalosi da rimozione di H+ (antiporto sodio H+) bassa renina, lieve del volume extracellulare, quasi sempre ipertensione e aumento della gittata cardiaca. La sindorme surreno-genitale si verifica a causa di un tumore della surrene che provoca una produzione eccessiva di ormoni androgeni: Nella donna provoca irsutismo e caratteristiche virili pronunciate come voce roca, a volte calvizie, muscolatura aumentata. Nel uomo e in particolare nel bambino si ha una più rapida maturazione sessuale già in età prepuberale. Le caratteristiche secondarie sono mascherate dal normale testosterone. CAPITOLO 78 - insulina, glucagone e diabete mellito. Il pancreas oltre a produrre ormoni digestivi produce due ormoni fondamentali, l’insulina e il glucoagone che hanno effetti per alcuni versi diametralmente opposti. Altri ormoni sono la somatostatina e il PP o polipeptide pancreatico. Il pancreas è una ghiandola esocrina formata dagli acini, che producono principalmente i succhi digestivi e dalle isole di langerhans, irrorate dai capillari, che secernono direttamente ormoni nel sangue. Sono circa 1-2 milione di isole formate da cellule alpha beta, delta e PP. Alpha producono principalemente glucagone e sono il 25% del totale, beta producono insulina e amilina e sono il 60% mentre le delta sono il 10% e producono somatostatina. Altre cellule PP producono il polipeptide pancreatico. L’amilina blocca la produzione di insulina mentre la somatostatina la produzione di entrambi. L’insulina è un ormone proteico di 5808 dalton formato da due catene A e B tenute insieme da ponti disolfuro degli aa di cisteina. Sintetizzata dalle cellule Beta come preproinsuina di 11500 Da, diviene proinsulina 9000da con 3 catene A B C ulteriormente degradata nel Golgi a formare le catene A=B e il peptide di collegamento di tipo C. Una piccola parte di insulina, impacchettata nei granuli secretori, resta sotto forma di proinsulina che non ha attività. Il peptide C è importante perché la sua dosazione ci informa della quantità di insulina prodotta dall’organismo (Sono secreti in dosi equimolari). Il peptide C ha azione sulla pompa sodio potassio e sulla ossido nitrico sintetasi endoteliale. L’insulina ha un emivita di 6 minuti ed è poi degradata dall’insulinasi. Viene prodotta notevolmente nelle fasi post prandiali quando la concentrazione di glucosio nel sangue aumenta. L’insulina lega una proteina recettoriale posta sulla membrana di quasi tutte le cellule dell’organismo(non funziona nei neuroni che sono sempre permeabili al glucosio, unica fonte energetica)e rende possibile l’entrata del glucosio nelle cellule. Il recettore x l’insulina ha due subunità alpha esterne e due Beta interne. L’insulina lega le alpha e produce un processo di autofosforilazione delle sub Beta. È un esempio di recettore legato ad un enzima. L’autofosforilazione attiva la tirosin kinasi che fosforila molti altri messaggeri come gli IRS o SUBSTRATI DEL RECETTORE INSULINICO. Gli effetti di questi substrati sono vari: Vescicole ricche di proteine (GLUT) di trasporto per il glucosio si fondono con la membrana soprattutto nelle cellule adipose e tessuto muscolare, che di norma quando sono a RIPOSO hanno una membrana poco permeabile al glucosio stesso. Tuttavia il muscolo durante l’esercizio fisico diventa permeabile al glucosio anche in assenza dell’ormone. In altre cellule tipo i neuroni la membrana cellulare è sempre permeabile al Pagina 048 glucosio e se scende a valori bassi tra 20-50mg/100mL compaiono i sintomi dello shock ipoglicemico. Nel muscolo il glucosio viene immagazzinato come glicogeno mentre nel tessuto adiposo vengono immagazzinati gli acidi grassi. Questi sono prodotti nel fegato quando vi è un eccesso di glucosio. Inoltre il glucosio che entra nelle cellule adipose come tale è importante per la sintesi di glicerolo. Una gran parte di glucosio forma anche le scorte di glicogeno nel fegato e questo è possibile grazie a molte azioni svolte dall’insulina. Essa infatti inattiva la fosforilasi epatica ovvero l’enzima che scinde il glicogeno epatico in glucosio. Aumenta l’assorbimento del glucosio da parte delle cellule epatiche grazie alla attivazione dell’esochinasi cellulare che fosforila il glucosio impedendogli di uscire. Aumenta infine tutti gli enzimi che stimolano la sintesi di glicogeno come la glicogenosintetasi. Inibisce inoltre la gliconeogenesi ovvero la formazione di glucosio da a.a. Circa 100 gr di glicogeno sono conservati nel fegato che verrà poi rilasciato durante gli intervalli tra i pasti quando la riduzione della glicemia riduce la secrezione di insulina. La mancanza di secrezione d’insulina invece porta a effetti opposti come la scissione del glicogeno stesso tramite l’attivazione della glucosio fosfatasi e fosforilasi. Anche la permeabilità agli a.a. aumenta notevolmente, nonché ioni magnesio potassio fosfato fondamentali per i vari enzimi per utilizzo del glucosio stesso. Effetti invece a lunga latenza, ore e giorni, si hanno a carico dei processi di traduzione degli RNA e trascrizione DNA ed agiscono sugli enzimi cellulari come esposto sopra. Gli effetti dell’insulina sul metabolismo dei grassi portano ad un aumento dell’immagazzinamento dei grassi nel sistema adiposo. Infatti un uso maggiore di glucosio nei tessuti diminuisce l’uso di grassi, promuove inoltre la sintesi di acidi grassi a partire dal glucosio nelle cellule epatiche dove vengono assemblati in trigliceridi e liberati nel sangue accoppiati a lipoproteine. Inoltre attiva la lipasi proteica che scinde i trigliceridi in acidi grassi che possono essere così accumulati nel tessuto adiposo. Inattiva la lipasi ormone sensibile che è invece responsabile della liberazione degli acidi grassi. Quantità elevate di ioni citrato e isocitrato formati nel ciclo di Krebs hanno un effetto diretto sull’acetil-coA carbossilasi la prima tappa della sintesi di acidi grassi. La carenza di insulina induce un aumento notevole dell’utilizzo di acidi grassi come substrato energetico nell’intervallo tra i pasti. Infatti si attiva in mancanza di insulina la lipasi ormone sensibile con un incremento della scissione e liberazione di trigliceridi. Aumenta inoltre la concetrazione nel sangue di glucosio, di acidi grassi e di acido acetoacetico prodotto nel fegato in seguito ad accumulo di acetil-coA derivato dalla beta ossidazione. Inoltre l’eccessiva quantità di acidi grassi nel sangue promuove la conversione nel fegato di parte di essi in colesterolo e fosfolipidi, che accumulandosi nei vasi insieme alle lipoproteine (triplicano laconcentrazioen) possono accumularsi fino a portare ad aterosclerosi. L’utilizzo eccessivo d acidi grassi, colsterolo e fosfolipidi come fonte energetica a lungo termine dell’organismo porta all’accumulo di diverse sostanze come acido idrossibutirrico e l’acetone, i cosiddetti corpi chetonici che se accumulati in grandi quantità possono portare a chetosi e anche a grave acidosi e coma mortali nel diabetico grave. Gli effetti dell’insulina sul metabolismo proteico consistono nella stimolazione della sintesi ed immagazzinamento delle proteine. Questo avviene perché l’insulina promuove il trasporto attivo di molti amminoacidi dall’esterno all’interno delle cellule, come accade anche per il GH anche se con aa diversi. Provoca un aumento della traduzione degli RNA messaggeri. Fa inoltre aumentare la trascrizione di DNA. Inibisce il catabolismo delle proteine e nel fegato deprime la gliconeogenesi da proteine. Al contrario la mancanza di insulina provoca deplezione proteica, aumento aa nel sangue, gliconeogenesi epatica. Pertanto l’insulina come anche l’ormone somatotropo o GH sono fondamentali per il corretto sviluppo dell’organismo. Quando la glicemia aumenta a livello delle cellule di langerhans tramite i trasportatori del glucosio GLUT-2 questo entra nella cellula beta e viene fosforilato dalla glicochinasi 6 fosfato che viene poi ossidato con formazione di ATP che inibisce canali del potassio specifici sensibili all’atp. Questa chiusura depolarizza la membrana ed attiva canali del calcio voltaggio dipendenti che entrando nella cellula favorisce la fusione dei granuli di insulina con la membrana per Pagina 049 Molti fattori regolano la secrezione di insulina. In primis la glicemia è quello più importante, infatti per 80-90 mg/mL a digiuno è minima la secrezione nell’ordine di 25ng/min/Kg. Se però aumenta sopra i 100mg la secrezione aumenta di 10-25 volte per valori compresi tra 400-600mg/100mL. Pertanto si attua un feedback che aprendo i canali del trasporto per il glucosio tendono a ripristinare i normali valori di questo. Questi livelli di secrezione aumentano passando per due fasi distinte: UN PRIMO TETTO fino a 10 volte entro 3-5 minuti dovuto all’insulina già preformata che viene rilasciata provoca un netto impennamento ma poi si riduce nei minuti successivi. UN SECONDO TETTO si raggiunge dopo 15 minuti dovuto all’insulina nuovamente formata che raggiunge il picco massimo in 2 -3 ore. Altri fattori che stimolano la secrezione di insulina sono l’aumento nel sangue di a.a come arginina e lisina che potenziano l’effetto del glucosio ma non attivano di per se la secrezione di insulina. Alcuni ormoni gastrointestinali come gastrina secretina Ckk e il peptide insulinotropico glucosio-dipendente che è il più potente e che si pensi facciano rilasciare in anticipo insulina durante un pasto. Altri hanno effetto diabetogeno perché se rlasciati a lungo possono consumare le cellule di langerhans e dare diabaete, come il GH, glucagone cortisolo e qualche estrogeni e progesterone. Glucagone e sue funzioni. È un ormone secreto dalle cellule alpha delle isole di langerhans quando la glicemia si abbassa e svolge funzioni opposte a quelle dell’insulina. È infatti un ormone iperglicemizzante come il GH e il cortisolo. 1 microgrammo per kg di peso fa aumentare del 25 percento la glicemia. Scissione del glicogeno epatico o glicogenolisi Aumento gliconeogenesi epatica tramite aa. cresce così la disponibilità di glucosio, infatti il glucagone aumenta l’assorbimento epatico degli a.a ed attiva vari enzimi necessari alla gliconeogenesi. Altri effetti si hanno solo quando la sua concentrazione sale di molto rispetto a quella normale. Si ha infatti attivazione della lipasi delle cellule adipose che rendono disponibili grassi ai fini energetici inoltre inibisce l’immagazzinamento di trigliceridi nel fegato. Esalta poi l’inotropismo cardiaco aumenta l’afflusso ematico al rene, stimola la secrezione biliare, inibisce la secrezione dello stomaco. Pagina 050 Il glucagone nell’epatocita attiva infatti l’adenilato ciclasi che fa aumentare l’cAMP attiva “la proteina regolatrice della proteinkinasi” che attiva la proteinkinasi che attiva la kinasi della fosforilasi b che converte la fosforilasi B in A promuovendo la degradazione del glicogeno in glucosio 1 fosfato poi defosforilato e liberato. Essendo una trasduzione del segnale vi è un ampliamento da un messaggero all’altro che libera una grande quantità di glucosio. L’effetto della glicemia regola esattamente all’opposto dell’insulina la secrezione del glucagone. Infatti quando diminuisce sotto una certa soglia viene liberato glucagone. Anche l’attività fisica aumenta di 4-5 volte la secrezione di glucagone anche senza un abbassamento della glicemia. Inoltre pasti ricchi di aa come alanina e arginina stimolano la secrezione di glucagone e solo in questo caso le risposte di insulina e glucagone NON sono di segno opposto. Le cellule delta delle isole di langerhans secernono somatostatina formato da 14 aa con emivita di 3 minuti. Quasi tutti i fattori correlati con l’ingestione di cibo ne aumentano la secrezione come l’aumento della glicemia, acidi grassi e aa nel sangue. Aumento di ormoni gastrointestinali del tratto prossimale in risposta al cibo. La somatostatina agisce all’interno delle isole di langerhans deprimendo la sintesi di glucagone e di insulina, rallenta la motilità dello stomaco duodeno e cistifellea e l’attività secretoria e assorbimento del tratto gastrointestinale. Diabete mellito Il diabete mellito (da dolce) è una patologia causata da una carenza di secrezione e produzione di insulina o da una ridotta sensibilità dei tessuti all’insulina stessa che si manifesta provocando turbe del metabolismo. L’insulina rilasciata dopo un pasto è necessaria ai tessuti (tranne cervello, gonadi e retina) per assorbire i nutrienti, in particolare il glucosio, che sono riversati nel sangue. Esistono due forme di diabete: Di tipo I o insulino-dipendente e deriva da una carenza di produzione e secrezione di insulina (distruzione pancreas-distruzione isole di langerhans-) Di tipo II o insulino-indipendente e deriva da una ridotta sensibilità dei tessuti agli effetti dell’insulina. In entrambi i casi si hanno turbe metaboliche ed un aumento elevato della glicemia con accumulo di glucosio nel sangue. Nel tipo I le cellule beta delle isole di langerhans risultano distrutte per varie cause, malattie autoimmuni, mimetismo molecolare, infezioni virali e da fattori genetici. Ha esordio precoce intorno ai 14 anni ed è definito pertanto giovanile, tuttavia può insorgere a qualsiasi età in seguito a patologie a carico del pancreas come pancreatiti. Circa il 5-10 % di diabetici è del I tipo. La glicemia raggiunge i 300-1200mg/mL e provoca glicosuria quando supera la soglia di circa 200mg/mL con le cosiddette “urine dolci”. L’iperglicemia ha un effetto osmotico disidratante nei confronti delle cellule aumentando il liquido extracellulare. Inoltre a livello dei reni la presenza di glucosio nel lume provoca diuresi osmotica con una grande perdita d’acqua dall’organismo. Quindi questa disidratazione del liquido extracellulare a livello renale aggrava la disidratazione delle cellule. I sintomi sono poliuria disidratazione intra ed extracellulare e aumento della sete. Inoltre l’iperglicemia prolungata danneggia i vasi provocano un aumento di rischio di accidenti cardiovascolari, retinopatie e patologie renali, nonché ischemia, cancrena arti e non rara è la neuropatia periferica. I meccanismi non sono ben conosciuti ma si pensa derivino da anomalie metaboliche dell’endotelio. Inoltre indirettamente l’iperglicemia porta ad aterosclerosi per utilizzo massivo di grassi ed a ipertensione da patologie renali. L’utilizzo eccessivo di grassi può portare ad acidosi e chetosi metabolica cui segue il coma diabetico e la morte. Le proteine coporee diminuiscono perché utilizzate come fonte energetica. Questo porta astenia nonostante ci sia polifagia. Nel tipo II non si hanno alterazioni riguardo al pancreas o alle isole di langerhans. Quasi il 95% dei diabetici infatti mostra una resistenza o insensibilità all’insulina nei tessuti dell’organismo. Si manifesta soprattutto tra i 50 e 60 anni sviluppandosi gradualmente anche se negli ultimi anni sono aumentati i casi intorno a 20 anni, da mettere in Pagina 051 correlazione con obesità sia nel giovane che nell’adulto. Questo tipo di diabete è caratterizzato da iperinsulinemia, risposta compensatoria delle cellule del pancreas in quanto aumenta la glicemia poiché non ha effetto l’insulina. Alcuni studi correlano l’obesità ad un minor numero di recettori insulinici tuttavia sembra che la resistenza sia causata da alterazioni della trasmissione del segnale ormonale in particolare tra l’attivazione e il manifestarsi degli effetti. La resistenza all’insulina fa parte dell’insieme di disfunzioni note come sindrome metabolica tra le quali vi sono anche l’obesità, l’ipertensione, l’iperglicemia a digiuno ed alterazioni del quadro lipidico con aumento di colesterolo e trigliceridi. Tuttavia la causa di diabete di tipo II può essere correlata anche ad altre patologie e condizioni genetiche come la sindrome dell’ovaio policistico o PCOS con marcato aumento di androgeni ovarici e resistenza all’insulina. Circa il 6 % delle donne è affetta dalla PCOS e circa l’80% ha una lieve iperinsulinemia e resistenza all’insulina che può aumentare il rischio di contrarre il diabete. Altre sindromi come quella di CUSHING o quantità eccessive di GH provoca una diminuzione della sensibilità all’insulina e si può sviluppare diabete mellito. Quando si prolunga nel tempo la resistenza all’insulina, almeno inizialmente, il pancreas produce dosi maggiori e non si manifestano sintomi clinici. In questi casi si possono usare farmaci che aumentalo la sensibilità insulinica come tiazolindioni o che aumentano la prdoduzione di insulina come le sulfaniluree. Tuttavia nel tempo si può avere un esaurimento e danneggiamento delle cellule pancreatiche che porta a gravi conseguenze. La diagnosi del diabete si fa tramite l’analisi delle urine (Glicosuria), glicemia a digiuno (mattina, superiore a 110mg/mL), tasso di insulina elevato o minimo, alito acetonico liberato oralmente, prova di tolleranza al glucosio in cui si somministra zucchero e si controlla l’aumento della glicemia dopo circa 2 ore (nei pazienti normali già calata ). La terapia del