L`Ottocento: l`affermazione degli Stati-nazione

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C
i fu un’altra rivoluzione, sul finire del Settecento, destinata a cambiare per
sempre la vita e le abitudini secolari degli uomini di quell’epoca. Fu quella rivoluzione industriale destinata a sancire il trionfo della borghesia, la
nascita del capitalismo e il superamento della scienza e della tecnica su
ogni altro sapere. Curiosamente, la sua forza dirompente emerse proprio nel momento in cui ci si proponeva di resuscitare quell’Ancien régime ferito a morte dagli
eventi rivoluzionari del secolo precedente. Ma il tentativo della Restaurazione era
destinato a fallire. Le idee della Rivoluzione francese, il diffondersi della cultura
romantica e il sorgere del liberalismo avevano fatto nascere nuove speranze nelle
generazioni del primo Ottocento. Idee di libertà, d’indipendenza e di autodeterminazione: stimoli che si sarebbero concretizzati proprio nella penisola italiana
attraverso la nascita di un movimento patriottico e unitario. In seguito a un cammino non facile e spesso contradditorio, quello che era sembrato un sogno impossibile, l’Italia unita, trovò alla fine il suo legittimo compimento.
L’Ottocento:
l’affermazione
degli Stati-nazione
1760
1800
1861
Per orientarti
Seconda Repubblica
1760-1850
C 6
Prima Rivoluzione industriale
1815-1830
Restaurazione
1830-1848
C 7
Regno di Luigi Filippo
18481852-1870 C 7
1852 C 7 Napoleone III imperatore
1848-1870
1824
1814-1815
C 6 Formazione
C 7 Congresso
delle Trade Unions
di Vienna
1820-1830
C 7 Moti liberali in Europa
Da ricordare
1765-1784
C 6 Watt perfeziona la macchina a vapore
1787
C 6
Primo telaio completamente meccanico
© Loescher Editore – Torino
Indipendenza dell’America Latina da Spagna e Portogallo
1811
Prime proteste operaie: i luddisti distruggono le macchine
C 8
1821-1832
La Grecia si libera
dal dominio ottomano
C 7
C 7
Risorgimento
1861
1830
C 8 Nascita del Regno d’Italia
C 6 Stephenson inaugura la ferrovia
1849-1859
Liverpool-Manchester
C 8 Decennio di preparazione
1848
C 7 I francesi abbattono
C 7 Rivoluzioni in Europa
dell’unificazione italiana
la monarchia assoluta
C 7 Marx e Engels pubblicano il Manifesto del partito comunista
1811-1821
C 7
C 6
154
C 7
1831
C 8
1848-1849
Prima guerra d’indipendenza 1852-
1861
C 8
Mazzini fonda La Giovine Italia
1859
Seconda guerra
d’indipendenza
C 8
Cavour primo ministro
1860
C 8
Impresa dei Mille
© Loescher Editore – Torino
155
La prima Rivoluzione industriale
Stoccolma
Dublino
l t
i c o
Mosca
a
Mare
del
Nord
Copenaghen
B
Glasgow
San Pietroburgo
M
a
r
Brema Amburgo
Londra
O c e a no
Berlino
Poznan
Kiev
Varsavia
Nantes
Oviedo
Leopoli
Basilea
Marsiglia
Miniere di ferro
Budapest
Miniere di carbone
Milano Venezia
Torino
Madrid
oltre il 10%
Ferrovie nel 1850
Stoccarda Monaco Vienna
Lione
Popolazione impiegata
nell’industria
dallo 0% al 5%
dal 6% al 10%
Colonia
Strasburgo
Parigi
A t l a n t i c o
Belgrado
Bucarest
Mar Nero
Firenze
Barcellona
Mare
Mediterraneo
Roma
Istanbul
Napoli
L’Europa industrializzata nei primi decenni dell’Ottocento
6.1 Il Regno Unito,
patria della Rivoluzione
industriale
L’avvio della Rivoluzione
industriale
Con l’espressione «Rivoluzione industriale»
gli storici indicano la nascita, in Europa, di
un nuovo sistema produttivo e di una nuova
economia.
Fino alla seconda metà del Settecento
le economie erano basate sull’agricoltura,
sull’artigianato e sui commerci. Con la Rivoluzione industriale furono introdotte le
macchine e i beni cominciarono a essere
prodotti in grandi quantità. L’industria sostituì in gran parte l’artigianato, acquistando gradualmente, nel corso dell’Ottocento,
maggiore importanza dell’agricoltura.
Questa trasformazione prese avvio in Inghilterra, paese che nel XVIII secolo godeva
Inoltre, il Regno Unito godeva di una
supremazia praticamente indiscussa sui
mari che garantiva lo sviluppo di ricchissimi commerci con l’Europa e con il resto del
mondo. Infine, essa possedeva ingenti risorse minerarie, in particolare ferro e carbone,
che si rivelarono preziose quando cominciò
lo sviluppo delle industrie. Altre materie
prime provenivano dalle colonie, sempre
più estese: per esempio il cotone grezzo, risorsa fondamentale per lo sviluppo dell’industria tessile britannica.
di condizioni politiche, sociali ed economiche particolarmente favorevoli per un grande
cambiamento. Dopo il successo della Gloriosa rivoluzione del 1688, le isole britanniche
erano guidate infatti da una monarchia parlamentare e i nobili, i ricchi proprietari terrieri e la borghesia partecipavano al governo del
paese: avevano dunque la possibilità di determinare attivamente, in Parlamento, la politica fiscale. Le attività economiche di queste
classi sociali non erano perciò limitate dal potere politico (come accadeva in Francia, dove
la borghesia doveva sostenere quasi completamente il peso fiscale della nazione) e anzi
potevano avvalersi di un sistema di leggi che
garantiva i diritti di chi possedeva ricchezze.
Particolarmente favoriti erano i mercanti e
proprietari fondiari più intraprendenti, che
intendevano far fruttare il proprio denaro investendo in nuove possibilità produttive (in
agricoltura e nel settore manifatturiero) garantite dalle innovazioni tecnologiche.
Il ruolo dell’incremento
demografico
Nel corso del Settecento e nel secolo successivo la popolazione inglese crebbe costantemente. Nel 1740 il paese aveva circa 6 milioni di abitanti, che divennero 8 intorno al
1790 e oltre 9,5 nel 1820. Questo incremento
fu dovuto a diversi fattori.
