1. Il territorio

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1. Il territorio
Figura 1.1: cartina fisica del Friuli-Venezia Giulia.
1.1 La morfologia
Il Friuli­ Venezia Giulia è la regione più nord orientale d’Italia e si estende dalle Alpi
all’Adriatico (fig.1.1). Il territorio della regione si può dividere in quattro zone:
­ La zona montuosa, la Carnia, occupa metà del territorio ed è formata dalle Alpi e
dalle Prealpi Giulie e a est da una piccola area dell’altopiano del Carso; ­ La zona collinare che comprende, da ovest a est, le prime alture delle Prealpi Carni­
che, la zona dei magredi, le colline moreniche del Tagliamento, di Udine e di Civida­
le; ­ La zona pianeggiante, comprende a nord l’alta pianura e a sud la bassa pianura; le
due fasce sono separate dalla linea delle risorgive; ­ La zona litoranea, sul Golfo di Trieste, è limitata a est dall’altopiano del Carso.
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1.2 I corsi d’acqua
Il Friuli­Venezia Giulia è particolarmente ricco di corsi d’acqua: alcuni appartengono
interamente alla regione, mentre altri lo attraversano solo per un certo tratto. Dato che
buona parte del terreno è facilmente permeabile all’acqua, diversi fiumi scorrono per
alcuni chilometri nel sottosuolo.
In questa regione non si trovano ampi laghi naturali, mentre sono numerosi quelli ar­
tificiali. Fra questi il più noto è il lago del Vajont, il cui nome è legato alla terribile
frana che il 09 ottobre del 1963 si rovesciò nelle sue acque.
1.3 Il clima
Il clima ha caratteri diversi tra la fascia costiera e i rilievi montuosi: qui assume i ca­
ratteri tipici del clima alpino. Nelle zone non protette dalle Alpi soffia la Bora, un
vento freddo che proviene dalle pianure centro­orientali dell’Europa. Oltre a provoca­
re un brusco abbassamento della temperatura la Bora è anche molto violenta. Le sue
raffiche, chiamate “refoli”, raggiungono i 100/150 km/h costituendo spesso un peri­
colo per le persone e le imbarcazioni. Per questo a Trieste quando soffia la Bora la
gente è costretta a rimanere in casa o ad aggrapparsi alle corde appositamente tese per
strada.
2. La storia
Il nome di questa regione indica una composizione di due zone geografiche distinte.
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Da Forum Julii deriva il nome di Friuli; Venezia Giulia, è invece, un nome recente
che ricorda gli antichi abitanti veneti e la gens Julia, il nome della famiglia a cui ap­
parteneva Giulio Cesare.
2.1 La Grande Guerra
Il Friuli­Venezia Giulia è stato uno dei fronti di battaglia della Grande Guerra, il
cosiddetto “Fronte Italiano” che comprende l’insieme delle battaglie combattute tra il
Regno d’Italia e i suoi alleati contro le armate di Austria, Ungheria e Germania. Dopo
aver fatto un patto di alleanza con le potenze della Triplice Intesa e aver abbandonato
lo schieramento della Triplice Alleanza, l’Italia dichiarò guerra all’Austria­Ungheria.
Il conflitto si trasformò ben presto in una sanguinosa guerra di trincea. Le forze au­
stro­ungariche si limitarono a difendersi lanciando contro attacchi limitati. La situa­
zione subì un brusco cambiamento nell’ottobre 1917, quando un’improvvisa offensi­
va degli austro­tedeschi nella zona di Caporetto portò a uno sfondamento delle difese
italiane e a un repentino crollo di tutto il fronte: le forze italiane dovettero dare vita a
una lunga ritirata fino alle rive del fiume Piave, lasciando in mano al nemico il Friuli
e il Veneto settentrionale otre a centinaia di migliaia di prigionieri; ora alla guida del
generale Armando Diaz e rinforzate da truppe francesi e britanniche, le forze italiane
riuscirono però a consolidare un nuovo fronte lungo il Piave, bloccando l’offensiva
degli imperi centrali. Dopo aver respinto un nuovo tentativo degli austro­ungarici di
forzare la linea del Piave nel giugno 1918, le forze degli alleati passarono alla con­
troffensiva alla fine dell’ottobre seguente: nel corso della cosiddetta battaglia di Vit­
torio Veneto le forze austro­ungariche furono messe in rotta, sfaldandosi nel corso
della ritirata. Il 3 novembre 1918 l’impero austro­ungarico chiese l’armistizio di Villa
Giusti, che entrò in vigore il 4 novembre segnando la conclusione della guerra (fig. 2.1).
