CONCORRENZA PERFETTA E DINAMICA

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CONCORRENZA PERFETTA E DINAMICA
1. La caratterizzazione dell'equilibrio di mercato
Per caratterizzare un mercato di concorrenza perfetta consideriamo
un certo numero di imprese che producono e offrono tutte una merce
omogena. Con tale termine si intende una merce priva di differenze
qualitative o di altra natura e immediatamente riconoscibile come tale
dai potenziali acquirenti.
Stabiliamo quattro prerequisiti che devono essere soddisfatti per
caratterizzare un mercato perfettamente concorrenziale, altrimenti detto
di concorrenza perfetta.
a) I consumatori sono indifferenti rispetto a chi vende; acquistano
dall'impresa che fa il prezzo più basso.
b) I consumatori sono perfettamente informati dei prezzi praticati dai
venditori. Il mercato è quindi del tutto trasparente.
c) I venditori (le imprese) vendono a chiunque sia disposto ad
acquistare al prezzo più alto. Essi sono anche informati se qualche
venditore concorrente pratica prezzi più bassi.
d) Ogni merce acquistata può essere rivenduta senza altri costi. Tali
possibili costi sono detti 'costi di transazione'. Pertanto in mercati
perfettamente concorrenziali i 'costi di transazione' sono nulli.
Questi prerequisiti o condizioni, se sussistono, conducono a una
configurazione di mercato in cui vige un prezzo unico e lineare nelle
quantità (se compro 1 unità pago p, se compro n unità pago np).
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Introduciamo ora due condizion informali, o ipotesi
comportamentali, che riguardano i consumatori e i produttori.
e) Ciascun consumatore considera il prezzo di acquisto come dato e
ritiene inutile la contrattazione.
f) Ciascun produttore considera il prezzo di vendita come dato e ritiene
che la sua decisione sulla quantità da offrire sul mercato non lo possa
influenzare.
Siamo percio' in grado di definire l'equilibrio di un mercato
perfettamente concorrenziale.
Definizione: l'equilibrio è dato da un prezzo "p";
da una certa quantità acquistata da ciascun consumatore;
da una certa quantità prodotta da ciascuna impresa;
al prezzo dato:
ciascun consumatore acquista la quantità che desidera
ottenere;
ciascun produttore massimizza il profitto;
la somma delle quantità prodotte è uguale alla somma
delle quantità acquistate.
Data una funzione di domanda di mercato rappresentata da una
curva discendente rispetto al prezzo e una funzione di offerta di mercato,
ottenuta come somma orizzontale delle funzioni di offerta delle imprese,
rappresentata da una curva crescente rispetto al prezzo, l'intersezione
della curva di domanda e della curva di offerta nel quadrante positivo
indica la coppia prezzo-quantità che mette in equilibrio il mercato. La
figura sottostante lo illustra.
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p
p
offerta
domanda
∑ = yj (p)
j
∑ = y j (p)
y
j
Dal grafico è evidente che i costi marginali delle singole imprese
(tre nell'esempio) sono crescenti. Il che implica che la tecnologia adotta
sia a rendimenti decrescenti di scala.
L'equilibrio cosi' rappresentato, nella figura, è di per sé una
situazione che non necessariamente indica un equilibrio di concorrenza
perfetta. Per interpretarlo come tale bisogna, per così dire, animarlo.
2. Equilibrio del mercato di concorrenza perfetta nel lungo periodo
Supponiamo di partire da una situazione di mercato in cui imprese
concorrenziali, ovvero imprese i cui imprenditori ragionano secondo la
condizione f), offrono una certa quantità sul mercato, individuata
mediante la regola del primo ordine (massimizzazione del profitti),
conseguendo profitti positivi (il prezzo è maggiore del costo medio).
