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Heidegger
La vita, il pensiero filosofico e le opere di Heidegger
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5. BRANI ANTOLOGICI
1. ESISTENZIALISMO
5.1. Da "Essere e tempo"
1.1. L’esistenzialismo di
5.1.1. "Il circolo ermeneutico"
Kierkegaard
5.1.2. "Il significato
1.2. Esistenzialismo dopo esistenziale della morte"
Kierkegaard
5.2. Da "Essenza del
fondamento"
2. LA VITA E LA
5.2.1. "Sulla ragione"
FORMAZIONE
5.3. Da "Kant e il problema della
2.1. La svolta filosofica
metafisica"
5.3.1. "La comprensione
3. IL PENSIERO
dell’essere e dell’esserci
3.1. Le fasi del pensiero
dell’uomo"
3.1.1. Prima fase
5.4. Da "Holderlin e la poesia"
3.1.2. Seconda fase
5.4.1. "Holderlin e il colloquio"
3.2. Dalla Fenomenologia 5.5. Da "L’essenza della verità"
all’Esistenzialismo
5.5.1. "Verità"
3.3. L’analitica esistenziale 5.6. Da "Lettera sull’umanesimo"
e l’esserci
5.6.1. "La verità dell’essere e
3.4. Essere nel mondo
l’uomo"
3.4.1. Le strutture
5.7. Da "Sentieri interrotti"
esistenziali
5.7.1. "Il detto di
3.5. La vita inautentica
Anassimandro"
3.6. La Cura
5.8. Da "Introduzione alla
3.7. Essere con gli altri
metafisica"
3.8. Essere per la morte
5.8.1."Domanda metafisica 3.9. La temporalità
fondamentale"
3.10 L’angoscia
5.8.2. "La domanda
3.11. L’Esserci e la verità
sull’essenza dell’essere"
3.12. L’oblio dell’Essere
5.9. Da "L’origine dell’opera
3.12.1. Il nichilismo
d’arte"
3.12.2. L’essenza della 5.9.1. Prima stesura tecnica
5.9.2. "L’opera d’arte in quanto
3.13. L’opera d’arte
opera"
3.14. Il linguaggio
5.9.3. "L’arte come origine
3.15. Il linguaggio poetico dell’opera"
3.15.1. Poesia e
pensiero
6. AFORISMI
3.16. Ontologia ed
ermeneutica
7. CONFRONTI
7.1. Heidegger e Nietzsche
4. OPERE
7.1.1. L'interpretazione
4.1. "Essere e tempo"del
heideggeriana di Nietzsche
1927
7.1.2. Nietzsche: l'ultimo
4.2. "L’Essenza del
metafisico
fondamento" del 1929
7.1.3. Nichilismo e storia della
4.3. "Kant e il problema
metafisica
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della metafisica" del 1929
4.4. "Hölderlin e l’essenza
della poesia" del 1937
4.5. "L’essenza della
verità" del 1943
4.6. "Lettera
sull’umanesimo" del 1947
4.7. "Sentieri interrotti" del
1950
4.8. "Introduzione alla
metafisica" del 1953
4.9. "L’origine dell’opera
d’arte" del 1960
4.9.1. Le tre parti
7.2. Heidegger e Wittgenstein
7.2.1. Apel mette a confronto i
due autori
7.2.2. Kant per Heidegger e
Wittgenstein
7.3. Heidegger per Jaspers
1. ESISTENZIALISMO
La prima guerra mondiale aveva portato molti disastri, dalle distruzioni materiali, alla svalutazione monetaria
in tutti gli Stati d'Europa, ma anche e soprattutto giovani vite spezzate, gravi crisi familiari e profonde
lacerazioni delle coscienze individuali, quindi potremmo dire che alla prima guerra mondiale, così come poi
si verifica dopo la fine di tutte le guerre, segue un periodo di profonda crisi.
