LEZIONE: “LA SOCIALIZZAZIONE” PROF.SSA SIMONA IANNACCONE La socializzazione Indice 1 Il processo di socializzazione --------------------------------------------------------------------------- 3 2 Gli agenti di socializzazione ---------------------------------------------------------------------------- 6 3 La socializzazione imperfetta ------------------------------------------------------------------------ 13 Riferimenti bibliografici ------------------------------------------------------------------------------------ 14 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 14 La socializzazione 1 Il processo di socializzazione La società si assicura la continuità da una generazione all’altra attraverso il processo di socializzazione, che permette la formazione della personalità degli individui e l’apprendimento dei modelli comportamentali della società in cui sono inseriti. Individui diversi devono acquisire abilità complesse, un linguaggio comune, un comune modo di relazionarsi, di comunicare e di comportarsi, pena l’impossibilità della stesa vita sociale. Ma se la presenza di questi elementi comuni è ciò che garantisce la continuità del nostro vivere sociale, in che modo questi elementi hanno origine? Come è possibile che individui differenti per intelligenza, inclinazioni, prestanza fisica ecc. riescano a condividere con gli altri tutti questi aspetti che costituiscono la nostra vita quotidiana? Attraverso quale processo la società garantisce la propria esistenza consentendo ai nuovi nati di accettarne le regole e i modelli, non solo perché imposti, ma in quanto sentiti come naturalmente parte di sé? I modelli culturali presentano la caratteristica essenziale di non essere inscritti nel patrimonio genetico dell’essere umano, ma di dover essere appresi da parte di ogni nuovo nato a seconda delle caratteristiche della società in cui egli deve vivere. Gli studi di Sigmund Freud e dei suoi discepoli, di Mead e della psicologia dell’età evolutiva hanno evidenziato l’importanza dei processi attraverso cui le norme sociali vengono interiorizzate dal bambino così da divenire parte della sua stessa vita psichica. Fin dalla nascita, l’essere umano non solo interagisce con il proprio corpo e con il suo ambiente fisico, ma anche con gli altri esseri umani. Sin dall’inizio la biografia dell’individuo coincide con la storia dei suoi rapporti con gli altri; e questo perché anche le componenti non sociali dell’esperienza infantile vengono mediate dagli altri individui, e tramite loro, dall’esperienza sociale. Quasi ogni aspetto della vita del neonato coinvolge altri essere umani: la sua esperienza degli altri è determinante per tutta la sua esistenza. Sono gli altri che creano i modelli attraverso i quali il neonato percepisce il mondo, ed è solo grazie a questi modelli che l’organismo riesce a stabilire un rapporto stabile con il mondo esterno, non soltanto con il mondo sociale, ma anche con l’ambiente fisico. Questi stessi modelli interessano anche l’organismo, interferendo con il suo funzionamento. Sono gli altri, per esempio, che stabiliscono i modelli secondo i quali viene soddisfatta la richiesta di cibo del bambino, e così facendo agiscono sul funzionamento del suo organismo. Perciò la società non soltanto impone i suoi modelli sul comportamento infantile, ma giunge a organizzare i suoi bisogni primari. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 14 La socializzazione Il processo attraverso il quale gli individui sviluppano lungo tutto l’arco della loro vita, nel corso dell’interazione sociale con vari gruppi sociali, di solito a partire dalla famiglia, un grado minimo e poi via via sempre più specializzato di competenze comunicative e di abilità all’interno di una determinata cultura, adottando i modelli di comportamento, le norme, i valori della propria società, è appunto la socializzazione. Le norme, a loro volta, rappresentano uno dei più importanti elementi di coesione e di riproduzione culturale di un gruppo umano. La loro trasmissione può manifestarsi tanto nelle forme tradizionali dell’educazione (familiare, scolastica), quanto come socializzazione politica e religiosa, cioè in forme in cui la comunicazione fra generazioni non ha necessariamente carattere anagrafico. Il processo che consente il rapporto con l’altro riguarda sia la prima