Il Giornalino

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17/11/2013
Numero I Anno IV
Il Giornalino
La Banda Musicale “G. Verdi” ai Giardini Estensi il 21 giugno 2013
Contenuti:
LETTERA DEL PRESIDENTE
Il 2013 è stato un anno particolare per la nostra
Banda, poiché abbiamo celebrato il bicentenario
della nascita di Giuseppe Verdi, a cui è intitolata
la nostra associazione. Grande musicista e patriota, fu esempio di dignità non dimenticando mai
le sue origini, cosa che anche noi dobbiamo sempre ricordare. Siamo una Banda e abbiamo tutti
la stessa importanza, dal maestro al presidente,
dal socio sostenitore fino all’ultimo allievo iscritto
al nostro corso. Siamo consapevoli che solo con
una sana dose di umiltà e impegno possiamo raggiungere sempre maggiori risultati soprattutto in
questi periodi di crisi dove alcuni valori vengono,
a volte, messi da parte. Rifacendoci alla storia del
grande Verdi, non dobbiamo mai sentirci appaga-
Semplicemente Verdi 2
Intervista al maestro 3
Coltiva il tuo talento 5
Intervista agli allievi 6
Approfondimenti 8
Contaminazioni 9
Verdi a Varese 10
Lettere alla banda 11
Marcia Capolago 12
Angolo dei ritagli 13
Gioco di S. Cecilia 14
Soluzioni n° scorso 15
ti, dobbiamo sempre impegnarci come fosse la prima prova o il primo concerto, lasciare da parte per qualche ora i problemi e le distrazioni e dedicarci
alla musica; solo così potremo raggiungere sempre maggior qualità proprio
come il grande Maestro, mai appagato dalle parole e dai complimenti. Potrei
dilungarmi per ore ma non è nel mio stile. Mi sembra che questa sia una
qualità del Maestro che dobbiamo fissare bene in mente per proseguire il
nostro cammino. Tornando alla realtà devo anche fare i complimenti ai miei
ragazzi perché nel corso del concerto svoltosi sabato 26 ottobre nella città di
Busto Arsizio abbiamo dato dimostrazione di cosa siamo capaci. Ricevere
complimenti da decine di persone in un’occasione così importante ci deve
rendere fieri. Non sentiamoci mai domi e impegniamoci per migliorare, così
da arrivare sempre più in alto.
Marco Ambrosetti
SEMPLICEMENTE VERDI
Nella piccola chiesa di San Michele la funzione
domenicale è terminata. I fedeli escono ordinatamente, mentre l’organo fa udire le ultime note.
Un bimbetto (potrà avere otto anni non di più)
sosta, come rapito, davanti all’Altar maggiore.
È Giuseppe, conosciuto da tutti come Peppino,
figlio di Verdi, modesto bottegaio di Roncole.
Peppino, come i suoi coetanei, ama più giocare e
divertirsi che studiare, ma dimostra un’attrazione
particolare per la musica. Quando nella bottega
paterna, che è anche una mescita di vino, entra
un suonatore ambulante, il ragazzo, sordo agli
ordini dei clienti e ai richiami del babbo, è tutto teso ad ascoltare la musica.
Il parroco, che ha notato in chiesa il comportamento attento e compreso del
giovanetto, è indotto a pensare che egli sia molto devoto e lo invita a fare
il chierichetto, ma Giuseppe per seguire le note dell’organo, si distrarrà e
il vecchio sacerdote attenderà invano le risposte durante le funzioni. Baistrocchi, il vecchio organista ha compreso la sensibilità musicale del ragazzo e riesce a convincere papà Verdi ad acquistare una spinetta di seconda
mano. Giuseppe è al colmo della felicità e, sotto la guida dell’organista,
strimpella i primi accordi. Terminate le scuole elementari ed ottenuta una
borsa di studio del monte di Pietà, Giuseppe viene inviato a Busseto, paese
2
distante pochi chilometri da Roncole, per dedicarsi al suo studio preferito. Qui, Antonio Barezzi, facoltoso commerciante del luogo e appassionato
amatore di musica, intuendo le doti eccezionali del ragazzo lo prende sotto
la sua protezione e, quando lo ritiene preparato, lo invia a Milano per sostenere la prova di ammissione al conservatorio di musica. Giuseppe Verdi è
respinto dagli esaminatori che lo giudicano assolutamente privo di qualsiasi attitudine musicale. Fortunatamente la fiducia di Barezzi non è scossa dal
severo giudizio milanese. Egli conforta Giuseppe, lo aiuta finanziariamente
perché possa rimanere nella capitale lombarda per studiare, sotto la guida
del valente maestro Vincenzo Lavigna.