Innanzitutto ci fu un miglioramento delle condizioni di vita nelle campagne, con
notevoli progressi nell’igiene e nelle cure
mediche, che attenuarono gli effetti di malattie ed epidemie e portarono a drastiche
riduzioni del tasso di mortalità e del tasso di
mortalità infantile, mentre cresceva il tasso
di natalità. D6 La pace interna, ovvero l’assenza di guerre, risparmiò alle popolazioni
i lutti e le distruzioni che le avevano colpite
nel corso del Seicento. Soprattutto vi fu un
aumento deciso della produzione agricola,
che permise di soddisfare il fabbisogno alimentare degli inglesi, senza i cali produttivi
che nei secoli precedenti avevano causato
ricorrenti carestie e dunque attenuato la
crescita demografica.
L’incremento della popolazione ebbe un
legame strettissimo con la Rivoluzione industriale. Esso rese infatti disponibile una
grande quantità di manodopera per le fabbriche e al contempo fece salire la domanda
interna per i beni che quelle stesse fabbriche producevano.
La riorganizzazione
dell’agricoltura e i suoi effetti
Vediamo ora quale caratteristica ebbe la
trasformazione agricola che tanto contribuì all’aumento della popolazione.
Agli albori della Rivoluzione industriale
giunse a conclusione in Inghilterra un mu-
Veliero inglese mercantile in viaggio dall’Australia all’Inghilterra.
tamento dell’assetto della proprietà terriera
iniziato già nel Cinquecento.
Si trattava delle cosiddette enclosures, o
«recinzioni»: i proprietari terrieri avevano
deciso di cingere anche quelle parti di territorio che fino ad allora erano state destinate
al libero pascolo di bestiame, alla coltivazione e alla raccolta del legname da parte
delle famiglie dei villaggi. Lo scopo era fondamentalmente quello di utilizzare tutte le
terre disponibili per la produzione traendo
quindi maggiori profitti.
A questo più efficiente sfruttamento del
territorio si aggiunsero la disponibilità di
macchine agricole sempre più evolute e un
nuovo e più efficiente sistema di rotazione
delle coltivazioni, che determinarono un
forte incremento delle rese. Le nuove macchine erano la seminatrice, che permetteva di seminare a una profondità regolare e
più file contemporaneamente, e l’aratro in
ferro, grazie al quale un uomo e una coppia
di cavalli svolgevano lo stesso lavoro per il
quale erano prima necessari due contadini
e quattro buoi. D7
Il nuovo sistema di coltivazione comportò l’abbandono della rotazione triennale, che prevedeva ogni anno la messa a
1760
Dossier 7 p. 340
Gli scambi commerciali del Regno Unito nel XVIII-XIX secolo
Nuova Inghilterra
Pennsylvania
Virginia E
Maryland
Georgia
Honduras
Canada
Danimarca
Olanda
Irlanda
Svezia
Danzica
Russia
Isole Normanne
Germania
Terranova
Fiandre
New York Francia
Carolina
Levante
Portogallo
Gibilterra
Piccole Antille
Bengala
Italia
Spagna
Bombay
Senegambia
Accra
Giamaica
Importazioni della Gran Bretagna
Esportazioni verso la Gran Bretagna
Africa
Gran Bretagna e sue colonie o ex colonie
© Loescher Editore – Torino
156
Dossier 6 p. 338
Indie
Orientali
Valore del commercio britannico
2 000 000 di sterline
1 000 000
500 000
100 000
© Loescher Editore – Torino
1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore
1800 Volta costruisce la pila elettrica
1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio
1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria
1861
157
3
L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione
6.2 Le macchine
e le fabbriche
La rivoluzione della tecnica
La spinning jenny, filatrice con più fusi, brevettata da James Hargreaves nel 1770.
P. de Loutherbourg, Coalbrookdale di notte, 1801, Londra, Science Museum.
Dossier 8 p. 342
riposo di un terzo del terreno, e l’adozione
della rotazione quadriennale: ogni anno un
quarto della terra a disposizione veniva coltivato a foraggio e sfruttato per l’alimentazione delle greggi di pecore. In questo modo
si otteneva un doppio obiettivo: il suolo non
si esauriva e diventava interamente remunerativo.
Grazie alle enclosures, al relativo aumento
della superficie arabile e alle nuove tecniche
di coltivazione, dunque, la produzione agricola crebbe, e determinò una crescita della
popolazione. Aumentò anche il numero
delle pecore, che fornirono lana in quantità
crescente, prima per le botteghe artigiane e
i telai a domicilio, poi per le vere e proprie
industrie tessili.
Mentre i proprietari si arricchivano,
accumulando il denaro da investire nelle
nuove attività industriali, i contadini si trasformarono sempre più frequentemente in
operai salariati che lavoravano nelle terre
ormai tutte amministrate direttamente dal
padrone. Nello stesso tempo l’agricoltura
assorbì meno lavoratori: col ridursi dei suoli
comuni, infatti, molti giovani figli di contadini che non trovavano lavoro nei campi dei
proprietari cominciarono a spostarsi nelle
città in cerca di occupazione, creando una
forte disponibilità di manodopera per le
prime fabbriche. D8
I grandi proprietari terrieri e i ricchi mercanti inglesi avevano a disposizione grandi
somme di denaro che potevano investire
nell’avvio di nuove attività. Quando vennero inventate alcune macchine necessarie
a potenziare la produzione tessile, furono
proprio loro ad acquistarle, svilupparle e
creare le prime fabbriche.
Queste innovazioni riguardarono in un
primo momento il cotone, la cui produzione era all’epoca assolutamente secondaria
rispetto a quella della lana, ma il cui filato
era più facilmente lavorabile. Fino al principio del Settecento la filatura e la tessitura del cotone venivano svolte da operai
che usavano filatoi e telai molto lenti. Nei
decenni successivi si diffusero, invece, diverse novità importanti: la spoletta volante
inventata da John Kay nel 1733 spostava
autonomamente il filato sul telaio: in questo modo si otteneva una quantità di tessuto maggiore, più largo, di migliore qualità
e in tempi più rapidi. Questa innovazione
sollecitò migliorie anche nella filatura, la
fase precedente della lavorazione del tessuto. Così, nel 1764, James Hargreaves inventò un filatoio chiamato spinning jenny
(«Jenny la filatrice»), che consentiva a un
solo operaio di seguire più fusi contemporaneamente e di creare quindi più fili di cotone. Nel 1787, infine, Edmund Cartwright
costruì un telaio completamente meccanico, che prese il posto dei vecchi telai manuali: grazie ad esso, un solo uomo poteva
far funzionare contemporaneamente più
telai e produrre venti volte più di un tessitore a mano.
Grazie a queste e ad altre innovazioni, i tempi della produzione cotoniera si
La locomotiva North Star progettata da Robert Stephenson,
figlio di George Stephenson, 1837, Londra, Science Museum.
accorciarono notevolmente e tra Settecento
e Ottocento aumentarono di continuo sia il
numero delle filande sia la loro produttività.