diabete consiste nella somministrazione di dosi d’insulina giornaliere, solitamente al ridosso dei pasti, per evitare l’aumento eccessivo di glucosio. Ci sono vari tipi di composti insulinici con durata dalle 3-8 ore fino alle 10-48. Tuttavia per i diabetici di tipo 2 si raccomanda di seguire una dieta equilibrata, attività fisica e ridurre il peso e se non si verificano miglioramente si usano farmaci già descritti. (sulfaniluree e tiazolindioni). L’insulina è ricavata da DNA ricombinante mentre prima di origine animale poteva causare disturbi immunitari. CAPITOLO 79 - ormone paratiroideo-calcitonina-metabolismo di calcio e fosforo Vitamina D. La regolazione del calcio extracellulare ed intracellulare è molto rigida con valori che si discostano di poco dal valore di 9.4mg/100mL nel compartimento extracellulare e nel sangue. Il fosforo è circa 4mg/100mL. Il calcio è fondamentale per molte attività dalla contrazione muscolare alla trasmissione dell’impulso nervoso (ipercalcemia inibisce, ipocalcemia aumenta eccitabilità) alla secrezione delle ghiandole. Solo lo 0,1% del calcio è contenuto nel liquido extracell, 1% nelle cellule e circa il 98% si trova nelle ossa, riserva immensa di questo ione e di fosforo(85% ossa, 14 %intrace, 1%extra). Il calcio si trova nel plasma in varie forme, la metà libero e ionizzato, circa il 40% legato a proteine plasmatiche e dunque non diffusibile e il 9% con citrato e fosfato. Circa quindi 1,2mmol/L o 2,4mEq/L sono liberi nel plasma, l’altra metà è legata. Il fosforo si trova sotto forma di fosfato inorganico come HPO4-- e H2PO4- le cui concentrazioni variano al variare del pH e dell’ossigeno e che sono fondamentali nell’equilibrio acidobase. Se le concentrazioni di questi ioni e Sali variano si hanno notevoli conseguenze: Ipocalcemia aumenta l’eccitabilità del SN poiché aumenta la permeabilità delle membrane agli ioni sodio e viene facilitata l’insorgenza di potenziali d’azione sia nelle cellule neuronali (a volte causa convulsioni) sia nelle cellule muscolari con esito in tetania e irrigidimento spastico dei muscoli scheletrici. Una bassa concentrazione di calcio nel fluido interstiziale diminuisce il potenziale di membrana (solitamente intorno ai 70/75 mV, dunque potenziale negativo con presenza di numerose cariche negative all'interno della cellula proteine-) e in questo modo si è più vicini alla soglia di apertura dei canali Na+ (-45 mV nelle cellule nervose). Tra i -65 mV ( canali Na+ pressoché chiusi) e la soglia, c'è un progressivo aumento della permeabilità dei canali Na+. Dunque, ricapitolando, se si sottraggono cariche positive dal liquido extracellulare (Ca2+), il potenziale di membrana scende, la permeabilità degli ioni Na+ aumenta e nel caso della trasmissione nervosa dei potenziali di azione, la fibra nervosa sarà più facilmente eccitabile (con tutte le conseguenze del caso). Ipocalcemia è letale quando si scende a 4mg, mentre si manifesta tetania a circa 6/9,4 mg/100mL. Pagina 052 L’ipercalcemia invece ha esattamente l’effetto opposto ovvero aumenta (la negatività del) potenziale di membrana che si iperpolarizza deprimendo così il sistema nervoso ed i rilfessi diventano lenti. Provoca inoltre scompenso cardiaco rendendo l’intervallo QT più breve e provoca stipsi e inappetenza per minore contrattilità gastrointestinale. (il potassio è esattamente speculare) L’assorbimento di fosforo e calcio ammonta a circa 1gr o 1000mg ciascuno ed è favorito dalla vitamina D a livello intestinale dove il 35% di quello ingerito è assorbito. Tuttavia una gran parte viene secreto dal sistema gastrointestinale per cui il 90 percento di calcio e fosforo ingerito è espulsa con le feci. Mentre il restante 10% è escreto con le urine. Quasi tutto il calcio (99%) filtrato (9980mg/die) è riassorbito mentre quello espulso corrisponde a circa 100 mg. Viene riassorbito tutto a livello del tubulo contorto prossimale, ansa di henle e parte prossimale tubulo contorto distale. Nella parte finale del tubulo distale il restante 10% è selettivo e dipende strettamente dalla calcemia. L’escrezione del fosfato è regolata da un meccanismo a tracimazione ossia quando super 1mmol/L viene perso in quantità proporzionale all’eccesso, quando è meno invece non viene eliminato. La sua eliminazione è fortemente stimolata dall’ormone paratiroideo. L’osso compatto è formato da una matrice organica 30% e da Sali di calcio 70% mentre l’osso neoformato ha molta più matrice. La matrice contiene per il 90-95% fibre collagene e per il restante 5% sostanza fondamentale come proteoglicani (acido ialuronico e condroitinsolfato). I Sali dell’osso sono Sali di calcio e fosfato, il più importante è l’idrossiapatite lungo 400 largo 100 e spesso 10-30 Armstrong. Il rapporto tra calcio e fosforo può variare da 1,3 a 2 (Ca10(PO4)6(OH)2). Sono presenti nei Sali anche altri ioni magnesio sodio potassio e carbonato, e a volte anche metalli pesanti e radioattivi hanno la capacità di formare Sali che poi vengono inglobati nell’osso e possono provocare il sarcoma osteogenico. I cristalli si ripetono ogni 640 Arm e sono disposti lungo le direttrici di forza fisiologiche di tensione e conferiscono all’osso la sua elevata resistenza. La concentrazione del calcio nei liquidi extracellulari è sufficiente a provocare la precipitazione di idrossiapatite, tuttavia un composto il pirofosfato impedisce che ciò avvenga e causi danni notevoli agli organi. La calcificazione è un meccanismo che avviene grazie ad una popolazione di cellule chiamate osteoblasti che secernano la sostanza fondamentale e molecole di collageno. Polimerizzando formano un tessuto osteoide simile alla cartilagine. In questo tessuto restano intrappolati degli osteoblasti che prendono il nome di osteociti. Sono collegati tra loro da lunghi prolungamenti citoplasmatici con i quali arrivano fino al periostio. Pochi giorni dopo iniziano a precipitare i sali di calcio formando inizialmente composti amorfi che rimodellati formano cristalli di idrossiapatite. Secondo alcune teorie le fibre collagene favoriscono la precipitazione dei Sali di calcio e inoltre gli osteoblasti produrrebbero un composto inibitore del pirofosfato. Quando il calcio precipita nele pareti arteriose provoca una condizione chiamata arteriosclerosi (da non confondere con l’aterosclerosi ovvero l’accumulo di grasso nelle pareti). Quando la concentrazione del calcio aumenta o diminuisce troppo dopo circa 30 minuti la sua concentrazione torna alla normalità in quanto esiste una quantità di calcio detto scambiabile, corrispondente all’1% del calcio contenuto nelle ossa, che funge da tampone rapido alle variazioni delle concentrazioni di calcio. Pagina 053 ORMONI E VITAMINA D, CONTROLLO CONCENTRAZIONE CALCIO La vitamina D è fondamentale per l’assorbimento e la deposizione del calcio nelle ossa e per il suo assorbimento intestinale. La forma attiva della vitamina D3 è il calcitriolo. Innanzitutto nella pelle le radiazioni solari trasformano il 7 deidrocolesterolo in colecalciferolo. Questo è convertito prima nel fegato in 25-idrossicolecalciferolo e poi nel rene in 1.25diidrossicolecalciferolo o calcitriolo che può esplicare la sua funzione attiva. Come si vede dall’immagine la tappa di trasformazione dal colecalciferolo al 25idrossicolecalciferolo è inibita dallo stesso prodotto della reazione in un feedback negativo. Mentre la trasformazione del 25idrossicolecalciferolo a calcitriolo(1000 volte più potente) dipende dall’attività del paratormone che viene inibito quando la concentrazione del calcio è elevata nel compartimento extracellulare/sangue. Qeusti feedback negativi servono a inibire eccessi di vitamina D. L’azione della vitamina D si esplica mediante il legame di questa con i suoi recettori localizzati nel nucleo delle cellule bersaglio. Il recettore della vitamina D infatti si lega ad un recettore retinoide X che forma un complesso che si lega al DNA ed attiva la trascrizione. Stimola così il riassorbimento intestinale di calcio facendo aumentare la formazione di calbindina una proteina legante il calcio. Questa proteina infatti trasferisce nel citoplasma il calcio che poi diffonde per diffusione facilitata attraverso la membrana basolaterale nei capillari. Altri effetti sono la formazione di ATPaasi attivata dal calcio e formazione di fosfatasi alcalina in queste cellule. Tuttavia non si sanno ancora i dettagli a questi due meccanismi. Anche l’assorbimento di fosfato nell’intestino viene aumentato notevolmente dalla vitamina D. inoltre viene aumentato il riassorbimento renale riducendone così l’escrezione anche se è piuttosto lieve. In dosi massiccie la vitamina D come il paratormone aumentano il riassorbimento di calcio dall’osso. Se manca la vitamina è ridotto se non assente il riassorbimento. infatti In dosi piccole la vitamina D aumenta la calcificazione e deposizione di calcio, questo è possibile poiché aumentando il riassorbimento intestinale rende disponibile più calcio. ORMONE PARATIROIDEO, anche chiamato paratormone è coinvolto nel meccanismo di controllo del calcio. È prodotto dalle paratiroidi, posizionate nel collo dietro i poli superiori della tiroide, sono 4 larghe 6x3mm. Presentano due tipi di cellule le principali che secernano ormone e le ossifile che probabilmente sono cellule invecchiate ed esaurite. È un polipeptide che deriva da un proormone di 110 aa che per orpera del RE e del Golgi è immagazzinato in vescicole secretorie con un peso di 9500 Da e 84 aa. esistono ormoni analoghi con 34 aa pienamente funzionanti. Questo ormone si lega a recettori specifici posti sugli osteoclasti e sull’epitelio renale dove tramite un secondo messaggero che risulta essere l’cAMP aumenta la secrezione di enzimi acidi da parte degli osteoclasti che causano il riassorbimento osseo, la formazione di calcitriolo nel rene ed altre azioni dirette. Pagina 054 Se viene somministrato infatti in via endovenosa il paratormone, si ha subito un aumento della concentrazione del calcio e una diminuzione di quella del fosfato nel sangue. L’aumento del calcio è dovuto ad un riassorbimento sia da parte del rene, in particolare a livello dei dotti collettori e della parte finale dei tubuli contorti distali, sia a discapito dell’osso. Nell’osso infatti si attivano gli osteoclasti già presenti (meccanismo rapido) e si stimola la proliferazione di altri osteoclasti (meccanismo lento) L’abbassamento del fosfato è invece dovuta a l’escrezione renale di questo tanto da vincere il riassorbimento a discapito La fase rapida consiste nell’attivare il riassorbimento osseo: dell’osso. Questo avviene grazie a due popolazioni cellulari, gli osteoclasti e gli osteociti. Gli osteociti sono cellule derivanti dalgi osteoblasti intrappolate nel tessuto osseo ma in contatto tra loro con prolungamenti di membrana che permettono di formare una estesa rete che separa il tessuto osseo vero e proprio dal liquido extracellulare. Inoltre tra la membrana dell’osteocita e il tessuto osseo è presente un liquido detto liquido osseo. All’interno d questo liquido è presente una seri di Sali di calcio amorfi che rappresentano il deposito di calcio scambiabile dell’osso. Pertanto tramite una pompa del calcio attivata dallo stesso paratormone è possibile per gli osteociti recuperare il calcio durante deficit di questo ione nel sangue. Al contrario invece gli osteoclasti si trovano in contatto diretto con l’osso e presentano peculiarità di struttura, come dei villi sulla membrana. Questi villi sono fondamentali per il riassorbimento attivo di calcio dall’osso. Gli osteoclasti sono influenzati attivamente dagli osteoblasti la popolazione cellulare deputata alla calcificazione dell’osso stesso. Quando aumenta il livello di paratormone queste cellule (osteoblasti) secernano una proteina detta LIGANDO DELL’ OSTEOPROTEGERINA che fa proliferare ed attivare i proteosteoclasti. Nel rene oltre al riassorbimento del calcio ed alla secrezione di fosfato si ha riassorbimento anche gi Magnesio e ioni idrogeno mentre si riduce l’assorbimento di potassio sodio e a.a. Il controllo della secrezione di paratormone è dato dalle ghiandole paratiroidi, se infatti vi è una diminuzione sostenuta di calcio come durante la lattazione o la gavidanza o nel rachitismo si ha subito un ipertrofia della paratiroidi ed un aumento della secrezione dell’ormone stesso. Al contrario tutto ciò che causa nel tempo un aumento del calcio causa una abbassamento dell’attività e dimensioni di queste ghiandole. Ciò è dovuto sia ad un eccesso di calcio che ad un aumento di vitamina D o ad un riassorbimento osseo non dovuto al paratormone. Le variazioni di concentrazione sono rilevate da un recettore sensibile al calcio CaSR nelle membrane delle cellule paratiroidee. Questo recettore è accoppiato a proteine G e per stimolazione del calcio attivano la fosfolipasiC che fa aumentare il DAG e inositolo 1-4-5 trifosfato (PIP3 in DAG E IP3). Ciò stimola il rilascio di calcio dalle riserve intracellulari ed una minore secrezione di ormone paratiroideo. (L’UNICO MECCANISMO CHE SECERNENDO CALCIO INVECE DI AUMENTARE IL RILASCIO DELL’ORMONE LO INIBISCE.). valori normali di paratormone sono circa 0.5-1 nanogrammo/mL ma aumentano fino a 3 nanogrammi. CALTIONINA è un ormone secreto dalla tiroide, di natura proteica che ha effetti diametralmente opposti a quelli del paratormone. Abbassa infatti la concentrazione degli ioni calcio nel sangue. È secreta dalle cellule C o parafollicolari della tiroide del tessuto interstiziale appunto tra i follicoli tiroidei costituendo circa lo 0.1% di tutte le cellule. La molecola è formata da 32 aa e circa 3400 Da (1 aa circa 100-110dalton). La calcitonina è secreta quando vi è un aumento della concentrazione di ioni calcio nel sangue. Anche il 10% in più di ca fa raddoppiare la produzione. Valori normali a circa 200 picogrammi/mL con un max di oltre 1000 pg. Gli effetti principali sono: Pagina 055 Aumenta il riassorbimento del calcio in eccesso dal liquido extracellulare da parte degli osteoblasti e deposizione nella matrice ossea sotto forma di Sali di calcio. Va inoltre ad inibire gli osteoclasti in modo da spostare l’equilibrio riassorbimento-deposizione tuttavia a lungo termine l’inibizione della proliferazione degli osteoclasti e di conseguenza anche dell’attività degli osteoblasti, in quanto correlati, non porta ad alcun effetto significativo sull equilibrio osseo e sulla calcemia. Anche a livello renale agisce LIEVEMENTE aumentando l’escrezione ed abbassando il riassorbimento di calcio. Gli effetti della calcitonina tuttavia non sono duraturi ma transitori ed hanno poco effetto sull’adulto mentre è fondamentale nel bambino che non ha ancora perfettamente sviluppato il sistema osteoscheletrico e il rimodellamento riguarda anche 5 gr al giorno di calcio, pertanto è bene tenere presente in questi casi dato ormone. Nell’adulto l’aumento della calcemia viene contrastato principalmente con una riduzione della secrezione del paratormone. Dunque la regolazione del calcio avviene sia tramite la concentrazione di questi due ormoni sia tramite la grande quantità di calcio scambiabile presente nelle ossa e nei mitocondri (10g) delle cellule di molti tessuti in particolare fegato e intestino. FISIOPATOLOGIA DELLE PARATIROIDI: IPOPARATIROIDISMO si ha quando le paratiroidi non secernano abbastanza paratormone, pertanto diminuisce il riassorbimento del calcio scambiabile e si inattivano gli osteoclasti. Se infatti non viene secreto la calcemia scende da 9.4mg/mL fino anche a 6.7mg/mL mentre i fosfati possono raddoppiare. Quando è così bassa la calcemia si parla di ipocalcemia una condizione in cui le cellule eccitabili come neuroni e muscoli sono fortemente depolarizzati e ciò porta ad una grave forma di tetania con l’incapacità di respirare (muscoli laringei più sensibili a questo abbassamento) e questa è la causa principale di morte per tetania. l’ipoparatiroidismo deve essere trattato con somministrazione di vitamina D e un apporto di calcio elevato in quanto spesso si sviluppano anticorpi contro l’ormone paratiroideo. In alcuni casi è ancor meglio somministrare calcitriolo. IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO si manifesta quando le paratiroidi secernono paratormone in eccesso, spesso a causa di neoplasie. Qui di solito si verifica un ipercalcemia dovuta ad un netto riassorbimento di osso e un ipofosfatemia. Nelle forme lievi non vi è un danno eccessivo dell’osso tuttavia nelle forme severe l’osso può essere eroso quasi completamente. Alla radiografia è visibile l’erosione e le cavità ricche di osteoclasti formando i cosiddetti tumori a cellule giganti. La malattia cistica dell’osso nell’iperparatiroidismi prende il nome di osteite fibrocistica. Un reperto diagnostico importante è la quantità enorme di fosfatasi alcanina che viene rilasciata dagli osteoblasti attivati (che attivano a loro volta gli osteoclasti con il ligando della proteina OSTEOPROTEGERINA. L’ipercalcemia raggiunge valori superiori ai 12 