Renzo Bianchi
INTERVISTA AL MAESTRO
Giuliano, ti è piaciuta la banda nell’anno appena
concluso? Quali sono le tue impressioni sui concerti passati?
Stiamo crescendo. Sono molto soddisfatto di
come stiamo camminando verso una consapevolezza e una identità sempre maggiori. Iniziamo
a ricevere consensi anche al di là del pubblico
(che come sempre, grazie al cielo, ci supporta).
Istituzioni pubbliche come anche associazioni
private ci contattano sempre piu spesso, questo
è motivo di orgoglio, ma anche di responsabilità:
tanto più in alto si riesce a salire, tanto più in gamba bisogna essere per
rimanerci, e per puntare ancora più su! Continuiamo così. I progressi sono
tangibili.
A queste manifestazioni hanno preso parte i maestri della master class, dei
veri musicisti professionisti. Il loro contributo è stato importante? Qual è
stato l’impatto che ha generato nei musicanti?
Il loro contributo è stato fondamentale. Sempre lo sarà. Dall’interno noi lo
abbiamo percepito tantissimo. All’esterno, invece, la loro presenza aumenta il nostro prestigio. Questo ci fa bene. Il concerto d’estate è stato una vera
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e propria festa. Festa della musica e della aggregazione. Al di là di errori e
sbavature (del Maestro in primis!!!) che sempre ci sono stati e sempre ci
saranno, abbiamo trasmesso una immagine e una sensazione di unità e
compattezza che mai avevamo comunicato prima d’ora. Questo mi rende
fiero del lavoro che stiamo facendo tutti insieme. E mi stimola a “rompere
le scatole” ancora di piu. Piace a tutti fare bella figura. Ma non è con il blasone che si va avanti. Serve impegno e sempre maggiore concentrazione
e passione.
Nell’occasione del bicentenario in ricordo di Giuseppe Verdi faremo dei
concerti in ricordo del maestro. Come procede la preparazione?
La preparazione è iniziata a gennaio, non a settembre. Abbiamo deciso di
rendere il migliore omaggio possibile al Maestro non semplicemente accontentandoci di mettere in repertorio suoi brani, ma puntando a suonarli
meglio che in passato, e a tributare il nostro grazie a Verdi affiancando alle
sue pagine di musica strepitose anche altre musiche, colte e non. Se vogliamo esser degni di portare il suo nome, a poco serve conoscere a menadito
tutta la sua opera e suonarla un po’ come viene. Sono certo che lo stesso
Verdi preferirebbe molto di piu che suonassimo anche qualcosa non di suo,
ma per bene, piuttosto che sua musica a ogni costo. Ciò non toglie, comunque, che cercheremo di dedicare al Maestro circa metà scaletta nei concerti
di chiusura (Santa Cecilia e Natale). Fin qui, tuttavia, possiamo ugualmente
ritenerci piu che soddisfatti anche sotto questo aspetto.
Anche quest’anno sono entrati nuovi musicanti. Com’è stato il tuo impatto
con loro?
Sono tutti in gamba e con ottime potenzialità. L’ingresso in banda è complesso. Ci si adatta ad una realtà consolidata. In piu, la nostra banda conta
quasi 70 elementi e la pressione è anche maggiore. Ma i nuovi ce la faranno. Pian pianino, con umiltà e lavoro si ritaglieranno il loro spazio. Punto
molto su di loro.