Alla fine del XVIII secolo la lavorazione di lana
era ancora di gran lunga superiore a quella di
cotone, ma il rapporto si invertì rapidamente
e nel 1860 il cotone doppiò la lana nelle statistiche produttive britanniche. D14
La macchina a vapore,
il carbone, l’industria
siderurgica e i trasporti
Un grande passo in avanti nella trasformazione del lavoro fu dovuto all’introduzione
delle macchine a vapore. D7 Tra 1765 e
1784, infatti, James Watt introdusse pompe
aspiranti che sfruttavano la forza sviluppata dall’ebollizione dell’acqua per eliminare
l’acqua dalle gallerie delle miniere di carbone. Il vapore generava il movimento dei
meccanismi di pompaggio e svuotamento e
grazie ad esso fu possibile accedere anche a
filoni carboniferi più profondi. Si incrementò così l’estrazione del carbone fossile, che
era presente in grandi quantità in Inghilterra ed era un’ottima fonte di energia, tanto
che col tempo sostituì in questo ruolo il carbone di legna, l’acqua dei mulini e la forza
animale o umana.
Molto presto, inoltre, le macchine a vapore vennero utilizzate per potenziare la
produzione del ferro, i cui giacimenti pure
erano abbondanti nelle isole britanniche.
Per mezzo dell’invenzione di Watt era infatti possibile introdurre aria a più alta temperatura in altiforni sempre più grandi ed
efficienti, capaci di produrre più ferro e di
qualità migliore: quest’ultima era garantita
dal coke, derivato dal carbone fossile usato
nell’altoforno per la fusione del ferro grezzo. Il ferro era poi a sua volta sfruttato per
costruire altre macchine, assai resistenti e in
ogni campo produttivo, in sostituzione delle
vecchie macchine di legno. In breve, il ferro
diventò il metallo più usato nell’industria.
Verso la fine del Settecento, le macchine
a vapore furono impiegate per muovere le
macchine dell’industria tessile: filatoi e telai. Infine, esse trasformarono a poco a poco
anche il sistema dei trasporti. Nel 1814 George Stephenson costruì la prima locomotiva a
vapore e inventò il sistema delle rotaie. Nel
1830 venne inaugurato il trasporto di merci e
passeggeri sulla linea che univa Manchester,
Disegno di un ponte ad arcata unica di T. Telford.
il principale centro manifatturiero tessile inglese, a Liverpool, porto di approdo del cotone grezzo proveniente dall’America o dalle
colonie e porto di partenza dei prodotti tessili finiti. Nel 1850 l’Inghilterra aveva una rete
ferroviaria già estremamente sviluppata ed
estesa per circa 10.000 chilometri. Si trattò di
un volano importantissimo per lo sviluppo
del sistema industriale nazionale: in primo
luogo perché velocizzò in misura straordinaria i traffici e in secondo luogo perché agì da
stimolo per il comparto siderurgico, chiamato a supportare il grande bisogno di ferro per
binari, locomotive e vagoni.
La nascita della fabbrica
e la figura del capitalista
imprenditore
La diffusione delle macchine portò a una
completa trasformazione del lavoro. All’artigiano che nel suo laboratorio, con pochi
collaboratori, produceva una quantità limitata di beni si sostituì gradualmente l’operaio che lavorava nella fabbrica. Vi fu dapprima una fase in cui chi aveva accumulato
ricchezze organizzò il lavoro fornendo le
nuove macchine, specie i nuovi telai, alle
botteghe degli artigiani o ai lavoratori a domicilio. Il passo successivo fu però breve e
consistette nel concentrare il lavoro industriale solo nelle fabbriche.
I protagonisti di questa evoluzione furono coloro che disponevano di capitali: perciò vennero definiti «capitalisti». In una prima fase, quando ancora le macchine erano
di legno e non erano necessari investimenti
massicci, tra essi si contarono piccoli possidenti agricoli, figli cadetti della nobiltà,
maestri artigiani. In seguito, i membri della nuova classe borghese imprenditoriale
vennero per lo più dalle file della proprietà
fondiaria e del commercio, perché erano
i soli a disporre del denaro necessario per
acquistare le nuove macchine e avviare l’attività produttiva. I macchinari acquistati
venivano concentrati in grandi edifici, dove
© Loescher Editore – Torino
158
1760
Una macchina a vapore
di James Watt, 1769,
Londra, Science Museum.
Dossier 7 p. 340
Dossier 14 p. 354
© Loescher Editore – Torino
1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore
1800 Volta costruisce la pila elettrica
1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio
1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria
1861
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3
6
L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione
potevano essere azionati da una o più macchine a vapore, con il supporto lavorativo di
un gran numero di operai: erano, appunto,
le fabbriche.
La borghesia capitalistica aveva dunque
una composizione eterogenea e i suoi membri non erano accomunati dai privilegi di
nascita o dalla ricchezza, ma piuttosto dalla fiducia nel futuro, dalle grandi capacità
organizzative, dalla propensione al rischio.
Naturalmente, essi si aspettavano di ottenere un forte guadagno dalla spesa sostenuta per avviare l’attività di fabbrica. Proprio
da tale aspettativa e dalle dure condizioni
imposte agli operai nel nuovo ambiente di
lavoro derivarono i primi accesi conflitti tra
padroni e salariati.
Rivoluzione industriale
Inghilterra tre Settecento e Ottocento
Introduzione delle macchine
(che sostituirono il lavoro manuale)
Produzione di beni in grande quantità
Nascita dell’industria
(che sostituì l’artigianato)
Dossier 8 p. 342
6.3 Il mondo della fabbrica
• egli non possedeva le macchine con le
quali lavorava, né le materie prime, né la
fabbrica;
logico era inarrestabile e che il sabotaggio
dei macchinari rappresentava una forma di
rivolta ingenua e senza speranza.
La crisi del lavoro artigianale
e a domicilio
• doveva recarsi al lavoro abbandonando
la sua abitazione e restava in fabbrica il
tempo stabilito dai suoi proprietari, cioè
per turni di 10 e anche 12 ore;
Lavoro di fabbrica e quartieri
operai: nascono le città industriali
e la vita degli operai
Prima della diffusione delle fabbriche tutti
i manufatti (vestiti, scarpe, stoviglie, attrezzi da lavoro e così via) venivano creati dagli
artigiani.
Ogni artigiano era proprietario dei propri
strumenti di lavoro, svolgeva la propria attività in un laboratorio dove pochi aiutanti lavoravano alle sue dipendenze e imparavano
anche il mestiere. L’artigiano produceva ogni
singolo oggetto in ogni sua parte: conosceva,
cioè, tutta l’«arte» di realizzare un prodotto
e stabiliva il tempo necessario e le procedure
per arrivare a un buon risultato. Egli aveva
un rapporto diretto con i clienti e con loro
discuteva il prezzo della sua merce. Gli artigiani lavoravano isolati l’uno dall’altro, ciascuno nella propria bottega, e solo in alcuni
casi, specialmente nel settore tessile, accadeva che più artigiani lavorassero per un unico cliente, per esempio un ricco mercante.
