Problemi in psichiatria

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Problemi
in psichiatria
Il fine è l’uomo, il principio la terra
Direttore Responsabile
Umberto Dinelli
Comitato di Redazione
Presidenti
Umberto Dinelli
Giovanni Ronca
Coeditori
Mario Guazzelli
Gianni Moriani
Pietro Pietrini
Comitato Scientifico
Eugenio Aguglia
Nicoletta Brunello
Angela Conte
Maurizio De Vanna
Gianluigi Gigli
Carlo Alberto Madrignani
Roberto Mutani
Paolo Nichelli
Stefano Pallanti
Riccardo Torta
Consulenti Internazionali
Slavko Zihler - Ljubliana, Slovenia
Irvin Feinberg - Davis, California
Raphaël Massarelli - Grenoble, Francia
Questo numero è stato curato da Irene Guerrini
e Maurizio Musclot
I disegni sono di Paolo Giordani
5.
C. Gentili, L. Palagini,
S. Pellegrini, M. Guazzelli
Insonnia e depressione: evidenze
per un nuovo atteggiamento
dello psichiatra
29. L. Roscioni
Utopia e cura: l’internamento
manicomiale
45. E. Ricciardi, C. Gentili,
N.V. Watson, P. Pietrini
Verso la comprensione delle
differenze di genere
61. M. Guazzelli
Cerami e la sindrome di Tourette
67. G. Arina
Il governo della follia
71. S. Voltolina
Di Leuconoe che ha perso
i colori che ha
73. L. Pirandello
La signora Frola e il signor Ponza,
suo genero
81. Fondazione Ravasi
La carta delle direttive anticipate:
prove tecniche di testamento
biologico
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Rivista quadrimestrale anno 12° numero 35 - Dicembre 2004
Editore “Centro per lo studio dell’interazione Neuropsichiatria e Società”. Direzione, redazione, amministrazione: Mestre Galleria Medaglie d’Oro 5/9 - 30174 Mestre-Venezia Tel. 041.983630, Pisa Via Roma,
67 - 56100 Pisa Tel. 050.992658 Fax 050.835424, Preganziol Via Terraglio, 439 - 31022 PreganziolTreviso Tel. 0422.93215/6 Fax 0422.633545. Registrazione del Tribunale di Venezia n. 1058 del
25.06.1991.
Stampa: Grafica & Stampa Via Brunacci, 5/A - 30175 Marghera Ve
Fotocomposizione: Studio Pixart - Via Mutinelli, 19/21 Mestre Ve
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Problemi
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Insonnia e depressione:
evidenze per un nuovo
atteggiamento dello
psichiatra 5 Utopia e
cura: l’internamento
manicomiale 29 Verso la
comprensione delle differenze
di genere 45 La carta delle
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Verso la comprensione delle
differenze di genere
i colori che ha
E. Ricciardi, C. Gentili, N.V. Watson, P. Pietrini
“…non c’è quindi nessuna attività di coloro che amministrano la città che sia della donna
in quanto donna, né dell’uomo in quanto uomo, ma le nature sono disseminate in ambedue gli animali, e di tutte le attività partecipa la donna secondo natura, e di tutte del pari
l’uomo; solo che la donna è più debole dell’uomo”
Platone, La Repubblica, V libro
“Compagni! È finito il ricreativo, si principia il curturale! Pole la donna esse’ uguale all’omo? Per me no! È aperto il dibattito…” Dal film “Berlinguer ti voglio bene” di Roberto
Benigni
Introduzione
Dal pensiero comune, alla speculazione filosofica fino alla ricerca scientifica, le differenze tra uomo e donna sono da sempre argomento di discussione e di studio. Attraverso i secoli la scienza, la cultura come il sentire generale hanno tentato di giungere ad una comprensione dei due versanti, il
maschile e il femminile, del mondo biologico, e in particolare di quello
umano, e delle loro rispettive caratteristiche distintive. Con la nascita e lo
sviluppo delle neuroscienze si è affiancato un nuovo paradigma con cui affrontare questi problemi.
Con questo lavoro ci proponiamo di rivedere sommariamente la letteratura
con il contributo anche della nostra esperienza per tratteggiare i livelli raggiunti nella comprensione dell’organizzazione psicologica dei due sessi e
per analizzare le differenze neuroanatomiche, metaboliche e neurochimiche tra i generi, e infine per esplorare le distinte strategie funzionali che sottendono nei due generi le prestazioni l’esecuzione di compiti cognitivi ed
emotivi con specifico e costante riferimento al cervello.