Introduciamo ora l'ipotesi importante che esistano un certo numero
di imprese esterne al settore che al prezzo esistente potrebbero entrarvi
se guadagnassero un profitto positivo e che imprese operanti nel settore
potrebbero uscire senza costi se accusassero perdite. Questa ipotesi
consente di introdurre nell'analisi aspetti dinamici. La libertà di entrata e
y
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uscita, senza vincoli, delle imprese ci fa pensare a una situazione di
movimento. L'equilibrio del mercato diventa necessariamente una
situazione di quiete in cui nessuna impresa esterna percepisce un
incentivo a entrare e nessuna impresa interna percepisce l'incentivo
opposto. L'incentivo neutrale è ovviamente il profitto nullo. Uno stato di
quiete, inteso come assenza di movimenti in entrata e in uscita, è un
equilibrio di lungo periodo del mercato.
Siamo ora in grado di qualificare meglio il concetto di equilibrio di
lungo periodo. E' una situazione in cui:
a) Tutti i produttori offrono la merce omogenea al medesimo
unico prezzo;
g) esiste un insieme di imprese operanti sul mercato che
appartengono a un insieme più ampio che include anche le imprese
potenziali entranti;
h) ciascuna impresa operante consegue profitti non negativi
in corrispondenza al piano di produzione prescelto e al prezzo
vigente;
i) le imprese potenziali entranti conseguirebbero profitti non
positivi al prezzo vigente se decidessero di entrare;
j) l'offerta delle imprese operanti è pari alla domanda del
mercato al prezzo vigente.
Ricordiamo che tutta l'analisi si svolge nell'assunzione generale di
equilibrio parziale; il che significa che i prezzi dei fattori produttivi e in
generale delle altre merci sono assunti come dati.
In termini realistici l'assunto di equilibrio parziale si può accettare
se il mercato di cui si discute è "piccolo" rispetto all'insieme degli altri
mercati; ovvero quando la variazione delle quantità offerte non modifica
in modo percettibile la domanda derivata di fattori produttivi (inputs) nei
rispettivi mercati. Se cosi' accade, si possono assumere come dati i
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prezzi degli inputs che entrano nella funzione di costo delle imprese del
mercato di cui ci si occupa.
Ricordato questo, in un mercato perfettamente concorrenziale in
cui vi è totale trasparenza le imprese operanti e potenziali entranti
assumono le loro decisioni di produzione sulla base di una medesima
funzione di costo e di produzione. Tutte conoscono e tutte sanno
applicare la tecnologia migliore.
Come conseguenza, se le imprese operanti conseguissero un
profitto π ≥0 e quelle potenziali entranti un profitto non positivo π ≤0, le
potenziali entranti sarebbero indotte ad entrare e il profitto di lungo
periodo si assesterebbe a π =0.
Ma un'impresa attiva sul mercato e che massimizza il suo profitto
consegue un profitto nullo con una produzione positiva se il livello di
produzione è quello che minimizza il costo medio. La condizione di
primo ordine richiede che il prezzo sia uguale al costo marginale. Un
profitto nullo si ha solo se il costo marginale è uguale al costo medio e
questo accade solo nel punto di minimo del costo medio. Pertanto il
prezzo di mercato è uguale al costo medio minimo. Questo è l’esito di un
precesso di entrata di nuove imprese sul mercato attratte da un π ≥0 delle
imprese già operanti. L’offerta di mercato aumenta e per assere assorbita
dalla domanda il prezzo non può che non scendere. La discesa del prezzo
si arresta a pe, e così l’entrata di nuove imprese, quando esso raggiunge il
livello del costo medio minimo, uguale per tutte le imprese operanti (le
imprese sono uguali).
Per questo esito i rendimenti di scala devono essere costanti o
decrescenti.
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p
p
A
p
e
B
y
ye
A=π>0; B=π=0
Si può pertanto affermare che un equilibrio di lungo periodo è una
situazione in cui ciascuna impresa produce un output y* che minimizza
il costo medio e quel livello di output è quello socialmente efficiente
perché la capacità produttiva (o scala di produzione) è utilizzata al
meglio tecnico.
p
p
e
0=π=(p -CMeL)y*
e
y
y ,y
d o
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3. Approccio formale: generalizzazione
Da un punto di vista formale possiamo affermare che un
compratore (o venditore) esibisce un comportamento competitivo se egli
assume o crede che il prezzo di mercato sia dato e che le sue decisioni di
acquisto (di vendita) non influenzino il prezzo di mercato.