Infatti anziché risolvere i problemi, per i quali era sfociata, la guerra si concludeva con un'amara sconfitta
non solo di chi era stato sconfitto, ma dell’uomo in generale, che adesso si trovava di fronte ad una realtà
che portava con sé forti tensioni sociali, oscure paure per un incerto futuro e grave crisi dei valori morali.
L’uomo si trova sconfitto e non riesce a vedere futuro, c’è solo il passato caratterizzato dalla guerra e il
presente dominato dalla distruzione, una distruzione che non è solo rappresentata dalle cose materiali, ma
soprattutto una distruzione interiore.
Ed è proprio in questo scenario che nasce una nuova
corrente filosofica, l'Esistenzialismo.
Un nuovo tipo di pensiero il cui scopo è proprio quello di
interrogarsi sul significato dell'esistenza umana, affinché
possano essere trovate nuove soluzioni che ridiano all'uomo
quella fiducia in se stesso e quella dignità miseramente
naufragata col predetto periodo della grande guerra.
L’Esistenzialismo nasce quindi in un periodo di crisi, ecco
perché considera l'uomo come un essere finito, gettato nel
mondo, continuamente lacerato in situazioni problematiche
ed assurde.
L’interesse per l’uomo è quindi l’asse portante di tutta la
filosofia esistenzialista, ma l’uomo nella sua singolarità.
La filosofia esistenzialista pensa l'esistenza come un modo di essere finito, una possibilità cioè un poter
essere. Infatti l’esistenza di ogni singolo uomo è l’intreccio irripetibile di possibilità condizionate che si
snodano senza un disegno prestabilito, poiché l’individuo è considerato senza una essenza.
Di conseguenza l'esistenza non è un'essenza, e quindi l'uomo sarà quello che egli ha deciso di essere. Il suo
modo di essere è un poter essere, un uscir fuori, un'incertezza ed un rischio. Pertanto al centro del pensiero
esistenzialistico si trova il concetto di uomo singolo e finito e quello di libertà, intesa come impegno e rischio
concreto.
Negando la specificità della natura umana, gli esistenzialisti si distinsero per il modo di intendere la
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l’esistenza, anche se tutti comunque, rifiutarono il trionfalismo dei grandi sistemi filosofici che hanno
magnificato l’uomo e hanno preteso di esplicitare il significato razionale ed universale dell’esistenza.
Possiamo rintracciare in Kierkegaard, il fondatore del pensiero esistenzialista, il quale ha inoltre influenzato i
maggiori rappresentanti di questa corrente, come Heidegger, Sartre, Marcel e Jaspers.
Kierkegaard ha precisamente parlato di esistenza, come un atto non unitario, ma che si articola in una scala
di possibilità e di stadi, ognuno dei quali non solo si oppone al precedente ma nello stesso tempo lo nega.
Inoltre questi stadi non presuppongono dei passaggi necessari, ma sono piuttosto degli accumuli qualitativi
di esistenza, che caratterizzano un tipo di dialettica qualitativa dell'esistenza, cioè una dialettica che procede
per salti.
1.1.L’esistenzialismo di Kierkegaard
Il ritorno a Kierkegaard ha inizio subito dopo la seconda guerra mondiale inizialmente nell’ambito della
teologia cristiana e successivamente nella filosofia, sviluppandosi in Germania come contrapposizione della
filosofia razionale e sistemica.
Secondo Kierkegaard, la prima possibilità è di vivere in modo estetico, una possibilità che corrisponde al
primo stadio, stadio in cui l'uomo considera le contraddizioni della propria esistenza come qualcosa di
accidentale, di esterno, e non è in grado di dominarle.
Il mondo diventa in questo caso per l’uomo uno spettacolo da
godere, in cui quindi vivere solo il presente, senza fare
nessuna scelta affinché non si leghi stabilmente a niente.
Questo modo di vivere però dopo un po’ crea profonda noia,
ed è proprio questa noia che porta l’uomo a delle scelte
responsabile e precise, scelte che lo portano alla formazione di
una famiglia, delle amicizie, delle relazioni sociali, scelte che
comunque permettono un senso di serenità all’esistenza
dell’uomo; una serenità che dura poco, infatti viene infranta
quando si arriva al terzo stadio, quello religioso.