socializzazione, che l’individuo intraprende nell’infanzia e attraverso la quale diventa un membro della società, sia ogni successivo processo che introduca un individuo già socializzato in nuovi settori del mondo oggettivo della sua società. Si distingue così la socializzazione primaria da quella secondaria1. Ogni individuo nasce all’interno di una determinata struttura sociale, dove incontra le persone che hanno cura della sua socializzazione e mediante le quali egli accoglie un determinato mondo culturale. Si può dire che le persone importanti per il bambino, e tramite le quali avviene il suo processo di mediazione culturale, formano il piccolo veicolandogli un mondo culturale da esse selezionato. Una caratteristica tipica della prima socializzazione è l’influenza della vita emotiva. Come è stato fatto notare dalla psicologia infantile freudiana, il bambino si identifica con le persone che influiscono su di lui secondo modalità emozionali. La socializzazione primaria, infatti, avviene solo tramite l’identificazione con l’altro importante. Grazie all’identificazione con le persone che si curano di lui e degli atteggiamenti che hanno nei suoi confronti, il bambino diventa capace di acquistare un’identità soggettivamente coerente e di aver coscienza di sé. Ciò che più di ogni altra cosa è necessario interiorizzare è il linguaggio. Grazie al linguaggio, e per mezzo di esso, vari schemi motivazionali e interpretativi vengono acquisiti come istituzionalmente definiti. Tramite la veicolazione delle parole il soggetto introietta dei significati condivisi dalla propria collettività. 1 Secondo il sociologo italiano Ferrarotti la socializzazione primaria sarebbe per propria natura non utilitaria, costituendo un valore in se e per se. La socializzazione secondaria avrebbe invece carattere strumentale, riguardando i ruoli e le funzioni che l’uomo è chiamato a ricoprire o svolgere nella società. La socializzazione secondaria avverrebbe attraverso le istituzioni intese a favorire lo sviluppo dell’individuo come realtà autonoma a autosufficiente. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 14 La socializzazione Il processo di socializzazione non si conclude con l’infanzia, ma si protrae durante tutta il corso dell’esistenza. La formazione primaria viene infatti a modificarsi sulla base dell’introiezione da parte del soggetto dei sistemi di conoscenza relativi al ruolo al quale il soggetto stesso è legato. Pertanto, definiremo socializzazione secondaria quell’insieme di pratiche messe in atto dalla società che consentono agli individui di assumere ed esercitare ruoli adulti. Il compito della socializzazione secondaria consiste nella formazione delle capacità sociali specifiche necessarie all’esercizio dei ruoli stessi. Le società moderne sono società altamente differenziate, cioè comprendono una gamma molto ampia di ruoli e di relative posizioni. Ogni individuo ricopre nella società una pluralità di ruoli i quali si collocano in sfere di vita separate tra loro. L’insieme dei ruoli svolti (ruoli familiari, ruoli lavorativi ecc.) da un individuo si designa in genere con il termine inglese role set. La composizione dell’insieme dei ruoli svolti da un individuo muta continuamente nel tempo lungo l’arco della vita. Le diverse nozioni di socializzazione possono essere combinate entro un modello di sviluppo nel tempo. Da questo punto di vista si distingue una socializzazione della prima infanzia, condotta principalmente nel nucleo familiare, una socializzazione scolare e, infine, un progressivo processo di socializzazione in età adulta per adeguarsi a ruoli culturalmente definiti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 14 La socializzazione 2 Gli agenti di socializzazione Si possono indicare i gruppi o i contesti sociali all’interno dei quali avvengono significativi processi di socializzazione con la definizione di agenti di socializzazione. In tutte le culture il più importante di questi ultimi che dalla prima infanzia all’adolescenza collega tra loro, in una sequenza, le varie generazioni è la famiglia. Certamente il sistema familiare può assumere molte forme diverse, il complesso dei contatti sperimentati dal bambino non è affatto omogeneo da cultura a cultura. La madre è in generale la persona più importante nella prima infanzia, anche se la divisione