Le peculiarità ormonali nei due sessi
La discussione sulle diversità strutturali, molecolari e funzionali tra il cervello dell’uomo e della donna non può prescindere dal riferimento alla re-
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golazione ormonale. Da anni è noto che la sintesi e il rilascio di questi ormoni è controllata dall’ipotalamo attraverso la secrezione dei fattori di rilascio degli ormoni gonadotropici che agiscono a livello dell’ipofisi per la liberazione degli ormoni l’ormone luteinizzante (LH) e follicostimolante
(FSH). Nel sesso femminile, l’LH regola modula l’increzione degli estrogeni, che insieme all’FSH controllano lo sviluppo del follicolo; una volta che
questo si rompe e si trasforma nel corpo luteo, inizia la sintesi del progesterone che esercita i suoi effetti principalmente sui tessuti endometriali e
mammari. Se ci concentriamo sul genere umano l’incremento e la diminuzione mensile dei livelli dei differenti ormoni caratterizza in modo specifico la fisiologia della donna, dalla pubertà alla menopausa. Nel maschio invece il sistema ormonale sessuale è più semplice poiché prevede
fondamentalmente il testosterone che viene increto con un ritmo pressoché
costante pur con piccole variazioni circadiane e stagionali, fino alla tarda
età, anche se con il raggiungimento dell’età matura e l’inizio della senescenza l’ormone va incontro ad un decremento nella sintesi che procede parallelamente all’avanzare dell’età.
Questo diverso substrato endocrino interagisce con la formazione e lo sviluppo del sistema nervoso centrale e delle interazioni mente-corpo fin dalle prime fasi della vita embrionale.
Vi sono fondate ipotesi che esistano alcuni periodi particolarmente critici
durante i quali gli androgeni in un certo qual senso “mascolinizzano” il cervello, da quello organizzativo prenatale a quello attivazionale postnatale
nei quali si determinerebbero variazioni a tutti i livelli strutturale, biochimico e neurotrasmettitoriale e continuano successivamente a modulare le funzioni cognitive e affettive per il resto della vita.
Le differenze di genere nelle funzioni cognitive e sulla sfera emotiva
Le consistenti differenze nelle abilità cognitive legate al sesso nell’uomo e
nella donna come nelle altre specie animali, in altri termini poggiano su una
specifica differenziazione del sistema nervoso sia a livello anatomico che
funzionale.
Queste differenze che spaziano dal campo affettivo, al “problem solving”,
alle funzioni cognitive sono ben note alla psicologia. Secondo una recente
revisione della letteratura proposta da Kimura le principali e più tipiche differenze di genere sul piano delle abilità cognitive sono, per il maschio, migliori orientamento spaziale, immaginazione visiva e coordinamento motorio; nella femmina migliori memoria spaziale e verbale e rapidità percettiva
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(Kimura 2002).
Passando invece a considerare i versanti comportamentali affettivi e sociali, sono state identificate numerose differenze di genere. Tra queste le più
largamente condivise tra gli psicologi sociali sembrano essere:
- una maggiore tendenza ai comportamenti violenti nell’uomo rispetto ai soggetti femminili che si tradurrebbe anche in una maggiore tollerabilità della
violenza maschile da parte della donna che, durante i litigi e tenderebbe invece ad assumere elettivamente atteggiamenti di chiusura (Kimura 2002);
- una maggiore capacità delle donne nella comprensione delle emozioni (sia
in termini di espressioni del viso sia di indici vocali e posturali), dello
sguardo e delle modalità comunicative non verbali (Boggi-Cavallo 1983);
- una maggiore facilità delle donne a piangere, soprattutto in pubblico
(Vingerhoets et al. 2001);
- la specifica ricerca della felicità in eventi legati all’affermazione di sé, al
successo e alla realizzazione dei propri desideri nell’uomo rispetto alla donna la cui scelta è rivolta piuttosto alla relazione amorosa e alla stabilità affettiva nonché dalle interazioni amicali e solidali (Kimura 2002) ;
- nella specifica costituzione personologica che si correla, nell’uomo alla prevalenza di tratti di personalità di tipo strumentale quali la competenza, la razionalità, l’assertività, mentre nella donna a quella di tratti di tipo espressivo quali l’emotività, il calore, la tendenza a prendersi cura degli altri) (Kimura
2002).