In modo analogo funzionava l’industria
a domicilio, diffusa soprattutto nelle campagne, dove era più facile sfuggire ai rigidi
controlli delle corporazioni. Un mercanteimprenditore affidava il lavoro – per esempio, la tessitura al telaio di alcune stoffe – a
una famiglia, che assolveva la commissione e veniva pagata. In questo caso l’attività
economica era quasi sempre incentrata sul
lavoro delle donne.
L’introduzione delle macchine e la nascita delle fabbriche tolse occupazione alle botteghe artigiane e all’industria a domicilio, che
entrarono in crisi e progressivamente scomparvero. Nessun lavoratore manuale poteva
infatti sostenere la competizione delle macchine, che producevano grandi quantità di
prodotto in poco tempo e soprattutto con un
prezzo finale per pezzo assai più basso di quello praticabile da qualsiasi artigiano. In conseguenza di ciò una grande massa di manodopera per le fabbriche si rese disponibile. D8
L’operaio: la divisione
del lavoro e il luddismo
La tessitura con il telaio elettrico alla Swainson and Birley Mill, 1835.
La prima Rivoluzione industriale
La condizione dell’operaio di fabbrica era
molto diversa da quella dell’artigiano in
bottega o dei lavoratori a domicilio:
• non sapeva «creare» un oggetto, ma soltanto seguire il movimento della macchina, e inoltre era la macchina a stabilire
il ritmo del suo lavoro.
• non aveva rapporti con i clienti, perché
era il padrone della fabbrica a vendere la
merce al pubblico.
Infine, cosa più importante, l’operaio era
sottoposto a una rigida «divisione del lavoro»: era cioè responsabile di una sola fase
della produzione e ignorava le fasi precedenti e quelle successive. Egli, quindi, non
imparava un mestiere, ma sapeva solo far
eseguire alle macchine una singola operazione, ripetuta all’infinito in modo sempre
uguale. [Testimonianze  documento 1, p. 220]
Come è facile immaginare, si trattava
di un sistema di lavoro alienante e assai
lontano dai modi tradizionali dell’attività umana, che per millenni si era misurata sui tempi della natura. Il cambiamento
imposto dalla diffusione delle macchine e
delle fabbriche ebbe così un impatto tale
da provocare subito reazioni violente. D9
Nel corso del primo decennio dell’Ottocento si sviluppò il movimento luddista , che
esprimeva la protesta degli operai, insoddisfatti delle condizioni in cui si trovavano, e
di molti artigiani e lavoratori a domicilio del
settore tessile, che si vedevano rovinati dalla
concorrenza delle fabbriche. I luddisti non
si limitarono alle manifestazioni di piazza, ma agirono distruggendo macchinari e
merci in diverse città inglesi.
La reazione delle autorità fu molto decisa. Del resto, nel Parlamento e al governo
sedevano solo rappresentanti dei ceti sociali
che traevano forti benefici dalla Rivoluzione industriale: essi non si ponevano il problema della condizione dei lavoratori. Molti luddisti furono incarcerati e, negli anni
dell’acme della protesta, tra 1811 e 1813, si
giunse a comminare la pena di morte per i
loro reati. L’autorità politica si schierò dunque a favore della massiccia trasformazione
economica in atto. I luddisti, a loro volta,
non compresero che il cambiamento tecno-
Gli operai dovevano stabilirsi con le loro
famiglie nei pressi delle fabbriche. Queste
erano poste in vicinanza dei fiumi, perché
l’acqua era indispensabile per far funzionare le macchine a vapore, e in corrispondenza delle principali vie di comunicazione, per
poter far circolare più facilmente materie
prime e prodotti finiti.
Entrambe queste condizioni favorirono la
concentrazione delle fabbriche nelle periferie delle grandi città. Nel corso della prima
metà dell’Ottocento, centri come Manchester,
Birmingham, Liverpool, Londra (la cui popolazione già alla fine del Settecento sfiorava il
milione di abitanti) furono circondati da vaste
zone industriali, dove accanto alle fabbriche,
in vie strette e anguste, sorsero rapidamente
quartieri destinati agli operai, in cui i servizi
igienici erano scarsi, la rete fognaria assente,
le vie strette e ingombre di rifiuti e liquami.
D8 L’inquinamento dell’aria e delle acque,
provocato dalle industrie, causava malattie
di ogni tipo. La mortalità, soprattutto infantile, era altissima. L’affollamento e la miseria
facevano di questi quartieri lo specchio del
degrado, in netto contrasto con l’immagine
di progresso e sviluppo che l’evoluzione tecnologica e l’avanzamento economico davano
in quello stesso periodo dell’Inghilterra.
Gli operai inoltre, come già accennato,
sperimentavano pessime condizioni di lavoro. Le fabbriche infatti erano ambienti
rumorosi e maleodoranti e i ritmi di lavoro
erano così intensi e prolungati che spesso
accadevano incidenti. A lavorare non erano solo uomini e donne adulti, ma anche
ragazzi di dieci-dodici anni e spesso anche
molto più piccoli. Le paghe erano basse perché il lavoro di operaio non richiedeva alcuna specializzazione e gli aspiranti all’impiego erano numerosi. Così i lavoratori – ridotti
essi stessi a merce – venivano messi di fronte
a una scelta obbligata: accettare compensi
miseri o rinunciare al lavoro e ridursi alla
fame. [Testimonianze  documento 2, p. 220]
I vecchi, i malati e i disoccupati, infine,
non avevano alcuna protezione ed erano
abbandonati a se stessi.
© Loescher Editore – Torino
160
1760
Bambini che lavorano
in una fabbrica di mattoni
in Inghilterra, 1871.
G. Doré, Londra dalla ferrovia
sopraelevata, incisione tratta
da Viaggio a Londra, 1872.
movimento luddista:
movimento che prese il
nome dall’operaio inglese
Ned Ludd, che nel 1779
era stato giustiziato per
aver distrutto per protesta
un telaio di nuova
invenzione.
Dossier 8 p. 342
Dossier 9 p. 344
© Loescher Editore – Torino
1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore
1800 Volta costruisce la pila elettrica
1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio
1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria
1861
161
3
6
L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione
La «questione sociale»
e le prime lotte degli operai
p. 218
indennità: assegno
spettante ai deputati
e ai senatori per
l’espletamento delle
loro funzioni.