talvolta 15 mg/mL e provoca una grave depressione del sistema nervoso centrale per iperpolarizzazione delle membrane neuronali, QT più breve inappetenza stipsi etc. A volte inoltre l’aumento notevole del calcio può combinarsi con il fosfato che non riesce ad essere escreto a tali velocità e comporta calcificazione e precipitazione di cristalli di fosfato di calcio negli alveoli, tubuli renali tiroide mucosa gastrica e paeti arteriose (arteriosclerosi) dell’organismo. Questo si ha quando si raggiungono circa i 17mg/mL con esito fatale in pochi giorni. Si possono formare inoltre in iperparatiroidismi meno gravi, calcoli renali ovvero cristalli di calcio e fosfato nel lume tubulare renale dovuto alla sua maggior concentrazione e quantità da eliminare. L’IPERPARATIROIDISMO SECONDARIO invece deriva da un meccanismo compensatorio dell’ipocalcemia e non vi sono patologie a carico delle paratiroidi. Consegue a deficienze di vitamina D o a nefropatie croniche nelle quali il rene non riesce a produrre abbastanza calcitriolo, che causa pertanto osteomalacia patologia in cui vi è un’insufficiente mineralizzazione dell’osso sia un considerevole riassorbimento da alti livelli di paratormone. Anche il rachitismo è causato da carenza di vitamina D, soprattutto nei bambini come carenza di calcio o fosfato nel liquido extracellulare. Se il bambino viene esposto alla luce del sole si forma abbastanza vitamina D. tende infatti a manifestarsi durante la primavera in quanto quella accumulata durante la scorsa estate ed utilizzata lungo tutto Pagina 056 l’inverno tende ad esaurirsi. Nel rachitismo diminuiscono le concentrazioni plasmatiche di calcio ma soprattutto notevolmente quelle del fosfato. Inoltre si manifesta fragilità ossea ed anche tetania che possono portare a morte per spasmo respiratorio. Il rachitismo è trattato con dosi di vitamina D, calcio ed esposizione al sole. L’osteomalacia può essere considerata la malattia da rachitismo dell’adulto. Raro infatti che vi siano carenze di vitamina D nell’adulto in quanto la crescita ossea è oramai arrestata, tuttavia si può verificare in casi di steatorrea ovvero insufficiente assorbimento di grassi dall’intestino che portano all’escrezione con le feci di vitamina D liposolubile e di calcio che tende a fare dei saponi con i grassi. Raramente si arriva a sviluppare tetania, tuttavia può compromettere le ossa. Anche alcune nefropatie possono causare osteomalacia in quanto il rene danneggiato non è in grado di sintetizzare abbastanza vitamina D da soddisfare i requisiti dell’organismo. L’OSTEOPOROSI è la più comune forma di alterazione ossea che può comparire tra gli anziani ed è dovuta ad una carenza di matrice organica più che Sali di calcio e fosfato. Di solito gli osteoblasti sono meno attivi del normale ed in alcuni casi sono gli osteoclasti ad essere iperattivi. Le cause sono: mancanza di attività fisica (a cui segue riassorbimento osseo dalle articolazioni inutilizzate), uso notevole di cortisonici o sindrome di cushing in cui i glucocorticoidi in eccesso inattivano gli osteoblasti, mancanza di estrogeni che hanno solitamente azione protettiva nei confronti dell’osso, carenza vitamina C necessaria per la secrezione della matrice, malnutrizione, senilità. CAPITOLI 80 E 81 - Sistema ormonale sessuale maschile e femminile. ORMONI SESSUALI MASCHILI: l’ormone sessuale maschile più importante è sicuramente il Testosterone, prodotto in piccole quantità anche nella donna. Gli ormoni androgeni comprendono anche il diidrotestosterone ormone più attivo ma presente in concentrazione minore e l’androstenedione. Il testosterone infatti nelle cellule bersaglio viene convertito in diidrotestosterone. È prodotto dalle cellule interstiziali del leydig che corrisponde al 20% della massa testicolare, scarse nel bambino ma numerose nel neonato e nell’adulto. Gli androgeni come abbiamo visto sono prodotti in piccola parte anche nella corteccia della surrene (reticolare) ma rappresentano meno del 5% del totale con effetti minimi. (altro discorso quando insorgono tumori in queste cellule). Sono tutti ormoni steroidei a partire dal colesterolo o acetilCoA. Il 97% è legato ad albumina o proteine legante ormoni sessuali e circola x 30m o qualche ora prima di legarsi ai tessuti o essere degradato in prodotti inattivi come androsterone e deidroepiandrosterone coniugati ad acidi glucuronici e come solfati e poi escreti. Nel maschio vengono prodotti anche ormoni femminile in quantità di circa 1/5 della donna ed è alta la concentrazione nel liquido dei tubuli seminiferi in quanto prodotti dalla trasformazione del testosterone in estradiolo nelle cellule del sertoli. Anche nel fegato c’è l’80% degli estrogeni maschili. FUNZIONI DEL TESTOSTERONE: Durante la vita fetale il testosterone è fondamentale per lo sviluppo degli organi sessuali maschili a partire dalla 7° settimana di gestazione infatti viene secreto dalle creste genitali. Il gene SRY è fondamentale per la determinazione del sesso del feto e per la produzione di testosterone in grandi quantità. Gli ultimi 2-3 mesi di gestazione il testosterone ha il compito principale di far scendere i testicoli lungo il canale inguinale. Dopo la pubertà e prima dei 20 anni di età la sua produzione aumenta di 8 volte e porta ad un aumento della dimensioni degli organi sessuali, nonché la comparsa dei caratteri sessuali maschili. Questi sono l’aumento della distribuzione del sistema pilifero sul pube, linea alba faccia petto e meno frequentemente sul dorso ed in alte zone cutanee. Induce un abbassamento del tono vocale data dalla cosiddetta muta vocale che consiste in un aumento proteico nelle corde vocali. Pagina 057 Può causare calvizie se vi è predisposizione genetica. Inoltre anche nella donna cospicue forme di androgeni portano a calvizia. Aumenta lo spessore della cute, contribuisce allo sviluppo dell’acne e fa diventare più consistente il sottocutaneo forse tramite un aumento dell’attività della sintesi proteica. Attiva inoltre ghiandole sebacee. Aumenta notevolmente la sintesi proteica e la formazione e sviluppo muscolare anche più del 50% rispetto ad una donna. Inoltre il testosterone viene utilizzato pertanto come anabolizzante in sport per migliorare le prestazioni. Aumenta la sintesi proteica anche in prostata e vescichette seminali. Aumenta il riassorbimento del calcio a livello renale e la sua deposizione nelle ossa, con ispessimento e cementificazione di queste molto più spesse rispetto a quelle femminili. Aumenta il metabolismo basale e la produzione di eritrociti, anche se l’aumento di quest’ultimi potrebe essere dovuto ad un aumento del volume sanguigno e della massa corporea Regolazione: LH secreto dall’ipofisi stimola le cellule di leydig interstiziali del testicolo a produrre testosterone. L’ormone FSH prodotto dall’ipofisi stimola le cellule del sertoli per il processo della spermiogenesi. Gli estrogeni formati dalle cellule del sertoli a partire dal teststerone sono essenziali per la spermiogenesi. Anche il GH è necessario per le funzioni metaboliche del testicolo, promuovendo la divisione degli spermatogoni. FEEDBACK negativo tra LH e testosterone che quando aumenta diminuisce il rilascio di GnRH in particolare e questo diminuisce LH. L’inibina è prodotta dalle cellule del sertoli che così inibiscono GnRH e di coneseguenza FSH. Ormoni sessuali femminili: Il GnRH rilasciato dall’ipotalamo agisce sull’ipofisi per far rilasicare LH e FSH. Ruolo importante anche per gli androgeni/estrogeni e l’inibina. Organi: ipotalamo-ipofisi-ovaio e dopo la menopausa la surrene (che sopperisce alla mancanza di estrogeni) -FSH ormone follicolo stimolante agisce sui follicoli facendoli crescere di dimensioni e volume. Sulle cellule della granulosa accrescendole, induce l’aromatasi in queste cellule per trasformare gli androgeni in estrogeni. Il FSH da inizio alla pubertà e al ciclo ovarico, presenta una quantità basale e un picco intorno al 14 giorno. Feedback positivo con estrogeni, negativo con inibina -LH ha un picco il 14 giorno in cui induce l’ovulazione. Viene secreto normalmente durante tutto il ciclo ovarico in quantità più basse ed induce la produzione di androgeni da parte delle cellule della teca interna che verranno poi trasformati in estrogeni (il più potente è l’estradiolo) dalle cellule della granulosa. LH ha anche la funzione fondamentale di indurre la luteinizzazione(da cui prende il nome) del follicolo post ovulatorio ovvero la formazione del corpo luteo. Feedback positivo con estrogeni. Non effetto di inibina Le cellule del corpo luteo producono progesterone che pertanto dal 14 giorno inzia ad aumentare con picco verso il 21 esimo. -gli estrogeni ed in particolare l’estradiolo che è il più potente ha un effetto a feedback positivo su FSH e LH pertanto man mano che si accresce il follicolo aumenta anche la sua quantità con un picco poco prima l’ovulazione quando poi con l’espulsione del follicolo il suo livello si abbassa di nuovo. Feedback positivo con FSH e LH. -L'inibina ha due forme A e B è principalmente secreta dalle cellule della granulosa dell'ovaio nella donna e dalle cellule testicolari del Sertoli nell'uomo. La sua azione inibitoria sulla secrezione di FSH avviene mediante l'inibizione dell'activina, che espleta invece un'attività di stimolo. Pagina 058 L'inibina diminuisce la biosintesi ed il rilascio dell'FSH, mentre l'activina le aumenta. Il follicolo presenta vari stadi: primordiale, primitivo o primario, secondario e infine antrale (early and late), il follicolo maturo presenta il cumolo ooforo. Le cellule della teca interna sotto LH producono testosterone o androstenedione in piccole quantità. Le cellule della granulosa invece sotto FSH hanno l’enzima aromatasi che converte questi androgeni in 17beta-estradiolo. Pagina 059 CAPITOLO 26: Ruolo fisiologico dei reni: • escrezione prodotti di scarto del metabolismo e sostanze estranee dall’organismo tramite le urine • regolazione quantità d’acqua dell’organismo e degli elettroliti • regolazione della pressione arteriosa • regolazione equilibrio acido base • secrezione metabolismo ed escrezione ormoni (RENINA ERITROPOIETINA E 1ALPHAIDROSSILASI PER IL CALCITRIOLO) • regolazione osmolalità fluidi dell’organismo • gliconeogenesi Per l’anatomia vedi riassunti appositi. L’urina è un liquido poco più denso dell’acqua, con una densità che oscilla tra i 1,040 e 1,005 gr/dm^3. E’ prodotta nel rene in seguito a una serie di meccanismi: • Filtrazione del sangue. Il sangue che giunge nel glomerulo tramite l’arteriola afferente viene filtrato, quindi una parte del suo plasma attraversa il capillare e penetra nella capsula di bowman, mentre la restante parte continua con l’arteriola efferente. La VFG ovvero la velocità di filtrazione glomerulare è circa il 20 percento del flusso plasmatico renale. Il flusso plasmatico renale corrisponde al 55% del flusso ematico totale (poiché il sangue è formato da 45% globuli rossi e 55% plasma) che arriva ai reni. in condizioni standard il flusso ematico è circa 1100 mL/min e pertanto la velocità di filtrazione glomerulare è 125 mL/min o 180 L/die. (1100circa*0.55/5 perchè 1/5 ovvero 20%). Il flusso ematico renale è dato dalla DP tra pressione arteria renale e vena renale/resistenza vascolare. Inoltre solo 1 o 2% del flusso va nei capillari peritubulari mentre quasi tutto va al glomerulo. • Secrezione. Alcune sostanze come gli acidi e le basi oltre ad essere filtrate nel glomerulo possono anche essere escrete dai capillari peritubulari (che si estendono intorno al lume dei tubuli renali) direttamente a vari livelli dei tubuli, dotti ed anse del nefrone per essere più facilmente e maggiormente eliminati dall’organismo. • Riassorbimento. Infine altre sostanze fondamentali come glucosio e ma anche elettroliti e ovviamente l’acqua devono essere riassorbiti a vari livelli ed in tempi e modalità diverse lungo tutto il sistema dei dotti del nefrone poiché fondamentali per l’organismo. Questo sistema a più vie permette una perfetta regolazione del della composizione e del volume di liquido dell’organismo. I fattori che determinano la velocità di filtrazione di un soluto sono tanti, oltre alla sua composizione chimico-fisica (proteine e sostanze grandi oltre i 20kdalton vengono difficilmente filtrate) molto è dato dalle pressioni idrostatiche e colloido osmotiche. Pagina 060 La VFG è infatti calcolata come: Kf x pressione netta di filtrazione (+pressione idrostatica glomerulare – pressione idrostatica capsula di bowman –pressione colloido osmotica glomerulare) non vi è una pressione colloido osmotica della capsula di bowman poiché è data da proteine che non sono appunto presenti in questa capsula. Pertanto la VFG può essere modificata variando alcune delle sue componenti come le pressioni soprattutto o la Kf (che in realtà varia soprattutto nelle patologie). La Kf infatti varia quando diventa più spesso il capillare o quando vi sono meno glomeruli funzionanti. La kf è un coefficiente di filtrazione che resta standard pari a 4.2ml/min/mmHg per 100 gr di peso ed è oltre 400 volte maggiore nel rene rispetto ad altri distretti (MEDIA DEI TESSUTI O,O1 PER 100GR) ed è dato dalla particolare morfologia dell'endotelio e permeabilità renale. FEGATO E RENE ELEVATISSIMO. BASSO MUSCOLO E CERVELLO. è una misura che deriva dalla morfologia del capillare, pori, fenestrazioni) • Aumento della (PB) pressione idrostatica capsula di bowman( come nei calcoli renali) diminuisce la VFG. • Aumento pressione oncotica glomerulare( come in un aumento di proteine o diminuzione del flusso renale) diminuisce la VFG • Aumento della pressione oncotica della capsula di bowman(che solitamente è zero) fa aumentare la VFG. È riscontrabile in patologie • A parità di pressioni un aumento del flusso plasmatico va ad aumentare la VFG mentre una diminuzione va a diminuire la VFG. • Aumento pressione idrostatica glomerulare (PG) fa aumentare la VFG. Tuttavia questa pressione è determinata da altre componenti: • PA ovvero la pressione arteriosa. Un aumento della PA fa aumentare la PG e quindi aumenta la VFG ed ovviamente vale il contrario • RA resistenza dell’arteriola afferente. Un aumento nella RA dato dall’angiotensina II va a ridurre la PG e quindi a diminuire la VFG. Al contrario una vasodilatazione aumenta la PG e VFG. • RE resistenza arteriola efferente. Un PICCOLO aumento della RE dato dall’angiotensina II va ad aumentare l’efflusso e dunque la PG con conseguente aumento della VFG tuttavia un aumento Pagina 061 SEVERO della RE fa aumentare la pressione colloido osmotica glomerulare che annulla l’effetto precedente e riduce la VFG. (effetto donnan). • IN REALTA’ LE MODIFICAZIONI DELLA PA HANNO SOLO UN PICCOLO EFFETTO SULLA VFG DOVUTO ALLA AUTOREGOLAZIONE DESCRITTA PIU’ AVANTI. L’ortosimpatico insieme ad adrenalina e noradrenalina va a diminuire il VFG soprattutto in situazioni particolari come emorragie gravi e reazioni di difesa. Anche l’endotelina vasocostrittore diminuisce la VFG. Tuttavia il più importante è l’angiotensina che agisce principalmente su Aaf e Aef e non su arterie preglomerulari protette dalla produzione di sostanze vasodilatanti come NO e prostaglandine. L’angiotensina II è prodotta principalmente quando la PA o il volume di sangue sono bassi, condizioni in cui andrebbe a diminuire la VFG e serve principalmente a costringere le RE per far aumentare la VGF e prevenire in tal modo una diminuzione. Inoltre aiuta il riassorbimento di sodio e dunque acqua per aumentare la PA e/o volume ematico anche grazie all’aldosterone. La vfg renale è solitamente costante con variazioni minori del 10 percento anche su notevoli aumenti o diminuzioni della pressione arteriosa, e ciò è dovuto ad un meccanismo chiamato AUTOREGOLAZIONE. Questo meccanismo di autoregolazione fa in modo che anche se viene filtrata una quantità di liquido maggiore vi sia un incremento anche del riassorbimento tubulare in modo da avere un un bilancio glomerulo-tubulare. Questo meccanismo per funzionare si avvale di un complesso particolare detto iuxtaglomerulare. È un complesso formato da tipi epiteliali diversi, la macula densa una porzione cellulare del tubulo distale più sviluppata che comunica con le cellule iuxtaglomerulari che si trovano sulle arteriole afferenti ed efferenti. Quando le cellule della macula densa percepiscono una diminuzione della concentrazione di cloruro di sodio(dovuta ad un rallentamento del flusso e quindi ad una VFG più bassa che provoca un maggiore riassorbimento a livello dell’ansa di Henle di cloro e sodio) inviano segnali che diminuiscono la resistenza delle afferenti aumentando la VFG e rilasciano renina che aumenta la formazione di angiotensina I poi II che va ad aumentare la VFG intervenendo sulle RE (PICCOLA CONTRAZIONE) inoltre l’angiotensina II è fondamentale per la liberazione di Aldosterone per il riassorbimento sodio e acqua con escrezione di potassio maggiorata. Un altro meccanismo che opera nel mantenere costante la VFG è il