10. Vivere è un’avventura
«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e
altro non desidero se non che questo fuoco sia
ardente».
La mia esistenza è così fumigante! Accendila
del tuo fuoco, Signore.
“Mi raccomando, va’ adagio, vola basso…!”, diceva la nonnina al nipote aviatore. Non s’immaginava che
la sicurezza per un pilota è la quota alta e la velocità.
Succede anche a me di pensare che la soddisfazione consista nello starmene a cuccia, senza iniziative,
senza slancio.
La vita non è un cronicario. Vi sono certuni che pretendono di aver trovato l’orientamento della loro
esistenza, d’aver acquistato il senso religioso, perché sono fedeli alle loro pratiche, percorrono il ritmo
immutabile dei loro doveri: sono coscienti, minuziosi, inappuntabili… Ma l’atmosfera in cui vivono è
pesante: agiscono per mestiere, automaticamente, in una routine estenuante. E perciò senza
soddisfazione.
La vita è bella se è vissuta come avventura.
Ogni età ha la sua avventura. Nell’infanzia vi è la scoperta progressiva del mondo, la preparazione alla
vita, il fascino di un avvenire ancora misterioso. Nell’adolescenza c’è l’avventura delle scelte: scelta delle
amicizie, delle idee, di una carriera, di un fidanzato… L’età matura ha la costruzione di un focolare, problemi
da risolvere, realizzazioni professionali o sociali da effettuare. Persino la vecchiaia è avventura, la più
affascinante: la preparazione all’abbraccio con il Signore.
L’impulso dell’avventura è il più valido motore della ricerca scientifica, delle conquiste dell’arte, delle
realizzazioni di bene. Porta la gioia dell’iniziativa, desta una risonanza umana e spirituale, sostiene col
piacere della sorpresa. Slancio che, in definitiva, è un bisogno di assoluto: una sete di Dio.
In questa prospettiva, persino la fatica diviene un coefficiente di soddisfazione: conferisce il pregio
all’opera che stiamo compiendo. “Vi auguro la gioia della stanchezza!”, diceva Mons. Bartolomasi,
Ordinario militare, rivolgendosi ai suoi soldati.
E’ da un’avventura si accende l’interesse per un’altra. Come nell’esercizio del salto: da un ostacolo più
basso si desidera tentare a un altro superiore.
Non c’è nulla di più accasciante che appartarsi nella monotonia. Non c’è nulla di più allettante che
appassionarsi per qualcosa.
*
Ciò che mi manca, in fondo, è di veder chiaro in me, di sapere ciò che devo fare… Si tratta di
comprendere il mio destino, si tratta di trovare una verità che sia unica per me, di trovare un’idea per la
quale valga la pena di vivere e morire: compiere insomma un’avventura per raggiungerla.
A chi si apre alla vita e prende coscienza di potervi entrare con l’apporto delle sue energie, la prima
prospettiva che affiora tra le moltissime è la tendenza a un valore. “Che cosa vuoi fare, innanzitutto in
questo mondo?”, potete domandare a un giovane ben intenzionato. “Voglio fare qualcosa che valga”,
avrete come risposta.
E la risposta è buona. Perché vivere comporta una scelta di valori. E, scorgendo il valore di ogni mia
azione, invece di sbuffare come una locomotiva, la compirò con slancio, con entusiasmo, con dedizione
gioiosa.
Il valore più grande della vita è quello che più di frequente viene trascurato: la presenza di Dio, che
agisce, che collabora con me, non per sfruttare la mia esistenza a un fine che interessa soltanto lui, ma per
dirigere l’avventura di ogni mia attività secondo un disegno di amore e di felicità.
Ciò che “vale” di più in me allora, non è l’intendimento che posso ricercare nell’immediato, con una
visuale corta e falsata: ciò che “vale”, lui lo conosce meglio di me, lo ricerca per me. E’ per questo che lui
stesso vuole associarsi a me e condividere il cammino.
E questa avventura con Dio è quotidiana. Non è soltanto in qualche ora importante di decisione, in
qualche momento eccezionale per particolare devozione, ma in ogni istante, per ogni pensiero, per ogni
sentimento, per ogni azione.
Il Signore è “il mio Pastore”. Mi conduce, a dispetto della mia incertezza e della mia oscurità, anzi, a
dispetto dei miei sbagli. Realizza il suo piano, anche se io, al momento, non lo comprendo.
La fede consiste precisamente nel contare su questa sovranità invisibile del Signore, più che sulla mia
capacità di distinguere ciò che vale. Se si fosse domandato a Gutenberg, quand’era ragazzo, ciò che avrebbe
potuto fare di valevole nella vita, non avrebbe saputo rispondere. Il signore lo condusse, attraverso le
circostanze, a inventare la stampa.
La maggior parte delle nostre migliori avventure sono così. All’inizio non avremmo neppur saputo
sospettarle, ma siamo stati condotti. Il Signore ha diretto lui: e ha diretto bene.
Anche attraverso gli insuccessi il Signore sa trovare la strada. Talvolta una riuscita troppo umana può
diventare una prigione dorata per noi. Un contrasto, un dolore invece ci fa misurare la vanità di ciò che ci
teneva troppo attaccati a noi stessi e ci impediva di progredire verso qualcosa di più valevole.
Accettare con piena lucidità di fede uno smacco vuol dire riprendere, al fianco del Signore, un’avventura
ancora più bella.
*
Benedetti i momenti di riflessione, che mi portano a scoprire il senso di Dio nel mio cammino!
Attrattive, entusiasmo: sono mezzi di cui Dio si serve per farmi conoscere il mio destino, la mia
vocazione, per aiutarmi nei primi passi.
Il fervore dell’entusiasmo è un dono iniziale: non posso pretenderlo tutti i giorni.
Devo però camminare lo stesso, anche se la stella che aveva illuminato il primo tratto di cammino,
scompare.
Nel grigiore estenuante, nella monotonia di tutti i giorni, toccherà a me far rivivere la luce: non più
nell’effervescenza di una emozione, ma nella più solida intensità della riflessione di fede e di abbandono al
Signore.
In questa sensazione, non di sentimento soltanto, ma di fede profonda, ritroverò ciò che vale di più in
me: il Signore nella mia vita.
E il Signore vede, dispone e guida alla vetta. In lui ogni cosa sarà il meglio per me.
In ogni impresa che intraprendo, in ogni azione del dovere, butterò il cuore al di là della trincea e mi
slancerò con coraggio all’attacco.
«Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
In pascoli di erbe fresche
mi fa riposare;
ad acque di sollievo mi conduce,
ristora l’anima mia.
Mi guida per sentieri di giustizia per
amore del suo nome;
se anche vado per valle tenebrosa,
non temo alcun male.
Sei con me: il tuo bastone, il tuo vincastro,
son questi il mio conforto!» (Salmo 22).