Sia y un prodotto omogeneo e la seguente
p(Y ) = a ! b(Y ) a,b > 0 e Y = y1 + y 2
la funzione di domanda inversa di mercato. Supponiamo anche che
i rendimenti di scala siano non crescenti. Ci allontaniamo dalla forzatura
delle curve di costo a U. Sul mercato stanno 2 sole imprese, non “n”, e
con funzione di costo CTi(yi)=ciyi, con i=1,2. Per realismo supponiamo
anche che esse non siano uguali perchè c2≥ c1≥0; la prima impresa è più
efficiente della seconda.
La funzione di costo ha un andamento lineare e costo medio e
!CTi ( y i )
CT ( y )
= c i = i i = CMei ( y i )
!y i
yi
marginale di ciascuna impresa sono uguali e costanti, pur diversi tra le
due.
Pertanto i rendimenti di scala sono costanti con l'impresa 2 con un
costo unitario maggiore dell'impresa 1. Il mercato è descritto dal grafico
sottostante con la curva di domanda di mercato e le curve costo unitaro
costanti delle due imprese. Cerchiamo la caratterizzazione dell’equilibrio
in questo contesto.
CMai ( y i ) =
8
p
c2
c1
y
a-c1
a
b
b
In equilibrio ciascuna impresa sceglie il livello di output che
massimizza il profitto al prezzo di equilibrio e al medesimo prezzo e la
domanda di mercato assorbe tutta l'offerta. Formalmente:
Definizione: la trippletta (pe, ye1, ye2) è detta equilibrio competitivo
se
1. dato pe, yei risolve
max y i ! i ( y i ) = p e y i " CTi ( y i )
i = 1,2
2. pe=a-b(ye1+ye2); pe, ye1, ye2≥0.
Calcoliamo l'equilibrio a partire dalla funzione di offerta del
mercato:
yi=∞ se p>ci; yi=0 se p<ci; yi={0, ∞) se p=ci.
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Prova: ciascuna impresa considera il prezzo come un dato; allora
p-ci=πi è costante; se πi>0 questo implica yi=∞; se πi<0 si ha yi=0.
Pertanto qualsiasi prezzo p>ci non è un prezzo di equilibrio perché yi=∞
e questo contraddice la funzione di domanda che esprime valori finiti e
positivi. Poiché se p>ci la quantità offerta (∞) supera la quantità
domandata {Yd(p)}, si viola il punto 2. della definizione; se a>c2≥c1≥0
l'unico equilibrio competitivo è pe=c1 e
1. se c2≥c1, ye2=0 e ye1=(a- c1)/b;
2. se c2=c1, allora Ye= (ye1+ye2) con ye1, ye2>0; la produzione
complessiva è positiva ma la divisione del prodotto tra le due
imprese è indeterminata.
3. Se, infine, a<c1, nessuna impresa produce (la domanda è
troppo bassa).
4. Per un numero di imprese crescente, solo le imprese con il
costo unitario di produzione più basso stanno sul mercato.
5. Dalla 4) segue che può esistere un equilibrio competitivo
anche con una sola impresa sul mercato. Se c>0 allora pe=c e
ye=Ye=(a-c)/b rappresenta un equilibrio competitivo.
4. Rendimenti di scala crescenti
Cosa accade all'equilibrio competitivo se i rendimenti di scala sono
crescenti? Assumiamo la funzione di domanda inversa p=a-bY.
Osserviamo la figura sottostante che definisce anche la funzione di costo
con una componente di costo fisso
!F + cy se y > 0
CT(y i ) "
se y = 0
#0
La conseguenza è che un equilibrio competitivo non può esistere
quando le imprese esibiscono tecnologie a rendimenti crescenti di scala
con curve di costo medio decrescenti al crescere della quantità prodotta.
Finchè il prezzo supera il costo marginale e il costo medio scende
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l’incentivo è di aumentare la produzione perchè il profitto continua ad
p
pe
2
CMe=
c
F
y
+c
CMa=c
pe
1
A
y
Se a>c (ricordando Y=(a-c)/b) allora un equilibrio competitivo non
esiste.