meccanismo d’autoregolazione miogeno, quando infatti cresce la PA le pareti arteriolari si distendono e questo andrebbe a diminuire la resistenza vascolare andando ad aumentare ulteriormente la VFG. Tuttavia le pareti arteriolari quando si distendono aumentano il passaggio di ioni calcio nelle cellule muscolari lisce che contraendosi mantengono ed aumentano la resistenza vascolare prevenendo aumenti elevati della VFG. Anche diete iperproteiche e iperglicemia aumentano il flusso ematico e la VFG andando ad aumentare la Pressione idrostatica glomerulare. Tuttavia nonostante questi meccanismi di controllo la diuresi e natriuresi pressoria hanno effetti ancora rilevanti sull’escrezione renale. Pagina 062 CAPITOLO 27: La velocità a cui una sostanza è filtrata è detta carico di filtrato ed = VFG ( costante a 125mL/min) x la Concentrazione plasmatica della sostanza (preferibilmente espressa in mg/mL). Es: Cplasmatica del Glucosio 1g/L (ovvero 100mg/100mL o dL) e dunque 1mg/1mL x 125mL/min è = a 125 mg/min ma poiché il riassorbimento è lo stesso la quantità escreta di glucosio sarà pari a 0, infatti NORMALMENTE il glucosio non è presente nelle urine. Altre sostanze invece hanno un riassorbimento variabile in base alle esigenze dell’organismo e pertanto verranno più o meno escrete. Come vengono riassorbite le sostanze? Abbiamo diversi tipi di trasporto: • ATTIVO: ovvero trasporto contro gradiente che richiede energia. Si definisce trasporto attivo primario un meccanismo che trasporta un soluto contro un gradiente elettrochimico, un esempio è la pompa sodio potassio che è legata ad una fonte primaria di energia detta ATPasi (altri sono la idrogeno –potassio ATPasi e la Calcio ATPasi). La pompa sodio potassio è presente sulla membrana baso laterale della cellule tubulari e crea un gradiente elettrico di -70mV e chimico (12 vs 140 mEq di sodio tra dentro e fuori) cosicchè si può avere il riassorbimento di sodio per diffusione facilitata tramite proteine al livello luminale con l’orletto a spazzola. Il sodio poi all’interno della cellula grazie alla pompa viene trasferito nel liquido interstiziale ed è riassorbito nei capillari peritubulari per ultrafiltrazione. Un trasporto attivo secondario invece è indirettamente accoppiato ad una fonte di energia ed utilizza un gradiente elettrochimico già presente (es. Na+) ma generato con una fonte di energia (ATPasi) per trasportare altri soluti (es glucosio) tramite delle proteine di membrana, nella stessa direzione (cotrasporto) od opposta( antiporto o controtrasporto) del sodio ma andando contro il loro gradiente elettrochimico. Un es sono i cotrasportatori Na+/glucosio SGLT1 e 2 nel tubulo prossimale. Una volta entrato nella cellula il glucosio viene trasportato nel liquido interstiziale dai trasportatoti GLUT2 e 1 rispettivamente inizio e fine tubulo prossimale. Un es di controtrasporto è lo scambiatore sodio-idrogeno presente nell’orletto a spazzola che produce una secrezione attiva di H+ e un riassorbimento di Na+ dal lume. Un altro meccanismo di riassorbimento è quello della pinocitosi utile soprattutto per il riassorbimento di proteine che legandosi alla membrana vengono riassorbite previa invaginazione di questa. NON è SELETTIVA. I soluti possono essere riassorbiti per via transcellulare quindi passano attraverso la cellula o per via para cellulare ovvero attraverso le tight junction(lasse) e quindi trovandosi negli spazi intercellulari. Il sodio usa entrambe le vie ed anche l’acqua in alcuni punti del nefrone. NELLA FORMAZIONE DI HCL delle cellule parietali, L’ANTIPORTO H+ FUORI E K+ DENTRO. • PASSIVO: è quello utilizzato dall’acqua che penetra nella cellula per osmosi.(passaggio di acqua attraverso una membrana semipermeabile da una zona meno concentrata di soluti(o più concentrata di acqua) ad una zona più concentrata di soluti(o meno concentrata di acqua) affinché le due concentrazioni ai lati della membrana si equivalgano. La maggior parte dell’acqua passa tramite la via paracellulare poiché le giunzioni strette non sono poi così strette. Tuttavia vi sono zone del nefrone molto più impermeabili all’acqua in cui è altamente controllato il suo riassorbimento (henle e collettori). Altre Pagina 063 sostanze possono essere riassorbite passivamente come il cloro perché si forma un gradiente quando è riassorbita acqua dal lume 1 o perché diventa positiva la cellula e viene attirato da un gradiente elettrico 2 ma anche per trasporto attivo secondario tramite cotrasporto con il sodio 3. Anche l’urea è assorbita passivamente quando 1 viene riassorbita acqua ed aumenta troppo la sua concentrazione, 2 trasportatori specifici dell’urea si trovano nel collettore della midollare interna. Un concetto importante è quello di carico tubulare (di riassorbimento)massimo ovvero la quantità di riassorbimento massimo di una data sostanza. Es per il glucosio è 375 mg/min. Dato che il carico di filtrato(quantità di sostanza filtrata dai glomeruli) è 125 mg/min in condizioni standard di VFG, si avrà un completo riassorbimento del glucosio che pertanto non viene escreto con le urine. Tuttavia poiché la VFG può variare, un aumento eccessivo di questa può far aumentare il carico di filtrato(=VFG x Concentrazione plasmatica) e dunque il carico tubulare massimo non può essere più sufficiente per riassorbire tutta la sostanza che pertanto finisce con l’essere escreta in parte. Il carico tubulare massimo è dato dalla somma del riassorbimento totale dei due reni tuttavia va considerato che vi sono alcuni singoli nefroni che hanno una capacità di riassorbimento minore rispetto alla media degli altri e pertanto esiste una soglia sopra la quale inizierà a comparire glucosio nelle urine anche se il carico di filtrato è minore del carico tubulare massimo. La soglia è fissata a circa >200mg/100Ml ovvero 2mg/mL. Quindi per una vfg normale si avrà 250 mg/min. Quindi se il glucosio supera questa concentrazione plasmatica il riassorbimento non sarà totale ed inizierà a comparire nelle urine. Lo stesso discorso può essere fatto per qualunque altra sostanza. Vi sono poi sostanze che vengono riassorbite passivamente e che NON hanno un carico tubulare(di riassorbimento) massimo ma il loro riassorbimento è dato dal gradiente elettrochimico la permeabilità della sostanza e il tempo di permanenza nel tubulo (che è proporzionato alla velocità del flusso nel tubulo stesso). Anche alcune sostanze trasportate attivamente possono avere queste caratteristiche gradiente-tempo come ad esempio il sodio. Il riassorbimento delle sostanze varia lungo le varie porzioni del nefrone in base all’anatomia dei dotti, alla regolazione ormonale e alla necessità metaboliche: • Riassorbimento e secrezione nel tubulo prossimale: 65% di sodio, acqua e poco meno di cloro sono riassorbiti in questo tratto prima che raggiunga l’ansa di Henle, insieme a glucosio, amminoacidi e bicarbonato. Questa elevata percentuale è dovuta alle cellule epiteliali ad elevato metabolismo e dotate anche di orletto a spazzola che aumenta la loro superficie. Il sodio è riassorbito anche 1) per contro trasporto con ioni idrogeno che vengono secreti appunto per recuperare bicarbonato, anche se2) la pompa Na+/K+ ATPasi è la principale fonte di riassorbimento di sodio. Nella prima metà il sodio è riassorbito per 3)co trasporto con glucosio e amminoacidi mentre 4)nella seconda metà con il cloro. Viene riassorbita molta acqua tanto che la concentrazione di sodio resta pressochè invariata anche se diminuisce la sua quantità effettiva. Nel tubulo prossimale vengono anche secreti molti acidi e basi come urato Sali biliari e catecolamine, oltre a farmaci e tossine come penicillina e l’acido PAI. Pagina 064 • Riassorbimento e secrezione nell’ansa di Henle: è formata da 3 porzioni una discendente sottile, una ascendente sottile ed una ascendente spesso. Il 25% del carico di sodio cloro e potassio viene riassorbito qui. I rami sottili sono formati da cellule piatte, senza orletto a spazzola e con basso metabolismo mentre quello spesso ha cellule cubiche molto attive. La discendente sottile è permeabile all’acqua ma poco o nullo ai soluti inclusi urea e sodio, quindi concentra l’urina. Il ramo ascendente sottile è al contrario impermeabile all’acqua e urea ma riesce a riassorbire in parte soluti e ioni. Il ramo ascendente spesso è anch’esso impermeabile all’acqua ma assorbe tantissimi tipi di ioni (magnesio calcio bicarbonato ect) e anche sodio con la pompa. Importanti qui sono i cotrasportatori 1 sodio 2 cloro 1 potassio che sono sede d’attività dei diuretici (furosemide acido etacrinico e bumetanide che inibiscono tale trasportatore), e il controtrasporto sodio idrogeno. Qui visto il notevole riassorbimento di soluti e nullo di acqua diminuisce notevolmente la concentrazione dell’urina. • Riassorbimento e secrezione tubulo distale: la porzione iniziale del tubulo distale forma la macula densa (vedi feedback e autoregolazione) che fanno parte del complesso juxtaglomerulare. La porzione successiva detta segmento contorto è uguale alla porzione ascendente spessa quindi impermeabile all’acqua ma non ai soluti e contribuisce a diluire ulteriormente il carico di filtrato. Importanti sono il cotrasporto sodio cloro e la pompa con il recupero del 5 % di NaCl. Qui i diuretici tiazidici inibiscono il cotrasportatore e sono infatti utiizzati per curare l’ipertensione e insufficienza cardiaca. • La terza porzione del tubulo distale e la porzione iniziale del tubulo collettore corticale sono simili. Sono praticamente impermeabili all’urea che finisce così nel collettore della midollare. Riassorbono soluti ed in particolare sodio in base alla regolazione ormonale (aldosterone) o tramite farmaci e secernono principalmente potassio. Secernono poi ioni idrogeno contro un forte gradiente di concentrazione. La permeabilità all’acqua è controllata sempre da ormoni come la vasopressina (ADH ormone antidiuretico). Sono composti da due tipi di cellule, le principali e le intercalate. Le cellule principali riassorbono sodio e secernono potassio e dipendono dalla Na+/K+ ATPasi ed è sede d’attività di diuretici come spironolattone ed eplerenone per la conservazione di potassio andando a competere con l’aldosterone mentre i diuretici amiloride e triamterene inibiscono i canali del sodio inibendo il riassorbimento da gradiente nella cellula e vanno ad inibire l’attività della pompa risparmiando la secrezione del potassio. Le cellule intercalate invece secernono ioni idrogeno tramite un ATPasi per il riassorbimento del bicarbonato (H+ + HCO3- = H2CO3) contro un gradiente anche di 1000 a 1. • Dotto collettore midollare: le cellule epiteliali di forma cuboide riassorbono sia sodio sia acqua anche se meno del 10% del totale. La permeabilità all’acqua è data dalla ADH mentre è permeabile all’urea con la presenza di trasportatori specifici per il suo riassorbimento. Possono secernere ulteriormente idrogeno regolando l equilibrio acido base. Pagina 065 Regolazione del riassorbimento tubulare: Per controllare il riassorbimento tubulare esistono diversi meccanismi nervosi, ormonali e locali in grado di riassorbire e filtrare selettivamente e indipendentemente singoli soluti rispetto ad altri. Uno dei principali meccanismi(Già VISTO) è il bilancio glomerulo-tubulare che corrisponde alla capacità intrinseca dei tubuli di aumentare il riassorbimento tubulare in risposta ad un aumento del flusso di filtrazione glomerulare, se infatti non avvenisse questa correzione accadrebbe ad esempio che aumentando la VFG da 125 a 150 ml/min in circa un 24 ore aumenterebbe notevolmente l’escrezione. Invece aumentando il riassorbimento del tubulo prossimale da 81 a 97.5 ml/min ovvero il 65% della VFG si mantiene costante l’escrezione renale di acqua. Anche nell’ansa di Henle ed in tutte le altre porzioni dei tubuli avviene questo bilancio. Questo meccanismo è dovuto a forze fisiche non completamente chiarite che avvengono anche nel rene completamente isolato da ormoni e SN e pertanto sono intrinseci al rene stesso. La normale velocità di riassorbimento glomerulare è di 124ml/min che corrisponde a (125124= 1ml/min *60*24) 1.5 litri al giorno di escrezione. È calcolato come: Riassorbimento= Kf x Forza netta di riassorbimento la forza netta di riassorbimento rappresenta la forza risultante dalle varie pressioni presenti tra il capillare peritubulare e il liquido interstizilale/cellula tubulare. Le pressioni sono le stesse del glomerulo ma prese col segno opposto in quanto sta avvenendo un riassorbimento dal lume tubulare al capillare. Le P sono: (-pressione idrostatica peritubulare +pressione idrostatica interstizio renale +pressione colloido-osmotica delle proteine del sangue nel capillare, - la pressione colloido osmotica delle proteine dell’interstizio renale). Al netto la forza di riassorbimento risultante è di 10 mmHg. Il Kf già descritto è dato dalla estesa superficie tubulare e dall’alta conducibilità idraulica. Ovviamente questi valori pressori sono soggetti a modificazioni anche sostanziali: Pagina 066 • Aumenti della P arteriosa aumentano la pressione idrostatica dei capillari che si oppone al riassorbimento rallentandolo. • Al contrario l’aumento delle resistenze arteriole efferenti o afferenti diminuisce la velocità del flusso (F= DP/R) e tende anche a diminuire la pressione idrostatica nei capillari peritubulari e dunque aumenta il riassorbimento peritubulare. • Una aumento della pressione colloido osmotica sanguigna aumenta il riassorbimento peritubulare. Essa è determinata sia dalla pressione colloido osmotica sistemica (ovvero quante proteine maggiori di un certo peso dalton vi sono nel sangue sistemico) sia dalla frazione di filtrazione (descritta come VFG/flusso plasmatico renale) ovvero dalla quantità di plasma filtrato sul totale del flusso plasmatico. Infatti un’aumento della frazione di filtrazione provoca un aumento del valore della concentrazione delle proteine (grandi e dunque non filtrabili) nel sangue che fa aumentare di conseguenza anche il riassorbimento peritubulare. • Anche modifice fisiologiche (rare) che patologiche della Kf modificano la velocità di riassorbimento. Natriuresi e Diuresi pressoria: anche piccoli aumenti della PA sistemica possono aumentare notevolmente l’escrezioni di sodio(natriuresi) e acqua (diuresi). Aumenti compresi tra i 75-160 mmhg hanno solo un piccolo effetto grazie a meccanismi di autoregolazione. Questo avviene perché vi è una maggiore filtrazione (VFG) ed un minor riassorbimento( pressione idrostatica peritub aumentata). Anche una minor produzione di angiotensina diminuisce la produzione di aldosterone e dunque diminuisce la ritenzione di sodio. Controllo ormonale del riassorbimento tubulare: per l’organismo è importantissimo mantenere la giusta osmolarità (la concentrazione totale dei soluti nel liquido totale). E per poter regolare finemente la quantità di volume di liquidi e dei soluti bisogna poter modificare singolarmente la quantità dei vari elettroliti(Na;K;Mg;Fosfati;Ca; ect). Alcuni ormoni hanno questo compito. • L’aldosterone secreto dalla zona glomerulare della surrene va a legarsi ai recettori delle cellule principali del tubulo collettore corticale. Aumenta riassorbimento di sodio e secrezione notevole di potassio tramite stimolazione Na-K atpasi sulla membrana basolaterale del tubulo collettore. Gli stimoli per la produzione di aldosterone sono aumento del potassio e angiotensina II(ipovolemia o poco sodio). Morbo di addison per ipoaldosteronismo porta ad iperkalemia e iposodiemia al contrario nell’iperaldosteronismo (sindrome di Conn) ritenzione di sodio e ipokalemia. Il complesso aldosterone- recettore mineral corticoide diffonde nel nucleo dove induce trascrizione di geni correlati con il trasporto di Na e K. Uno degli enzimi è l’ATP Na-K dipendente, principale componente delle membrane basolaterali. Altre proteine costituiscono il canale epiteliale del Na, ENaC, inserito Pagina 067 nella membrana luminale delle stesse cellule tubulari e che permette una rapida diffusione di Na dal lume tubulare alla cellula. Occorrono pertanto circa 30min prima che si formi RNA e 45 prima che aumenti il trasporto di Na • Angiotensina II è fondamentale per la ritenzione del sodio. Oltre a stimolare la secrezione di aldosterone, causa una vasocostrizione delle arteriole efferenti peritubulari per aumentare il riassorbimento di sodio e acqua (Velocità flusso diminuisce(e diminuisce la pressione idrostatica)poiché R aumenta dato V=DP/R) ed anche aumentando la frazione di filtrazione glomerulare. Stimola direttamente il riassorbimento di sodio e acqua nel prossimale ,henle, distale e collettori. Stimola poi direttamente la pompa Na-K atpasi; lo scambio sodio idrogeno nella membrana luminale del prossimale exp; e il co trasporto di sodio-bicarbonato nella basolaterale. Questi meccanismi determinano una netta ritenzione del sodio e acqua per far fronte a ipovolemia o abbassamento PA. • L’ ormone antidiuretico(ADH) o