Nel terzo stadio il singolo individuo è al di sopra della legge morale perché in quanto lo stadio presuppone un
rapporto assoluto con Dio.
Ecco quindi che a questo punto l’uomo si trova nella situazione opposta, infatti ora deve rinunciare al
peccato per placare l’angoscia. L'angoscia però non è il timore per qualcosa di determinato, ma ha come
termine di riferimento il nulla ed è connessa alla libertà intesa come possibilità; quindi questa è il puro
sentimento del possibile, è il senso di quello che può accadere e che può essere più terribile della realtà.
È proprio l’angoscia che caratterizza la condizione umana, perché chi vive nel peccato è angosciato dalla
possibilità di pentirsi e di contro chi si è liberato dal peccato vive nell'angoscia di ricadervi. Di contro la
disperazione rappresenta la colpa dell'uomo che non sa accettare se stesso nella sua profondità ed è, quindi,
una malattia mortale, un'autodistruzione impotente. Per salvarsi da questa autodistruzione l’uomo può
rifugiarsi nella fede, anche perché, secondo Kierkegaard, l'esistenza autentica è quella disponibile all'amore
di Dio, quella di colui che non crede più a se stesso ma soltanto a Dio.
1.2. Esistenzialismo dopo Kierkegaard
È proprio Heidegger, che dopo Kierkegaard riprende ampliando le tematiche esistenzialiste.
La caratteristica fondamentale del suo pensiero è l’angoscia, vista non come paura generica, ma è vista
dall’Autore come ciò che si prova di fronte al completo annientamento dell'esistenza, di fronte al nulla ed è
quindi quel sentimento che fa scoprire nella morte la possibilità decisiva dell'esistenza.
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Heidegger individua quattro fondamentali modi di essere dell'esistenza umana, come l'Esserci, l'Essere nel
mondo, l'Essere con gli altri e l'Essere per la morte.
Il primo indica che l'uomo è sempre in una situazione ed è in un rapporto attivo nei suoi confronti, quindi in
questo caso l’uomo è nel mondo, è coinvolto in esso e nelle sue vicende, così trasformando il mondo, l’uomo
forma e trasforma se stesso. Quindi si creerà l’Essere nel mondo, che corrisponde anche all’essere con gli
altri, e questi ultimi costituiscono, a loro volta, altri Esserci, tutti in relazione.
Ma fondamentale per Heidegger per comprendere pienamente l’esistenza è l’Essere per la morte.
Qui la morte non è intesa come qualcosa di anonimo ma come il limite rispetto al quale occorre decidersi,
quindi nell'anticipazione della morte, l'esistenza scopre il proprio senso più autentico e questo è essenziale
per comprendere il carattere temporale e storico dell'esistenza stessa.
L’esistenza umana diventa importante proprio dall’anticipazione della morte, dalla consapevolezza di dover
morire, consapevolezza che da un senso sia al presente che al passato.
Oltre ad Heidegger, anche Sartre, riprende le tesi
esistenzialiste di Kiekegaard, e individua nel nulla non
solo la negazione, ma il termine essenziale per
comprendere la vita della coscienza.
La coscienza corrisponde all’uomo ed è assolutamente
libera, ecco perché l’uomo, una volta gettato nella vita, è
responsabile di tutto ciò che fa, quindi l’uomo è ciò che
progetta di essere, poiché la sua libertà è incondizionata
egli può mutare il suo progetto in ogni momento, l’unico
ostacolo alla libertà dell’uomo è la libertà dell’altro uomo,
i rapporti con l’altro sono quindi potenzialmente fonte di
distruzione e di oppressione in una situazione di lotta e di
conflitto.
Ecco quindi secondo questa visione che ogni uomo è responsabile di fronte ad un altro uomo, ma una
responsabilità che è rappresentata sostanzialmente dalla minaccia e dalla condanna reciproca.