dei ruoli all’interno della famiglia varia notevolmente nelle diverse culture, ma la natura del rapporto tra madre e bambino dipende dalla forma e dalla regolarità dei loro contatti. Ciò è a sua volta condizionato dal carattere dell’istituzione familiare e dal rapporto che questa ultima ha con altri gruppi sociali. Nella famiglia avviene lo sviluppo intellettuale e psichico del bambino, nei primi scambi interpersonali si formano infatti i futuri modelli di comportamento che faranno da filtro alle esperienze successive, in cui il bambino prende coscienza dell’esistenza del mondo circostante, inizia a dare un significato a tutto ciò che lo circonda, impara a conoscere se stesso e a comunicare in modi diversi. Quando il bambino inizia a conoscere se stesso, verso i due anni, si rende conto anche che esistono dei collegamenti tra sé e gli altri, percepisce che le persone sono legate in un campo di relazioni sociali e non sono isolate l’una dall’altra. Questo è il primo passo verso la comprensione della più ampia realtà sociale: la comprensione dei rapporti tra le persone, la scoperta di una relazione tra sé e la mamma o il papà. Il secondo passo consiste nell’acquisizione della coscienza delle norme sociali che si sviluppa nel bambino tra i diciotto e ventiquattro mesi, prima di allora egli non si rende conto che c’è qualcosa che può essere fatto e qualcosa che non si può fare, e da qui entra in gioco l’importanza dell’educazione di genitori, i quali iniziano a dare delle norme che devono essere rispettate, in primo luogo all’interno della vita familiare, e poi anche fuori, nei rapporti con il mondo esterno. La famiglia rappresenta, quindi, il nucleo fondamentale in cui si stabiliscono i primi legami emotivi, si apprendono il linguaggio e si interiorizzano i valori della cultura della società di appartenenza. In ogni società la famiglia è l’istituzione cardine per la socializzazione primaria e quindi per la trasmissione delle norme e dei valori sociali. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 14 La socializzazione Nelle società occidentali contemporanee, gran parte della socializzazione precoce avviene all’interno di un contesto familiare ristretto. Anche nella società italiana la maggioranza dei bambini trascorre i primi anni di vita in una famiglia di tipo nucleare, cioè un’unità domestica composta da madre, padre e uno o due altri figli. In molte altre culture, invece, anche zie, zii e nipoti sono spesso parte di una medesima unità familiare e contribuiscono allo svezzamento dei bambini. Del resto, anche all’interno delle società occidentali il contesto può assumere molte forme diverse. Tuttavia, si vanno affermando nuovi modelli con unità familiari ancora più ridotte come quella monoparentale, composta da un solo genitore e figli; i bambini possono essere affidati a due soggetti che svolgono la funzione di madre e due che assumono quella di padre (i genitori divorziati e i loro nuovi partner). Inoltre, una quota consistente di donne sposate lavora oggi fuori casa e ritorna alla propria occupazione retribuita relativamente presto dopo la nascita del bambino. Per la socializzazione del bambino può essere molto negativo il contesto. Una proporzione piuttosto grande di bambini, per esempio, è soggetta alla violenza o all’abuso sessuale da parte di un genitore, di bambini più grandi o altri adulti, esperienze che hanno effetti a lungo termine sulle loro vite future. Sarebbe però sbagliato pensare al processo di socializzazione familiare come un processo unilaterale; il bambino, e persino il neonato, reagiscono a questo processo, vi partecipano e vi collaborano in vario grado. La socializzazione è sempre, in vario grado, un processo reciproco, nel senso che coinvolge non solo il socializzato ma anche il socializzante. Di norma i genitori riescono a educare, più o meno compiutamente, i loro figli secondo i modelli generali stabiliti dalla società e da essi stessi desiderati. Ma anche i genitori vengono trasformati, talvolta radicalmente, dall’esperienza della maternità e della paternità, le quali si configurano per loro come processi di socializzazione a nuovi ruoli. Un’altra ragione dell’importanza della famiglia deriva dalla specifica collocazione che occupa all’interno delle istituzioni sociali più ampie. Nella maggior parte delle società