Giuliano
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COLTIVA I SEMI, I SEMI DEL TALENTO
Un motto alpino recita: «Volersi bene non costa nulla». Una bella frase:
molto semplice da capire, ma difficile da applicare. Voler bene è una delle
cose più difficili soprattutto nella civiltà moderna, la civiltà delle immagini. Una civiltà dove la dimensione affettiva è praticamente scomparsa. Le
persone non sanno stare bene con gli altri, perché non sanno stare bene
con loro stesse. Le persone devono incominciare a coltivare interiormente
il desiderio di trasformazione. La trasformazione che deve avvenire è interiore e individuale. Solo con questa evoluzione le persone potranno capire
quali sono i loro talenti. Perché i talenti sono come i semi: vanno coltivati. Il
talento non è solo una trasmissione ereditaria, va fatto crescere con coraggio e dedizione. Il talento rappresenta ciò che l’uomo è, i suoi lati nascosti,
le sue qualità. Il talento va ricercato, va ricercato nell’interiorità dell’essere
umano. L’essere umano deve immergersi in un mondo magico, l’anima,
per ricercare il tesoro nascosto che è presente in lui. Non è un tesoro monetario ed economico, ma un tesoro spirituale. Un tesoro fatato che permette
di essere ricchi, ricchi spiritualmente. Perché la vera ricchezza è la ricchezza
spirituale. Se siamo ricchi di spirito possiamo stare bene sia individualmente che collettivamente. Possiamo imparare a condividere le nostre gioie e i
nostri dolori. Possiamo tranquillamente far parte di un gruppo sociale o di
una comunità. Possiamo far parte di una banda, di un’associazione culturale o di un’associazione umanitaria. I talenti, quindi, sono la nostra ricchezza. Una volta capiti possono diventare dei sogni che possiamo trasformare
in realtà. Dipende tutto da noi, dalla nostra
forza di volontà. Non
a caso Paulo Coelho
scriveva che il mondo
«è nelle mani di coloro
che hanno il coraggio
di sognare e di correre il rischio di vivere i
propri sogni».
Alessandro Pepe
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INTERVISTA AGLI ALLIEVI
Cosa ne pensi della scuola allievi?
Luca (clarinetto):
“Come tutti mi son trovato bene
sin dal primo giorno. Ho scelto
il clarinetto, perfetto per me! Mi
sono trovato benissimo con gli
altri compagni e sono soddisfatto
degli insegnanti”.
Lorenzo (saxofono):
“Benissimo, benissimo, benissimo…..”
Ma si capiva già (dal sorriso)!
Rita (clarinetto):
“Ho iniziato a frequentare il corso perché, in quinta elementare, la banda ha
portato nella nostra scuola gli strumenti musicali, dandoci la possibilità di provarli. Ho provato il clarinetto che poi ho
ritrovato piacevolmente al corso”.
Riccardo (bombardino):
“Mi sono trovato benissimo;
gli insegnanti sono bravissimi e pazienti. Ho fatto amicizia
con altri del mio corso e…. non
vedo l’ora di entrare in banda”.
Eleonora (clarinetto):
“Ho iniziato il corso di musica perché nella mia famiglia sono quasi tutti musicanti. Avrei preferito come
strumento il saxofono, ma
il clarinetto mi ha scelta
e ne sono molto contenta. Tutti i miei insegnanti
sono simpatici e pazienti”.
Sharon (flauto traverso):
“Mi ritengo molto fortunata… perché mi sono trovata benissimo
con gli insegnanti sia di teoria che di strumento. Poi, lo strumento,
era proprio quello che desideravo sin dal primo giorno in cui sono
entrata al corso! Spero di entrare in banda al più presto.”
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Patrick (trombone):
“Sin da subito mi sono trovato bene.
Son contento di essere qui, perché ci si
sente a casa. E’ un bell’ambiente anche
se serve molto impegno. Spesso, come
in Harry Potter, è lo strumento che sceglie te…. e non il contrario!!! Faccio ancora un po’ fatica a conoscere gli altri
compagni, ma ci sarà tempo per questo”.
Lorenzo (trombone):
“Mi piace un sacco il trombone. Mi sono
trovato bene da subito, sia con i maestri,
che con gli altri allievi con i quali ho fatto amicizia. Lo strumento non so se l’ho
scelto io o mi ha scelto lui”.