L'Esistenzialismo di Sartre è più che altro un Umanismo in quanto riconosce che l'uomo è solo perché
continuamente si progetta in rapporto all'altro uomo. Ma questo Esistenzialismo è anche ateo perché non si preoccupa tanto di dimostrare o di affermare che Dio
non esiste, ma in qualche modo cerca di persuadere l'uomo che nulla può salvarlo, neanche Dio, essendo
l'uomo l'unico legislatore di se stesso e l'unico padrone del proprio futuro tutto ancora da costruire.
Ma è con Marcel, che si accentua il carattere metafisico religioso dell'Esistenzialismo in direzione di un
"socratismo cristiano" come continua riflessione dell'esistenza umana nella sua drammaticità.
Il pensiero caratteristico di Marcel si basa sulla difesa della singolarità irripetibile dell'uomo e del mistero
dell'Essere.
Quindi se la persona vuole riscoprire se stessa, deve fare riferimento al mistero dell’essere, deve in ogni
modo capovolgere la gerarchia che il mondo contemporaneo ha fissato tra la categoria dell'avere e quella
dell'essere.
La prima categoria mette in risalto che l’importanza dell’uomo si basa su ciò che ha e non per quello che è,
infatti il mondo e gli altri sono unicamente oggetto di un possesso sempre più vasto, una categoria che porta
il mondo all’alienazione e alla preoccupazione.
Quindi si capisce che l’uomo deve liberarsi dal piacere del possesso delle cose e renderlo disponibile
all'essere.
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Oltre agli autori sopra citati, anche Jaspers fa parte del movimento Esistenzialista. Questo autore, in sintonia
con gli altri, la propria attenzione al problema dell'esistenza umana, una esistenza vista come inoggettivabile
nella sua autenticità, quindi una esistenza che non è un dato di fatto ma è una "questione personale". Da
questo segue che l'uomo non è un dato di fatto, e quindi che l’uomo può essere solo ciò che è, e nello stesso
tempo non può divenire se non quello che è.
L'esistenza raggiunge una vera maturità solo quando prende coscienza dell'irraggiungibilità dell'Essere, cioè in poche parole della sua trascendenza, che si rivela innanzitutto nelle situazioni limite
definite da Jaspers, che sono sempre in situazione, infatti non posso vivere senza lotta e dolore, e sono
destinate alla morte. Le situazioni limite sono immutabili e definitive.
L'impossibilità per l'individuo di comprendere l'origine ed il senso di queste situazioni e di affrontarle sul
piano pratico fa capire che in esse sussiste la presenza misteriosa dell'Essere, ossia della trascendenza.
Comunque si vede come in tutti gli autori Esistenzialisti
emerge la profonda crisi del primo Novecento, tanto che questi
autori rappresentano, ancora oggi, una testimonianza preziosa
in un'epoca che rende sempre più sbiadita la figura del singolo
e che si mostra favorevole ad un facile e disinvolto edonismo,
esente da ogni accettazione di responsabilità individuale.
Ma il momento di maggiore sviluppo dell’esistenzialismo è
quello immediatamente successivo alla seconda guerra
mondiale, soprattutto in Francia.
Anche perché come detto sopra questa esprime la crisi dei valori, del vuoto delle certezze in cui si trova
l’Europa distrutta dalla guerra.
Un pensiero che la fa definire anche "filosofia della crisi", che assiste e allo stesso tempo sentenzia la caduta
di quella "prospettiva ottimistica e progressiva" che aveva caratterizzato la cultura dell’Ottocento"
Ecco quindi che si capisce bene che l’Esistenzialismo non è stato soltanto un movimento filosofico in senso
stretto, ma un fenomeno assai vasto, che ha investito aspetti importanti del costume e dell’arte, soprattutto
della letteratura, richiamandosi a Proust, a Dostoevskij, a Kafka.
L’uomo dell’Esistenzialismo non è l’oggetto che esemplifica una teoria, un membro di una classe o un
esemplare di un genere rimpiazzabile da qualsiasi altro esemplare dello stesso genere.