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Figura 2.1: la vita in trincea
2.2 Il terremoto del 1976
La parte meridionale della fascia alpina si trova in una zona particolarmente sismica,
spesso sconvolta da terribili terremoti. Nel 1976 poco dopo le 21:00 h dalle profondi­
tà del monte San Simone che si trova nelle Prealpi Giulie, a nord della cittadina di
Venzone, la terra tremò per 51 lunghi secondi, facendosi sentire in una vasta zona
della penisola (fig. 2.2). Fu una tragedia in poco meno di un minuto, 119 comuni venne­
ro devastati e circa 1000 furono le vittime. Nel settembre del 1976 un’ altra fossa ag­
gravò ancora di più la situazione.
Dopo tante ricostruzioni hanno messo la regione più o meno apposto. 4
Figura 2.2 : terremoto in Friuli-Venezia Giulia del 1976
3. Le città
3.1 Trieste
Trieste è situata a nord del mar Adriatico, in un golfo che porta il suo stesso nome.
Ha origini antichissime. Si presenta come un centro moderno e multiculturale, operoso e in pieno sviluppo,
nonostante la minore disponibilità di terre dovuta alle vicende relative alle due guerre
mondiali. Tante notevole di reddito è anche rappresentate dal turismo. 3.1.1 Curiosità
Il Castello Miramare (fig. 3.1) a Trieste era il gemello di Castello Raggio di Genova, si­
tuato nel quartiere di Cornigliano, già pesantemente danneggiato dai bombardamenti
della seconda guerra mondiale, venne abbattuto il 14 aprile 1951 per lasciare il posto
all’insediamento siderurgico dell’Italsider e all’aeroporto internazionale inaugurato
una decina di anni dopo.
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Figura 3.1: castello Miramare
Figura 3.2: castello di Gorizia
3.2 Gorizia
Gorizia (fig. 3.2) si trova nella pianura friulana. Sorta come villaggio agricolo, ebbe in
seguito una forte espansione dovuta al porto di Trieste. Al termine della seconda
guerra mondiale, la posizione un po’ isolata di Gorizia ha rallentato la realtà commer­
ciale: l’economia quindi si è rivolta verso attività di tipo industriale, alimentare, chi­
mico, tessile, e dei materiali di costruzione. Il suo territorio è ricco di ricordi della prima guerra mondiale tra i quali il cimitero
dei caduti di Redipuglia.
3.3 Pordenone
Pordenone (fig. 3.3) sorge al centro di una fertile zona agricola, vicino alle rive di un
breve fiume, ma navigabile. Negli ultimi anni ha avuto uno sviluppo urbanistico e in­
dustriale eccellente. Capoluogo dell'omonima provincia nel Friuli-Venezia Giulia, è
la principale città del Friuli occidentale o Destra Tagliamento ed è la terza città più
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popolosa della regione dopo Trieste ed Udine.
Figura 3.3: palazzo comunale di Pordenone
3.4 Udine
Udine (fig. 3.4) rappresenta il “Centro storico” di tutta la regione friulana.
Questa favorevole posizione geografica è stata determinante per lo sviluppo commer­
ciale e industriale della città, che è divenuta un importante nodo stradale e ferroviario.
Udine è oggi un centro ricco di industrie attive in vari settori.
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Figura 3.4: torre con orologio
4. Economia
4.1 Agricoltura e allevamento
L’agricoltura non è ricca, fornisce solo prodotti destinati al consumo locale. Nelle
zone alpine e prealpine l’allevamento e la coltura forestale non sono sufficienti a per­
mettere alla popolazione un buon tenore di vita. In Carnia l’emigrazione è forte . In
pianura invece il suolo è fertile grazie alla presenza di corsi d’acqua. Crescono grano­
turco, segale, tabacco, avena, ortaggi e barbabietole da zucchero. Vi sono anche pro­
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duzioni tipiche locali come gli asparagi e i peperoni rossi. Presenti molti pioppi, il cui
legno è utilizzato per la produzione di carta. Sui colli abbondano i vigneti che danno
vini pregiati, tra cui il Tocai e il Merlot. Altra produzione tipica è quella della grappa.