tradizionali, l’appartenenza familiare determina in buona misura la posizione sociale dell’individuo per tutto l’arco della vita. Ognuno di noi dal momento in cui nasce ha uno status ascritto di classe, di religione, di razza ecc., che influenza notevolmente il processo di interazione e socializzazione. Anche se nelle moderne società occidentali, nonostante la classe sociale di appartenenza della famiglia influisca profondamente sui modelli di socializzazione, la posizione sociale non è determinata così fortemente dalla nascita: generalmente il ruolo sociale dell’individuo è un fatto Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 14 La socializzazione autonomo e dovuto alle capacità individuali. Pochi bambini, infatti, adottano senza riserve il punto di vista dei genitori. Ciò vale in particolare nel mondo contemporaneo, dove il cambiamento è onnipresente. L’esistenza stessa di diversi agenti della socializzazione, inoltre, porta a molte divergenze tra il punto di vista dei bambini, degli adolescenti e quello dei genitori. La scuola è la prima istituzione sociale extradomestica con la quale l’individuo entra in rapporto e l’ingresso nella scuola segna convenzionalmente l’inizio della socializzazione secondaria. La scuola rappresenta un ambiente qualitativamente diverso da quello domestico nell’orizzonte del quale si è svolta prevalentemente la socializzazione primaria. Essa è un agente formativo che opera un’importante funzione di socializzazione dei soggetti in età più evolutiva, fungendo da tramite tra la famiglia e la società e preparando in tal modo il bambino al suo futuro ruolo di adulto. Alla scuola le moderne società occidentali hanno assegnato il compito istituzionale di socializzare i giovani addestrandoli all’apprendimento di particolari abilità e alla condivisione di un universo di valori e di regole di convivenza sociale. Attraverso il processo di istruzione la società si garantisce un certo livello di solidarietà e di unità sociale, trasmettendo senso di appartenenza e di fedeltà a una stessa cultura e a uno stesso gruppo. La figura dell’insegnante, per quanto possa spesso assumere atteggiamenti di stampo familiare e di tipo materno o paterno, è quella del portatore di un ruolo sociale specifico, definito da caratteristiche oggettive di competenza e da norme impersonali di prestazione. Nell’interazione con l’insegnante il bambino impara prima di tutto modelli di comportamento adeguati ad una situazione definiti in termini di rapporti di autorità assai più impersonali di quelli esperiti nella situazione familiare. Inoltre, nella situazione scolastica il bambino imparerà in modo assai più esplicito che non nella precedente esperienza familiare a strutturare la propria azione in termini di rapporti mezzi/fini: gli vengono indicati degli obiettivi di apprendimento (ad es., la capacità di risolvere un problema di geometria), i mezzi adeguati per realizzarli (lo svolgimento di determinati esercizi), i criteri per verificare se l’obiettivo è stato o meno raggiunto e la sua prestazione viene valutata e sanzionata positivamente o negativamente mediante un sistema di incentivi e disincentivi. Sulla base delle proprie prestazioni, lo scolaro viene indotto a confrontarsi, in modo esplicito o implicito con i propri compagni ed a sperimentare quindi una situazione oggettivamente competitiva, oppure viene stimolato a cooperare con essi al fine della realizzazione di un bene comune. La socializzazione scolastica,quindi, al di là dei contenuti specifici dell’insegnamento, trasmette, in base al modo in cui viene attuata e al tipo di rapporti sociali nei quali si esplica, una serie di modelli di comportamento che si rifanno ai principi di autorità, di prestazione, di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 14 La socializzazione competizione e di cooperazione. Le reazioni degli insegnanti, inoltre, influiscono sulle aspettative che i bambini hanno nei confronti di se stessi, condizionandoli ad autovalutarsi con gli stessi criteri applicati dagli insegnanti. Fuori dall’ambito familiare i bambini imparano a obbedire a qualcuno non per l’amore o la protezione che questi gli offre, bensì perché così è richiesto da un sistema sociale che impone l’adesione alle sue regole. Il comportamento personale entra in tal modo a far parte di un sistema