Giorgio (saxofono):
Dopo qualche ehm… “Gli
insegnanti sono molto
competenti… Il Paolo «devi
capirlo» (ridendo). La Paola è severa, esigente… ma
spiega bene ed è simpatica
e spiritosa!!! Lo strumento
non l’ho scelto io, ma mi
ha scelto lui!? Perché la
batteria la suonavano già
in troppi”. NON VEDO L’ORA DI ENTRARE IN BANDA!!!!!
Omar (batteria):
“Devo dire che a livello di corso allievi, in particolare quello che riguarda lo strumento e non tanto il solfeggio ( che
credo sia utile a tutti, ma amico di nessuno), mi sono trovato piuttosto bene. Infatti, terminati i tre anni obbligatori
stò continuando a frequentarlo come fuori corso. Questo
è stato possibile grazie agli insegnati, sia di solfeggio che
di strumento, sempre disposti a venirew incontro alle esigenze degli allievi e trasmettere con passione le proprie
conoscenze.”
Luigi (basso tuba):
“Che fatica… Sono quello che arranca più di tutti, scherzavo!?
Una botta di culo così capita solo una volta nella vita! Grazie.”
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RICERCHE ED APPROFONDIMENTI
CONTAMINAZIONI
Differenza tra Banda militare e Banda civile (municipale)
Si fa presto a dire Beatles e a chiunque viene in mente una delle loro innumerevoli hit, la moda anni ’60 e le scene d’isteria per i primi veri idoli pop.
Gran parte del loro successo, per lo meno dal punto di vista prettamente
musicale, fu dovuto all’apporto di George Martin, il cosiddetto “quinto Beatle”, produttore storico della band, che firmò tutti gli album del gruppo,
eccezion fatta per il testamentario (praticamente postumo) Let it be.
La nascita della banda municipale si può situare intorno alla prima metà
dell’Ottocento, in Europa. Essa è derivata da una trasformazione in senso
civile delle bande militari: la sua origine si trova dunque vicina ad un ambito di tipo colto. La banda municipale si è sviluppata però soprattutto nei
centri minori. Un processo di stilizzazione che non ha dunque soluzione di
continuità con gli antecedenti classici (marce, inni, brani sinfonici e lirici)
ma che, tuttavia, rappresenta una conseguenza di una dialettica tra cultura
popolare e cultura colta. Il mezzo attraverso il quale la banda, vero e proprio mediatore professionale tra due culture diverse e tra loro antagoniste,
è riuscita a soddisfare il legittimo desiderio del mondo popolare di essere
in qualche modo partecipe degli interessi della cultura “colta”, è costituito
indubbiamente dal testo scritto. In questo senso lo spartito rappresenta una
vera e propria testa di ponte tra le due culture, una sorta di metalinguaggio
sul quale si innestano quei meccanismi dialettici di “proposta singola/accettazione collettiva” che costituiscono la base di ogni processo formativo
e trasformativo dei prodotti comunicativi popolari. È tuttavia importante
notare che, nel caso della banda municipale, l’adeguamento del materiale colto già circolante (musica sinfonica, ad esempio) è avvenuto grazie
all’azione di professionisti: i maestri di banda, che si sono fatti generatori di macro-variazioni consce, ad esempio semplificazioni del testo scritto
e adeguamento della strumentazione, tese a introdurre presso il pubblico
popolare i gusti musicali delle élite. In generale, comunque, l’adozione del
testo musicale scritto ha rappresentato, agli occhi delle classi popolari, una
decisiva possibilità di appropriazione di novità che giungevano “da fuori”:
non esistevano infatti, fino a non molti decenni fa, altri modi per entrare in
contatto con la musica colta. Una prova diretta dell’utilizzazione del materiale colto e della sua conseguente popolarizzazione è costituita dai repertori adottati. Accanto alle marce, unica forma musicale caratteristica e specifica destinata alla banda, infatti, è nell’insieme dei repertori da concerto che
è più nettamente distinguibile il processo di adattamento, rielaborazione e
trascrizione di fantasie di celebri motivi (brani tratti da opere, colonne sonore, musiche ritmico-sinfoniche, jazz ecc.). La banda può, in conclusione,
essere considerata un mezzo di diffusione di un repertorio colto che genera trasformazioni nella tradizione popolare (tramite l’introduzione di nuovi
generi musicali), e permette così anche l’acquisizione di nuove forme da
interpretare e modificare.
