imp. una conoscenza

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Pubblicazioni del Centro Aletti
card. Tomás̆ S̆pidlík - Marko I. Rupnik
Una conoscenza integrale
La via del simbolo
“È il tempo quando fiorisce il tiglio”
Lipa
Indice
Prefazione ...............................................................
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Abbreviazioni usate .................................................
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T. ŠPIDLÍK
LA TEOLOGIA SIMBOLICA
COME GIUSTIFICAZIONE DELL’ARTE
© 2010 Lipa Srl, Roma
prima edizione: marzo 2010
Lipa Edizioni
via Paolina, 25
00184 Roma
✆ 06 4747770
fax 06 485876
e-mail: [email protected]
http: //www.lipaonline.org
Autori: T. Špidlík - M. I. Rupnik
Titolo: Una conoscenza integrale
Sottotitolo: La via del simbolo
Collana: Pubblicazioni del Centro Aletti
Formato: 130x210 mm
Pagine: 272
In copertina: “L’albero della conoscenza del bene e del male”, mosaico di
M. I. Rupnik e dell’Atelier del Centro Aletti
Stampato nel marzo 2010
Impianti e stampa: Grafica Punto Print, Roma
Proprietà letteraria riservata Printed in Italy
codice ISBN 978-88-89667-30-9
Introduzione ..................................................
I. Il mistero della conoscenza ..........................
Cogito ergo sum ..................................................
Diversi modi di conoscere ....................................
La conoscenza dei sensi: scoprire i fatti naturali .....
I primi dubbi sul valore della conoscenza dei sensi ...
La conoscenza intellettuale....................................
Il conflitto fra il principio razionale e la vita concreta
La verità come vita secondo i pensatori russi .........
L’atteggiamento razionalista incompatibile
con il “Dio vivo” della rivelazione biblica...........
Il problema presso i Padri della Chiesa...................
Le parabole di Dostoevskij ....................................
Alcuni problemi della filosofia recente...................
Un nuovo concetto di libertà................................
Il dramma della libertà creativa secondo Berdjaev ..
La libertà “cristologica” secondo Dostoevskij ........
Conclusione.........................................................
Breve riassunto delle considerazioni di Lev Šestov.....
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II. La teologia simbolica ..................................
Breve introduzione storica ....................................
Il problema degli scolastici:
l’ordine naturale e quello sovrannaturale..............
V. Losskij – la teologia simbolica ...........................
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Una visione trasformante ......................................
Il male cambiato in bene per mezzo della penitenza..
La contemplazione ...............................................
I gradi della contemplazione – lo schema evagriano..
La teologia................................................................
Il valore simbolico dei testi della Scrittura .................
Le discussioni dei Padri
sul valore dei concetti teologici...............................
I pericoli della teologia simbolica..............................
La visione artistica – applicazione concreta
della contemplazione spirituale...............................
Il concetto di bellezza ...............................................
Tre aspetti di un simbolo artistico .............................
La genesi dell’opera d’arte
secondo il pensatore russo Semën L. Frank.............
La genesi artistica dell’icona secondo Florenskij ........
La funzione unificante dell’arte secondo V. Ivanov....
III. La bellezza cristologica................................
Gesú incarnato, pienezza della bellezza .....................
L’imitazione di Cristo ...............................................
La conoscenza di sé ..................................................
La scoperta della “natura” presso gli antichi greci ......
L’immagine di Dio nella libertà ................................
La definizione di Boezio...........................................
La prerogativa essenziale della persona
è di essere “agapica” ...............................................
Il progresso agapico nel matrimonio .........................
Le relazioni agapiche santificate nella Chiesa.............
Per mezzo del suo Spirito,
Cristo rimane presente nella Chiesa........................
La conoscenza delle persone .....................................
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IV. Cristo – Parola del Padre .............................
Il mistero della Parola................................................
L’infallibilità delle parole ecclesiali .............................
Come intendere le parole pronunciate dagli altri? .....
La voce della Chiesa nella liturgia .............................
L’icona – parola visibile, predicazione della verità......
L’ascesa spirituale a partire dall’immagine..................
Le icone come oggetto di culto ................................
L’immagine santificata dalla preghiera .......................
Il canto.....................................................................
La bellezza della liturgia ............................................
L’educazione estetica.................................................
La storia biblica del mondo
come opera artistica di Dio.....................................
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V. Il mondo glorificato.......................................
Il mondo nella gnoseologia europea .........................
