OMAGGIO A LICINIO REFICE LIRICHE RELIGIOSE E PROFANE Con un programma di liriche religiose e profane il Conservatorio di Frosinone rende omaggio al suo titolare Licinio Refice, figura di spicco nel panorama musicale italiano durante la prima metà del secolo scorso. Nato a Patrica (Frosinone), nel 1883, Refice affiancò agli studi teologici e al sacerdozio lo studio della musica, affermandosi ben presto a Roma come didatta e compositore. Docente di armonia, strumentazione, critica musicale e composizione presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra dal 1911 (anno della fondazione) al 1950, e dallo stesso anno fino al 1947 maestro di cappella in Santa Maria Maggiore, contribuì al rinnovamento della musica sacra contro il dilagante influsso del melodramma nella sfera liturgica. L’intensa attività svolta a favore della musica sacra gli valse l’apprezzamento di Pio XII «per la lunga attività di insegnante e artista, messa al servizio della Fede e della Chiesa». Tutto ciò non gli impedì di esprimere la forte inclinazione drammatica e l’amore per il teatro dirigendo sulle principali scene nazionali e straniere, con straordinario successo, le sue ‘azioni sacre’ come Cecilia (1934) o Margherita da Cortona (1938), entrambe su libretto di Emidio Mucci, vere e proprie opere liriche di assunto religioso. È noto in proposito il commento di Toscanini: «Refice sarebbe il più grande operista vivente se non fosse per quella tonaca». Morì a Rio de Janeiro nel 1954, durante le prove di Cecilia, allora interpretata da Renata Tebaldi. A fronte della musica sacra, degli oratori e delle opere teatrali, le liriche a noi pervenute (una trentina circa) rappresentano una parte marginale della sua produzione. Tuttavia queste brevi composizioni, scritte nell’arco di tutta la vita, e prevalentemente nella casa di Patrica durante i periodi di riposo, ci svelano l’aspetto più intimo e raccolto del maestro che volle sempre mantenere, anche all’apice della carriera internazionale, un saldo legame con la sua terra natìa, ora immerso nella natura, ora assorto in una preghiera semplice e privata, ora vicino agli amici più cari nel dolore e nella speranza, mentre il discorso musicale si espande dalla purezza modale d’ispirazione gregoriana fino alle pagine d’impronta verista. Salvo l’appassionata aria di Valeriano, “Non me esaltate”, che appartiene al teatro musicale, salvo “Invocazione” per soprano e orchestra d’archi (qui nella riduzione pianistica di G. Marchetti) e alcune preghiere per voce e organo, dove è più palese l’influenza del canto gregoriano (“Recordare, Virgo Mater”, “Lo so, Maria”, “Custodi eam Domine”), tutti gli altri brani per voce e pianoforte sono in versione originale. Ala Botti Caselli