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Martin, che era già un abile produttore di successo prima dell’avvento dei
Beatles, era stato in gioventù membro musicante di una marching-band
di St. James Park. Forse anche per questo, al di là della sua già acquisita e
ben rodata conoscenza del settore musicale, volle spesso, specie a partire
dalla seconda metà degli anni ’60, dare un timbro bandistico a molte delle
canzoni del quartetto di Liverpool.
Già l’inserimento della famosa parte melodica di tromba in Penny Lane, partorita assieme a Paul McCartney (il quale pare canticchiasse la melodia che
veniva poi trascritta da Martin), ne era stato un assaggio, fino ad arrivare alle
ben più complesse orchestrazioni di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band
e The Beatles (meglio
conosciuto come White album). Come non
avere a mente, poi, la
mitica copertina di Sgt.
Pepper’s Lonely Hearts
Club Band dove John,
Paul, George e Ringo
vestono sornioni una
divisa (certo, più colorata e psichedelica delle
divise a cui siamo abituati) e tutti i vari personaggi sembrano posare
in una foto di gruppo
come quelle che ciclicamente a ogni convegno
siamo abituati a posare.
Marco Caravati
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GIUSEPPE VERDI A VARESE
LETTERE ALLA BANDA
La villa Recalcati ha già una sua presenza di rilievo nel Seicento. Il cronista
Giovanni Antonio Adamollo riferisce che nel 1682 i Recalcati ospitarono la
favorita del conte Melgar, governatore di Milano. Nel Settecento il palazzo
viene ampliato e si realizza lo “stradone” che lo collega al nucleo della
città. L’abitato di Casbeno soffre di una condizione di miseria notevole. La
famiglia Recalcati riesce così ad acquistare una larga parte dei “ronchi”
circostanti ampliandone la proprietà. Nel 1828 Giovan Battista Morosini, di
famiglia svizzera, diviene il nuovo proprietario. Ha sei figli, un maschio e
cinque femmine. L’educazione musicale delle figlie è affidata da Morosini
al Maestro Giuseppe Verdi che è chiamato a Varese nel 1842. Verdi aveva
allora 29 anni ed era ormai noto in Milano. Aveva inoltre da poco perduto
la moglie Margherita Barezzi e i suoi due figli ancora bambini. Alcuni insuccessi operistici erano stati ormai superati dal trionfo del “Nabucco”, cui
seguirà la composizione de “I lombardi alla prima crociata”, che verrà presentata alla Scala di Milano nel 1843 e la cui stesura avviene in buona parte
proprio a Varese. Il testo di Temistocle Solera fa riferimento alla bellezza dei
laghi e dei monti perduti dai lombardi. Nel 1872 la villa viene acquistata da
una società costituita da Giacomo Limido, Gerolamo Garoni e Eugenio Maroni Biroldi, che trasformano con altre modifiche l’edificio nel grande Hotel
Excelsior. Viene realizzato vicino all’hotel un ippodromo. Carducci, De Amicis, Fogazzaro, Segantini, D’Annunzio con la Duse, furono tra gli ospiti. La
prima guerra mondiale cancella la Belle Epoque e nel 1927 l’Hotel chiude.
Nel 1931 diventa sede dell’aministrazione provinciale e della Prefettura. A
noi piace ricordare qui
il “nostro” grande Verdi. Rivederlo in queste
magnifiche sale e osservarlo mentre ispira
la sua musica passeggiando lungo quel viale ad ammirare le Alpi
e il lago.
rtita per qtauesta
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ella fes
Ormai è qvuvaensitura. Colgo l’occasiottni evodi che fate
grande a Cecilia per salutare tu , la banda!
di Santa questa grande famiglia a vivo in Sardegna,
parte di non fosse aggiornato orducatrice e seguo
Per chi Torres. Lavoro come e con i disabili.
a Porto ità di “Pet Therapy” i voi che durante
delle attiva ringraziare ognuno d è stato presente
Ci tengo ni di servizio in banda scita e, soprattutto,
i miei an ccompagnato nella cre isogno.
