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PRIMO
PIANO
ansia infantile
“Mamma, ti prego, non spegnere
la luce”. Oppure: “Oddio, domani
ho il compito in classe di latino!”.
Quante volte abbiamo assistito a
reazioni di questo tipo da parte
dei nostri figli, spesso
accompagnate da scene di
pianto o da strilli. Spesso sono il
segnale di uno stato d’ansia
profonda che impedisce di
affrontare con serenità i piccoli,
grandi problemi della vita di ogni
giorno.
Se il bambino manifesta fobie; se
vive la scuola come
un’esperienza drammatica; se
sperimenta di frequente
l’angoscia di “non farcela” o di
“non essere all’altezza”; è bene
non sottovalutare il problema, ma
aiutarlo a riportare il tutto in una
dimensione più equilibrata,
magari chiedendo consiglio ad
un esperto.
di Monica Faganello
Farmacista
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Collegamento
ansia infantile
MAMMA
HO L’ANSIA
Cos’è l’ansia
Quando si parla di disturbi d’ansia,
in genere, si pensa subito a soggetti adulti. Nella nostra cultura l’infanzia è l’età della gioia, della spensieratezza: guardando un bambino
non pensiamo mai che possa avere
pensieri e preoccupazioni tali da
compromettere il suo equilibrio e la
sua serenità. Eppure il disturbo
d’ansia è la diagnosi psichiatrica
più ricorrente nella popolazione fino
ai sedici anni d’età. La motivazione
è in gran parte riferibile ai profondi
cambiamenti che hanno investito la
nostra società e indirettamente la
famiglia, microcellula e calamita dei
problemi e dei vizi sociali. Un esempio sopra tutti è il fenomeno, sempre più diffuso, delle separazioni
con i problemi pscicologici derivanti che investono i figli, protagonisti
involontari del trauma famigliare.
PRIMOPIANO ansia infantile
L’ansia buona
Cos’è l’ansia? L’ansia, in condizioni normali, è uno stato di attivazione, di carica psicologica e
organica che ci consente di
affrontare i problemi quotidiani
con coraggio e di superarli. L’ansia sana, infatti, è un’esperienza
universale che fa parte della vita
e della natura umana: si manifesta già nell’infanzia, come paura
dell’ignoto, ci accompagna per
tutta la vita, per concludersi poi
come paura di quell’ignoto che è
la morte. La nostra giornata, poi,
è ritmata da tensioni ansiose: la
cosa importante è imparare a
conviverci, a tenerle sotto controllo senza farci sopraffare. L’ansia
sana è una componente normale
dello sviluppo del bambino: è uno
stato di prontezza ed attivazione
generale dell’organismo collegato ad una situazione di attesa o
pericolo. Se non provassimo mai
ansia, non saremmo in grado di
distinguere i pericoli e di difenderci da essi.
Se l’ansia si manifesta
con attacchi brevi,
acuti e intensi,
si parla di panico
L’ansia è quindi una condizione
molto simile alla paura, con la differenza che quest’ultima è una tensione apprensiva che nasce da una
minaccia o da un pericolo ben chiaro alla nostra coscienza e solitamente esterni: lì davanti ai nostri
occhi. La paura, quindi, è una rea-
RISPOSTE FISICHE PER
AUMENTO DELL’ATTIVITÀ
DEL SISTEMA NERVOSO
CENTRALE:
• aumento della frequenza cardiaca
• aumento della pressione arteriosa
• aumento della tensione muscolare
• tremore
• dispnea con senso
di soffocamento
• dolore al petto
• nausea
• aumento della sudorazione.
zione di timore verso un evento
esterno o una situazione obiettivamente pericolosi. Ma può anche
manifestarsi per eventi inoffensivi,
ma tipicamente temuti dal bambino
di una certa età e con un dato sviluppo cognitivo. Il periodo dello sviluppo più soggetto alla comparsa
di normali paure è tra i 2 e i 6 anni.
L’ansia è invece una reazione
eccessiva di apprensione alle possibili conseguenze di un evento. La
fobia è un’eccessiva reazione
apprensiva con tendenza all’evitamento nei confronti di un evento
esterno, una situazione o un oggetto che non sono obiettivamente
pericolosi. Tale reazione, ovviamente, è inadeguata alla fase evolutiva
del bambino.
L’ansia si manifesta con risposte
fisiche risposte comportamentali e
risposte cognitive.
Le reazioni ansiogene o fobiche ad
un trauma possono essere, nei
bambini, differite nel tempo.
Principali
disturbi d’ansia
Risposte comportamentali:
Ansia, paura
o fobia?
• fuga
• esitamento
• movimenti non finalizzati (piangere, rosicchiarsi le unghie, succhiarsi
il pollice).