Il ruolo specifico in questo insieme di differenze dei fattori genetico-ormonali rispetto alle influenze dell’ambiente e dell’educazione non è ben chiarito né facilmente valutabile.
L’intervento organizzativo e modulatore degli ormoni sessuali sugli schemi
di abilità cognitive documentate da numerose evidenze sperimentali ottenute
sia negli animali che nell’uomo, ove è indipendente dalle diverse culture e,
in questo, da osservazione cliniche in cui alterazioni ormonali congenite quali l’iperplasia surrenalica congenita, l’ipogonadismo ipogonadotropico idiopatico o la Sindrome di Turner si correlano con definite alterazioni a carico
delle funzioni affettive e delle attività cognitive e comportamentali. Una prova convincente dell’importanza ormonale nello sviluppo cerebrale è fornita dallo studio di bambine esposte nella vita intrauterina ad alti livelli di androgeni poiché figlie di madri affette da iperplasia surrenalica congenita le
cui caratteristiche psicologiche sia di tipo cognitivo (abilità spaziali) che affettivo (maggior aggressività) assomigliano molto a quelle tipiche dei bambini maschi.
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Il contributo modulatore degli ormoni sessuali al complesso dipanarsi della vita affettiva è rintracciabile anche nelle correlazioni che si osservano in
clinica tra variazioni dei livelli di estrogeni nel ciclo mestruale e nel postpartum ed oscillazioni della labilità emotiva, nonché nell’effetto di facilitazione degli androgeni, ed in particolare del testosterone, del comportamento
maschile più attivo e più incline all’aggressività; da molti anni si attribuisce
al testosterone il significato di stimolo alla cosiddetta aggressività “sociale”
o “strumentale” e di molla per la competitività umana. Dimostrato inizialmente in alcuni di mammiferi (Lloyd 1970 Bernestein et al. 1974), oggi è stato trovato anche nell’uomo che un netto e duraturo aumento dei livelli di
testosterone è presente nei vincitori di gare di lotta (Elias 1981) o di arti marziali (Campbell et al. 1988), ma anche di competizioni che non coinvolgono il piano fisico quali gli scacchi (Mazur et al. 1992), o addirittura i giochi
d’azzardo (McCaul et al. 1992). Si è voluto attribuire un significato evolutivo a questo fenomeno dato che elevati livelli di testosterone offrono maggiori opportunità riproduttive e quindi di trasmissione dei caratteri, per così
dire “vincenti” della specie.
Le differenze di genere a livello neurostrutturale
Relativamente più semplice è lo studio delle differenze anatomico-strutturali del cervello connesso al genere, reso possibile dallo sviluppo delle tecniche di neuroimmagine e dei metodi di analisi volumetriche.
Per riassumere, secondo diversi studi e metodologie comparative, il cervello maschile comparato a quello femminile presenterebbe (Darlington 2002):
· maggiore dimensione globale, essendo i volumi encefalici approssimativamente più grandi del 10% rispetto a quelli del sesso opposto;
· più larga fessura anteriore silvana e planum temporale sinistro;
· maggiore asimmetria sinistra del lobulo parietale inferiore;
· più grande dimensione del nucleo interstiziale anteriore dell’ipotalamo
anteriore;
· volume superiore del globo pallido e putamen.
Mentre il cervello femminile confrontato a quello maschile dimostrerebbe
· maggiore percentuale di sostanza grigia, che viene spiegata da una maggiore densità neuronale e da un numero maggiore di neuroni;
· commissura anteriore più larga e, secondo alcuni, il corpo calloso posteriore più consistente;
· maggiore dimensione dell’amigdala, almeno dopo i 20 anni di età; nuclei
caudati più larghi.
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E’ interessante notare come il corpo calloso, la principale commissura interemisferica a livello anatomico e funzionale, che trasferisce informazioni da
un emisfero cerebrale all’altro, abbia dimensioni differenti nei due sessi.
Alcuni autori hanno ipotizzato che le maggiori dimensioni del corpo calloso nelle femmine giustifichino la minore lateralizzazione delle funzioni cognitive e del linguaggio nelle femmine (Mitchell et al. 2003).