vasopressina aumenta il riassorbimento di acqua. Quando infatti l’osmolarità sale troppo(vi è troppa concentrazione dei soluti) l’ormone viene maggiormente liberato dall’ipofisi posteriore e svolge la sua azione aumentando la permeabilità all’acqua degli epiteli del tubulo distale, collettore e del dotto collettore. In assenza la permeabilità all’acqua è bassa. L’adh lega recettori V2aumentando l’cAMP e attivando protein kinasi che stimola la traslocazione di acquaporina2 sul lato luminale. Al contrario quando vi è troppa acqua nell’organismo diminuisce la sua secrezione • Il peptide natriuretico atriale (ANP) diminuisce il riassorbimento di sodio e acqua. Esso viene prodotto da cellule specifiche poste nel seno atriale che si attivano e rilasciano questo peptide in seguito a un maggiore stiramento, dovuto ad una distensione atriale e dunque ad un ritorno venoso maggiore provocato da un aumento della volemia. L’anp inibisce la secrezione di renina e pertanto la formazione di angiotensina II e di conseguenza anche aldosterone. Aumenta inoltre anche l’escrezione urinaria(essendoci un minor riassorbimento) così da eliminare l’acqua e il sodio in eccesso. • Il paratormone è fondamentale nella regolazione del calcio all’interno dell’organismo. La sua azione sui reni è quella di aumentare il riassorbimento tubulare di calcio nei distali e Henle forse. Inibisce riassorbimento fosfati e stimola riassorbimento magnesio. Anche l’attivazione del sistema nervoso ortosimpatico con vasocostrizione sistemica e localizzata può modificare l’escrezione di sodio e acqua. Se è intensa riducendo la VFG per costrizione delle arteriole AF ed EF riduce l’escrezione di sodio e acqua. Anche una attivazione ridotta dell’orto se pur aumenta la VFG può diminuire l’escrezione di sodio e acqua agendo sui recettori alpha adrenergici dell henle e distale. Pagina 068 Clearance: “la clearance (renale) di una sostanza è il volume di plasma che viene completamente depurato da essa nell’unità di tempo ad opera dei reni”. Pertanto è un’unità di misura del tipo mL/minuto. La formula è C = (UxV)/P dove C è la velocità della clearance, U e P sono rispettivamente la concentrazione della sostanza nell’urina e nel plasma e V la velocità del flusso urinario. Se U e V sono uguali C=V. Pertanto la clearance di una sostanza non riassorbita dai tubuli corrisponderà esattamente alla VFG. Una sostanza che è completamente fltrata e corrisponde a questo requisito (C=V) è l’inulina. Anche la creatinina può essere utilizzata per saggiare la VFG renale, con qualche aggiustamento, . CAPITOLO 28: I reni possono eliminare acqua diluita (bassa concentrazione osmotica) quando questa è in eccesso nell’organismo e al contrario possono eliminare urina molto concentrata quando si è in mancanza di acqua(disidratazione). Infatti l’osmolarità dell’urina varia da un massimo di 1200, ad un valore normale di circa 600 (eliminati giornaliarmente da un uomo di 70 kg) ad un urina di poco più di 50 mOsm/L. Il valore normale del plasma è costante a 300 mOsm/L. Quando raggiunge il liquido filtrato nel glomerulo e raggiunge il tubulo prossimale è isosmotico al plasma ed acqua e soluti qui sono riassorbiti in ugual misura. Al livello dell’ansa discendente viene riassorbita invece molta più acqua dei soluti e il liquido diviene ipertonico rispetto al plasma e risulta in equilibrio con il liquido dell’interstizio renale che ha una concentrazione di circa 400/600 mOsm/L. Nell’ansa ascendente sottile vengono riassorbiti molti soluti e questa è impermeabile all’acqua anche in presenza di dosi elevate di Vasopressina. Anche nell’ansa ascendente spessa vengono continuamente riassorbiti soluti e pertanto il liquido diventa iposmotico arrivando ad una concentrazione di circa 100 mOsm/L. Fino a questo livello la presenza o meno di ADH è irrilevante perché non ha effetto su queste porzioni del nefrone. A livello del tubulo distale e poi successivamente nel tubulo collettore midollare e nel dotto collettore la presenza o meno di ADH ha una notevole importanza perché rende permeabile all’acqua i tubuli che in assenza di ADH sono impermeabili. Se dunque vi è una minore secrezione di ADH verrà prodotta un urina più diluita, al contrario si avrà un urina più concentratacon dosi maggiori di vasopressina. Il peso specifico dell’urina cresce all’aumentare della sua mOsmolarità, 0.001 ogni 40 mOsm ed è fisiologicamente varia da circa 1.002(circa 80 mOsm) a 1.028(1120 mOsm). Perché si formi urina concentrata bisogna anche che vi sia un’elevata osmolarità del liquido interstiziale della midollare renale per formare il gradiente di riassorbimento per l’acqua. Infatti la speciale disposizione anatomica dell’ansa di Henle e dei vasa recta che sono i capillari peritubulari specializzati nel riassorbimento è fondamentale e fa raggiungere i valori di circa 1200-1400 mOsm al liquido interstiziale, ovvero la massima capacità di concentrazione del rene. I principali fattori che contribuiscono alla concentrazione sono vari: • Il trasporto attivo di ioni Na+ e cotrasporto di potassio cloro e altri ioni dal segmento spesso ascendente dell’ansa di henle. Questi meccanismi sono in grado di instaurare circa 200mOsm tra il lume tubulare e il liquido interstiziale. Anche un po di riassorbimento di cloruro di sodio nell’ascendente sottile aiuta a aumentare la concentrazione dell’interstizio. Pagina 069 • Il trasporto attivo di ioni dai dotti collettori. • La diffusione facilitata dell’urea dai dotti collettori della midollare più interna all’interstizio della midollare.. • La limitata diffusione dell’acqua dai tubuli della midollare all’interstizio Il controllo dell’osmolarità è strettamente correlato con il controllo della concentrazione del sodio nel liquido extracellulare in quanto esso corrisponde insieme agli anioni correlati circa il 94 percento di tutti i soluti presenti nel compartimento extracellulare. La concetrazione di sodio varia tra 104 e 145 mEq/L, con media di 142 mentre l’osmolarità è circa del 282 mOsm/L (300) con variazione solo di 2/3 %. Quando vi è un aumento dell’osmolarità del liquido ex. si ha il raggrinzimento di speciali recettori nervosi posti nell’ipotalamo anteriore vicino al nucleo sopraottico definiti 1) osmorecettori, che inviano segnali nervosi alle 2) cellule del nucleo sopraottico vicino che tramite il peduncolo ipofisiario e i loro assoni trasportano l’ADH 3) all’ipofisi posteriore dove tramite i capillari entra nella circolazione sistemica ed agisce a livello renale. L’acqua viene così trattenuta e viene eliminata meno urina più concentrata. La sequenza opposto provoca effetti opposti. L’Adh viene prodotto in particolare da neuroni magnocellulari di due nuclei differenti il sopraottico e paravantricolare dell’ipotalamo e viene accumulato negli assoni di questi neuroni che giungono fino all’ipofisi posteriore tramite il peduncolo ipofisiario dove rilasciato entra nella circolazione sistemica. Un'altra regione di controllo e secrezione dell’ADH è il nucleo preottico mediano posto nella regione anteroventrale del terzo ventricolo (AV3V).Qui sono presenti osmocettori e vi sono collegamenti con i nuclei prima descritti. La secrezione di ADH può essere dovuta anche a diminuzione della pressione sanguigna rilevata da recettori diversi che sfruttano i rifelssi dei barocettori e i riflessi cardiopolmonari che tramite il vago ed il glossofaringeo trasmettono segnali ai nuclei ipotalamici. Altri stimoli come nausea sostanze come nicotina e morfina aumentano i livelli di ADH mentre l’alcool gli abbassa. Sempre nei pressi del nucleo preottico vi è una zona che se stimolata elettricamente stimola l’atto del bere e prende il nome di Centro della sete. È Pagina 070 fondamentale reidratare l’acqua persa durante la sudorazione, gli atti respiratori normali, la minzione o defecazione e non basta il feedback rene-osmocettori. Un aumento dell’osmolarità liquido cerebro-spinale rilevato dall’organo vascolare della lamina terminale ha un effetto positivo sulla promozione del bere. Gli stimoli della sete sono diversi: • Aumento osmolarità del liq ex che causa disidratazione cellule del centro della sete. • Diminuzione volume del liq ex (emoraggia) e pressione arteriosa. • L’angiotensina II agisce sull’organo sottofornicale e sul org vascolare lamina terminale(AV3V) ed è implicata nell’ipovolemia avendo il genarale effetto di riduzione dell’escrezione urinaria per vasocostrizione intensa.. • Anche la secchezza delle fauci e delle mucose aumenta lo stimolo della sete. Il valore di soglia della sete è un aumento di 2mEq/L della concentrazione del sodio. Pertanto questi due meccanismi indipendenti cooperano per mantenere normale la concentrazione dei liquidi extracellulari. È inoltre importante specificare che benchè l’angiotensina e l’aldosterone aumentino il riassorbimento della quantità di sodio diminuendone la sua escrezione renale essi hanno un piccolo effetto sulla concetrazione effettiva del sodio stesso in quanto il suo riassorbimento avviene inseme all’acqua, aumentando pertanto anche il volume del liquido extracellulare e mantenendo invariata la sua concentrazione. CAPITOLO 29: Potassio: La concentrazione di potassio nel liqu extracellulare è circa 4.2mEq/L(x14L) con variazioni di + o - 0.3 ed è finemente regolato. La maggiorparte del potassio dell'organismo è invece conservato all'interno delle cellule dove corrisponde a circa 140mEq/L (x28L). (ricordiamo che 1mmol/L di sodio o potassio è uguale a 1 mEq/L di sodio o potassio, mentre 1mmol/L di calcio è uguale a 2mEq/L in base alla carica.)pertanto per mantenere in equilibrio questo ione bisogna eliminarne tanto quanto se ne assorbe con la dieta (circa 50200mEq) per non sviluppare ipokaliemia o iperkaliemia. circa il 5o 10% è eliminato con le feci mentre il 90 % con i reni. dopo un pasto circa 50 mEq vengono ingeriti e distribuiti tra i 14L di liquido extracellulare e porterebbero ad un aumento di oltre 3 mEq che sarebbero letali, pertanto vengono subito riassorbiti dalle cellule. Alcuni ormoni stimolano l'assorbimento di potassio nelle cellule e ne regolano la concentrazione: • Insulina è utile ad abbassare l'iperkaliemia dopo un pasto • Aldosterone come sappiamo stimola il riassorbimento di sodio a levello dei tubuli renali e l'escrezione di potassio nonchè anche quella di H+ abbassando pertanto il Pagina 071 PH. quindi l'aldosterobne abbassa l'iperkalemia e promuove l'ipokaliemia come nel morbo di Conn (eccesso aldosterone). • I recettori beta adrenergici attivati da catecolamine possono aumentare il riassorbimento di potassio nelle cellule ed alcuni Beta-2 bloccanti usati per il trattamento dell ipertensioe come il propranololo causa il passaggio di potassio al di fuori delle cellule tendendo ad iperkalemia. • L'acidosi metabolica aumenta il potassio extracellulare al contrario l'alcalosi ne aumenta il riassorbimento. infatti troppi H+ diminuiscono l'attività della Na-k ATPasi. • Anche lisi cellulari (apoptosi e necrosi) aumentano il potassio extracellulare. • Anche durante l'esercizio fisico può esserci una notevole iperkalemia, che in rarissimi casi porta a morte improvvisa da aritmie cardiache. • Anche un aumento dell'osmolarità del liquido extracellulare che richiama acqua e di conseguenza potassio ed elettroliti e può portare ad iperkaliemia. al contrario una diminuzione dell'osmolarità causa ipokaliemia. L'ESCREZIONE RENALE NETTA DI POTASSIO è data dalla somma di tre processi: • VFG x concentrazione plasmatica di potassio • velocità di riassorbimento del potassio • velocità di secrezione del potassio dai tubuli VFG: la normale velocità di filtrazione del potassio è circa 756 mEq/die con VFG di 180L x 4.2mEqu/L. e le percentuali sono 65% al tubulo prossimale 25-30 nell ansa con cotrasporto sodio cloro e il resto dalle porzioni terminali dei tubuli distali e tubuli collettori corticali dove a seconda delle necessità dell'organismo prevale la secrezione o l'assorbimento. solitamente vi è un escrezione di circa 92 mEq dai reni con 8 mEq con le feci. tuttavia in diete ricche di potassio aumenta notevolmente l'escrezione nei tubuli distali e collettore tanto da superare la quantità del potassio del filtrato glomerulare, invece vi è poco potassio nella dieta la sua escrezione può scendere fino all'1 percento del filtrato torale ovvero meno di 10mEq. (Quindi l'intervallo va da 800 a 8 mEq circa). RIASSORBIMENTO E SECREZIONE, 2 CELLULE DIVERSE: le cellule principali costituiscono il 90 percento delle cellule dei tubuli distali e collettori corticali. Esse captano il potassio nel liquido interstiziale renale (liqu extracell) tramite i capillari peritubulari con la pompa sodio potassio atpasi della membrana basolaterale instaurando così un elevata concentrazione di potassio all'interno di esse(cellula renale) e da qui il potassio con un gradiente passivo passa nel lume tubulare grazie a canali selettivamente permeabili al potassio. pertanto l'attività della pompa sodio potassio, nonchè la concentrazione di potassio nel sangue (il gradiente elettrochimico che esso forma) e la permeabilità del potassio alla membrana luminale sono i fattori limitanti della sua secrezione. (aldosterone aiuta)Le cellule intercalate invece grazie ad una idrogeno- Pagina 072 potassio ATPasi posta nella mebrana luminale riassorbono il potassio e secernono ioni idrogeno nel lume tubulare, sono quindi fondamentali per il suo riassorbimento. altri fattori vanno a variare la velocità di secrezione del potassio: • l'aumento della concetrazione del potassio nel sangue aumenta la quantità di filtrato glomerulare del potassio che era definito come VFG x concentarzione del potassio stesso nel plasma. tuttavia anche modificazioni della stessa VFG causano gravi complicazioni. infatti un aumento del flusso causato da un aumento nella dieta di sodio e quindi del volume sanguigno, o anche utilizzo di diuretici ( ipertensione ) porta ad elevate escrezione di potassio, al contrario un minor flusso porta a minor secrezione di potassio. questo serve a bilanciare il minor rilascio di aldosterone essendo elevata la quantità di sodio. si raccomanda una dieta ricca di potassio e povera di sodio. • Inoltre aumentando la concetrazione nel liquido intestiziale renale (pressochè uguale al sangue) non solo aumenta il gradiente elettrochimico che lo spinge nella cellula renale principale ma va a stimolare la pompa sodio potassio ATPasica della cellula principale come abbiamo prima visto e questo porta ad un aumento della sua secrezione nel lume tubulare. • l'acidosi acuta diminuisce la secrezione di potassio renale e ne aumenta la concetrazione extracellulare, mentre l'alcalosi ne aumenta la secrezione. tuttavia l'acidosi cronica diminuendo il riassorbimento di acqua e cloruro di sodio fa AUMENTARE il liquido a livello del TUBULO DISTALE e ciò porta ad un aumento della secrezione. • un aumento di potassio nel sangue è percepito dalla corteccia surrenale che aumenta notevolmente la secrezione di aldosterone che stimola a sua volta la secrezione di potassio e il riassorbiemnto di sodio mediante la pompa sodio potassio ATPasica nella portzione terminale dei tubuli distali nelle cellule principlai e facilità la permeabilità attraverso la membrana luminale(tra cellula remnale e lume) come ben sappiamo. pertanto questo è un potente feedback negativo tra potassio e aldosterone. il blocco della componente a feedback negativo dovuto a mancanza di Pagina 073 aldosterone come nel morbo di addison o ad eccesso come nel morbo di Conn può cvausare gravi danni diametralmente opposti. nel caso del morbo di Addison si può verificare una grave forma di iperkalemia, che comporta solitamente una maggiore depolarizzazione della membrana cellulare con aumento della probabilità di scarica che porta ad aritmie cardiache gravi fino a fibrillazione atrio-ventricolare e morte da arresto cardiaco. al contrario una grave ipokaliemia porta solitamente ad un iperpolarizzazione della membrana cellulare che causa paralisi muscolare flaccida e se colpisce i muscoli repiratori può portare a morte. Calcio: i meccanismi della sua regolazione sono stati trattati nel riassunto sugli ormoni paratiroideo (il paratormone ti da un CALCIONE) e calcitonina (TI ABBASSA LA VITAMINA). la sua concentrazione normale è di 5 mEqu/L (9.4mg/dL) anche se solo la metò è libera(2.4), il 40% è legata a proteine plasmaticeh e il 10%a citrato.