pdf 05 - Inferweb.net

annuncio pubblicitario
La costruzione di sé 5
Socrate resta una figura di confine tra la dimensione religiosa e quella razionale. Che cosa
vuol dire “razionale”? Il termine ragione (dal lat. ratio e questa dal verbo reor =giudico,
stimo). La ragione è connessa all’idea di controllo della realtà: si fonda sul presupposto che
esista un ordine delle cose che può essere scoperto.
Egli non nega la trascendenza, ma le resta legato.
Hegel, ritiene che:
“Il demone di Socrate è una via di mezzo fra l'esteriorità dell'oracolo e la pura interiorità
dello spirito. Si tratta di una voce interiore, che viene dalla coscienza di Socrate stesso; ma
quando egli ne deve parlare, lo rappresenta, come avrebbe fatto un uomo della cultura orale, alla
maniera di uno «speciale genio distinto dalla volontà umana», non ancora cime avvedutezza e
arbitrio di Socrate stesso”. (Lezioni sulla storia della filosofia La Nuova Italia Firenze
1967 vol. II p. 84)
“Socrate, riponendo il vero nella decisione della coscienza interiore, entrò in contrasto con
quello che il popolo ateniese riteneva giusto e vero. Fu quindi accusato a ragione”, (ivi, p.85)
In altre parole, secondo Hegel, Socrate “interiorizza la differenza”, ma non in modo
completo. Sente la necessità di gestire in qualche modo l’esperienza della “differenza”,
che si concretizza non più in un destino necessario, come capita ad Edipo, ma nella
presenza misteriosa e costante del suo demone. Riguardo al rapporto di Socrate con la
differenza come trascendenza:
“ -Sei stato convinto anche tu da Meleto che Socrate disprezzasse le cose divine? Poiché
questa fu la sua accusa davanti agli Ateniesi.
- Le cose divine no – riprese – ma Socrate ricevuta da Pitagora e dai suoi seguaci una
filosofia popolata di visioni, miti e superstizioni (….) la abituò a essere prudente secondo la
misura della realtà, in un certo modo, e a cercare la verità attraverso un ragionare sobrio”
(Plutarco “Il demone di Socrate” , Adelphi Milano 20011 p. 76).
“…sembra che il demone avesse fornito Socrate di una vista particolare che gli era da
sempre guida nel cammino della vita,
precedendolo portava la luce (Iliade XX, 95)
nei momenti oscuri e difficili, in cui la ragione umana non vale; spesso in queste occasioni il
demone gli parlava ispirando le sue scelte” (ivi.p.77)
“Socrate dava dell’impostore a chi gli dicesse di avere avuto la visione di una divinità.
Mentre era solito prestare attenzione a quanti raccontavano di avere udito una voce,
interrogandoli a fondo” (ivi.p.97).
Socrate istituisce l’ascolto interiore. Il sé parla ma non può essere visto.
Giamblico (“De vita pythagorica“) racconta che Pitagora insegnava ai suoi discepoli
acusmatici (cioè al primo grado di iniziazione) parlando non visto da dietro una tenda.
Se la visione è diretta, l’ascolto è l’indiretto (segnala più la differenza: chi si ascolta senza
vederlo è più “altro” meno afferrabile, più misterioso di chi si vede).
Socrate iniziatore dell’etica.
Socrate porta “l’altro” dentro il sé e fa di questo qualcosa di diverso dall’essere puro eco
dell’esterno, come era prima. Con Socrate si compie la separazione tra interesse naturalistico
per “l’altro” come mondo e interesse etico per l’altro come sé. Platone fa raccontare a Socrate
che in gioventù ebbe interesse per la filosofia di Anassagora:
“E via via indagando poi il corrompersi delle cose e le vicende del cielo e della terra, finii
per persuadermi che a questa specie di indagini io ero nato assai meno di ogni altro. Tutto
quello che io sapevo con chiarezza, almeno come pareva a me e agli altri, allora da questa
ricerca mi si fece oscuro a tal punto che disimparai perfino quello che prima ero convinto di
sapere, sia riguardo a molte altre cose, sia riguardo alla ragione per cui l’uomo cresce” (Platone,
Fedone, 96 c)
AlbertoMadricardo–Lacostruzionedisé2014‐20151di2
Perché? Perché Socrate cerca il senso delle cose (il bene che sta nelle cose) e Anassagora
spiega solo che “le cose stanno così”, non perché è meglio che stiano così (facendo derivare
l’essere dal bene.