Attraverso un’analisi automatica morfometrica basata su un’indagine voxel
per voxel nelle immagini anatomiche di tutta la struttura cerebrale, che permette di misurare densità e volume della sostanza grigia, è stato inoltre evidenziato che mentre i volumi cerebrali della sostanza grigia e bianca sono
maggiori nel maschio, la densità neuronale a livello corticale è superiore
nelle donne. Confrontati alle femmine, i maschi presentano un volume di
sostanza grigia maggiore bilateralmente nell’amigdala, nell’ippocampo, nella corteccia entorinale, nel cervelletto e nel giro temporale superiore, mentre il cervello femminile ha una quantità maggiore di sostanza grigia a livello
temporale mediano, orbitale e paraippocampale, e a livello frontale inferiore e del giro cingolato, confrontato rispetto al cervello maschile (Good et
al 2001).
Anche durante l’invecchiamento fisiologico è stata riportata una sottile differenza tra i generi: stante la perdita di sostanza grigia osservata in tutte le
regioni corticali, soprattutto frontali e temporali, e sottocorticali sia nel maschio che nella femmina, è stata infatti notata una maggiore diminuzione a
livello prefrontale dorsolaterale nel cervello maschile (Gur et al. 2002).
In sintesi, al di là di alcune evidenze contrastanti dovute probabilmente anche alle varie metodologie sperimentali differenti utilizzate nell’acquisizione dei dati, le differenze strutturali tra il cervello maschile e femminile sono indubitabili e potrebbero in parte contribuire a spiegare le differenze
cognitive ed emotive. Come già accennato tali differenze strutturali sembrano
svilupparsi già precocemente nel periodo gestazionale, modulate dagli ormoni sessuali e continuare poi oltre la nascita con modalità e tempi differenti: in alcune aree, come l’area preottica ipotalamica, putativamente legata al comportamento sessuale, tale differenziamento sembra proseguire per
tutta la vita. Pur tuttavia, non è ancora chiarito il rapporto tra le differenze
strutturali e quelle cognitive affettive e comportamentali tanto più che aree
anatomiche per le quali è stata descritta una differenza di genere non sembrano essere correlate a nessuno dei processi cognitivi o affettivi per i quali la psicologia descrittiva ha altresì osservato una differenza tra i due sessi.
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Differenze per sesso nel metabolismo cerebrale regionale del glucosio a riposo.
Attraverso la PET e la somministrazione di 18FDG, è possibile esaminare l’attività metabolica delle diverse regioni cerebrali in condizioni di riposo somatosensoriale (stimolazione sensoriale e motoria ridotta al minimo) e in questo modo valutare nei due sessi le differenze globali del metabolismo del
glucosio, la distribuzione regionale e sistematiche asimmetrie nell’attività
emisferica. In generale, gli studi condotti a riposo hanno rivelato un’ampia
variabilità interindividuale nel metabolismo basale cerebrale del glucosio.
Così, gli studi PET condotti per evidenziare differenze basali nel metabolismo cerebrale si sono dimostrati relativamente inconsistenti, con dati contrastanti sui confronti globali. Ad esempio, Baxter et al., 1987 e Yoshii et al.,
1988 e Willis et al., 2002 hanno dimostrato che il cervello femminile ha un
consumo del glucosio circa il 20% superiore a quello maschile, mentre altri
studi (Miura et al. 1990; Andreason et al. 1994; Gur et al. 1995; Murphy et al.
1996; Volkow et al. 1997; Andreason et al. 1994; Murphy et al. 1996; Volkow
et al. 1997) non hanno rivelato alcuna differenza. In sintesi l’unico riscontro
costante è in negativo: nessuno studio ha riportato un metabolismo regionale del glucosio superiore negli individui di sesso maschile.
Anche gli studi che hanno indagato le differenze di metabolismo del glucosio in specifiche regioni cerebrale hanno prodotto risultati poco coerenti: Andreason et al. (1994) hanno rilevato un metabolismo cerebrale del glucosio più elevato a livello frontale mediale, nel caudato e nel cingolo
posteriore nelle femmine; Volkow et al. (1997), con due misurazioni a distanza di dieci giorni, che considerano le variazioni ormonali, individuano
un metabolismo cerebellare più elevato nelle femmine; Gur et al. (1995) un
metabolismo più elevato nel maschio a livello delle regioni temporo-limbiche e cerebellari e ridotto nelle regioni cingolari; Willis et al. (2002) hanno
infine mostrato un metabolismo superiore nel cervello femminile in strutture sottocorticali (talamo, caudato, gangli della base, strutture diencefaliche)
e corticali (aree frontali mediali, insula, corteccia temporale, occipitale e parietale, cingolo superiore), ma dopo la correzione per gli effetti relativi ai
valori di metabolismo globale i risultati si ribaltano a favore del cervello maschile (con un metabolismo superiore a livello dei lobi temporali e regioni
frontali).