L’origine delle antinomie nell’antica saggezza greca ..
La riconciliazione delle antinomie in Cristo..............
L’insegnamento dei Padri della Chiesa ......................
Fuggire il mondo o contemplarlo?............................
L’atteggiamento iconografico
esteso alla contemplazione del mondo intero ..........
Le discussioni palamitiche.........................................
Le conseguenze spirituali dell’atteggiamento
contemplativo: il dovere di trasformare il cosmo ....
La visione escatologica..............................................
I diversi tipi di escatologismo cristiano......................
Teilhard de Chardin e Solov’ëv sul mistero
incandescente del mondo nascosto sotto la crosta...
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M. I. RUPNIK
IL SIMBOLO DÀ ACCESSO
AL MISTERO DEL MONDO
Costatazione di un problema.................................
Anche la Chiesa non è immune dalla problematica...
La parola ci illumina con la sapienza ......................
L’amore si riveste delle cose ..................................
Un linguaggio privilegiato....................................
A partire dalla redenzione .....................................
La conoscenza di Dio che salva .............................
L’unità tra uomo e Dio in Gesú Cristo..................
L’amore e l’abisso del peccato................................
“Tutto sussiste in lui”............................................
L’eucarestia rivela l’unità tra il mondo e Dio..........
Il simbolo, espressione di questa unità....................
L’apporto decisivo dell’arte ...................................
Una conoscenza che fa affluire la vita ....................
Chiamati alla creatività..........................................
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Prefazione
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Né il cardinale Tomáš Špidlík né p. Marko Ivan
Rupnik hanno certamente bisogno di presentazione. Il
primo è ben noto per le sue numerose pubblicazioni sulla teologia e la spiritualità dell’oriente cristiano, materie
delle quali è un riconosciuto studioso e specialista; il secondo per la sua ingente attività artistica, in particolare
per i suoi mosaici che si trovano ormai in tante chiese e
santuari importanti dell’Orbe cattolico, ad incominciare dalla cappella Redemptoris Mater in Vaticano, espressamente voluta dal Venerabile Giovanni Paolo II. I due gesuiti, che hanno collaborato già tante volte in iniziative
diverse, hanno scritto adesso insieme questo libro che risponde a una comune preoccupazione: esplorare, in questi tempi troppo razionalistici, una via della conoscenza
che loro definiscono “integrale”, non solo parziale, quella che passa attraverso il simbolo e, di conseguenza, dà spazio non soltanto al ragionamento, ma anche all’espressione
artistica. Scoprire la bellezza equivale ad armonizzare e
a vedere in unità tutte le verità particolari.
Ciascuno dei due autori ha scritto una parte dell’opera. Piú lunga la parte del card. Špidlík, “La teologia simbolica come giustificazione dell’arte”, che si snoda in cinque capitoli. Si parte dalla riflessione sulla conoscenza che,
considerando i principali dogmi, deve tener presente la
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Una conoscenza integrale
trascendenza di Dio, ma allo stesso tempo la sua rivelazione al mondo. Una conoscenza simbolica sembra allora
appropriata per la teologia, in quanto ammette che i
due mondi siano uniti, ma allo stesso tempo distinti. Il
creato è distinto da Dio, ma è il luogo della sua rivelazione
perché è stato reso capace di accoglierlo. Questa capacità
si manifesta in tutta la sua pienezza nell’incarnazione. Si
supera in essa l’abisso tra il Creatore e il creato; si permette
cosí che ogni realtà diventi in un certo modo “sacramentale” perché è il riflesso della presenza di Dio e della traccia che Egli lascia nella sua opera. Ciò che Dio ha
fatto, nella sua propria consistenza, rimanda a Dio stesso. I Padri della Chiesa hanno parlato da una parte della
vita interna di Dio, della theología, e dall’altra dell’oikonomía, l’ordine della storia della salvezza, tramite la quale si arriva a Dio in se stesso. Il visibile è una scrittura
dell’invisibile, è come la carne del mistero; non invano,
infatti, parliamo dell’incarnazione del Verbo. Perciò il visibile ha un potere che va oltre il sapere che comunica:
è il potere di mettere in contatto con la realtà che per
mezzo di esso si fa presente. Appunto a partire dall’incarnazione si scopre l’importanza della liturgia come
quell’azione che, facendo presente il mistero di Dio, ci
abilita a vedere tutto il cosmo e l’esperienza umana in
questo modo simbolico.