di registrazione sociale che consente al bambino di diminuire la sua dipendenza dai modelli familiari e di costruire legami entro un più ampio orizzonte sociale. È nell’ambito scolastico che si costruiscono i gruppi dei pari e il sistema di distribuire i bambini nelle classi in base all’età rafforza questo processo. Un altro agente di socializzazione è il gruppo dei pari, che a differenza della famiglia, della scuola non si basa su un rapporto gerarchico tra chi trasmette e chi riceve elementi della socializzazione, ma si fonda proprio sull’abolizione delle differenze di posizione sociale all’interno del gruppo. Con l’espressione “gruppo dei pari” si fa riferimento a un tipo qualunque di gruppo caratterizzato da un rapporto paritario e simmetrico fra i suoi membri, dovuto al fatto che questi hanno in comune alcune condizioni di base, come la stessa età, ruoli identici, condizioni sociali molto simili. In alcune culture, e particolarmente nelle società tradizionali di piccole dimensioni, i gruppi dei pari sono formalizzati in gradi di età ognuno dei quali ha certi diritti e responsabilità che cambiano con l’invecchiamento. Ci sono spesso cerimonie o riti specifici che segnano il passaggio di un individuo da un grado di età all’altro. Un esempio tipico di sequenza in gradi di età è quella costituita da: infanzia; età dell’iniziazione alle attività guerriere; età dei guerrieri; prima e tarda vecchiaia. All’interno della sequenza, i soggetti non si spostano come individui ma come gruppi. Nelle società occidentali, data l’alta percentuale di donne che lavorano fuori casa, i bambini già da piccoli si trovano insieme nelle scuole materne e stabiliscono tra loro rapporti di amicizia. Il gruppo dei pari è un importante agente di socializzazione, perché esercita una particolare influenza nella tarda infanzia e nell’adolescenza. Si tratta di fasi in cui gli individui conquistano un’identità relativamente stabile, spesso attraverso una reazione negativa nei confronti dei modelli appresi in famiglia e nella scuola. Via via che l’influenza del gruppo dei pari aumenta, quella dei genitori passa in secondo ordine, perché all’interno del gruppo i bambini possono interagire con i propri simili su un piano di parità. Il gruppo dei pari risulta allora importante in quanto propone nuove norme e valori , all’interno di una dinamica interattiva tra eguali. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 14 La socializzazione Questi rapporti sono più democratici di quelli tra genitori e figli. Il termine «pari» indica soggetti «uguali» e i rapporti di amicizia tra bambini tendono ad essere ragionevolmente egualitari. Essendo fondati sul mutuo consenso, piuttosto che sulla dipendenza, com’è tipico della situazione familiare, i rapporti tra pari prevedono un intenso scambio di dare e avere. Gli stessi genitori, in virtù del loro potere, possono imporre dei codici di condotta ai propri figli; nel gruppo dei pari invece, il bambino scopre un diverso contesto di interazione, all’interno del quale le regole di condotta possono essere messe alla prova ed esplorate2. I rapporti tra pari rimangono spesso importanti per tutto l’arco dell’esistenza, specialmente nelle aree in cui la mobilità é scarsa e gli individui rimangono membri della medesima cerchia informale o conservano lo stesso gruppo di amici per tutta la vita o quasi. I gruppi dei pari dal momento in cui si formano fino alla tarda adolescenza vanno incontro a un’evoluzione che segue di solito tre tappe fisse: • gruppi informali (6-10 anni circa), sono dotati di poche regole, legate soprattutto ai giochi e alle attività da svolgere. I membri si avvicendano molto facilmente senza che il gruppo ne risenta, non ci sono dei leader; • gruppi formali (11-15 anni circa), sono dotati di strutture rigide e all’interno si creano divisioni ed esclusioni. I membri che meglio riescono nelle varie attività e che sono più socievoli sono i più popolari, ricercati ed ammirati da tutti. I più impopolari sono di solito individui con piccoli problemi,che di solito riguardano l’aspetto fisico, o con difficoltà psicologiche, come ansia, insicurezza, vittimismo ecc. Di solito in questi gruppi i personaggi più popolari lo diventano sempre di più, perchè chi piace agli altri aumenta la sua autostima e si comporta in modo da piacere sempre di