Né l’uomo preso in considerazione dalla Filosofia dell’esistenza è un semplice momento del processo di una
Ragione onnicomprensiva o una deduzione del Sistema.
L’esistenza è indeducibile; e la realtà non si identifica con la razionalità né si riduce ad essa.
La non identificazione della realtà con la razionalità si accompagna come elemento caratterizzante ad altri tre
punti nodali del pensiero esistenzialista, come la centralità dell’esistenza, la trascendenza dell’essere e la
possibilità come modo di essere costitutivo dell’esistenza e quindi come categoria insostituibile dell’analisi
dell’esistenza stessa.
2. LA VITA E LA FORMAZIONE
Il pensiero di Martin Heidegger rappresenta una delle testimonianze più ricche ma anche più problematiche
del pensiero del Novecento.
Il su pensiero è però molto scomodo per il periodo e ambivalente, tanto che ancora oggi risulta difficile
tracciarne un quadro interpretativo unitario.
Heidegger nasce in Germania e più precisamente a Messkirch, il 26 settembre del 1889, da una modesta
famiglia di fede cattolica, ecco perché nei primi decenni della sua vita svilupperà un forte senso di
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appartenenza proprio alla minoranza cattolica tedesca, una appartenenza che, con il suo desiderio di riscatto
antimodernista e nazionalista, contrassegnerà intensamente tutta la sua formazione giovanile, una
formazione che lo porterà all’incontro con la fenomenologia husserliana.
Questi ideali fortemente religiosi lo portano ad un periodo di noviziato gesuita, noviziato interrotto nel 1911
da una crisi psico-fisica che segna anche il suo primo allontanamento dalla chiesa e dal pensiero teologico,
crisi spirituale che coincide con l'inizio degli studi logico filosofici a Friburgo, e con la lettura, appunto,
dell'opera di Husserl "Idee per una fenomenologia pura".
Il suo primo contatto con la filosofia si ha già nel 1907 attraverso la lettura del libro di Brentano "Sul
molteplice significato dell’ente di Aristotele". Inoltre all’Università di Friburgo segue inizialmente i corsi di
teologia, e poi i corsi di filosofia di H. Rickert, laureandosi nel
1913 con una dissertazione su "La dottrina del giudizio nello
psicologismo", con relatore il filosofo cattolico A. Schneider, e il correlatore lo stesso Rickert.
Da un lato la formazione filosofica di Heidegger si collega a
una riscoperta dei temi della filosofia aristotelica, dall’altro
lato si apre ai motivi più tipici del neokantismo tedesco. Ma la sua formazione viene influenzata anche da altri
importanti stimoli culturali, come la filosofia di Kierkegaard,
Nietzsche, o Dilthey, o dallo studio dei grandi nodi sistematici
del pensiero occidentale, che fanno emergere nel nostro
Autore una vigile ricezione dei contenuti più tipici della
cultura della crisi e della decadenza europea.
Perfezionando tali studi, nel 1918 Heidegger ottiene la libera docenza in filosofia all'università di Friburgo
con una tesi su "La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto", inoltresempre nello stesso
periodo diventa assistente di Husserl, che in breve tempo diventerà il suo padre spirituale.
Dal 1923 al 1928 insegna all’Università di Marburgo dove svolge una intensa attività di insegnamento sui
temi fondamentali del pensiero occidentale, facendo quindi ampio riferimento ad Aristotele e a Kant, e
insegnando il metodo fenomenologico affinché possa essere messo al servizio del tentativo di una
riproposizione del problema dell’essere.
Nel frattempo la Germania, dopo essere stata sconfitta dalle potenze occidentali e umiliata dalle sanzioni del
trattato di Versaille, è caratterizzata da una profonda crisi politica ed economica.
Nel 1927 pubblica "Essere e tempo", che divenne la sua opera più importante, un’opera che ebbe subito una
vasta risonanza, tanto da proiettarlo, nel giro di pochi anni, ai vertici della filosofia del Novecento.