Album p. 166
Tra Settecento e Ottocento, un crescente
numero di contadini abbandonò le campagne inglesi e si spostò in città alla ricerca di
lavoro nelle nuove attività industriali. Ci fu,
quindi, un forte aumento della popolazione
urbana e la disponibilità di tanta manodopera indusse i capitalisti a ridurre i già bassi
salari, aggravando ulteriormente la situazione degli operai.
In breve, divenne evidente che stava nascendo una nuova classe sociale, il cui sviluppo stava cambiando il volto della società e i
cui problemi e richieste esigevano soluzioni e
risposte adeguate. Era il proletariato urbano,
composto da quanti avevano nella forza delle proprie braccia e nei figli (la prole) l’unica
risorsa da spendere nella competizione per la
vita. Le durissime condizioni di vita e di lavoro a cui i proletari erano costretti crearono un
diffuso malcontento. Per questo, nel corso
dell’Ottocento e poi ancora del Novecento, la
«questione sociale», cioè lo sforzo di portare
a un miglioramento delle condizioni di vita
degli operai, acquistò maggiore importanza.
Consapevoli della loro forza, i salariati
dell’industria cominciarono infatti a far sentire la loro voce con proteste e scioperi. Queste prime lotte vennero duramente represse
dalle autorità. Nel 1800 il Parlamento inglese
dichiarò addirittura fuorilegge le associazioni
che chiedevano migliori condizioni di lavoro. E nel 1819, a Manchester, l’esercito intervenne contro una manifestazione di decine
di migliaia di operai che protestavano per il
rincaro del prezzo del pane, provocando 11
morti e centinaia di feriti tra la folla.
Le proteste non si attenuarono e nel
1824 fu revocata la proibizione di formare
associazioni a tutela dei lavoratori: vennero così alla luce i primi sindacati, le cosiddette Trade Unions. Nel 1833 fu approvata
una legge che per la prima volta proteggeva
i bambini e limitava i loro turni di lavoro
a dieci ore massime, poi ridotte a otto. Tra
1847 e 1850 anche l’orario di lavoro degli
adulti fu ridotto a dieci. I sindacati riuscirono a costringere lo Stato a prendersi cura
di chi era vittima di incidenti sul lavoro e di
chi, ormai anziano, non poteva più lavorare. Fu infatti organizzata una prima forma
di servizio sanitario gratuito, che forniva
assistenza medica a chi era sprovvisto di
mezzi, e furono creati i primi fondi per assicurare una pensione agli anziani.
Grazie all’opera dei sindacati e all’intervento legislativo del Parlamento, fu così in
parte ripristinato l’antico sistema di tutele dei
più deboli promosso dalle corporazioni e dai
vincoli solidaristici di villaggio, che era stato
completamente scardinato dall’affermazione del libero mercato del lavoro seguito alla
nascita del sistema produttivo di fabbrica.
Risultato di tali politiche fu per l’Inghilterra l’attenuamento delle tensioni sociali. A
Dalle richieste sociali a quelle
politiche: il «cartismo»
Mentre le condizioni di vita degli operai cominciavano a migliorare, diventava sempre
più evidente che i lavoratori non avrebbero
potuto difendere i propri interessi finché non
fossero stati rappresentati in Parlamento,
dove sedevano solo deputati eletti dalla nobiltà e dalla borghesia. La quasi totalità degli
operai, infatti, era esclusa dal diritto di voto.
Nel 1832 le Trade Unions e la parte più
democratica dell’opinione pubblica cominciarono a lottare per ottenere una modifica
della legge elettorale. Nel 1838 fu pubblicato
in proposito un documento di richiesta, la
Carta del Popolo, da cui prese il nome il movimento di protesta degli operai: il «movimento cartista». I cartisti chiedevano l’introduzione del suffragio universale maschile,
con l’abolizione dei criteri di censo che ancora regolavano l’accesso alle urne. Chiedevano inoltre elezioni annuali, il voto segreto
e l’indennità per i parlamentari: quest’ultima avrebbe permesso anche ai non benestanti di sedere alla Camera dei Comuni.
La Carta del Popolo raccolse oltre un milione di firme e la sua diffusione fu accompagnata da scioperi e manifestazioni di protesta. Ma i deputati inglesi erano contrari
ad aprire le porte del Parlamento agli operai, perché temevano che i rappresentanti
dei lavoratori avrebbero preteso privilegi e
parte della proprietà delle fabbriche e dei
commerci. Per questo motivo, il «cartismo»
fu represso con durezza.
Una nuova stagione nelle richieste
dei salariati si aprirà nella seconda metà
dell’Ottocento, quando la Rivoluzione industriale si sarà ormai diffusa dall’Inghilterra al resto d’Europa e nasceranno i primi
partiti politici dei lavoratori.
6.4 La diffusione della
La prima Rivoluzione industriale
Tra 1700 e 1800 la popolazione europea
crebbe da 115 a 185 milioni di persone, con
un incremento particolarmente pronunciato dopo la metà del secolo. Più avanti l’incremento demografico ebbe un’ulteriore
impennata: 240 milioni di abitanti a metà
dell’Ottocento e circa 380 nel 1900. In pratica, nel XIX secolo la popolazione europea
raddoppiò.
Infine, al termine delle guerre napoleoniche e grazie alla stabilità assicurata dal
Congresso di Vienna (1814-1815), anche diverse aree del continente europeo conobbero l’avvio dell’industrializzazione. A molti
governi appariva evidente che la superiorità inglese in campo economico, doveva
venire combattuta investendo nel progresso tecnologico e nello sviluppo produttivo.
[ I NODI DELLA STORIA p. 164]
Rivoluzione industriale
in Europa
Le premesse dello sviluppo
industriale sul continente
europeo
La Rivoluzione industriale prese avvio in
Inghilterra e ciò avvenne per il concorso di
alcune circostanze presenti nell’area britannica, come abbiamo già visto.
Sul continente europeo, diverse di queste condizioni erano assenti. Per esempio, i
piccoli proprietari terrieri francesi e i grandi latifondisti prussiani non mostravano la
tendenza – spiccata nei proprietari inglesi –
a migliorare con la tecnologia o i nuovi metodi di coltivazione la produttività dei propri fondi. Egualmente, mancava una classe
borghese degli affari ampia come quella
anglosassone e altrettanto forte sul piano
economico e politico. L’Inghilterra contava
inoltre sull’impero coloniale più vasto, dal
quale attingere ogni sorta di materia prima
e sul quale riversare le merci prodotte nella madrepatria. Diseguale, sul continente,
era pure la distribuzione dei giacimenti di
carbone e ferro, essenziali rispettivamente
come fonte energetica e materiale per la costruzione di macchinari.