più, mentre chi si sente rifiutato si isola e riscuote sempre meno simpatia; • comitive (16-24 anni), formate da persone con caratteristiche e interessi comuni e che in genere provengono da uno stesso ambiente socioculturale. A differenza dei gruppi formali, le comitive sono miste e spesso diventano il punto di partenza per la nascita di coppie. Interferiscono ormai nell’azione di tutti gli agenti della socializzazione anche i mezzi di 2 Cfr.G. H. Mead, Mind, Self and Society, Chicago, University of Chicago Press, trad. it. Mente, sé e società, Firenze, Barbera, 1966; J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, Torino, 1967; Id. (1924), Le language et la pensée chez l’énfant, Delachomx Neuchatel (trad. it. Il linguaggio e il pensiero del fanciullo, Editrice Universitaria, Firenze 1955); Id. (1946), La formation du symbole chez l’enfant, Delachomx et Niestle, Paris (trad. It. La formazione del Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 14 La socializzazione comunicazione di massa. La diffusione di questi ultimi influenza sicuramente le scelte e le opinioni degli individui nel processo di socializzazione, anche se in modo e in misura diversa. Questa forte presenza dei mass-media, se da un lato consente una più facile veicolazione delle informazioni, dall’altro costituisce un pericolo in termini di formazione, perché la fruizione acritica dei messaggi può determinare fenomeni devianti, come l’eccessiva dipendenza, il conformismo ecc. La caratteristica dei mezzi di comunicazione di massa, giornali e riviste, radio e televisione, cinema, reti telematiche, è di raggiungere un largo pubblico senza richiedere un contatto personale tra l’emittente e i destinatari dei messaggi. I mass-media rispetto alla famiglia e alla scuola costituiscono un’agenzia di socializzazione molto più fluida e informale, anche se però presentano un potere socializzante altrettanto forte, in quanto non forniscono solo informazioni da cui gli individui rimarrebbero altrimenti esclusi, ma offrono modelli di ruolo e rappresentano stili di vita. Attraverso soprattutto la pubblicità, non soltanto persuadono i consumatori a gradire le offerte di mercato, ma anche esaltano il valore sociale di certe qualità, come la bellezza, il successo, la ricchezza, la giovinezza ecc. I mass-media riflettono prontamente e in notevole misura contribuiscono a costruire i mutamenti delle norme e dei valori sociali e ne consentono l’estensione a masse che non ne sono immediatamente protagoniste. Certamente i mass-media, dalla carta stampata alla radio, sono stati e continuano a essere in grado di influenzare atteggiamenti e opinioni di un pubblico sempre più vasto. Ma oggi la televisione si propone addirittura come agenzia di socializzazione, in grado di far concorrenza, nella costituzione di una mentalità sociale comune, alla scuola, anche perché mediamente un bambino, nelle moderne società industrializzate, trascorre più tempo davanti al televisore che a scuola. La televisione incoraggia un comportamento passivo: non appena i programmi pongono interrogativi che richiedono riflessione e concentrazione, si cambia canale. L’esposizione alla televisione pare riduca la soglia media di attenzione dei bambini. Tuttavia, sembra diventare sempre più l’unico mezzo di comunicazione universalmente diffuso e in grado, grazie ai collegamenti via satellite, di diffondere in ogni parte del mondo i medesimi modelli culturali. Anche in questo caso è necessario, quindi, una corretta utilizzazione dei mezzi che la tecnologia mette a disposizione di tutti, per costruire consapevolmente, e non subire, le proprie opinioni e i propri atteggiamenti. simbolo nel bambino, La Nuova Italia, Firenze, 1974); Id., Etudes Sociologiques, Droz, Genève (trad. it. Studi sociologici, Angeli, Milano 1989) Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 14 La socializzazione Oltre a quelli menzionati, esistono tanti altri agenti di socializzazione, quanti sono i gruppi, o contesti sociali, in cui l’individuo trascorre una parte significativa della propria vita: gruppi religiosi, organizzazioni giovanili, associazioni di vario tipo, partiti politici ecc. Ognuno di questi agenti può proporre valori e modelli di comportamenti diversi e spesso in conflitto reciproco. Anche l’ambiente lavorativo è certamente un ambito in cui si svolgono processi di socializzazione, sebbene soltanto nelle società industriali avvenga che grandi quantità di persone “vadano a lavorare”, che raggiungano cioè ogni giorno luoghi di lavoro completamente separate dalle abitazioni. Nei paesi industrializzati, il momento di “andare a lavorare” per la prima volta segna generalmente nella vita di un individuo un passaggio molto più significativo che nelle società tradizionali. L’ambiente lavorativo pone spesso problemi prima sconosciuti e può richiedere grossi aggiustamenti del modo di pensare e del comportamento di una persona. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 14 La socializzazione 3 La socializzazione imperfetta Va tenuto presente che il rapporto tra agenti di socializzazione e individuo è da intendersi come reciproca interazione e non come semplice accettazione passiva. Se è vero, cioè, che l’individuo viene modificato dagli elementi culturali da lui appresi, è altrettanto vero che questi vengono fatti propri secondo modalità di rielaborazione individuale. La conseguenza di ciò è l’impossibilità di una “socializzazione perfettamente riuscita”. Questa “imperfezione” del processo consente a sua volta lo spazio alle peculiarità individuali ed è pertanto di rilevanza essenziale e decisamente positiva. A volte, però, le carenze della socializzazione stanno a indicare ambiti in cui gli agenti tipici della socializzazione falliscono o semplicemente omettono il proprio compito. Si verificano così situazioni che possono avere conseguenze gravissime per i soggetti implicati. Ciò può verificarsi tanto durante la socializzazione primaria, quanto durante quella secondaria. In questi casi si generano condizioni che implicano, seppure a livelli diversi, l’isolamento del soggetto. Data la priorità della socializzazione primaria, gli effetti più evidenti dell’insuccesso sono riscontrabili in essa. Ciò non toglie che anche una carente socializzazione secondaria produca effetti devastanti. Osservazioni sperimentali e studi di diverso tipo, hanno accertato che la mancata socializzazione primaria, e in particolare la mancanza di interazione sociale con gli adulti e soprattutto con la madre durante l’infanzia, ha effetti pesantemente negativi sullo sviluppo delle capacità di base e della personalità, e quindi in generale sulla vita dell’individuo. Pare che in assenza di questo tipo di socializzazione si resti quasi sprovvisti di personalità, incapaci di affrontare anche le più semplici avversità. In certe condizioni (in presenza di casi di bambini “selvaggi”, vissuti in isolamento, il cui comportamento sembrava assomigliare più a quello degli animali che a quello degli essere umani) va almeno fatto un accenno al processo della risocializzazione3, caratterizzato da una brusca rottura con le forme culturali precedentemente introiettate dall’individuo e l’assimilazione da parte di questo di norme e valori totalmente diversi. Essa si realizza di solito quando le persone si trovano parzialmente o totalmente isolate in un ambiente diverso. Questa esperienza si verifica spesso nelle istituzioni totali (ospedali psichiatrici, prigioni), quei luoghi dove gli individui vengono confinati per un periodo della loro vita e dove essi, oltre a essere separati dal resto della società, sono sottoposti a nuove forme di disciplina e di pressione. 3 Cfr. I. Robertson, Elementi di sociologia, Zanichelli, Bologna, 1992 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 14 La socializzazione Riferimenti bibliografici Bagnasco A., Barbagli M., Cavalli A., Corso di Sociologia, Il Mulino 1997 Becchi E., Julia D. (a cura di), Storia dell’infanzia, Laterza, Bari, 1996 Cesareo V., Socializzazione e controllo sociale, Angeli, Milano, 1974 Donati P., La famiglia come relazione sociale, Angeli, Milano, 1989 Id., Sociologia della famiglia, Clueb, Bologna, 1978 Emiliani F., Carrugati F., Il mondo sociale dei bambini, Il Mulino, Bologna, 1985 Ferrarotti F., Manuale di Sociologia, Laterza, Roma- Bari, 1992 Giddens A., Sociologia, Bologna, Il Mulino, 1994 Morcellini M., Passaggio al futuro. La socializzazione nell’età dei mass-media, Franco Angeli, Milano, 1992 Saraceno C., Alla scoperta dell’infanzia, De Donato, Bari, 1972 Id., Età e corso della vita, Il Mulino, Bologna, 1986 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 14