Se l’ansia supera certi limiti, da
forza positiva e creativa si trasforma in tensione distruttiva, irragionevole, in grado di ridurre l’efficienza della persona limitandola
fortemente e ponendola in una
situazione di grave disagio. Si
parla in questo caso di ansia
nevrotica o patologica che Laughlin definisce come “tensione
apprensiva o irrequietezza che
nasce dal sentire un pericolo imminente ma vago e di origine sconosciuta”.
Risposte cognitive:
• pensieri anticipatori negativi
• polarizzazione dell’attenzione
sulle cose temute
• autosvalutazione
• perfezionismo
• catastrofizzazione
• esagerazione di certi eventi
• paura di perdere il controllo
impazzire
• cadute delle abilità del pensiero
• pianificazione e problem solving.
I bambini possono soffrire di quattro
principali disturbi d’ansia:
- il disturbo d’ansia da separazione;
- il disturbo d’ansia generalizzata;
- la fobia sociale;
- il disturbo ossessivo-compulsivo.
Il disturbo d’ansia da separazione
interessa circa il 4 per cento della
popolazione tra i 9 ei 17 anni ed è
più diffuso tra le femmine. Ècaratterizzato da un’ansia eccessiva, patologica e da una preoccupazione
non realistica che fa seguito alla
separazione dalle figure di attaccamento o semplicemente all’idea di
tali separazioni. La paura è che
possa a loro accadere qualcosa o
che qualche evento drammatico
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comporti la separazione dei membri della famiglia. Questa paura si
manifesta nella difficoltà o impossibilità per il bambino di dormire da
solo, andare a dormire a casa di
parenti o amici, svolgere le normali
attività scolastiche o ricreative, ed è
spesso accompagnata da malessere fisico. Per effettuare una diagnosi è necessario che l’ansia da
separazione abbia avuto la durata
di almeno 4 settimane. Si riconosce
poi una forma di esordio precoce,
prima dei 6 anni di età.
L’ansia o fobia sociale è un disturbo caratterizzato da eccessiva timidezza nei confronti di persone poco
familiari fino a compromissione
della vita sociale del soggetto. La
timidezza diventa così intensa da
rendere impossibile, per il bambino,
i normali rapporti interpersonali e
porta ad evitare ogni contatto con
persone con cui non sia in confidenza. Il bambino appare, al di
fuori della famiglia, socialmente isolato, timoroso, appartato. Teme di
dire o fare cose che possono risultare imbarazzanti o umilianti.
Il bambino con questa sindrome
mostra:
• ricorrente e persistente paura e/o
evitamento degli estranei;
• la paura e/o l’evitamento possono
verificarsi nei confronti di adulti o
coetanei, oppure di entrambi;
• la paura è associata ad un grado
normale di attaccamento ai genitori
e alle altre persone
della famiglia;
• l’evitamento o la paura degli incontri sociali è di un grado che va oltre i
limiti normali per l’età del bambino
ed è associato a problemi significativi del funzionamento sociale.
Il disturbo d’ansia generalizzata
è caratterizzato da uno stato di
eccessiva ansia e di preoccupazione immotivata ed irrealistica. Diversamente da quanto accade nell’an-
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sia sociale, questo stato emotivo
non è collegabile a particolari stimoli ambientali. Alcune situazioni
possono accentuare l’ansia. Il
bambino presenta spesso concomitanti manifestazioni somatiche
(malesseri di vario tipo), un’eccessiva tensione e preoccupazione
riguardo al proprio comportamento
e richiede continue rassicurazioni,
senza le quali non riesce a portare
a termine i propri impegni. La preoccupazione può riguardare eventi
futuri (verifica scolastica o visita
medica) o eventi già verificatisi
(interrogazione, interazione con
amici), situazioni nelle quali può
essere messa in dubbio l’adeguatezza del comportamento tenuto.
La preoccupazione può anche
riguardare l’arrivare tardi, l’aver
sbagliato qualcosa, il non essersi
comportato bene.
Non è raro che il
bambino ansioso
possa avere tendenze
perfezionistiche che
lo portano ad
impiegare tempi
eccessivi per il
completamento di un
compito o all’evitare
certi impegni per
paura di sbagliare
Sintomi del disturbo d’ansia
generalizzata:
• apprensione (preoccupazione di
future disgrazie, sensazione di continuo pericolo, difficoltà a concentrarsi);
• tensione motoria (irrequietezza,
cefalea, tremore, incapacità di rilassarsi);
• iperattività vegetativa (sensazione
di testa vuota, sudorazione, tachicardia, malessere epigastrico,
capogiri, bocca secca);
• bisogno frequente di rassicurazione;
• lamentele somatiche ricorrenti.
La sindrome ossessivo-compulsiva è caratterizzata dalla presenza di
ricorrenti ossessioni e compulsioni
in misura tale da interferire con la
normale routine di vita del bambino.