Socrate giovane si aspetta che il maestro spieghi “in che modo per ciascuna cosa il meglio
sia che faccia quello che fa, e subisce quello che subisce” (Fedone 98 a). Che la scienza sia
finalizzata a scoprire nell’universo il principio del Bene, ma invece Anassagora descrive
soltanto i fenomeni.
“Egli (Socrate) va in traccia del Buono e di tendenze finalistiche nella natura, allo scopo di
mostrare l’esistenza nel mondo di un principio intelligente e costruttore” (W: Jaeger “Paideia”,
Bompiani, Milano 2003 p.735).
Come per tutta la civiltà greca, l’esistenza di un principio d’ordine del cosmo del Bene –
Agathón - che Platone dice stare “al di sopra dell’essere” (epekeína tes ousías) è la
condizione affinché ci sia un ordine morale tra gli uomini. E’ questo il presupposto del
razionalismo ellenico: che il mondo sia “cosmo” (ordine) e che questo ordine sia possibile per
l’uomo riconoscerlo in modo da comprendere quale sia la propria parte in esso.
Fino a che gli uomini si vedono aggirarsi in un universo caotico, essi non possono che
affidarsi ad una rivelazione (attraverso il mito, o individuale) ed essere pura “eco” esteriore di
essa. Ma la convinzione che vi sia un ordine – bene nelle cose fa crescere il bisogno di
ricercare il posto che devono assumere per non turbare l’ordine del tutto.
Dunque l’interesse di Socrate è di capire non come il mondo è, ma come il mondo sia
buono, perché l’essere e il bene coincidano. Di conseguenza, egli vuole capire come l’uomo
possa corrispondere al meglio al bene in cui viene a trovarsi nascendo. L’interesse per il bene
è interesse etico. La ricerca sostituisce la rivelazione.
L’uomo è – si può dire – la parte incerta dell’ordine del tutto. Egli, a differenza delle altre
cose, può deviare da questo ordine, essere preso da hybris – dalla superbia, dall’eccesso –
perciò deve imparare che cos’è l’ordine del tutto e volere uniformarsi ad esso.
Egli deve apprendere a considerarsi parte e controllare continuamente se non la stia
tradendo. Il demone è lo sguardo del tutto che sta dentro di Socrate, si posa su di lui e gli
fa avvertire un presentimento del bene (dell’ordine del tutto).
La ricerca di sé si concretizza allora in una domanda: “come devo io corrispondere al
Bene che è il presupposto dell’essere?” (cosicché – si può dire – sono, solo se sono
buono).
Per non cadere in preda del suo capriccio (della sua hybris), l’uomo che non ha più un destino
che gli possa essere rivelato apprende una téchne (il vasaio, il muratore, il conciatore ecc. non
agiscono a capriccio, ma secondo un sapere consolidato cui essi, applicandolo, obbediscono).
Ma qual è la téchne di chi vuole coordinare tutte le particolari téchnai verso un fine
comune? Certamente l’arte regia, ovvero l’arte politica.
Chi si può dire esperto nell’arte politica? Chi ha conoscenza del bene e del male.
Nell’”Alcibiade primo” Platone fa dire a Socrate che una cosa è prendersi cura delle proprie
cose, un’altra prendersi cura di se stessi. Perché l’uomo non è il suo corpo, ma la sua anima
(la parte che governa):
“Per prima cosa si deve cercare che cos’è il se stesso (…) perché forse non c’è niente di più importante
di noi stessi, potremmo dire, che l’anima” (130 d) .
Il possesso di molte scienze, quando non sia accompagnato dalla scienza di ciò che è in ogni caso il
meglio, poche volte è utile e il più delle volte danneggia” (144 d).
Solo chi ha imparato a governare se stesso, la propria anima, possiede la basiliké téchne
guidare lo stato.
AlbertoMadricardo–Lacostruzionedisé2014‐20152di2
Scarica