Il nostro linguaggio e la nostra elaborazione razionale saranno sempre insufficienti per esprimere la realtà di
Dio. La tradizione cristiana è stata sempre consapevole di
questo fatto. Dio è sempre al di là di quanto possiamo dire o pensare di Lui. Ma nondimeno, il nostro povero linguaggio mantiene il potere evocativo di far presente
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Prefazione
quello che racconta. La voce di Dio ci parla nei limiti e
nella costrizione dell’esperienza umana; ma la sapienza
consiste nel riconoscere questa voce nel mezzo degli
eventi e delle vicissitudini della vita. Perciò bisogna cogliere la realtà simbolica del mondo, della storia e della vita stessa. L’arte è lo strumento adatto per educare alla
mentalità del simbolo.
Proprio qui si inserisce la seconda parte del libro, il
contributo di p. Rupnik, “Il simbolo dà accesso al mistero del mondo”.
Nelle prime pagine del suo contributo, Rupnik ci presenta la situazione del mondo e anche della Chiesa: separazione fra il mondo ideale e il modo reale, c’è ovunque mancanza di bellezza, tutto si risolve nella prassi, non
si è sviluppato l’aspetto sacramentale. Il peccato ha creato un muro fra l’uomo e Dio, il muro che Cristo con la
sua incarnazione e tutta la sua opera salvifica è venuto a
distruggere. Cristo, nel cui mistero si uniscono Dio e
l’uomo, dà il senso ultimo alla creazione. Questa unione di tutto in Cristo è ciò che Marko I. Rupnik ha cercato di spiegare nei suoi mosaici; in particolare egli si sofferma su quelli della sacrestia della cattedrale di Madrid,
nei quali ha riassunto tutta la storia della salvezza. Con la
venuta di Cristo, la materia diventa espressione, racconto, dell’amore fra Dio e l’uomo. Nell’opera d’arte questa unità si esprime e si manifesta. Nell’espressione artistica, il simbolo ci presenta uniti tutti gli aspetti della realtà.
La visione simbolica – ci dice l’autore – significa “attingere alla realtà fenomenica senza sigillare gli esseri e le cose nella loro crosta empirica, ma comunicando alla potenza di vita che in loro e tramite loro si comunica e le11
Una conoscenza integrale
ga tutto in una comunione universale”. Perciò è la via di
una conoscenza integrale che colloca Cristo al centro del
cosmo e della storia.
Tanta sapienza di secoli, soprattutto dell’oriente cristiano, si raccolgono in queste pagine. Perciò ne raccomando vivamente la lettura. Sia il card. Špidlík che p.
Rupnik ci parlano di se stessi, il primo della sua sapienza accumulata in tanti anni di contatto con i grandi maestri spirituali, il secondo della propria attività artistica,
spinta anch’essa dal desiderio di far conoscere Dio agli uomini. Uno degli aspetti di questa conoscenza è senza dubbio il gustare la bellezza divina, la visione della gloria di
Dio che rifulge nel volto di Cristo (cf 2Cor 4,6). Il lettore ha nelle sue mani un ottimo strumento per penetrare
sempre di piú nella luce del Dio amore.
+Luis F. Ladaria, S.I.
Segretario della Congregazione
per la Dottrina della Fede
Abbreviazioni usate
CSCO =
Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium
(Paris-Louvain 1903-)
DS =
Dictionnaire de spiritualité ascétique et mystique (17
voll., Paris 1932-1995)
GCS =
Die griechischen christlichen Schriftsteller (Berlin 1897ss, nuova serie 1995-)
Grégoire de Nazianze = T. Špidlík, Grégoire de Nazianze.
Introduction à l’étude de sa doctrine spirituelle, OCA
189, Roma 1971
IR =
T. Špidlík, L’Idea russa, Roma 1995 (orig.: L’idée
russe. Une autre vision de l’homme, Troyes 1994)
La preghiera = T. Špidlík, La preghiera, Roma 2002 (orig.: La
spiritualité de l’Orient chrétien. II. La Prière, OCA
230, Roma 1988)
La sophiologie = T. Špidlík, La sophiologie de S. Basile, OCA 162,
Roma 1961
La spiritualità = T. Špidlík, La spiritualità dell’Oriente cristiano.