Per ossessioni s’intendono pensieri,
immagini mentali o impulsi che si
presentano con frequenza e persistono per lunghi periodi. Spesso le
ossessioni si manifestano con contenuti sgradevoli di tipo violento.
Sono abbastanza comuni pensieri
attinenti a paure irrazionali (esempio
l’aver contratto una certa malattia) o
pensieri attinenti a sensi di colpa
(esempio la possibilità di far male al
fratellino). Le compulsioni sono
invece comportamenti che spesso
accompagnano le ossessioni e che
hanno lo scopo di prevenire il verificarsi di eventi temuti o di ridurre la
tensione interiore. Esempi di compulsione sono il lavarsi in continuazione le mani, i denti o il corpo; il
controllare ripetutamente oggetti
dell’ambiente (chiusura rubinetti o
porta); ripetere alcuni comportamenti rituali (contare o toccare
oggetti). Lo scopo di tutti questi
comportamenti è quello di annientare certi pensieri ossessivi e l’ansia
che ad essi è collegata. Molti bambini manifestano di tanto in tanto
qualcuno di questi comportamenti,
ma il bambino con disturbo ossessivo compulsivo si distingue per la
frequenza e la disfunzionalità
eccessiva di certi rituali o di certi
pensieri che arriva a coinvolgere
ogni aspetto della vita del bambino.
La precisione ossessiva può essere
causa di esasperata lentezza anche
nello svolgimento di semplici attività
e può influenzare il rendimento scolastico del bambino. Gli aspetti
caratteristici della sindrome osses-
PRIMOPIANO ansia infantile
sivo-compulsiva sono così evidenti
da rendere abbastanza semplice la
diagnosi che può essere posta
quando i sintomi ossessivi o gli atti
compulsivi sono presenti per almeno due settimane di seguito e sono
fonte di sofferenza e d’interferenza
con le normali attività del bambino.
I sintomi ossessivi devono avere le
seguenti caratteristiche:
• devono essere riconosciuti come
pensieri o impulsi propri;
• ci deve essere almeno un pensiero o un atto al quale il bambino resiste senza successo;
• il pensiero o l’atto non deve essere in se stesso piacevole;
• i pensieri, le immagini o gli impulsi devono essere sgradevolmente
ripetitivi.
Terapia
macologici ed interventi psicologici. I timori ed i pregiudizi nei confronti della farmacoterapia in età
evolutiva sono tanti e radicati, ma
devono essere superati quando la
gravità clinica è tale da ostacolare
significativamente la vita quotidiana
e da interferire con il futuro sviluppo
del bambino. Le incertezze riguardo all’uso dei farmaci sono legate
soprattutto ai tempi di maturazione
dei diversi sistemi recettoriali nei
bambini rispetto agli adulti ed il loro
rapporto con la terapia, in particolare l’impatto dei trattamenti cronici
su un sistema nervoso in fase
d’evoluzione. Bisogna inoltre tener
presente che i bambini hanno un
metabolismo epatico più rapido, un
aumento della filtrazione renale e
una minor quantità di tessuto adiposo che, nel loro insieme, determinano una più rapida eliminazione del
farmaco. Pochi sono i farmaci
ansiolitici attualmente autorizzati
dal Ministero della salute e tra questi alcune benzodiazepine (diazepam, nitrazepam, midazolam). La
limitazione è dovuta soprattutto agli
effetti collaterali ed indesiderati a
carico delle funzioni cognitive
superiori (memoria ed apprendimento) ed al rischio di dipendenza.
Per quanto riguarda l’intervento psicoterapico, in Italia c’è una tendenza a privilegiare interventi ad orientamento psicodinamico, mentre nei
paesi anglosassoni c’è una netta
prevalenza d’interventi di tipo
cognitivo-comportamentale.
In ogni caso, di fronte ad un grave
disturbo d’ansia, la decisione
riguardo al trattamento da privilegiare deve essere legata non solo
alla sintomatologia presente, ma
anche al grado d’interferenza dei
disturbi nello sviluppo relazionale,
cognitivo ed affettivo del bambino.
L’individuazione precoce di un problema d’ansia e l’attivazione di un
corretto trattamento di tipo psicologico o farmacologico, è indispensabile per ridurre il rischio che si sviluppino problemi gravi in una fase
successiva o che si instaurino delle
patologie.
Il trattamento dei disturbi d’ansia
può essere farmacologico, psicoterapico e, nei casi resistenti,
multimodale. In prima battuta è fondamentale un approccio educativo
alla sua famiglia ed eventualmente
alla scuola, fornendo informazioni
circa la natura del disturbo, il quadro clinico, le situazioni favorenti le
crisi, la gestione degli episodi ed il
trattamento. Un intervento psicoeducativo con il bambino e la famiglia è indispensabile per instaurare
un’alleanza terapeutica ed una
buona collaborazione per ogni
forma di trattamento. In età evolutiva é particolarmente vivo il problema del rapporto tra interventi far-
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