Studi volti ad indagare la lateralizzazione del metabolismo cerebrale del glucosio a riposo non hanno invece mai evidenziato differenze di asimmetria,
così come nessuna differenza è stata trovata valutando la progressiva ridu-
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zione nel metabolismo cerebrale tipica della senescenza fisiologica. (Azari
et al. 1992; Gur et al. 1995; Willis et al. 2002).
I risultati ottenuti da questo tipo di approccio alla valutazione delle differenze di genere sembrano, quando presi nel loro complesso, tutt’altro che
univoci. E’ altresì probabile, che almeno in parte questa varietà sia dovuta
alle variabili condizionanti una chiara lettura dei risultati: i vincoli sperimentali, la scelta del campione (numero, età, fase del ciclo), i metodi di correzione per le differenze tra sessi nelle dimensioni encefaliche e craniali (effetto di volume parziale), la risoluzione spaziale dei dati acquisiti tramite
PET.
Differenze per genere nella distribuzione recettoriale
Un ulteriore campo applicativo della PET è lo studio dei diversi sistemi recettoriali del sistema nervoso. Infatti, la PET, tramite opportuni radioligandi agonisti o antagonisti farmacologici, permette di ottenere in vivo mappe relative a substrati di interesse biologico, quali i recettori
neurotrasmettitoriali ed anche in questo ambito sono state indagate eventuali differenze di genere.
Ad esempio, tramite la PET e [11C]FLB 457, un radioligando ad alta affinità
per i recettori extrastriatali dopaminergici D2, Kaasinen et al. (2002) hanno
misurato il potenziale di legame, una misura della densità recettoriale, nella corteccia frontale, temporale e nel talamo di un campione di femmine e
maschi. Le femmine hanno un potenziale di legame superiore a quello degli uomini, con differenze accentuate soprattutto a livello della corteccia frontale e del cingolo anteriore, due regioni fortemente coinvolte nella regolazione del comportamento affettivo e la cui differenza di densità recettoriale
dopaminergica nei due sessi potrebbe riflettere la diversa incidenza di alcuni disturbi, quali depressione maggiore e schizofrenia, legati a disfunzioni del sistema dopaminergico.
La valutazione dell’affinità di legame a livello striatale dei recettori dopaminergici D2 rivela invece una minore affinità nel cervello femminile rispetto a quello maschile. Questa minore affinità porta ad un aumento della concentrazione endogena di dopamina nelle strutture striatali del cervello femminile, e cioè in quelle strutture deputate anche alla regolazione del
reward affettivo: anche questa differenza può avere implicazioni sulla differente vulnerabilità tra maschi e femmine per disturbi psichiatrici come ancora la schizofrenia e la depressione maggiore ma anche come la dipendenza da alcol o stupefacenti.
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Altri studi PET si sono invece concentrati sulla distribuzione dei recettori del
sistema oppioide nei due sessi: il sistema oppiode endogeno viene implicato in numerose funzioni fisiologiche (sembra modulare le risposte nello
stress, nell’apprendimento e memoria, regola i meccanismi del dolore) e una
sua disregolazione potrebbe influenzare l’insorgere di diversi disturbi psicopatologici (disturbo depressivo, epilessia, abuso di sostanze, disturbi della condotta alimentare). Il cervello femminile mostra una concentrazione dei
recettori µ-oppiodi superiore a quello maschile a livello corticale, cerebellare, del nucleo caudato, dei nuclei talamici e dell’amigdala (Zubieta et al.
1999). L’aspetto interessante per quel che riguarda questa ultima struttura,
peculiarmente coinvolta nella modulazione del comportamento affettivo, è
che la densità recettoriale diminuisce nel periodo post-menopausale
(Zubieta et al. 1999): questa osservazione, insieme al riscontro dell’esistenza di una correlazione negativa tra i livelli di estradiolo circolanti e la densità dei recettori oppiodi a livello dell’amigdala e dell’ipotalamo - che si pensa siano coinvolte nella regolazione della secrezione pulsatile dei fattori di
rilascio delle gonadotropine - lascia intravedere un’interazione tra variazione dei livelli di ormoni attivi circolanti, distribuzione recettoriale del sistema oppioide endogeno e i disturbi dell’umore in menopausa.