Prova: pe= pe1≤c ⇒ pe1≤CMe per ogni y; pertanto l'impresa
produce ye=0 che non può essere una quantità di equilibrio perché a pe1
la domanda è positiva. pe=pe2>c ⇒ pe2>Cme per y>A; pertanto π=(pe2Cme) cresce con y e implica che ye=+∞ che non può essere una
produzione di equilibrio perché a pe2 la domanda è finita.
aumentare. Se non intervengono limiti nella capacità produttiva la
dinamica di mercato porta verso il monopolio.
Questo esito spiega perchè le funzioni di costo in precedenza
assunte per analizzare gli equilibri di mercato di breve e lungo periodo,
sia in concorrenza che in monopolio, esibivano costi unitari crescenti nel
tratto economicamente rilevante in cui si studiava la condizione di primo
ordine per un massimo profitto.
5. Benessere sociale e equilibrio competitivo
Osserviamo la figura sottostante nella quale compare una curva di
domanda di mercato lineare e una curva di costo marginale costante a
simboleggiare l’offerta. Ricordiamo che un equilibrio competitivo può
sussistere anche con una sola impresa. Se il prezzo di mercato p0 scende
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verso il costo marginale “c” aumenta la quantità posta sul mercato, da Y0
a Yc e in un significato ampio aumenta il benessere dei consumatori. Per
fornire solo una intuizione di questo incremento di benessere si osservi
che al prezzo p0 acquistano merce anche i consumatori che sarebbero
stati disposti a pagare di più per le quantità comprese tra l’origine e Y0.
Questo vantaggio è misurato dal triangolo α. Se il prezzo scende al
livello del costo marginale al triangolo α si aggiunge, per il medesimo
ragionamento, il triangolo γ e il reattangolo β che rappresenta la perdita
di profitto dell’impresa causato dall’essersi il prezzo livellato al costo
marginale.
p
p=a-bY
α
p
0
β
γ
c
0
Y
Yc
y
Questo risultato, l’aumento di benessere dei consumatori misuratodalla
quantità offerta al prezzo più vicino al costo marginale, è la base per la
politica contro i monopoli e di incentivo alla concorrenza che tutti i paesi
occidentali stanno praticando, con risultati non sempre lineari, a partire
dallo Sherman Act statunitense del 1890.
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6. Significato e funzione del profitto
In alcuni dei casi discussi finora, specialmente per i mercati
concorrenziali e di concorrenza monopolistica, l'equilibrio di lungo
periodo di un'industria comportava profitti nulli per le imprese. In altri
casi, almeno per qualche impresa i profitti erano positivi nel lungo
periodo. Nel breve periodo le imprese possono conseguire profitti e anche
perdite. Questa situazione merita un breve approfondimento.
Nel mondo reale le imprese sembrano conseguire profitti positivi
come regola e le perdite rappresentare eccezioni; questo sembra
contraddire l'argomento dei profitti zero per tutte le imprese in equilibrio
concorrenziale di lungo periodo. La contraddizione svanisce se
ammettiamo che nella funzione di costo sia sommato anche un profitto
minimo che le imprese intendono comunque conseguire, definito o come
livello o per unità di prodotto. In tal modo il profitto nullo nel lungo
periodo significa assenza di un profitto (o extraprofitto) che eccede il
livello minimo richiesto.
Ma vi sono situazioni di equilibrio di lungo periodo in cui qualche
impresa ha profitti (o extraprofitti) positivi e altre no, a causa dei costi di
produzione assai più bassi rispetto alle concorrenti, o quando i potenziali
entrati sono tenuti fuori dall'industria a causa di barriere legali all'entrata.