Sembra che questa opera era stata dedicata a Husserl, il quale però vide nel libro dell’allievo un attacco
diretto, nella sostanza, non nella forma, al suo concetto di fenomenologia trascendentale, attacco condotto
da una prospettiva antropologica ed esistenzialistica.
Ma questo non impedisce ad Husserl di proporre Heidegger come suo successore alla cattedra
nell’Università di Friburgo nel 1928.
Inizia con l’insegnamento a Friburgo, il periodo più fecondo di Heidegger; inoltre è proprio a Friburgo, che il
nostro Autore tiene la sua prolusione pubblica dal titolo "Che cos'è metafisica?", nello stesso anno porta a
termine "Kant e il problema della metafisica", opera che nasce forse grazie ad un celebre confronto con il
filosofo neokantiano Cassier avvenuto a Davos, in Svizzera, sul significato della critica Kantiana della
ragione.
Nello stesso anno scrive "Sull'essenza del fondamento" e "Lezioni platoniche sulla verità".
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2.1. La svolta filosofica
La svolta filosofica di Heidegger avviene contemporaneamente all’ascesa al potere di Hitler, che infatti, come
possiamo ricordare, nel 1932 trionfa alle elezioni politiche e viene nominato cancelliere.
Inizialmente il nostro Autore scambia il fervore nazionalista di Hitler per una ripresa morale della Germania e
dell'Occidente nel suo insieme, e infatti non esita a prendere posizione a favore del nazismo. Il 21 aprile del 1933 viene nominato rettore all'università
di Friburgo, con un solo voto in contrario, tenendo un
discorso di prolusione all'anno accademico che divenne
uno dei testi più inquietanti del Novecento, a causa dei
drammi, delle incomprensioni e dell'errore personale di
Hiedegger ivi contenuto. Infatti in quel discorso, in
poche parole, viene dato un giudizio positivo
dell'ideologia nazionalista hitleriana, non in quanto
ideologia razzista ma in quanto portatrice di energie
nuove.
Ai primi di maggio Heidegger aderisce al Partito nazionalsocialista, ma come rettore non esita a proibire agli
studenti nazisti la diffusione di volantini antisemiti all’interno dell’università e un progettato rogo dei libri.
Emerge quindi come il suo atteggiamento verso il regime hitleriano è ambiguo, da un lato sembra protendere
per una ideologia hitleriana tanto che in occasione del referendum del 12 novembre del 1933 sull’uscita della
Germania dalla Società delle Nazioni invita tutti a votare secondo la direttiva di Hitler, ma nello stesso tempo
tende a non sottomettersi alle leggi hitleriane, ed infatti nel febbraio del 1934 si dimette dalla carica di rettore
per non approvare la deposizione imposta dal regime di due decani di facoltà antinazisti da lui nominati.
I temi centrali della svolta dopo il 1950 furono la storia della metafisica come destino dell’occidente, e poi
l’essenza della tecnica come realizzazione della metafisica, la possibilità di un superamento della stessa,
quindi, l’essenza del linguaggio, la funzione della poesia come strada per il raggiungimento della
consapevolezza e l’evasione dalla superficialità.
I temi erano affascinanti, ma la trattazione oscura.
Rispetto alla fase del pensiero di Heidegger rappresentata da Essere e tempo, nel corso degli anni Trenta
del Novecento maturò una svolta che si espresse soprattutto negli scritti pubblicati a partire dal decennio
successivo, e tale svolta, pur ricollegandosi a spunti già ben presenti nel periodo precedente, si configurò
come un passaggio dalla filosofia esistenziale, alla riflessione esplicitamente ontologica.
Di questa nuova fase fu testimonianza un saggio dedicato al famoso frammento di Anassimandro. Il filosofo
tedesco partì da una traduzione letterale e tradizionale di quel frammento, del quale fornì, alla fine,
un’interpretazione radicalmente nuova, e secondo la maggior parte degli studiosi, forzata e sostanzialmente
infondata. In effetti, il suo metodo di indagine dopo la svolta si basò spesso sulla rilettura di testi poetici o
filosofici ed in particolar modo di frammenti d’attinenza a pensatori greci arcaici.