Rilevante era invece anche sulla terraferma l’incremento demografico, generato
come in Inghilterra da un miglioramento di
condizioni igienico-sanitarie e alimentari, e
dalla diminuzione di carestie ed epidemie.
Dove e come prese piede
la Rivoluzione industriale
Lo sviluppo industriale del continente fu
al principio più lento di quello inglese, ma
assunse presto una forte accelerazione e si
avvantaggiò di tutte le novità che erano già
state sperimentate in area britannica: in
particolare le nuove macchine a vapore, il
sistema delle fabbriche e la sua organizzazione del lavoro. La legislazione sociale inglese venne presa ad esempio e adattata alle
diverse realtà locali europee. Le regioni interessate da questi eventi furono il Belgio, il
Nord della Francia, la Svizzera e la Prussia.
Lo sviluppo industriale continentale presentò poi due rilevanti differenze rispetto a
L’espansione dell’industria in Europa nel XVIII-XIX secolo
Area industrializzata
nel tardo Settecento
Area industrializzata
nel primo Ottocento
Area industrializzata
a metà dell’Ottocento
Area industrializzata
nel tardo Ottocento
Göteborg
Glasgow
Dublino
Bruxelles
Madrid
Mosca
Copenaghen
Danzica
Amburgo
Breslavia
Colonia
Praga
Nantes Basilea Monaco
Vienna
Lione
Torino Milano
Tolosa
Marsiglia
Genova
Parigi
Bilbao
San Pietroburgo
Riga
Manchester
Londra
Stoccolma
Kiev
Rostov
Odessa
Barcellona
Valencia
Napoli
© Loescher Editore – Torino
162
1760
© Loescher Editore – Torino
1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore
1800 Volta costruisce la pila elettrica
1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio
1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria
1861
163
3
6
L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione
quello inglese. Da un lato, a fornire capitali
agli imprenditori intenzionati ad aprire fabbriche furono soprattutto le banche, dove
proprietari terrieri e mercanti depositavano
i loro soldi. Dall’altro, il primo comparto industriale a svilupparsi non fu quello tessile,
ma quello estrattivo e metallurgico. Tali peculiarità apparvero particolarmente evidenti in Prussia, dove fu addirittura lo Stato ad
assumere un ruolo di primo piano nello stimolare l’avvio dell’industrializzazione con
cospicui finanziamenti pubblici, incentivi
all’estrazione di carbone e ferro, creazione
delle infrastrutture necessarie all’aumento
dei traffici.
Nonostante gli sforzi di Parigi e Berlino,
il divario quantitativo nel progresso industriale tra continente e Inghilterra rimase
comunque enorme. Nel 1855 l’Inghilterra
estraeva una quantità di carbone pari a 6,5
volte quello estratto in Germania e ad 11
volte quello estratto in Francia. Nello stesso anno, l’Inghilterra produceva 1,8 milioni
di cavalli vapore, contro 1,3 milioni della
Francia e 600.000 della Germania. Alla metà
esatta del secolo, l’Inghilterra contava sul
doppio dei binari ferroviari tedeschi e sul
triplo di quelli francesi.
Non bisogna infine dimenticare che da
questo processo rimasero escluse le regioni
socio-economicamente meno avanzate del
continente. Esse conobbero l’industrializzazione solo dopo il 1870, nel corso di quella
che viene definita «seconda Rivoluzione industriale»: parliamo di Italia settentrionale,
resto della Francia e della Germania, Austria, Paesi scandinavi e Russia. In questo
stesso periodo, la trasformazione dei sistemi produttivi coinvolse anche, fuori dall’Europa, gli Stati Uniti e il Giappone.
1710
Il Parlamento britannico
autorizza le enclosures
1733
Kay inventa la spoletta volante
1764
Hargreaves inventa
la spinning jenny
1765-1784
Watt perfeziona la macchina
a vapore
1765-1780
L’industrializzazione si avvia
anche in Francia, Belgio e
Svizzera
1787
Cartwright mette a punto il primo
telaio completamente meccanico
I NODI DELLA STORIA
Come cambiò l’Inghilterra con la Rivoluzione industriale?
Quando si parla di Rivoluzione industriale bisogna sempre partire da un dato di fatto molto importante: essa non partì contemporaneamente in tutta l’Europa e non condizionò allo stesso
modo lo sviluppo socioeconomico del continente. Per capire
questo concetto basti pensare che, mentre il sistema della
fabbrica capitalistica era già una realtà in Inghilterra all’inizio
dell’Ottocento, nell’Europa orientale si era ancora ben lungi dal
superare quel particolare modello di economia feudale che si
era, nei secoli, sviluppato. L’abolizione della servitù della gleba
nella Russia zarista, infatti, avvenne solo nel 1861, quando il
capitalismo inglese era una realtà mondiale, l’industrializzazione della Francia era compiuta e gli Stati tedeschi, non ancora
uniti in un impero, già si preparavano a recuperare il tempo
perduto.
Mentre i contadini russi stentavano a emanciparsi dai loro signori terrieri, il sistema industriale britannico avevo cambiato lo
scenario dei rapporti sociali e della relazione tra capitali investiti
e merci prodotte. Ma era soprattutto il concetto di lavoro a essere cambiato per sempre. Per secoli le poche merci non autoprodotte dai contadini e quelle destinate al mercato del lusso erano
state fabbricate in botteghe cittadine da un numero limitato di
artigiani, ben protetti dal sistema delle corporazioni e da norme
giuridiche specifiche. Il sistema basato sulla fabbrica, invece,
faceva piazza pulita di modelli e convenzioni antichissime. L’in-
164
© Loescher Editore – Torino
troduzione delle macchine velocizzava il processo produttivo,
aumentava il numero e il volume delle merci prodotte; la divisione sociale del lavoro segmentava il processo produttivo in
mansioni sempre più limitate a poche e sicure azioni sempre
uguali a se stesse. Il lavoratore della fabbrica, l’operaio, non
era più il detentore di saperi specialistici costruiti in anni di praticantato nella bottega di un artigiano esperto, ma il venditore
di pura «forza lavoro» tanto facilmente reclutabile quanto sostituibile.
La Rivoluzione industriale non cambiò solo gli assetti economici
e sociali, ma modificò profondamente la psicologia collettiva,
le forme della vita sociale e, persino, il panorama urbano delle
città nelle quali si insidiarono le fabbriche. Piccoli borghi del
Nord dell’Inghilterra come Liverpool o Manchester divennero
grandi centri urbani industriali, circondati da quartieri operai,
disordinati e malsani. Nel clima plumbeo delle nuove città industriali, rese grigie dall’aria inquinata e irrespirabile, si generò
il più significativo processo di evoluzione della storia dell’Occidente. Una rivoluzione basata sulla macchina a vapore, sulla
spoletta volante dei nuovi telai meccanici, sugli altiforni e su
eserciti di salariati che nella fabbrica avrebbero trovato un lavoro diverso da quello delle campagne, ma anche un’occasione
per sperimentare una nuova identità di classe e forme prima
sconosciute di solidarietà.