È diffuso l’allevamento suino da cui si ricava il prosciutto San Daniele ( fig. 4.1). La re­
gione è al secondo posto in Italia per l’allevamento dei bachi da seta. La pesca sta di­
ventando via via meno redditizia perché l’Adriatico è sempre meno pescoso.
Figura 4.1: prosciutto San Daniele e Merlot
4.2 Le industrie
Nel settore secondario, oltre a piccole e medie imprese, il Friuli­Venezia Giulia conta
anche su grandi industrie concentrate in determinate zone: aeronautica, a Monfalco­
ne, della seta a Udine e Pordenone, di mobili a Udine, navali, siderurgiche e meccani­
che a Trieste.
La produzione artigianale è legata alla lavorazione di mobili e oggetti ottenuti dal le­
gno dei boschi della zona alpina.
4.3 I servizi
Negli ultimi decenni il terziario ha registrato una forte crescita; i centri di servizi e
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degli uffici amministrativi sono concentrati a Udine. In espansione è anche il turismo,
sia nei centri montani della Carnia, sia nelle stazioni balneari adriatiche. La regione
ha un ruolo di primaria importanza per i traffici con l’Austria e l’ex Iugoslavia. 4.3.1 Gastronomia
I dolci tradizionali del posto sono le ciambelle e le castagnole così chiamate perché
ricordano la forma delle castagne, oltre a questi dolci ci sono le fritole ( fig. 4.2) che
sono adatte per una gustosa merenda.
Figura 4.2: le classiche fritole friulane
4.3.2 Le vie di comunicazione
La rete di vie di comunicazione del Friuli­Venezia Giulia è ben sviluppata e ha come
centro la città di Trieste. La rete autostradale presente nella regione è importante an­
che come via di collegamento con tutto il nord della penisola e soprattutto con le zone
industriali del Veneto.
Il traffico nelle acque del Mar Adriatico è molto attivo e il porto di Trieste è uno dei
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punti nodali per quanto riguarda i contatti con le nazioni centro orientali dell’Europa.
Da qui, infatti, partono numerose navi che seguono le rotte verso l’Oriente.
5. Carsismo
Il Carsismo è un fenomeno chimico; l'acqua piovana, che contiene l'anidride carboni­
ca, (conseguenza del processo di carbonatazione) altera i rilievi calcarei e ne erode
numerose porzioni, fino a creare un paesaggio ricco di forme particolari. L'acqua che
si infiltra nel massiccio carsico esercita la sua azione mediante processi sia di corro­
sione, sia di erosione. Perchè il processo progredisca nello spazio e nel tempo, occor­
re che la roccia sia fratturata, in modo che le acque penetrino in profondità. Queste
acque, una volta penetrate, circolano nel sottosuolo seguendo le fessure delle rocce,
che contribuiscono ad allargare, e possono riaffiorare attraverso le sorgenti. Il nome
del processo deriva dalla zona del Carso (fig. 5.1), in Friuli­Venezia Giulia, dove è par­
ticolarmente evidente (in Italia paesaggi carsici sono molto diffusi anche nell'Appen­
nino centrale e in Puglia). Il carsismo è chiamato epigeo quando interessa le rocce solubili affioranti in superfi­
cie e ipogeo quando agisce in profondità: nei due casi hanno origine numerose forma­
zioni caratteristiche. Figura 5.1: Grotta Gigante del Carso
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5.1 Il carsismo epigeo
Le formazioni tipiche più significative sono le doline, le uvala e i polje.
Una dolina è una conca chiusa, depressa rispetto al piano di campagna, talvolta prov­
vista di un inghiottitoio, che raccoglie le acque e le convoglia in cavità sotterranee.