(n.moli=pg/p.m.g.). il paratormone aumento la calcemia aumentando il riassorbimento da ossa intestino e rene. al contrario invece la calcitonina va a depositare nelle ossa il calcio. la vitamina D (per la cui formazione serve il PTH) è fondamentale per il riassorbimento intestinale. i pazienti con alcalosi sono più suscettibili alla ipocalcemia come anche all'ipokaliemia, in quanto in alcalosi più proteine plasmatiche si legano al calcio. al contrario nell'acidosi. il calcio è sia filtrato che riassorbito ma non secreto (al contrario del potassio che è anche secreto9 pertanto la sua escrezione deriva nettamente dalla differenza tra calcio filtrato (VFG x Concentrazsione calcio) calcio riassorbito. il calcio è riassorbito per il 65% nel tubulo prossim per via paracellulare e 20% per via transcellulare prima passivamente e poi mediante pompa calcio atpasica e poi antiporto calcio-sodio, per il 30% nell'ansa di henle dove il 50% è paracellulare ovvero diffusione passiva è il resto transcellulare mediante un processo stimolato dal PTH e 4-9% nei dotti collettori e tubuli distali as potassium. Pagina 074 Magnesio si trova per metà della concentrazione totale nelle ossa e solo 1 percento nel liqu extra dove circa il 50% è legato a proteine plasmatiche ed è pari a 1.8mEq/L, quindi quello ionizzato e disponibile è solo 0.9 circa. la normale assunsione varia intorno ai 200-300mg e circa il 15 % del carico di filtrato è eliminato. le percentuali sono come al solito 65% al tubulo prossimale 25-30 nell ansa e il resto dalle porzioni terminali dei tubuli distali e tubuli collettori corticali dove a seconda delle necessità dell'organismo prevale la secrezione o l'assorbimento. Per quanto riguarda i meccanismi renali di controllo dei liquidi extracellulari, bisogna tener presente che variazioni di sodio nel liquido extracellulare portano a variazioni del contenuto in acqua quando i meccanismi ADH e sete sono funzionanti. la quantità esatta di sodio escreto è controllata modulando la VFG o il riassorbimento tubulare di sodio in quanto esso come il calcio non può essere secreto. quando la VFG o il riassorbimento sono alterati si attuano diversi meccanismi tampone. per esempio se una grande vasodilatazione aumenta la VFG la quantità eccessiva di acqua e sodio filtrata verrano riassorbite per conto del bilancio glomerulotubulare e inoltre l'aumento dell cloruro di sodio nel lume stimola la macula densa che sua volta fa aumentare la resistenza delle arteriole afferenti che porta a vasocostrizione che ristabilisce, abbassandola, la VFG. POICHè però questi meccanismi non sono perfetti possono cmq portare ad alterazioni significative che devono essere compensate con altri meccanismi a feedback, come pressione sanguigna ormoni etc. la pressione sanguigne mette in atto questo suo potente feedback tramite due meccanismi, la natriuresi e diuresi pressoria.(controllo di sodio, liquido extracellulare, volemia) la diuresi pressoria è quel meccanismo attraverso il quale un innalzamento della pressione sanguigna fa aumentare il volume di urina escreta mentre la natriuresi il volume di sodio escreto. questo avviene come meccanismo di feedback automatico ed è totalmente indipendente da altri ormoni avvenendo anche in un rene totalmente staccato da un organismo. Una pressione sanguigna maggiore è spesso dovuta ad un accumulo di liquido (sangue) come nelle trasusione o ad un accumulo di sodio nell'organismo. inoltre a lungo andare, in un aumento Pagina 075 cronico della pressione questo meccanismo diventa molto efficiente inibendo la produzione di renina. la renina infatti era prodotta principalemente quando vi era una ridotta pressione, e nel caso opposto, quindi con una pressione elevata in soggetti sani è ridotta la sua secrezione. quindi una ridotta pressione --> aumenta la produzione di renina dalle cellule juxtaglomerulari e va a aumentare la Resistenza delle efferenti per aumentare la frazione di filtrazione , vedi autoregolazione. I feedback alla base della diuresi e natriuresi pressoria sono: 1) un aumento di liquido oltre i livelli di escrezione urinaria causano un accumulo temporaneo di liquidi. 2) questo porta ad un aumento di volemia e liquidi extracellulari 3) l'aumento della volemia aumenta il valore della pressione circolatoria media di rempimento che 4) aumenta il gradiente pressiorio per il ritorno venoso 4) questo aumenta la gittata cardiaca 6) che aumenta la PA media 7) l'aumento della pressione arteriosa anche di lieve entità fa aumentare l'escrezione e diuresi pressoria 8) l'aumentata escrezione di liquido bilancia e impedisce ulteriori accumuli. VALE OVVIAMENTE L'OPPOSTO. quando tuttavia in situazioni patologiche la renina resta elevata anche in caso di pressioni elevate e VFG elevata, quello che succede è che bisogna avere delle variazioni molto maggiori della pressione affinchè sia bilanciata l'escrezione renale di acqua e sale spostando cosi la curva della natriuresi pressoria verso destra: Pagina 076 in questo caso uso di ACE inibitori per bloccare la trasformazione di angiotensina I in II o farmaci come sartani che bloccano i recettori dell'angiotensina II si sono rilevati importanti per ridurre la PA in pazienti ipertesi. se il cuore non riesce ad aumentare la gittata cardiaca e pertanto la pressione per una corretta eliminazione di sodio ed acqua si possono avere accumuli di liquido e aumento della volemia che indeboliscono ulteriormente un cuore cardiopatico portando ad un insufficienza cardiaca congestizia anche grave. Anche l'aldosterone ha un ruolo importante come abbiamo già sottolineato ed è collegato fortemente alla renina. inoltre anche in questo caso un ipersecrezione di aldosterone provoca inizialmente un aumento dei liquidi extracellulari e sodio riassoprbito, tuttavia gli auemnti della pressione sono così elevati da far sfuggire il rene alla ritenzione di sodio e acqua mediata dall'aldosterone. Anche l'ormone antidiuretico è importante nella regolazione del bilancio idrosalinico. in mancanza di acqua come disidratazione prolungata 24-48 h si ha un aumento dei livelli plasmatici di ADH e un concomitante aumento del riassorbiemento di acqua noncheè una variazione minima della PA che altrimenti collasserebbe se non venisse riassorbita abbastanza acqua come accade se viene inibito il rilascio di ADH in concomitanza di disidratazione prolungata. dosi massicce di ADH fanno aumentare il livello del liquido extracellulare e la pressione di poco ovvero circa il 10-15% e 10 mmHg. Tuttavia l'instaurarsi successivamente della SOLA DIURESI pressoria porta ad una ristabilizzazione dei valori idrIci . Anche l'ADH non è in grado di contrastare la diuresi/natriuresi pressoria. Tuttavia dosi eccessive di ADH possono portare ad una secrezione enorme di sodio ed una diluizione dei liquidi extracellulari. anche l'ormone ANP peptide natriuretico atriale agisce come ormone regolatorio dell'equilibrio idrosalino. questo ormone è prodotto dalle cellule atriali in seguito ad uno stiramento eccessivo degli atri a causa di un aumento della volemia. viene pertanto prodotto e va ad agire direttamente sul rene dove aumenta la VFG aumentando così l'ultrafiltrazione che porta ad una maggiore escrezione di acqua e sale che risulta essere meno riassorbito. pertanto diminuisce così la Pa e la volemia. tuttavia la mancanza o sovrapproduzione di ANP non causa alterazioni visibili che possono essere compensate facilmente con piccoli aumenti della pressione arteriosa. Pagina 077 CAPITOLO 30: EQUILIBRIO ACIDO BASE Anche la concentrazione degli ioni H+ e dello ione Bicarbonato HCO3- , come quella di qualsiasi altro ione, deve essere regolata finemente nell’organismo. La concentrazione degli ioni H+ è molto bassa circa 4*10-5 mEq/L (rispetto a 142 mEq/L del sodio). Lo ione idrogeno è un protone che viene rilasciato da un acido (HCl acido forte perché rilascia velocemente tutti gli H+ in acqua, H2CO3 è un acido debole), al contrario una molecola che acquista un H+ è detta base, debole come HCO3- (che è sia base che acido) o HPO4- e NaOH che è una base forte perché rilascia velocemente OH- che si combina con gli H+. la variazione di H+ va da 10 nEq a 160 nEq (media 40nEq) senza portare a morte. Solitamente la quantità di ioni idrogeno è espressa con la formula del PH=-log(H+) =-log(0.00004) =7,4. Più basso è il ph è più alta è la concentrazione di ioni H+. nel sangue arterioso 7,4 mentre nel venoso 7,35 poiché vi è più CO2 ( CO2+ H20 =H2CO3 che si dissocia in H+ + HCO3-) e tende a far abbassare il pH. Un uomo sopravvive per poche ore a ph che varia tra6.8 e 8. Concentrazione p H di H+ (mEq/L) Liquido extracellulare Sangue arterioso 4,0 x 10-5 7,40 Sangue venoso 4,5 x 10-5 7,35 Liquido interstiziale 4,5 x 1o-s 7,35 Liquido intracellulare Da 1 x 10-3 a 4 x 10-s Da 6,0 a 7,4 Urina Da 3 x 10-2 a 1 x 10-s Da 4,5 a 8,0 HCI gastrico 160 0,8 Per mantenere costante la quantità di H+ ci sono 3 sistemi: 1) il sistema tampone 2) il sistema respiratorio 3) il sistema renale. Il sistema tampone è costituito da una sostanza che può legarsi reversibilmente al H+ secondo tale formula: Tampone + H+ Tampone-H. è pertanto un acido/base debole che quando cresce la concentrazione dell’H+ si lega mentre quando diminuisce lo libera. Esistono diversi sistemi tampone: Il tampone bicarbonato è il più importante. È costituito dall’acido H2CO3 e dal suo sale NaHCO3. La prima reazione è : C02 + H20 H2C03 la seconda è H2CO3------H+ + HCO3- che come si vede è spostata verso sinistra. Oltre a questa reazione vi è quella del sale ovvero : Pagina 078 il Pk Si vede dunque che l’H2CO3 tende poco a dissociarsi in H+ e HCO3-. Pertanto quando viene aggiunto un acido forte o una base forte il tampone agisce con queste quantità maggior di H+ e OH-. Nel primo caso si formerà una maggiore quantità di H2CO3 che poi si dissocerà in H20 e CO2 ed andrà ad aumentare la quantità di CO2 che aumenterà la velocità di respirazione, mentre nel secondo caso si avrà che NaOh+ H2CO3NaHCO3 + H20. E visto che H2CO3 diminuisce per combinarsi con NaOh, diminuisce anche la quantità di CO2 (che si univa con H20 per formare H2CO3) e pertanto la velocità della respirazione diminuisce per eliminare meno CO2. Ora per valutare la potenza di un sistema tampone è opportuno conoscere Sistema tampone fosfato è importante come tampone a livello del tubulo renale mentre è meno importante nel liquido extracellulare. Gli elementi principali del sistema tampone fosfato sono H2PO4-; e HPO4--. Quando un acido forte come l'HCI viene aggiunto a questa miscela di sostanze, la base HPO4- -accetta un H+ e si forma H2PO4- secondo la formula: HCI + Na2HP04 NaH2P04 + NaCl Il risultato della reazione è che l'acido forte, HCl, viene sostituito da una quantità aggiuntiva di acido debole, NaHP04 e che la diminuzione di pH viene ridotta al minimo. Al contrario quando viene aggiunta una base forte si riduce H2PO4- ed aumenta HPO4— NaOH + NaH2PO4 H2O + Na2HPO4 Il sistema tampone fosfato ha un pK di (6,8, che non è lontano dal normale pH di 7,4 dei liquidi corporei; ciò permette al sistema di operare vicino alla sua massima capacità tampone. Comunque, la sua concentrazione nel liquido extracellulare è bassa, solo circa 8% della concentrazione del tampone bicarbonato pertanto no è importante nel liquido extracellulare. È importante nei reni invece perché è molto concentrato nei tubuli, aumentando il suo potere e il pH nel lume del tubulo è solitamente più basso di quello del liquido extracellulare. Inoltre è importante come sistema tampone nel liquido intracellulare. Un altro importante tampone sono le proteine all’interno delle cellule. Fondamentale è l’emoglobina presente nei globuli rossi che si lega al H+ secondo la formula: Hb +H+ HHb Approssimativamente dal 60 al 70% del potere tampone chimico dei liquidi dell'organismo risiede nelle cellule e la maggior parte deriva dalle proteine intracellulari. Inoltre la diffusione degli elementi del sistema tampone del bicarbonato modifica il pH del liquido intracellulare quando cambia il pH del liquido extracellulare essendo la CO2 permeabile attraverso la membrana. La seconda linea di difesa contro i disturbi dell'equilibrio acido-base è il controllo della concentrazione della co2 del liquido extracellulare da parte dei polmoni. Un aumento della ventilazione elimina la co2 dal liquido extracellulare e, quindi, per la legge dell'azioni di massa, riduce la concentrazione di H+. Al contrario, una diminuzione nella ventilazione aumenta la C02 , aumentando, così, anche la concentrazione di H+ nel liquido extracellulare. Pagina 079 Nel liquido extracellulare sono disciolte normalmente 1,2mol/L di C02, che corrispondono a una Pco2 di 40 mmHg essendo continuamente prodotta da meccanismi attivi del metabolismo aumenta durante l’esercizio fisico. Non solo la ventilazione alveolare influenza la concentrazione di H+ modificando la Pco2 dei liquidi dell'organismo, ma la concentrazione di H+ influenza a sua volta la ventilazione alveolare. Pertanto la compensazione respiratoria per un aumento di pH (diminuizione DEGLIATTI RESPIRATORI AL MINUTO) non è quindi efficace come la risposta alla marcata riduzione di Ph (AUMENTO DEGLI ATTI RESPIRATORI). Ciò significa che un aumento della velocità di respirazione fa aumentare più velocemente il pH di quanto lo fa Questo è un feedback negativo non perfetto che va dal 50-75% diminuire una diminuzione degli atti respiratori. Con un aumento di circa 0.2-0.3 in soli 3-12 minuti. In generale, l'intero potere tampone del sistema respiratorio è da una a due volte più grande del potere tampone complessivo di tutti gli altri sistemi chimici del liquido extracellulare, cioè un acido o una base possono essere normalmente tamponati in quantità da una a due volte maggiore da tale meccanismo rispetto a qualsiasi altro tampone chimico. Tuttavia in condizioni patologiche quando il sistema respiratorio è compromesso, come nel caso di un enfisema, è ridotta anche la sua capacità di tampone ed in queste circostanze solo il rene può mettere in moto un adeguato meccanismo di ripristino delle concentrazioni di H+. I reni controllano l'equilibrio acido-base eliminando urina acida o basica. Il meccanismo generale con cui i reni eliminano urina acida o basica è il seguente: grandi quantità di HCO3- sono filtrate continuamente nei tubuli e, se vengono escrete nell'urina, si ha una rimozione di basi dai sangue. Anche grandi quantità di H+ vengono secrete nel lume tubulare dalle cellule epiteliali tubulari, rimuovendo così l'acido dal sangue. Se viene secreto ,più H+ rispetto alla quantità di HCO3filtrata, vi sarà una perdita netta di acido dal liquido extracellulare. Al contrario, se viene filtrato più HCO3- rispetto all'H+ secreto, vi sarà una perdita netta di basi. l'organismo produce ogni giorno 80 mEq di acidi non volatili, provenienti soprattutto dal metabolismo delle proteine. Tali acidi sono detti non volatili perché non sono H2C03 e, perciò, non possono essere eliminati dai polmoni. Il meccanismo principale per la rimozione di questi acidi dall'organismo è l'escrezione renale. Il riassorbimento del bicarbonato è legato alla secrezione di H+ ,dato che un Hco3- deve reagire con un H+ secreto per formare H2C03 prima di essere riassorbito ed in caso di alcalosi (meno H+) viene riassorbito meno H2CO3 e pertanto si ristabilisce l’equilibrio. Nell'acidosi, i reni non eliminano il HCO~ con l'urina, ma riassorbono tutto il HCO~ filtrato e ne producono di nuovo, che si aggiunge al liquido extracellulare. Ciò riduce la concentrazione di H+ del liquido extracellulare fino al valore normale. I reni regolano quindi la concentrazione di H+ nel liquido extracellulare attraverso tre meccanismi fondamentali: (l) la secrezione di H+; (2) il riassorbimento dell'HCOJ filtrato; (3) la produzione di nuovo HC03. Pagina 080 RIASSORBIMENTO DI H2CO3: La secrezione degli idrogenioni e il riassorbimento dell'HCO3avvengono praticamente in ogni porzione dei tubuli a eccezione dei segmenti sottili discendenti e ascendenti dell’Henle. 