1811
Prime proteste operaie: i luddisti
distruggono le macchine
1819
L’esercito reprime una protesta
operaia a Manchester
1824
Viene autorizzata la formazione
delle Trade Unions
1830
Stephenson inaugura la ferrovia
Liverpool-Manchester
1870
L’industrializzazione raggiunge
Italia, paesi scandinavi e la
Russia
La prima Rivoluzione industriale
1 Nella seconda metà del Settecento il Regno Unito è uno Stato in pieno sviluppo. Le classi sociali più ricche e dinamiche stimolano la modernizzazione dell’agricoltura. Nella seconda metà del Settecento il Regno Unito aveva ormai
ottenuto una piena supremazia sui mari e, grazie all’impero coloniale in crescita, era al
centro del commercio mondiale e disponeva di una grande quantità di materie prime.
I proprietari terrieri e la borghesia mercantile si mostrarono pronti a sfruttare questa
ricchezza. Un settore che conobbe un forte sviluppo fu l’agricoltura. Tutte le terre fino
ad allora lasciate libere per gli usi comunitari furono recintate; inoltre, grazie a nuovi
strumenti, come la seminatrice e l’aratro metallico, e a nuovi sistemi di coltivazione,
come la rotazione quadriennale, le rese agricole salirono considerevolmente. Crebbe
anche l’allevamento di ovini da lana, che forniva materie prime per le manifatture tessili.
2 Nel settore tessile i «capitalisti» investono grandi somme di denaro per
sfruttare le eccezionali innovazioni tecnologiche del periodo: è l’inizio
della Rivoluzione industriale. Le manifatture tessili a metà secolo erano ancora
organizzate con sistemi di produzione artigianali. Nella seconda metà del Settecento
vennero introdotte, proprio in questo settore, importanti innovazioni tecnologiche:
nuovi filatoi e telai meccanici inaugurarono l’era delle macchine, e determinante fu
l’invenzione della macchina a vapore. I capitalisti, cioè i possessori di ricchezze da
investire (in particolare proprietari fondiari e mercanti), acquistarono le prime macchine e concentrarono la produzione in appositi edifici: nacquero così le fabbriche,
dove trovarono occupazione gli operai.
3 La migrazione della manodopera contadina verso i centri urbani porta
alla nascita delle prime città industriali. Le condizioni di vita degli operai
sono difficilissime. La manodopera inoperosa delle campagne prese a trasferirsi
in città, e nelle periferie dei centri urbani sorsero i primi quartieri industriali. Migliaia
di contadini (compresi donne e bambini) si trasformarono in operai di fabbrica e si
sottoposero, in cambio di un salario misero, a una rigida divisione del lavoro e a nuovi
e pesanti ritmi di produzione. Le difficili condizioni dell’ambiente di fabbrica e l’affollamento, la miseria e la delinquenza dei quartieri residenziali delle città industriali
causarono disagi gravissimi agli operai e alle loro famiglie.
4 Emerge la «questione sociale» ed esplodono le lotte operaie, che otterranno i primi risultati a partire dagli anni venti dell’Ottocento. Mentre i capitalisti videro aumentare rapidamente i loro guadagni, emerse la cosiddetta «questione
sociale». Gli operai cominciarono a organizzarsi per affermare i propri diritti: orari
di lavoro più brevi, assistenza per i malati e gli anziani, paghe più elevate. Le prime
proteste operaie furono represse con durezza, ma dal 1824 finalmente nacquero le
prime organizzazioni sindacali, le Trade Unions, e gradualmente furono introdotte
alcune norme di legge favorevoli ai lavoratori. Il diritto di voto fu tuttavia ancora negato e la rappresentanza parlamentare rimase una prerogativa della nobiltà e della
borghesia.
5 Nel corso dell’Ottocento l’industrializzazione si diffonde nel resto dell’Europa, anche se in non modo uniforme. Al termine delle guerre napoleoniche,
seppure con ritardo, l’industrializzazione si diffuse anche nell’Europa continentale.
Diversamente da quanto accaduto nel Regno Unito, un ruolo fondamentale negli
investimenti fu assunto dalle banche e dallo Stato, che cercò in ogni modo di incentivare lo sviluppo produttivo. Protagonisti furono il Belgio, il Nord della Francia,
la Svizzera e la Prussia. Rimasero escluse dall’industrializzazione le regioni meno
avanzate d’Europa, le quali approderanno al sistema di fabbrica solo nella seconda
metà dell’Ottocento: tra esse, l’Italia, gran parte della Francia e della Germania, i
paesi scandinavi e la Russia.
© Loescher Editore – Torino
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3
6
L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione
Dalla Rivoluzione industriale
alla «questione sociale»
L’operaio e la macchina
La Rivoluzione industriale poneva il problema di un nuovo rapporto tra il lavoratore e
la macchina. Infatti, da un lato la macchina
costringeva l’operaio a uno stato di crescente alienazione rispetto al suo lavoro, sempre
più ridotto a una ripetizione seriale di gesti
all’interno della catena produttiva. Dall’altro, lo sviluppo tecnologico e la diffusione di
avanzati sistemi di produzione consentivano
a imprenditori e capitani d’industria di ricorrere a un numero sempre minore di manodopera, alimentando così la disoccupazione o la
sottoccupazione.
La Rivoluzione industriale, oltre a costituire un nuovo sistema organizzato di produzione di beni, e quindi di
ricchezza economica, aprì una nuova, immensa questione sociale. I primi operai erano infatti spesso artigiani impoveriti e sottratti ai loro laboratori o più spesso contadini costretti a emigrare nelle città in cerca di
occupazione nelle nascenti fabbriche. La Rivoluzione industriale provocò inoltre – come sua prima e fondamentale conseguenza – una profonda trasformazione del paesaggio sociale e umano.
I nuovi agglomerati
industriali
La presenza di concentrazioni di
fabbriche nelle periferie delle città
inglesi, di Manchester in particolare, rappresentò una novità assoluta
e per molti versi sconvolgente. Ciminiere fumanti, magazzini per
macchine imponenti, case di mattoni rossi, ma anneriti dal fumo:
queste erano le caratteristiche delle
nuove città dominate dai progressi
industriali, oggetto dei grandi romanzi dello scrittore inglese Charles Dickens.
J. Nasmyth, Steam Hammer, una forgia a vapore al lavoro in una fonderia inglese, XIX secolo.
Il movimento operaio
Paesaggio inglese con fabbriche e ciminiere tipico della Rivoluzione industriale, seconda metà dell’Ottocento.