Le pareti e il fondo di una dolina possono essere fratturati e permeabili all'acqua. Il
passaggio dell'acqua può essere totalmente o parzialmente impedito. Nel primo caso, sul fondo della dolina occhieggia un laghetto; nel secondo caso rista­
gna una palude, limitata ai periodi di maggiore precipitazione. Le dimensioni di una
dolina variano in modo esagerato: il diametro della conca può essere di pochi metri,
ma anche di oltre un km; la profondità oscilla tra 1­2 m e 200m. Le uvala sono de­
pressioni molto grandi da diametro spesso superiore ai 1000 m. Derivano dalla fusio­
ne di doline, ciascuna in allargamento per corrosione progressiva delle pareti. I polje, detti anche foibe, sono depressione chiuse, di dimensioni enormi ( anche deci­
ne di km) con un fondo pianeggiante.
Tra le forme del carsismo epigeo ci sono infine i campi solcati, detti anche campi car­
reggiati; sono zone calcaree che presentano numerosi solchi con profondità variabile
a qualche metro, separati da creste sia arrotondate che taglienti.
5.2 Il Carsismo ipogeo
Il carsismo ipogeo è oggetto di studio di una vera e propria scienza la speleologia (dal
dal greco spélaion=caverna e lògos=discorso). L'azione dell'acqua contenente disciol­
ta anidride carbonica nelle cavità ipogee varia nel tempo. Dapprima si manifesta ap­
pena al di sotto della superficie; con il passare del tempo si attivano nuove vie di flus­
so delle acque, più profonde. La circolazione delle acque all'interno delle rocce calca­
ree crea l'insieme delle forme ipogee, che sono principalmente pozzi e grotte:
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1. pozzi fusiformi, o fusi, cavità allungate in senso verticale, assottigliate alle due
estremità, si creano in corrispondenza agli spazi più ricchi di fratture;
2. grotte formatesi per espansione dei singoli pozzi fusiformi. La varietà delle for­
me, le diverse strutture che si formano fanno delle grotte carsiche in ambiente
molto caratteristico;
3. gallerie, lunghe condotte orizzontali;
4. abissi, pozzi a sviluppo verticale.
All'interno delle grotte, l'anidride carbonica disciolta nelle acque può liberarsi perciò
il bicarbonato disciolto nelle acque si trasforma in carbonato di calcio, che precipita
in una forma amorfa, detta alabastro e origina così le stalagmiti, le stalattiti e le co­
lonne.
Le stalattiti sono esili forme coniche o cilindriche, che pendono dalla grotta, di lun­
ghezza variabile da pochi centimetri a diversi metri; le stalattiti; per accrezione pro­
gressiva, aumentano di lunghezza e di diametro. Le stalagmiti si sviluppano sul pavimento della grotta là dove cade la goccia che si
stacca dal soffitto. In questo caso è l'urto a terra a provocare la precipitazione del car­
bonato di calcio.
Le colonne si formano per prolungamento verso il basso delle stalattiti e crescita ver­
so l'alto delle stalagmiti; hanno diametro variabile.
La formula chimica del carsismo è:
CO2 + H2O + CaCO3 ⇆ Ca(HCO3)2
5.3 L'inquinamento
Per anni, oltre un centinaio delle grotte del Carso triestino sono state usate come di­
scariche (fig. 5.2). Interi ecosistemi sono stati distrutti e la bellezza naturalistica è ormai
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compromesso. A cavallo tra Italia, Slovenia, nelle Alpi Giulie sono state censite 350
grotte inquinate. In Slovenia la grotta Jenseva Jama, vicina al paese di Casigliano di Sesana, è piena di
automobili e altri rifiuti. Nonostante tutto, in questa grotta è ancora presente una rara
perla di grotta.
In Italia la situazione non è migliore: il pozzo vicino alla frazione triestina di Gropa­
da, è stato adibito al centro di smaltimento dei rifiuti ingombranti. Invece il pozzo vi­
cino a Basovizza, altra frazione del comune di Trieste, è stato usato per lo sversamen­
to dei rifiuti pericolosi conseguenti dell'attentato al terminal petrolifero dell'oleodotto
transalpino nell'agosto 1972.
Figura 5.2: esempio di inquinamento all'interno delle grotte del Friuli
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Contenuti extra
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