In ultimo è interessante notare la caratteristica distribuzione del sistema serotoninergico, esemplificativo perché fortemente coinvolto nella patogenesi
dei disturbi di tipo neuropsichiatrico. Studi condotti con PET e radioligandi
di recettori o metaboliti serotoninergici, come la [18F]altanserina o l’
[11C]metil-L-triptofano, hanno dimostrato che il cervello maschile ha una sintesi di serotonina superiore a quello femminile (Nishizawa et al. 1997).
Inoltre la somministrazione esogena di estrogeni e progesterone incrementa la densità recettoriale serotoninergica a livello della corteccia frontale e
dei cingoli del cervello femminile (Mose et al. 2002). Queste osservazioni
suggeriscono un ruolo centrale della diversa distribuzione serotoninergica
nella ridotta incidenza dei disturbi dell’umore nei maschi rispetto alle femmine.
L’esplorazione funzionale del cervello femminile e maschile
Un limite intrinseco agli studi che abbiamo fin ora descritto è rappresentato dal fatto che il cervello viene considerato a riposo e non durante una attività cognitiva od una esperienza emotiva per le quali la psicologia descrittiva ha chiaramente individuato differenze di genere.
Nel tentativo di cogliere le complesse interazioni tra genere, ormoni e cer-
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vello, le moderne tecniche di esplorazione funzionale del cervello, quali la
tomografia ad emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI), permettono di investigare in vivo i correlati neurali, delle differenze cognitive, comportamentali ed emozionali tra i sessi. Dal momento
che attivazione cerebrale, metabolismo ossidativo del glucosio e variazione
del flusso ematico sono in stretto rapporto reciproco, la misurazione del consumo neuronale del glucosio (come avviene nella PET con 18Fluoro-2-deossi-D-glucosio), delle variazioni dell’apporto ematico (PET con H215O), o dei
fenomeni correlati alla variazione di flusso ematico a livello delle strutture
cerebrali (fMRI), rappresentano un valido indice dell’attività neuronale
(Ricciardi et al 2003). Non è quindi possibile prescindere dall’interpretazione e comprensione dei modelli funzionali con i quali i cervelli dei due sessi lavorano. Ad esempio, studi di esplorazione funzionale del cervello hanno confermato una maggiore lateralizzazione sinistra nel maschio rispetto
alla femmina nelle aree perisilviane anteriori e nelle regioni temporali superiori e medie durante compiti linguistici di diverso tipo (Jaeger et al. 1998;
Kansaku et al. 2000; Speck et al. 2000). Si potrebbe in questo caso ipotizzare
che la diversa lateralizzazione delle funzioni linguistiche possa essere in parte dovuta da un lato alle maggiori dimensioni del corpo calloso nelle femmine e dalla maggiore asimmetria del planum temporale nel maschio.
E’ tuttavia probabile che la diversa organizzazione funzionale che sottende
alle strategie di esecuzione cognitiva vada al di là della mera lateralizzazione ma sia essenzialmente differente.
Come è logico attendersi anche e soprattutto le risposte comportamentali
primarie possono essere processate differentemente dai due sessi. Ad esempio, sono state investigate le diverse risposte al senso di fame e di appetito, nei due sessi, (Del Parigi et al. 2002): in risposta alla sensazione di appetito, i maschi tendono ad avere un’attivazione maggiore nelle aree
frontotemporali e paralimbiche; in risposta al senso di sazietà, i maschi
reclutano in maggior misura la corteccia prefrontale ventromediale mentre
nelle femmine risultano maggiormente attivate le aree sensoriali associative
occipito-parietali e la corteccia dorsolaterale prefrontale. Nonostante le numerose somiglianze esistono quindi delle differenze nella risposta corticale
alla fame e alla sazietà, che corrispondono ad un’elaborazione cognitiva e
affettiva dell’atto nutrizionale differente nei due sessi, e che probabilmente
esercitano la propria influenza anche sulla diversa incidenza nei disturbi della condotta alimentare.