Questa rilettura non fu motivata dall’esigenza del rigore filologico e dal tentativo di ricostruire nella maniera
più fedele possibile la civiltà di quel popolo così lontano nel tempo. Si trattò invece, di far parlare quella stessa prospettiva ontologica che accomunava noi e gli antichi
pensatori, entrambi coinvolti in un unico destino, di cui essi rappresentavano l’inizio e noi la fine. Ma la vera svolta si ha con la lettura dell’opera del poeta Hölderlin, che divenne spunto per la sua
successiva "svolta" filosofica.
Tutta questa confusa e triste vicenda costerà purtroppo al filosofo un prezzo umano altissimo: egli perde
infatti l'amicizia dei più prestigiosi rappresentanti della cultura tedesca, tra cui spiccano i nomi dei filosofi Karl
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Jaspers e Hannah Arendt.
Il testo chiave del periodo della sua adesione al regime è il
pubblico discorso intitolato "L’autoaffermazione
dell’università tedesca", che Heidegger pronunciò, come
detto sopra al momento dell’assunzione al rettorato.
In questo testo si fa riferimento alla inesorabilità della
missione spirituale che obbliga e incalza il destino del
popolo tedesco a forgiare la propria storia, infatti si critica
la tanto decantata libertà accademica e si teorizza sugli
obblighi e i servizi cui è chiamato il corpo studentesco,
come il servizio del lavoro o il servizio delle armi ed infine
il servizio del sapere, che appare come la missione
specifica del popolo tedesco.
Ma più avanti nel tempo Heidegger capirà che tale missione è lontana dalla dottrina razzistica della
propaganda nazista e si riallaccia invece ad una linea di pensiero che risale ai "Discorsi" di Fichte alla
nazione tedesca.
Anche perché bisogna precisare che il contenuto del discorso di rettorato è costituito innanzitutto da un
appello a ricoprire, al di là della dispersione dei saperi particolari, l’essenza originaria della scienza, che
consiste nella radicalità di un interrogare che sa recuperare il senso greco della della verità.
Tale appello, si rivolge contro la riduzione della scienza a bene culturale, ma anche lontano dal legittimare il
concetto ufficiale nazionalsocialista di una scienza politicizzata.
Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, Heidegger continua la sua attività di insegnamento e
produzione, pubblicando tra l'altro "L'origine dell'opera d'arte" nel 1936, "Dell'evento" un anno dopo, e nel
1939 "Sul concetto e sull'essenza della physis in Aristotele".
In questo periodo inoltre tiene numerose conferenze in giro per il mondo, conferenze che fanno emergere il
cambiamento ideologico avvenuto in questi anni.
Ancora nelle lezioni del 1935 con il titolo "Introduzione alla metafisica", Heidegger accenna alla intima verità
e grandezza del partito nazionalsocialista, anche se questo accenno si trova in un contesto teorico che non
ha niente a che vedere con le propagande politiche del periodo.
Emergono comunque le prime critiche all’ideologia del sangue e della razza nell’opera "Contributi alla
filosofia" che raccolgono riflessioni scritte tra il 1936 e il 1938, pubblicate però solo nel 1989.
Inoltre i corsi e i seminari che il nostro Autore tenne tra il 1936 e il 1940, pubblicati poi nel 1961 nei due
volumi dal titolo "Nietzsche", configurano una lettura della filosofia di Nietzsche che non ha niente a che
vedere con i tentativi di riappropriarsene da parte dei nazisti.
Forse per questi scritti o forse per altro nel 1945, Heidegger viene interrogato dalla commissione di
epurazione voluta dai vincitori della guerra, dove gli verra proibito di insegnare fino al 1949. In questo periodo però il suo nome emerge e sconfina la Germania ed infatti alcuni ufficiali francesi
interessati alla filosofia prendono contatto con lui per un progetto di incontro con Sartre, e proprio Sartre che
permise gradualmente la riabilitazione internazionale del collega tedesco, anche se il progetto iniziale
fallisce.