La vita degli operai
Le condizioni di lavoro dei primi operai erano durissime; nei
nuovi e crescenti conglomerati urbani industriali erano spesso
segnate dall’indigenza, dalla fatiscenza delle loro abitazioni, dalla
mancanza di igiene. In questa prima fase dell’industrializzazione
particolarmente esposti allo sfruttamento erano donne e bambini. Non sorprende che il giovane Friedrich Engels nel 1844,
prima ancora di redigere insieme a Marx il Manifesto del Partito
comunista, fosse stato colpito dalle nuove masse operaie.
H. von Herkomer, In sciopero, 1891, Londra, Royal Academy.
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© Loescher Editore – Torino
La prima Rivoluzione industriale
Dagli anni Sessanta dell’Ottocento, il crescente
malcontento da parte di quello che si cominciava
a chiamare il movimento operaio fu all’origine delle forme associative tese a migliorarne le
condizioni di vita e di lavoro: società di mutuo
soccorso, cooperative, camere del lavoro, circoli
ricreativi, sindacati, partiti politici. Alle prime associazioni spontanee si affiancarono, nella seconda metà dell’Ottocento, formazioni via via più
organizzate e coordinate sul piano nazionale e
internazionale. Le istanze di lotta dal basso, tese
a rivendicare condizioni salariali o lavorative più
dignitose, si intrecciarono con la volontà di un
rinnovamento totale della società e di un rovesciamento radicale dei rapporti di forza tra
borghesia e proletariato.
Macchinario per battere il ferro in una fabbrica dell’Ottocento.
R. Koehler, Lo sciopero,1886, Berlino, Museo di Storia Tedesca.
A. von Menzel, La fonderia, 1872-1875, Berlin, Alte Nationalgalerie.
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167
3
6
L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione
Ragiona sul tempo e sullo spazio
Impara il significato
1
4
2
Osserva la cartina a p. 156 e rispondi alle domande: nei primi decenni dell'Ottocento, qual è il paese più
industrializzato d'Europa? Quali fattori hanno reso possibile la sua industrializzazione?
ATTIVITÀ
1 XVIII secolo 2 XIX secolo
a
b
c
d
e
f
g
h
i
l
Nel
John Kay inventa la spoletta volante in grado di spostare autonomamente il filato sul telaio
Nel
George Stephenson costruisce la prima locomotiva a vapore
Nel
l’esercito interviene contro una manifestazione di operai che protestavano per il rincaro del prezzo
del pane, provocando 11 morti e centinai di feriti
Nel
James Hargreaves inventa il filatoio spinning jenny, che consente a un solo operaio di seguire più
fusi contemporaneamente
Nel
viene revocato il divieto di formare associazioni a tutela dei lavoratori; nascono così i primi sindacati
Nel
viene approvata una legge che protegge i bambini e limita i loro turni di lavoro a dieci ore massime
Nel
Edmund Cartwright costruisce un telaio completamente meccanico
Nel
viene inaugurato il primo trasporto merci e passeggeri sulla linea Manchester-Liverpool
Tra il
e il
le proteste dei luddisti raggiungono il loro acme
Nel
viene pubblicata la «Carta de Popolo», in cui si chiede l’introduzione del suffragio universale e
l’abolizione dei criteri di censo
Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della Rivoluzione industriale.
1
2
3
4
Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi collega ciascun fatto al secolo in cui avviene.
5
La prima Rivoluzione industriale
Filatura
Tessitura
Filanda
Indennità
Prova a riflettere sul significato di «alienazione» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega perché con
l’avvento della Rivoluzione industriale si parla di «sistema di lavoro alienante».
Osserva, rifletti e rispondi alle domande
6
Osserva la mappa concettuale relativa alla Rivoluzione industriale inglese. Poi rispondi alle domande.
Le condizioni fondamentali della Rivoluzione industriale inglese
Esplora il macrotema
3
Completa il testo.
In Inghilterra, l’introduzione delle macchine e la nascita delle industrie portano una completa
trasformazione del lavoro: infatti, all’artigiano che nel suo (1)
, con pochi collaboratori,
produce una quantità limitata di beni si sostituisce gradualmente l’operaio che lavora nella
(2)
. Prima ogni artigiano era proprietario dei propri (3)
di lavoro, svolgeva
la propria attività in un laboratorio (in genere senza contatti con gli altri artigiani) e produceva ogni singolo
oggetto in ogni sua parte: conosceva, cioè, l’«arte» di realizzare un prodotto e stabiliva il (4)
necessario e le procedure per arrivare a un buon risultato. Egli inoltre aveva un rapporto diretto con i
(5)
, con i quali discuteva il prezzo della sua merce. In modo analogo funzionava
l’industria a domicilio, diffusa soprattutto nelle (6)
: un mercante imprenditore affidava
il lavoro a una famiglia, che assolveva la commissione e veniva pagata.
Con la nascita delle fabbriche queste forme di lavoro entrano in crisi e scompaiono progressivamente:
nessun lavoratore manuale, infatti, può sostenere la competizione delle macchine, che producono
(7)
quantità di prodotto in poco tempo e soprattutto con un prezzo finale per pezzo
assai più basso di quello praticabile da qualsiasi (8)
.
La condizione dell’operaio di fabbrica è molto diversa: egli non possiede le macchine con le quali lavora,
né le materie prime, né la macchina; deve recarsi al lavoro abbandonando la sua (9)
e
resta in fabbrica il tempo stabilito dai suoi proprietari; non sa «creare» un oggetto, ma soltanto seguire il
movimento della (10)
, e inoltre è la macchina stessa a stabilire il ritmo del suo lavoro.
Egli non ha rapporti con i clienti e, cosa più importante, è sottoposto a una rigida «(11)
del lavoro»: l’operaio, infatti, è responsabile di una sola fase della produzione e ne ignora le fasi
precedenti e successive. Egli, quindi, non impara un mestiere, ma sa solo far eseguire alle macchine
una singola operazione, ripetuta all’infinito in modo sempre uguale; si tratta di un sistema di lavoro
(12)
. Il cambiamento imposto dal lavoro nelle fabbriche e le dure condizioni degli
operai producono fin da subito reazioni violente, che sfociano nel movimento (13)
e
nei primi accesi conflitti tra padroni e salariati.
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1 Perché l’impero coloniale inglese gioca un ruolo importante nella Rivoluzione industriale?
2 Perché l’incremento demografico gioca un ruolo importante nella Rivoluzione industriale?
3 Chi sono i protagonisti della Rivoluzione industriale?
Mostra quello che sai
7
Osserva le immagini a p. 161 e ricavane informazioni sulle condizioni di vita e di lavoro degli operai nel primo Ottocento.
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