e mi ha a tato nel momento del b stata negli anni
mi ha aiu osco come la banda siahe ha contribuito
Ora ricon punto di riferimento c poter fare questo
un solido mi abbastanza forte da presto!!!
a render are. Grazie a tutti e a
salto di m
Laura Sole
Pasquale Margarini
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L’ANGOLO DEI RITAGLI
Marcia Capolago
Passan per Capolago
ottoni e percussioni
tutti fan grande festa
cantando insieme la canzone
Oggi sono ottant’anni
ma giovin siamo ancora
noi continuerem
e suonerem per voi
finché gioia avrem nel cuor
Quando suona la banda
la gente attenta sta
sente che c’è nell’aria
pace, allegria e bontà
Oggi sono ottant’anni
ma giovin siamo ancora
noi continuerem
e suonerem per voi
finché gioia avrem nel cuor
Lo sapevate che...
La melodia e l’armonia
non devono essere che mezzi
nella mano dell’artista
per fare della musica.
Giuseppe Verdi
Con grande esultanza
le note annuncian
la banda che avanza.
Che sian marce pagane
o Ave Marie
sempre essa dona allegria.
Di anni marciati
ne abbiam quasi novanta,
ma se ci vedi schierati
la gioventù non ci manca.
Ma il momento più bello
è il grande concerto
plaude la gente
e fa da cappello.
Giuseppe Verdi non era noto per essere un grande mangiatore, tuttavia
veniva considerato un raffinato e
creativo buongustaio. In una lettera
indirizzata alla famiglia dell’editore
Ricordi, spiega la ricetta per la spalla cotta: “metterla nell’acqua tiepida
per circa 12 ore onde levargli il sale,
trasferirla in acqua fredda e poi farla
bollire in fuoco lento, onde
non scoppi, per circa 3 ore
e mezza. Per sapere se la
cottura è al punto giusto, si
fori la spalletta con un curedents.”
Pietro Bianchi
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GIOCO DI SANTA CECILIA
SOLUZIONI DEL NUMERO SCORSO
Trova nella griglia di lettere i nomi
di dodici strumenti musicali
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Strumenti musicali dal mondo:
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KA
_ _L _I MB
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_
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1. Nome di battesimo del maestro
della Banda di Capolago
2. Santa patrona della musica
3. Si suona in banda e non è alto
4. Tutti gli alpini ce l’hanno sul cappello
5. Lo suonava Renzo Arbore
6. La prima nota
7. In banda e sul campanile della chiesa
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8. Chiave di violino o chiave di...
9. Suoniamo quello alpino
10. L’autore delle 4 stagioni
11. Autore di colonne sonore western
12. Strumento a doppia ancia
13. Sono scritte sullo spartito
14. La suonava Louis Armstrong
15. Quest’anno è il suo bicentenario
La kalimba è un antichissimo strumento
a percussione africano, formato da un
numero variabile di lamelle flessibili di
legno o di ferro, applicate ad una scatola o una zucca che fungono da cassa
di risonanza. Il suono viene prodotto
pizzicando le lamelle dall’esecutore.
Viene solitamente impiegata come
strumento d’accompagnamento, in un
ruolo simile al basso, ovvero fornendo
la base ritmica ed armonica al brano, e
per produrre melodie.
15
La banda sul web:
sito web:
www.bandacapolago.com
e-mail:
[email protected]
facebook:
facebook.com/bandacapolago
twitter:
twitter.com/bandacapolago
Indirizzo:
2013
Michela Girardi
Maurizio Isella
Enrico Pavesi
Luca Colascilla
Si ringraziano:
Banda Musicale “G. Verdi”
via per Buguggiate
c/o circolo 21100
Capolago di Varese
Contatti:
Marco Ambrosetti (Pres.)
Tel: 3484035080
E-Mail: presidente@
bandacapolago.com
Flavio Caravati (P.R.)
Tel: 3474138851
E-Mail: publicrelation@
bandacapolago.com
Falegnameria F.lli Isella s.n.c.
Produzione e fornitura
di infissi in legno e
legno-alluminio e ad alta
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