Infatti tra i due filosofi inizia un intenso scambio epistolare,
che permetterà a Heidegger di stendere la famosa "Lettera
sull'umanismo", opera che gli permette di prendere in modo
netto le distanze dalla corrente esistenzialista ormai diffusa in
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tutta Europa, anche se questa continuerà a vedere in lui un
importante rappresentante, almeno per la parte iniziale del
suo pensiero. Heidegger riprende la sua attività didattica solo
nel 1952 anche grazie alle raccomandazioni di Karl Jasper,
antico suo amico, da cui si era diviso polemicamente anni
prima dopo l’adesione di quest’ultimo al nazismo.
Le tesi principali del suo pensiero possono essere rintracciate nella lettera a J. Beaufret, "Sull'umanismo" del
1947, che Heidegger respinse come una mossa falsa, un fraintendimento del progetto finale dell'opera. Ai
primi anni cinquanta risalgono anche altre importanti conferenze fra cui "La questione della tecnica", poi
pubblicati in "Saggi e discorsi".
Negli stessi anni si diffondono le prime critiche radicali al pensiero di Heidegger , ma lui incurante delle
critiche e anche delle accuse sul piano personale circa le sue vicende passate, di cui si occuperà di
rispondere in una intervista del 1966, continua a svolgere la sua intensa attività di pubblicazione di scritti e di
conferenze.
Dal 1966 vive prevalentemente nella baita rifugio di Todtnauberg, che periodicamente abbandona per tenere
seminari e incontri.
Muore il 26 maggio del 1976 nella sua città natale.
Quella di Heidegger filosofo dell'esistenza, erede dell'esistenzialismo religioso di Kierkegaard, fu anche
l'interpretazione prevalente del suo pensiero fra le due guerre.
I problemi più rilevanti posti dalla filosofia di Heidegger emergono comunque soprattutto nelle opere
dell'ultimo periodo, il cui momento inaugurale è da ricercare proprio agli studi successivi la "Lettera sull'
Umanismo", che non presentano più la forma di veri e propri testi filosofici ma prediligono la frammentarietà
del breve saggio, della conferenza, del dialogo.
Quest'ultima fase del pensiero di Heidegger è anche la più complessa e forse la più provocatoria. I suoi
stessi allievi, come per esempio Gadamer, e gli esponenti di quella koinè ermeneutica di cui Heidegger è
stato in un certo senso l'iniziatore, prendono nettamente le distanze da quel dire "ineffabile" che "avrebbe
perduto il terreno sotto i piedi", rimandando a luoghi impercorribili per il pensiero.
La sua influenza sul pensiero filosofico occidentale è oggi unanimamente riconosciuta di incalcolabile
importanza, anche per ciò che riguarda la filosofia italiana. Insomma, tutta la cultura occidentale, anche
quella che si oppone duramente all'"irrazionalismo" ermeneutico heideggeriano, deve fare i conti con la
presenza di questa gigantesca personalità.
3. IL PENSIERO
Il pensiero di Heidegger si contraddistingue per il tentativo di riproporre nel mondo contemporaneo un
problema che in altri tempi fu il centro fondamentale dell’indagine filosofica, cioè il problema dell’essere.
Heidegger, come detto sopra, riprende le teorizzazioni di Platone e di Aristotele, e soprattutto vede come
ancora non possono essere trovate delle risposte agli interrogativi posti da questi autori, e che inoltre questi
interrogativi ormai appaiono privi di senso, estranei e lontani. Egli infatti afferma che la mancanza di risposte
nel periodo in cui vive è data dalla inesistenza del bisogno di porre domande, perché l’epoca in cui vive è
satura di problemi settoriali del sapere e di successi della tecnica.
Ecco perché c’è bisogno di ridestare prima di tutto la
stessa comprensione della domanda sull’essere,
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