Ma perchè un'impresa ha costi di produzione più bassi di un'altra? Questo
accade perchè quell'impresa ha accesso a qualche particolare conoscenza
tecnologica o organizzativa, a un input che le altre imprese non
possiedono e che non possono acquisire. Questo profitto maggiore
dipende dalla possibilità di utilizzare un input particolare che l'impresa
controlla e che è negato alle altre imprese concorrenti; questo profitto
maggiore, in quanto legato all'utilizzo di un input esclusivo, lo
indichiamo come rendita. In generale il possessore di un input
particolare, non disponibile liberamente per tutti, riceve per questo una
remunerazione che è una rendita. Che la rendita si manifesti come
profitto, salario, canone di affitto, dipende solo dalle circostanze. Si
supponga che vi siano molti produttori di acciaio in competizione l'uno
contro l'altro, e che esista una particolare localizzazione per la produzione
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di acciaio che è migliore di tutte le altre possibili, ma solo un impianto vi
può essere installato. Se il possessore di quel terreno decide di costituire
un'impresa per produrre acciaio, questa impresa avrà costi più bassi dei
concorrenti e farà profitti di lungo periodo, diciamo di un miliardo di lire
per anno. Se invece il possessore del terreno decide di darlo in affitto al
migliore offerente, qualche produttore di acciaio si troverà a pagare la
cifra di un miliardo di lire annue per l'utilizzo di quel luogo privilegiato.
Il costo di produzione dell'acciaio da parte di questo produttore sarà
allora esattamente uguale a quello dei suoi concorrenti, nessuna impresa
farà profitti nel lungo periodo, ma il possessore del terreno riceverà un
miliardo di lire annue come affitto. Ugualmente, se c'è una persona dotata
di particolare competenza nella produzione di acciaio, essa riceverà una
particolare remunerazione per questa sua competenza; se questa persona
possiede un'impresa che produce acciaio, questa remunerazione apparirà
come profitto; se essa lavora alle dipendenze di un'impresa la
remunerazione apparirà come un salario più elevato di quello pagato agli
altri lavoratori. In entrambi i casi questa persona riceve una rendita per
questa sua particolare competenza, la cui offerta è limitata.
Pure i profitti di breve periodo sono associati a input che sono in
offerta fissa; tali profitti assumono di conseguenza la natura di rendita.
Nel breve periodo le imprese utilizzano gli input variabili pagandoli al
loro prezzo di mercato. L'impresa possiede un dato ammontare di input
fissi, e l'ammontare dei ricavi al netto dei costi variabili, il guadagno
sugli input fissi, è una rendita. Qualsiasi ricavo sia percepito in eccesso ai
costi variabili, non stimola un'offerta aggiuntiva di input fissi, in quanto
la loro offerta è costante, nel senso che gli input fissi sono utilizzati solo
se i ricavi superano i costi variabili.
La figura seguente presenta il mercato di una merce. Supponiamo
che i prezzi di tutti gli input siano fissi. Ciascuna impresa offre output al
livello che rende il costo marginale uguale al prezzo. La curva di offerta è
la curva di costo marginale dell'industria.
Matematicamente, il costo totale è la somma dei costi delle singole
imprese:
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F
c = ! c (w, y )
f
f
f =1
dove cf(w,yf) è la funzione di costo della impresa f.
p=
!c f (w, y f )
!y
f = 1,..., F
La relazione precedente risulta dalla massimizzazione del profitto .
Il prodotto totale è dato da
y=
F
!yf
f =1
Se si integra la funzione !c (w, y)/ !y con w costante otteniamo
y2
"0
!c (w, y)
!y = c(w, y2 )- c(w,0)
!y
la quale, poichè c(w,0) è il costo fisso, fornisce il costo variabile
che si sostiene per produrre y2 .
p
O
p2
p
V
1
D
W
y1
y
2
Profitti e rendita
x,y
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In termini grafici, l'integrale di una funzione è dato dall'area
sottostante il grafico della funzione, e poichè la curva di offerta O nella
figura rappresenta il costo marginale come funzione dell'output, l'area
indicata con la lettera W è il costo totale variabile per produrre y2 . Il
ricavo p2 y2 è rappresentato dall'intera area V + W , e il profitto
p2 y2 -
"
y2
0
!c (w, y)
!y =
!y
"
y2
0
#
!c (w, y)&
% p2 ( !y
!y '
$
è l'area V . Il ricavo è stato diviso dunque in costo variabile di
produzione, l'area W , e in rendita (il profitto, area V ).
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