80-90% della secrezione di H+ e dunque riassorbimento di H2CO3 avviene nel prossimale, il 10% nella ascendente spessa di Henle mentre il resto tubuli distali e dotti collettori. Le cellule epiteliali del tubulo prossimale, il segmento ascendente spesso dell'ansa di Henle e la porzione iniziale del tubulo distale secernono tutti H+ nel liquido tubulare grazie al contro-trasporto sodio-idrogeno che viene effettuata dallo scambiatore sodio-idrogeno. Il gradiente è stabilito dalla sodio-potassio AtPasi presente sulla membrana basolaterale. Circa il 95% del bicarbonato è riassorbito in questo modo, richiedendo che circa 4000 mEq di H+ siano secreti ogni giorno nei tubuli. tale meccanismo, comunque, non crea una concentrazione di H+ molto alta nel liquido tubulare; il liquido tubulare diventa molto acido solo nei tubuli e nei dotti collettori. La C02 passa facilmente attraverso la membrana tubulare; essa, perciò, diffonde istantaneamente nella cellula tubulare, dove si ricombina con l'H2O e, grazie all'anidrasi carbonica, forma una nuova molecola di H2C03. Tale H2C03 a sua volta si dissocia a formare HCO3-e H+; quindi diffonde poi attraverso la membrana basolaterale nel liquido interstiziale e passa nel sangue dei capillari peritubulari. Il trasportodell'HCO3- attraverso la membrana basolaterale è facilitato da due meccanismi: (l) il co-trasporto Na+-HCO3- nei tubuli prossimali e (2) lo scambio CI—Hco3-; nelle porzioni terminali del tubulo prossimale, nel ramo ascendente spesso dell'ansa di Henle e nei tubuli e dotti collettori. In condizioni normali, la velocità di secrezione tubulare di H+ è di circa 4400mEq/die e la velocità di filtrazione dell'HCO~ di circa 4320 mEq/die. Le quantità dei due ioni che entrano nei tubuli sono quindi praticamente uguali e si combinano tra loro per formare C02 e H20 . Perciò, si dice che l'HCO~ e l'H+ si "titolano" l'un l'altro nei tubuli. Il leggero ecesso di 80 mEq corrisponde agli acidi non volatili. L'eccesso di H+ nei tubuli è tamponato dal fosfato e dall'ammoniaca e alla fine escreto sotto forma di Sali. Pagina 081 L'epitelio tubulare delle porzioni terminali dei tubuli distali e dei successivi segmenti del sistema tubulare secerne H+ mediante trasporto attivo primario. l'H+ viene trasportato direttamente da una proteina specifica, un' ATPasi che trasporta idrogeno (H+ ATPasi). L'energia richiesta per pompare H+ deriva dalla scissione dell' ATP in adenosina difosfato. La secrezione attiva primaria di H+ avviene principalmente in un particolare tipo di cellule, dette cellule intercalate, situate nella porzione terminale del tubulo distale e nei tubuli collettori. Anche se la secrezione di H+ nella porzione terminale del tubulo distale e nei tubuli collettori è responsabile solo di circa il So/o della secrezione di H+, il meccanismo è importante per la formazione di un'urina fortemente acida. Nei tubuli prossimali, Ia concentrazione di H+ può essere aumentata di sole 3 o 4 volte e il pH del liquido tubulare può essere diminuito solo a éirca 6,7, nonostante maggiori quantità di H+ siano secrete da tale segmento di nefrone. Invece, la concentrazione di H+ può essere aumentata fino a 900 volte nei tubuli collettori. Ciò diminuisce il pH del liquido tubulare fino a 4,5, che è il limite inferiore di pH che può essere raggiunto da reni normalmente funzionanti. L'escrezione di grosse quantità di H+ nell'urina (occasionalménte fino a 500mEq/die) avviene principalmente combinando l’H+ con i tamponi nel liquido tubulare in quanto H+ non può restare libero in soluzione oltre una certa soglia. I tamponi più importanti sono il sistema tampone fosfato e quello dell'ammoniaca. Ci sono altri sistemi tampone deboli, come l'urato e il citrato, che sono molto meno importanti. Una volta che l'HCO; è stato riassorbito e non è più disponibile per combinarsi con H+, ogni eccesso di H+ si combina con HPO4-- e con altri tamponi tubulari. Come mostrato nell’immagine ogni volta che l'H+ secreto nel lume tubulare si combina con un tampone diverso dall'HC03- l'effetto netto è l'aggiunta di nuovo H2CO3 al sangue. Ciò chiarisce uno dei meccanismi con cui i reni sono in gradodi ricostituire le scorte di HCO~ del liquido extracellulare. In condizioni normali, la maggior parte del fosfato filtrato viene riassorbita e solo circa 30-40 mEq/die sono disponibili per tamponare l'H+. Perciò, in acidosi, gran parte dell'eccesso di H+ nel liquido tubulare è tamponato dal sistema tampone dell'ammoniaca. Pagina 082 Metabolismo di carboidrati, lipidi e proteine Carboidrati, lipidi e proteine sono alimenti energetici che possono essere ossidati all’interno delle cellule e liberare nel processo grandi quantità di energia, necessaria per le varie funzioni fisiologiche della cellula. Affinché l’energia prodotta non sia in forma di calore (come nella combustione), ma in forma utilizzabile dalla cellula, le reazioni chimiche per l’ossidazione di queste sostanze sono accoppiate con i sistemi responsabili di funzioni fisiologiche, grazie ad enzimi e sistemi per il trasferimento di energia. La quantità di energia liberata dall’ossidazione di un alimento è detta energia libera (dG) ed è di solito espressa in calorie per mole di sostanza nutritiva (es.: 1mol di glucosio, ovvero 180g, è pari a 686.000 cal). L’energia derivata dall’ossidazione di carboidrati, proteine e grassi è utilizzata per convertire l’ADP in ATP, largamente utilizzato all’interno delle cellule, definito moneta energetica proprio perché può essere guadagnato e speso ripetutamente. La quantità di energia libera di ciascuno dei legami ad alto potere energetico (che collegano gli ultimi due gruppi fosfato al resto della molecola) è di 12000 cal x mol di ATP in condizioni fisiologiche. Metabolismo carboidrati Normalmente almeno il 90% dei carboidrati utilizzati dall’organismo è impiegato per formare ATP nelle cellule. (DAL SACCAROSIO SI OTTIENE)Fruttosio e (DAL LATTOSIO)galattosio (monosaccaridi), che sono i prodotti finali principali della digestione dei carboidrati nell’apparato digerente insieme chiaramente al glucosio, sono rapidamente convertiti in glucosio nel fegato. Qui ci sono enzimi che possono promuovere interconversioni tra monosaccaridi e, dato che le cellule epatiche contengono elevata concentrazione dell’enzima glucosio fosfatasi, il glucosio-6-fosfato (comune alle vie di degradazione di tutti e tre i monosaccaridi citati) può essere ritrasformato in glucosio (e fosfato) e riversato nel sangue. Normalmente più del 95% dei monosaccaridi nel sangue è rappresentato dal glucosio. Il glucosio entra nelle cellule per diffusione facilitata grazie ad una proteina carrier che, dopo che si è combinata col glu, lo trasporta dall’altro lato della membrana. Nella mucosa enterica e nei tubuli renali, invece, il glucosio è trasportato mediante il cotrasporto sodio-glucosio in cui il trasporto attivo di Na+ fornisce l’energia per assorbire glu contro gradiente di concentrazione. L’insulina (aumenta espressione di canali GLUT 1 e 3 mentre il 2 nel pancreas) aumenta x10 la diffusione facilitata del glucosio e in assenza di insulina la quantità di glu che entra nelle cellule è insufficiente per svolgere le normali funzioni metaboliche (eccezioni: cervello e fegato). Quindi >velocità di secrezione insulina = >velocità di utilizzazione carboidrati. Dopo essere entrato nelle cellule il glu viene fosforilato dall’esochinasi (glucochinasi nel fegato) a glucosio-6-fosfato e la reazione è quasi interamente irreversibile (tranne che nelle cellule epatiche dove c’è la glucosio fosfatasi che catalizza la reazione inversa, come detto) in modo da “catturare” il glucosio nella cellula (ora non esce più per via del gruppo fosfato). A questo punto il glucosio può essere (1) utilizzato immediatamente (glicolisi) o (2) immagazzinato in forma di glicogeno tramite la glicogenogenesi (soprattutto fegato e muscolo possono contenerne grandi quantità). (2)Il glicogeno (forma polimerizzata del glucosio) non altera la pressione osmotica del liquido intracellulare, cosa che il monosaccaride solubile invece farebbe. Tramite la glicogenolisi il glicogeno viene degradato per formare glucosio che può essere così utilizzato. Non si tratta di una reazione inversa della glicogenogenesi: le singole molecole di glucosio vengono staccate dal polimero grazie ad una fosforilasi (è una fosforilazione). La fosforilasi è attivata da adrenalina CHE LEGA I RECETTORI ALPHA 1 DEL FEGATO(la midollare surrenale è stimolata in carenza di glucosio per un più rapido metabolismo, si attua soprattutto in fegato e muscolo prima dello sport/azione) e glucagone (secreto da cellule alfa del pancreas e agisce soprattutto su cellule epatiche) che fanno aumentare il cAMP intracellulare. (1)La glicolisi consiste nella scissione del glucosio con formazione di due molecole di acido piruvico (10 tappe). Per ogni mole di fruttosio-6-fosfato (2ª reazione) che viene scissa in acido piruvico si formano 4 moli di ATP, ma, considerando che ne vengono usate 2, il guadagno netto dell’intero Pagina 083 processo è di appena 2 moli di ATP per mole di glucosio. Vengono accumulate 24.000cal di energia e ne vengono liberate 56.000, quindi l’efficienza del processo è del 43% (il resto è perso come calore). Vengono anche liberati 4 H. Successivamente, le due molecole di acido piruvico sono convertite in 2 acetil-CoA con liberazione di 2 molecole di CO2 e di 4H. L’acetil-CoA poi, nella matrice del mitocondrio, entra nel ciclo di Krebs (così chiamato perché inizia e finisce con l’acido ossalacetico) in cui la porzione acetilica viene degradata a CO2 e H (il coenzima A si libera e può essere riutilizzato) grazie all’assunzione di 6 molecole di H2O (3 per ogni molecola di acetil-CoA). Per ogni molecola di glucosio (quindi per 2 di acetil-CoA) alla fine del ciclo si formano 4 CO2, 16H e 2 molecole di ATP. Nel corso di tutte le reazioni dette sopra, vengono liberati 24 H (a coppie) a seguito delle reazioni catalizzate dalle deidrogenasi che utilizzano come coenzima il NAD+, che funziona da trasportatore degli atomi di idrogeno. L’idrogeno così liberato viene ossidato nei mitocondri dove ci sono enzimi, che formano la catena di trasporto di accettori di elettroni, che convertono l’atomo di idrogeno in 1 ione idrogeno e 1 elettrone e possono utilizzare gli elettroni per combinare l’O2 disciolto con molecole d’acqua a formare OH-. H+ e OH- poi si combinano per formare H2O. Durante il passaggio degli elettroni nella catena di trasporto, gli ioni idrogeno vengono pompati dalla matrice mitocondriale interna alla camera mitocondriale esterna, creando un forte potenziale elettrico negativo della matrice interna. Questa differenza di concentrazione di H+ e quindi anche di potenziale elettrico tra i due compartimenti provoca un flusso di ioni idrogeno attraverso l’ATPsintetasi, un’ATPasi che converte l’ADP in ATP grazie proprio a questo flusso di ioni. L’ATP viene poi spostato al citoplasma della cellula per diffusione facilitata attraverso la membrana mitocondriale interna e poi semplice attraverso l’esterna (il mitocondrio ha due membrane). Ogni 2 elettroni vengono sintetizzate fino a 3 molecole di ATP. Alla fine di tutto sto papocchio otteniamo 38 molecole di ATP. In questo modo possono essere immagazzinate 456.000cal di energia. Il processo ha un’efficienza massima globale del 66%, il 34% è dissipato in forma di calore. Le reazioni implicate nel metabolismo energetico sono regolate tramite meccanismi a feedback definiti dalla [ADP] e [ATP]. In particolare la fosfofruttochinasi, enzima che opera nelle fasi iniziali della glicolisi, è inibita (1) da un’elevata [ATP], mentre ADP e AMP la attivano, e (2) da un eccesso di ione citrato prodotto nel ciclo di Krebs. In carenza/assenza di O2 la fosforilazione ossidativa non può avvenire, ma può avvenire la glicolisi, che però comporta un enorme dispendio di glucosio con produzione di solo 2 molecole di ATP. Questa è definita energia anaerobica. I prodotti della glicolisi (acido piruvico e NADH+H+) si accumulano e reagiscono uno con l’altro per formare acido lattico che diffonde facilmente nel liquido extracellulare e nel liquido intra di altre cellule meno attive. Se non avvenisse la formazione di acido lattico, la glicolisi procederebbe per pochi secondi per poi bloccarsi a causa dell’accumulo dei prodotti finali della reazione nel mezzo (legge dell’azione di massa); invece procede per diversi minuti erogando ATP anche in assenza di O2 respiratorio. Quando l’O2 è di nuovo disponibile, l’acido lattico viene riconvertito in acido piruvico e NADH+H+ che vengono immediatamente ossidati per formare ATP oppure riconvertiti in glucosio (prevalentemente nel fegato). Questo meccanismo di riconversione è particolarmente efficiente nel cuore, soprattutto durante l’esercizio fisico intenso, durante il quale i muscoli scheletrici liberano grandi quantità di acido lattico, che quindi rappresenta una sorgente supplementare di energia per il cuore. La glicolisi non è l’unica via di degradazione e ossidazione del glucosio: il 30% della degradazione del glucosio nel fegato e in %maggiore nelle cellule adipose avviene attraverso la via del pentoso fosfato. In questa particolare via ciclica il glucosio viene convertito in uno zucchero a 5 atomi di carbonio, il Dribulosio, con liberazione di 1 CO2 e 4H. Il D-ribulosio può essere convertito progressivamente in zuccheri a 5,4,7,3 atomi di carbonio che si combinano per risintetizzare il glucosio (5 per ogni 6 che entrano nella via). L’H invece si combina con il NADP+ e può essere immesso nella fosforilazione ossidativa, o, come spesso avviene, può essere utilizzato per la sintesi dei grassi o di altre sostanze. Solamente l’idrogeno legato al NADP+ in forma di NADPH, infatti, può essere utilizzato per sintetizzare grassi a partire dai carboidrati (li mortacci sua). Quando si riduce il metabolismo e la glicolisi rallenta, Pagina 084 la via del pentoso fosfato rimane operativa (soprattutto nel fegato) per degradare ogni eccesso di glucosio che entra nelle cellule con formazione di NADPH che agevola la conversione di acetil-CoA in catene di acidi grassi che vengono poi immagazzinati. Il glucosio in eccesso viene preferenzialmente immagazzinato come glicogeno finché le cellule non ne hanno accumulato quanto più possibile (quantità sufficiente a far fronte alle richieste energetiche di 12-24h). Quando le cellule, soprattutto epatiche e muscolari, sono sature di glicogeno, il glucosio viene convertito in grasso e immagazzinato nelle cellule adipose. Una certa quantità di glu può essere formata a partire da aa, acido lattico e glicerolo dei trigliceridi quando le riserve di carboidrati dell’organismo scendono al di sotto della norma: è la gliconeogenesi (o gluconeogenesi), processo importante per prevenire calo eccessivo della glicemia durante il digiuno (cui partecipa anche il fegato grazie alla degradazione del glicogeno). Circa il 25% della produzione di glucosio nel fegato durante il digiuno deriva dalla gluconeogenesi che, durante il digiuno prolungato avviene anche a livello dei reni. Circa il 60% degli aa è facilmente convertita in glu, il restante 40% ha conformazione chimica tale da rendere difficile/impossibile questa reazione. Le reazioni variano a seconda dell’aa, ma sono tendenzialmente delle deaminazioni seguite da semplici interconversioni. La diminuzione dei carboidrati nelle cellule può causare direttamente l’inversione di molte delle reazioni della glicolisi e della via del pentoso fosfato. Anche il cortisolo ha un ruolo importante: in carenza di carboidrati, l’adenoipofisi inizia a secernere maggiore quantità di adrenocorticotropo che stimola la corteccia surrenale a produrre glicocorticoidi (cortisolo, appunto) che stimolano la mobilitazione delle proteine rendendole disponibili in forma aminoacidica. Questo è uno dei principali meccanismi di stimolazione della gliconeogenesi. Normale glicemia in un soggetto a digiuno da 3-4h= 90mg/100mL; dopo un pasto ricco di carboidrati= raram. >140mg/100mL. Regolazione correlata a secrezione di insulina e glucagone. Metabolismo dei lipidi I lipidi comprendono: grassi neutri (=trigliceridi), fosfolipidi, colesterolo e altri composti meno importanti. La componente chimica più importante delle molecole lipidiche sono gli acidi grassi (non contenuti nel colesterolo, ma il nucleo sterolico è fatto a partire da prodotti di degradazione di acidi grassi). I trigliceridi sono utilizzati per fornire energia nei processi metabolici e sono formati da una molecola di glicerolo cui sono esterificate 3 catene di acidi grassi. Gli acidi grassi più presenti nell’organismo umano sono: acido stearico (18 carboni, completamente saturo), acido oleico (18 carboni e 1 doppio legame, quindi insaturo) e acido palmitico (16 carboni, saturo). Quasi tutti i grassi assunti con la dieta, tranne quelli a catena corta, vengono scissi in monogliceridi/acidi grassi e glicerolo e poi assorbiti nell’intestino e riconvertiti in trigliceridi che si associano tra loro ed entrano nella linfa in forma di goccioline dette chilomicroni (0,08-0,6µm). Questi sono mantenuti stabili nella linfa grazie all’apoproteina B che si espone verso le molecole d’acqua circostanti (e in parte si adsorbe sulla superficie del chilomicrone). I chilomicroni contengono quindi principamente trigliceridi, il 9% di fosfolipidi, il 3% di colesterolo e l’1% di apoproteina B. Vengono riversati nel sangue venoso dal dotto toracico. Il plasma allora assume aspetto torbido e talora un colore giallastro che perde nell’arco di poche ore, data l’emivita dei chilomicroni (inferiore a 1h). In tessuto adiposo, cuore e muscolo scheletrico è presente la lipoproteina lipasi ORMONE-DIPENDENTE (sarebbe la lipasi proteica di cui parla nel capitolo degli ormoni, stimolata dall’insulina) che viene trasportata sulla superficie delle cellule endoteliali dei capillari dove idrolizza i trigliceridi (e fosfolipidi) che entrano in contatto con la parete endoteliale liberando acidi grassi e colesterolo. Gli acidi grassi diffondono nelle cellule attraverso le membrane cellulari, ove possono essere utilizzati a scopo energetico o per risintetizzare trigliceridi. I chilomicroni residui, ricchi di colesterolo, vengono eliminati dal plasma grazie al legame con un recettore dei sinusoidi epatici. Gli epatociti secernono anche apolipoproteina E che VA AL CERVELLO E TRASPORTA COLESTEROLO lega la parte esterna dei chilomicroni ed è importante per l’eliminazione di queste