Ulteriori differenze di genere sono state descritte nella sfera comportamen-
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tale e nell’interazione di componenti cognitive, affettive, motivazionali e fisiologiche, come, ad esempio, accade nei comportamenti correlati con la
sfera sessuale. La presentazione di stimoli a contenuto erotico induce una
maggiore eccitazione sessuale nel maschio e, in un recente studio funzionale (Karama et al. 2002), è stato osservato come la visione di filmati a contenuto erotico produca soltanto nel gruppo di soggetti maschi una significativa attivazione di strutture talamiche ed ipotalamiche, regioni coinvolte
nella regolazione del comportamento sessuale. Relativamente all’interazione di componenti percettive e affettive a livello ipotalamico nell’ambito della regolazione del comportamento sessuale, è di rilievo notare che l’ipotalamo venga attivato nelle femmine (nucleo preottico e ventromediale) a
cui viene richiesto di annusare sostanze simili agli androgeni e in maschi
(nuclei ventricolare e dorsomediale) per sostanze simili agli estrogeni (Savic
et al. 2001). Questa attivazione ipotalamica, dissociata per i due generi, risulta congruente con l’azione dei feromoni e di sostanze naturali feromonisimili, descritta anche in altri animali. Queste osservazioni sulla specificità
di azione forniscono un supporto alla comprensione dei segnali chemiosensoriali nell’uomo.
Conferme all’ipotesi differenziale derivano anche da studi sulle emozioni:
come già accennato, gli studi psicologici hanno evidenziato che gli individui di sesso femminile ricordano meglio gli eventi con maggiore valenza affettiva. Uno studio fMRI (Canli et al. 2003) ha mostrato come uomini e donne attivino differenti circuiti cerebrali nella codifica mnesica di diversi stimoli
con valenza emotiva. L’attivazione nel sesso femminile sembra anche essere più vasta, fornendo una possibile base biologica della maggior memoria
emotiva delle donne.
Anche il nostro gruppo ha indagato come in compiti emotivi i due sessi elaborino le informazioni in modo differente. In questo senso è stato in particolare indagato il funzionamento differenziale della corteccia orbitofrontale che assume un ruolo fondamentale a livello comportamentale: la sua
alterata funzione si associa a variazioni del comportamento emotivo e sociale (disinibizione, irresponsabilità ed inappropriatezza nelle scelte) e a
disregolazione del controllo dell’aggressività.
Utilizzando la metodica PET con H2150 abbiamo misurato il flusso ematico
cerebrale regionale che rappresenta un indice attendibile di attività neuronale sinaptica, in un gruppo di volontari sani durante l’induzione di comportamento aggressivo allo scopo di determinare correlati neurofunzionali
del comportamento aggressivo immaginato. Con scale di personalità sono
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stati infine determinati la tendenza ad esibire comportamenti aggressivi
(Attitude Towards Violence Test) e ad arrabbiarsi (Anger Inventory), e il livello di ostilità (Buss-Durkee Hostility Inventory). Nel disegno sperimentale, i soggetti venivano istruiti ad evocare a livello immaginario quattro distinti stati affettivi: uno emotivamente neutro e tre caratterizzati da differenti
varianti di comportamento aggressivo. Il confronto degli stati caratterizzati
da comportamento aggressivo con la condizione emotivamente neutra ha
permesso di identificare la risposta emotiva, psicofisica e funzionale e cerebrale associata all’evocazione di comportamenti aggressivi.
Rispetto al contesto emotivamente neutro, la risposta alla condizione a contenuto aggressivo era associata ad una significativa diminuzione di flusso
ematico nella corteccia orbitofrontale mediale e ad un incremento di flusso
ematico nelle regioni occipitali visive e nel cingolo, riconfermando come
una soppressione della corteccia orbitofrontale mediale sia necessaria anche per la semplice immaginazione di un comportamento aggressivo
(Pietrini et al. 2000). Sulla base delle differenze tra maschi e femmine riportate nei dati comportamentali nelle scale di personalità (con i punteggi
di Attitudine alla Violenza significativamente maggiori nei maschi), siamo
andati ad indagare se le risposte funzionali cerebrali presentavano caratteristiche distinte per i due generi. Il confronto statistico tra i due gruppi ha
messo in evidenza che la riduzione del flusso ematico nella corteccia frontale durante la condizione di scenario aggressivo immaginato era significativamente maggiore e più esteso nelle donne rispetto agli uomini. Queste
differenze nel grado ed estensione della riduzione di flusso ematico tra i due
sessi potrebbero indicare che nelle donne è richiesta una maggiore inibizione dell’attività dei centri regolatori nella corteccia orbito-frontale per esprimere, o persino soltanto per immaginare di esprimere, un comportamento
aggressivo. Tali osservazioni concordano con la convinzione comune riguardo alla maggiore attitudine alla violenza presente nel sesso maschile.
Inoltre numerosi altri studi riportano caratteristiche di maggiore aggressività
negli uomini rispetto alle donne (Archer et al. 1988; Bettencourt et al. 1996;
Gladue, 1991).
E’ altresì vero che a fronte di così molteplici e varie differenze tra i generi
sono state preservate nel corso dell’evoluzione, risposte cognitive e comportamentali semplici, senza alcuna differenza nei due sessi. Per esempio
nell’esecuzione di compiti visuomotori non sono state rivelate differenze significative nelle aree corticali, in quanto entrambi i generi attivano aree visive e motorie sovrapponibili (Mikhelashvili-Browner et al. 2003). Similmente
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anche la percezione dello sguardo in volti identificati come gradevoli e belli (Kampe et al. 2001) attiva le strutture sottocorticali, quali il nucleo striato,
deputate alla modulazione del sentimento di gratificazione in maniera sovrapponibile nei due sessi.
Si è inoltre tentato di stabilire un nesso preciso tra differenti pattern cerebrali e funzione ormonale, ma, dato anche il numero esiguo di studi in materia, i risultati appaiono frammentari. Fernandez et al (2002) ritrovano in
un compito di decisione semantica precise corrispondenze tra concentrazione ematica di ormoni sessuali e pattern di attivazione cerebrale valutati
tramite fMRI. Gli autori si spingono ad interpretare questi dati come comprovanti l’effetto plastico degli estrogeni e del progesterone sul sistema nervoso centrale. Tuttavia altri studi, sempre condotti con fMRI, non trovano
differenze nei pattern di attivazione cerebrali, ma solo una diversa ampiezza nel volume di attivazione (Dietrich et al.). Gli autori ritengono che questa differenza sia ascrivibile ad un effetto diretto degli estrogeni sull’endotelio del microcircolo di alcune regioni cerebrali (come per altro
dimostrerebbe la mancanza di differenza tra generi se i soggetti femminili
vengono sottoposti allo studio durante la fase mestruale del ciclo, quando
quindi i livelli di estrogeni sono al minimo livello mensile).
Conclusioni
Come si intuisce il quadro offerto è ben lontano dall’essere completo.
Numerose questioni sono state sollevate ed altre verranno suscitate in futuro. Per schematizzare, possiamo con sicurezza affermare che il cervello presenta differenze legate al sesso, che influenzano l’attività metabolica, neurochimica e quindi funzionale.
Tali peculiarità sono determinate in parte direttamente dal differente corredo cromosomico e genetico di cui ogni individuo è dotato; in parte dalle influenze endocrine che sembrano agire sia sullo sviluppo cerebrale che sul
substrato neuronale funzionale con cicli e percorsi definiti, dal periodo gestazionale fino all’invecchiamento; in parte, infine, dall’ambiente e dalle convenzioni socio-culturali con cui maschio e femmina vengono ad interagire
e a confrontarsi.
Abbiamo tentato una descrizione delle differenze di genere nella vita psicologica normale e patologica, fornendo le basi strutturali, metaboliche, recettoriali e neurofunzionali di molte osservazioni empiriche, sperimentali e
cliniche.
Abbiamo inoltre tentato di mettere in relazione le evidenze sperimentali di
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queste indagini con i riscontri epidemiologici e clinici sulla differente incidenza di malattie neurologiche e psichiatriche nei due sessi: maggiori dati
e studi sistematici dovranno dimostrare se le interpretazioni proposte sono
frutto di speculazioni “post hoc” o se realmente riguardano le basi biologiche dei disturbi mentali.
Dal punto in cui la ricerca si trova ora, due linee sembrano dipartirsi con
direzione, se vogliamo, opposta. La prima volta a comprendere il come e il
perché delle differenze cerebrali tra maschi e femmine: quali meccanismi
genetici, endocrini e sociali muovono le singole diversità. La seconda che
cerca una migliore comprensione del funzionamento normale e patologico
del cervello femminile e di quello maschile, simili ma diversi, confidando
che una migliore comprensione possa aiutare nella ricerca di approcci terapeutici più mirati.
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