lipoproteine plasmatiche. Pagina 085 Lipoproteine Dopo la rimozione completa dei chilomicroni dal sangue, più del 95% dei lipidi del plasma si trova in forma di lipoproteine, molecole molto più piccole dei chilomicroni. In base alla loro densità, esse sono classificate in: VLDL (very low density), tanti trigliceridi, pochi fosfolipidi e colesterolo, trasportano principalmente alle cellule adipose i trigliceridi sintetizzati nel fegato; IDL (intermediate density), pochi trigliceridi, molti fosfolipidi e colesterolo; LDL (low density), ancora meno trigliceridi, tantissimo colesterolo, moderata quantità di fosfolopidi; HDL (high density), tante proteine, pochi fosfolipidi e colesterolo. Le ultime tre tipologie trasportano principalmente fosfolipidi e colesterolo dal fegato ai tessuti e viceversa. Le lipoproteine si formano quasi interamente nel fegato (un po’ anche nell’epitelio intestinale, ma solo HDL). Depositi di grasso In un soggetto medio l’energia immagazzinata in forma di grasso è circa 150 volte maggiore di quella immagazzinata sotto forma di carboidrati (le riserve di glicogeno sono limitate a pochi centinaia di grammi, quelle di grasso possono essere anche di molti kg). Inoltre, 1g di grasso fornisce una quantità di cal >2,5 volte rispetto a 1g di glicogeno. I grassi sono immagazzinati principalmente nel tessuto adiposo, che fa da riserva energetica e provvede all’isolamento termico dell’organismo, e fegato. Le cellule adipose del tessuto adiposo, o adipociti, sono fibroblasti modificati in grado di accumulare trigliceridi, principalmente in forma liquida, in quantità pari a 80-95% del loro volume complessivo. Quando i tessuti cutanei sono esposti al freddo per lunghi periodi, le catene degli acidi grassi dei trigliceridi diventano più corte (più insature=doppi legami) in modo che il loro punto di fusione sia ridotto così da rimanere in forma liquida nonostante il freddo. Gli adipociti possono anche sintetizzare trigliceridi a partire dai carboidrati affiancando il fegato in questa funzione. Nel tessuto adiposo sono presenti anche le lipasi che possono (1) catalizzare la deposizione dei trigliceridi da chilomicroni/lipoproteine e (2) catalizzare l’idrolisi dei trigliceridi con formazione di glicerolo e acidi grassi liberi che possono essere trasportati nel sangue legati all’albumina (vd dopo). In questo modo i trigliceridi qui depositati sono scambiati rapidamente e rinnovati ogni 2-3 settimane. Il fegato ha un ruolo chiave nel metabolismo lipidico: 1. Degrada gli acidi grassi a composti più semplici utilizzabili a scopo energetico; 2. Sintetizza trigliceridi a partire da carboidrati e proteine (meno); 3. Sintetizza colesterolo e fosfolipidi a partire dagli acidi grassi. Durante le prime fasi del digiuno e in qualsiasi altra condizione che richieda l’utilizzo dei grassi come fonte energetica al posto dei carboidrati (diabete mellito), i trigliceridi sono mobilizzati dal tessuto adiposo, trasportati nel sangue in forma non esterificata e depositati nel fegato come trigliceridi. [N.B.: Lipodistrofia = malattia che provoca distrofia o deficit genetico degli adipociti che non sono in grado di immagazzinare lipidi che quindi vanno al fegato]. Il fegato è la fonte principale di costituenti strutturali delle cellule: sintetizza grandi quantità di colesterolo e fosfolipidi (membrane cellulari) e contiene una deidrogenasi che desatura (=inserisce doppi legami) le catene degli acidi grassi (molti dei componenti strutturali delle cellule contiene acidi grassi insaturi). Mobilizzazione e beta-ossidazione Quando i grassi devono essere trasportati in altri tessuti per produrre energia, i trigliceridi devono essere nuovamente scissi in acidi grassi e glicerolo. Questa reazione è favorita da (1) la carenza di glucosio e quindi anche di uno dei suoi prodotti di degradazione, l’alfa-glicerofosfato, essenziale per formare il glicerolo per la sintesi dei trigliceridi e (2) la secrezione della lipasi cellulare ormonesensibile, attivata da ormoni secreti da varie ghiandole endocrine (catalizza la reazione di idrolisi dei trigliceridi). I grassi sono trasportati nel sangue in forma di acidi grassi liberi (o non esterificati) legati a molecole di albumina (normalmente 3 acidi grassi x 1 albumina; quando esigenze di trasporto elevate anche 30 x 1 album). La concentraz di acidi grassi liberi a riposo è 15mg/100mL di sangue (=0,45g di grassi in tutto il sistema circolatorio). Nonostante siano così poco presenti nel sangue, essi sono comunque in grado di assolvere a tutte le esigenze di trasporto dell’organismo, data la loro rapidità di turnover (2-3min) e il loro aumento anche di 5-8 volte in caso di necessità. Pagina 086 Quasi tutte le cellule, tranne cellule cerebrali e globuli rossi, possono utilizzare sia acidi grassi sia glucosio come fonte energetica. Il glicerolo che arriva alle cellule in attività viene convertito in glicerolo-3-fosfato che prosegue per la via glicolitica (citosol) e viene utilizzato a scopo energetico. La degradazione e ossidazione degli acidi grassi invece avviene esclusivamente nei mitocondri in cui entrano grazie al trasportatore carnitina. Inizia quindi la beta-ossidazione durante la quale la molecola di acido grasso prima si combina con il coenzima A per formare acil-CoA e poi viene ossidata e degradata con liberazione progressiva di molecole di acetil-CoA. Per ogni molecola di acetil-CoA vengono rilasciati 4 H. Le molecole di acetil-CoA entrano nel ciclo dell’acido citrico con produzione finale di elevate quantità di ATP grazie alla fosforilazione ossidativa. ESEMPIO: acido stearico ha 18 carboni, si formano 9 acetil-CoA e 32 H dalla beta-ox. Per ciascun acetilCoA si liberano 8 H nel ciclo di krebs, quindi altri 72 H, per un totale di 104 H (32+72). Di questi, 34 sono rimossi dal FAD e 70 dal NAD+. Entrambi i gruppi di H entrano nel sistema ossidativo, ma in punti diversi (per fad e nad entrano in punti diversi): per ciascuno dei 34 legati a FAD si ottiene 1 ATP; per ciascuno dei 70 legati a NAD si ottengono 1,5 ATP. Si formano così 139 molecole di ATP cui vanno sommate le 9 ATP formate nel ciclo di Krebs (1 per ogni acetil-CoA). Quindi, nel corso dell’ossidazione completa dell’acido stearico si formano complessivamente 148 ATP da cui togliamo 2 ATP usati all’inizio della beta-ox per legare l’acido grasso al CoA. Guadagno energetico netto = 146 ATP. Corpi chetonici Quando molti lipidi vengono mobilizzati a scopi energetici, gran parte della degradazione iniziale degli acidi grassi avviene nel fegato. Questo però ne utilizza solo una piccola parte per le proprie esigenze metaboliche: all’interno degli epatociti la gran parte delle molecole di acetil-CoA condensa in coppie formando acido acetoacetico che in parte rimane così, in parte viene convertito in acido betaidrossibutirrico e una piccola quota in acetone, costituendo il trio dei corpi chetonici (band di grido del momento). Questi diffondono liberamente attraverso la membrana degli epatociti e vengono trasportati ai tessuti periferici, entrano nelle cellule dove sono riconvertiti in acetil-CoA utilizzabile come fonte energetica. Ingenti quantità di corpi chetonici sono trasportate nel sangue, ma, data la loro rapida diffusione attraverso le membrane cellulari, la concentrazione ematica è alquanto bassa (3mg/100mL). Quando grandi quantità di queste molecole si accumulano nel sangue e nel liquido interstiziale si parla di chetosi. Questa condizione si verifica soprattutto nel digiuno, nel diabete mellito o anche quando la dieta contiene grandi quantità di grassi, tutte situazioni accomunate da una carenza/assenza di metabolizzazione dei carboidrati e quindi l’automatica mobilizzazione dei grassi a scopo energetico. Anche la > secrezione di glucagone e la < di insulina favoriscono la mobilizzazione degli acidi grassi che sono quindi disponibili sia nei tessuti periferici, dove forniscono energia, sia nel fegato dove diventano corpi chetonici. Questi, come abbiamo detto, possono essere utilizzati dalle cellule perché vengono convertiti in acetil-CoA che entra nel ciclo di Krebs, e fin qui tutto bene. Il problema è che, quando c’è carenza di carboidrati, c’è anche carenza dell’ossalacetato, molecola chiave del ciclo dell’acido citrico, a cui si lega l’acetil-CoA per formare il citrato. Per questo motivo, dunque, l’entrata dell’acetil-CoA nel ciclo è limitata e le concentrazioni di acido acetoacetico e beta-idrossibutirrico aumentano anche di 20 volte determinando acidosi. L’acetone è una sostanza volatile che può essere eliminata con la respirazione e conferisce l’alito che uccide caratteristico della diagnosi di chetosi. Ma allora, gli Eschimesi? Quelli campano per alcuni periodi con una dieta a base di grassi, eppure non gli viene la chetosi. Questo perché l’organismo si adatta progressivamente in modo da utilizzare una maggiore quantità di acido acetoacetico rispetto alla norma e questo fa prevenire la chetosi. I meccanismi sono poco chiari ancora, ma si è visto che dopo poche settimane perfino le cellule cerebrali possono ricavare il 50-75% dell’energia dai grassi. Sintesi dei trigliceridi La prima fase della sintesi dei trigliceridi consiste nella conversione dei carboidrati in acetil-CoA, tuttavia essa non consiste nella beta-ossidazione al contrario (puttroppo), ma avviene in 2 fasi con l’utilizzo di malonil-CoA e NADPH come intermediari nel processo di polimerizzazione. Le catene di acidi grassi neoformate vengono esterificate al glicerolo (fornito dall’alfa-glicerofosfato, prodotto della glicolisi) non appena raggiungono una lunghezza di 14-18 atomi di carbonio. Gli enzimi che Pagina 087 catalizzano la reazione sono specifici per molecole con 14 C o più. N.B.: Anche proteine in eccesso possono essere convertite in trigliceridi: molti aa possono essere facilmente trasformati in acetil-CoA. Regolazione del metabolismo lipidico La disponibilità di un’ingente quantità di glucosio inibisce automaticamente l’utilizzazione degli acidi grassi a scopo energetico: quando c’è tanto glucosio, si forma tanto alfa-glicerofosfato, precursore del glicerolo che lega gli acidi grassi liberi presenti negli adipociti. Si formano quindi trigliceridi che non possono essere utilizzati a scopi energetici, ma solo come scorta. Inoltre quando c’è tanto glucosio gli acidi grassi vengono sintetizzati più rapidamente di quanto vengano degradati per via (1)dell’eccesso di acetil-CoA, (2) della scarsa disponibilità di acidi grassi liberi detta sopra e (3) dell’aumentata concentrazione dei prodotti intermedi del ciclo dell’acido citrico che favoriscono l’ attività dell’acetilCoA carbossilasi che forma malonil-CoA a partire da acetil-CoA all’inizio del processo di sintesi degli acidi grassi. Tutti i carboidrati che non vengono utilizzati come fonte energetica o immagazzinati in forma di glicogeno, vengono convertiti in grassi. Al contrario, quando i carboidrati non sono disponibili l’equilibrio si sposta in direzione opposta e i grassi vengono mobilizzati per fornire energia. Il fattore ormonale più rilevante in questa inversione è la carenza d’insulina, che deprime l’immagazzinamento dei grassi. Altri ormoni che influiscono sul metabolismo lipidico sono: adrenalina e noradrenalina rilasciate dalla midollare del surrene durante l’esercizio fisico intenso per stimolazione ortosimpatica, attivano la trigliceride lipasi ormone-sensibile delle cellule adipose causando mobilitazione dei grassi; adrenocorticotropo, secreto dall’ipofisi anteriore che causa forte aumento di secrezione dei glicocorticoidi e insieme attivano la trigliceride lipasi ormone-sensibile (se vengono secreti in dosi eccessivesindrome di Cushing = mobilizzazione di grassi così elevata che determina chetosi); ormone della crescita, pure attiva la lipasi detta prima; ormoni tiroidei, provocano aumento del metabolismo energetico, quindi diminuzione di acetilCoA e altri composti intermedi stimolando mobilizzazione dei grassi. N.B.: lipasi acida nel fegato; lipasi ormone sensibile nel tessuto adiposo L’obesità consiste nell’eccessivo deposito di grasso nell’organismo: i cibi sono ingeriti in quantità superiori di quelle che possono essere utilizzate dall’organismo. Nell’obesità ereditaria si verifica insufficiente mobilizzazione di grassi da parte delle lipasi, mentre sintesi e accumulo avvengono normalmente. Fosfolipidi I fosfolipidi comprendono più classi di cui le principali sono: lecitine, cefaline e sfingomieline. Hanno struttura chimica variabile ma proprietà chimiche simili. Si formano in tutte le cellule dell’organismo, ma probabilmente il 90% nel fegato e quantità elevate negli enterociti durante l’assorbimento intestinale dei lipidi. La loro produzione è controllata parzialmente dagli stessi fattori che regolano il metabolismo dei grassi; per alcuni fosfolipidi è necessaria la presenza di certe sostanze (per es la colina è necessaria per formazione di lecitina). I fosfolipidi sono (1)importanti costituenti delle lipoproteine del sangue, (2) essenziali per la coagulazione (la tromboplastina è costituita principalmente da cefalina), (3) la componente che rende le guaine mieliniche isolanti (in particolare la sfingomielina), (4) donatori di radicali fosforici necessari in diverse reazioni chimiche e (5) parte essenziale delle membrane cellulari e di altri elementi strutturali. Colesterolo È presente in molti alimenti, reagisce facilmente con gli acidi grassi formando degli esteri (70% del colesterolo nelle lipoproteine è esterificato). Il colesterolo, oltre ad essere assunto con la dieta (colesterolo esogeno), è prodotto principalmente dal fegato e in piccola parte da tutte le cellule, data la sua funzione strutturale (colesterolo endogeno). Il nucleo sterolico è sintetizzato a partire da acetil- Pagina 088 CoA e può essere poi modificato con l’aggiunta di catene laterali per formare colesterolo, acido colico (componente base degli acidi biliari) e molti importanti ormoni steroidei. Il colesterolo non incorporato nelle membrane viene (1) principalmente convertito in acido colico (80%) per la formazione dei sali biliari; (2)in parte minore è utilizzato da surrene per gli ormoni corticosurrenalici, ovaie per estrogeni e progesterone, testicoli per testosterone; (3) una consistente quantità si trova come precipitato nello strato corneo della pelle rendendola resistente all’assorbimento di sostanze idrosolubili e all’azione di agenti chimici acidi ostacolando anche l’evaporazione di acqua dalla pelle. La concentrazione plasmatica del colesterolo è influenzata da: aumento dell’ingestione di colesterolo, ha effetti scarsi perché avviene la contemporanea inibizione degli enzimi essenziali per la sintesi endogena; dieta ricca di grassi saturi che fa AUMENTARE la deposizione i grassi nel fegato e quindi una maggiore disponibilità di acetil-CoA per la sua sintesi; ingestione di lipidi contenenti grassi fortemente insaturi fa RIDURRE la colesterolemia in modo lieve/moderato, non se sa bene perché; carenza di insulina/ormone tiroideo fa AUMENTARE colesterolo per modificazione dell’attività di certi enzimi; disturbi genetici legati al metabolismo del colesterolo (tipo del recettore LDL con conseguente inadeguata rimozione del colesterolo dal plasma da parte del fegato che inizia a produrne quantità smisurata). Il rapporto tra colesterolo e fosfolipidi di membrana è importante per determinare la fluidità delle membrane cellulari. Essi hanno turnover estremamente lento (mesi o anni). Aterosclerosi Inizia in genere in vasi danneggiati dove monociti e lipidi (LDL soprattutto) iniziano ad accumularsi. I monociti diventano macrofagi dopo essere passati nel tessuto e poi ingeriscono e ossidano le lipoproteine accumulate (aspetto schiumoso) formando delle strie lipidiche visibili che crescono sempre di più. I macrofagi rilasciano sostanze che causano infiammazione e proliferazione di tessuto fibroso e muscolare. Si forma così una placca che può ridurre anche di molto il flusso, anche fino a occludere il vaso e le arterie diventano dure e incapaci di distendersi ed eventualmente possono anche precipitare sali di calcio rendendo le arterie ancora più rigide. L’alta concentrazione plasmatica di colesterolo in forma di LDL è una delle cause scatenanti. Questa può essere causata da: (1) dieta ricca di grassi saturi e colesterolo, obesità e sedentarietà; (2)malattie ereditarie tipo ipercolesterolemia familiare in cui il fegato non è in grado di assorbire IDL o LDL e viene prodotto nuovo colesterolo (che arriva a 600-1000mg/100mL in pazienti con malattia conclamata, in persone sane è in genere <200mg/dL). Le HDL al contrario possono assorbire i cristalli di colesterolo che iniziano a depositarsi (non ancora certo) e prevengono lo sviluppo dell’aterosclerosi. Altri fattori di rischio sono diabete mellito, ipertensione, iperlipidemia e tabagismo. Inoltre è stato ipotizzato che gli ormoni sessuali maschili siano predisponenti, mentre i femminili esercitino azione protettiva.