Manuale sistematico, Roma 1985 (orig.: La spiritualité de l’Orient chrétien. Manuel systématique,
OCA 206, Roma 1978)
OCA =
12
Orientalia Christiana Analecta (Pontificio Istituto
Orientale, Roma 1935-)
13
OCP =
Orientalia Christiana Periodica (Pontificio Istituto
Orientale, Roma 1935-)
PG =
Patrologiae cursus completus, series graeca, ed. J.-P.
Migne (Paris 1857-66, Indici 1928-1936)
PL =
Patrologiae cursus completus, series latina, ed. J.-P.
Migne (Paris 1841-64)
PO =
Patrologia Orientalis, edd. R. Graffin - F. Nau
(Paris-Turnhout 1903ss)
RScRel =
Revue des Sciences Religieuses (Strasbourg 1921-)
SC =
Sources chrétiennes (Paris 1941-)
TOMÁš ŠPIDLÍK
La teologia simbolica
come giustificazione dell’arte
“Il mistero dell’incarnazione del Verbo contiene in sé
il significato di tutti i simboli e gli enigmi della Scrittura,
come pure il senso nascosto
di tutta la creazione sensibile e intelligibile.
Ma colui che conosce il mistero della croce e del sepolcro,
conosce anche le ragioni essenziali di ogni cosa.
Infine, colui che penetra ancora più lontano
e si trova ad essere iniziato al mistero della risurrezione,
apprende il fine per cui Dio ha creato tutte le cose
al principio”.
(Massimo il Confessore)
Introduzione
Secondo il saggio avvertimento di Platone, gli uomini non si capiscono usando le parole, ma quando per mezzo loro giungono ad avere pensieri comuni. Ora, i tre termini che figurano nel titolo delle nostre riflessioni variano
facilmente il loro significato. Cerchiamo quindi di afferrare il loro contenuto, quello che ci serve per la partenza del nostro discorso.
Il contenuto della parola “arte” è assai variabile. Il latino ars è la traduzione del greco téchne. Il suo significato moderno non è quello che aveva anticamente e che
spesso nel linguaggio popolare continua ad avere ancora oggi. Per gli uomini antichi, l’arte era l’opera dell’uomo in quanto si distingue dall’operare della natura: l’opera cioè illuminata e governata dall’intelligenza e dalla riflessione, in opposizione a ciò che è un operare istintivo. Secondo questo significato, il complesso delle arti era
l’equivalente di quello che oggi significano la civiltà e la
storia, nelle quali l’uomo interviene, creando un mondo superiore a quello che egli trova nella natura. Agendo
cosí, l’uomo assomiglia a Dio, rimanendo tuttavia consapevole della distinzione fra l’arte umana e l’arte divina.
L’arte umana infatti è limitata, soprattutto perché non riesce ad introdurre nella materia il principio vivente.
Ma anche nella creatività umana si comincia sempre piú
consapevolmente a fare una distinzione che oggi è gene17
T. Špidlík – Una conoscenza integrale
ralmente accettata: si distingue l’arte dalla “tecnica”, anche se entrambe sono attività congiunte, dal momento che
l’intelligenza interviene in entrambe. Ma che cosa significa “intelligenza”? Non si rimedia all’incertezza del suo
significato ponendola come equivalente della nozione di
“spirito”. Cerchiamo di classificare le attività chiamate
“spirituali” secondo vari gradi di dignità e di valore, sulla base delle diverse tendenze che esse svegliano nell’anima. I filosofi greci avevano messo l’accento sul carattere
immateriale dello spirito umano, capace di conoscere le
idee e di imprimerle nella realtà materiale. Ma già le idee
stesse sono una lunga scala di valori diversi. Allora, sarà diversa anche l’azione umana motivata dall’una o dall’altra
idea. Ed è proprio secondo la differenza del motivo delle idee che si comincia a distinguere l’arte dalla tecnica.
Un’azione umana motivata dagli interessi economici,
dall’utilità pratica, dalle conoscenze generali di ogni giorno non riceve piú il nome di opera d’arte. Nella sfera artistica collochiamo ciò che manifesta le piú nobili tendenze dell’anima umana. Ciò suppone che l’artista abbia
una conoscenza superiore rispetto alla gente comune.
Proprio su questo si basa la definizione dell’artista data da
Kant, ma Hegel la completa con un’altra nota: l’artista ha
anche la capacità di esprimere tale conoscenza in modo
eminente, ha quindi anche un talento superiore di “comunicazione”. Approfittando di queste sue doti, egli
crea un’opera “bella”. Allora l’arte, pur usando la tecnica, ci trasferisce nella sfera dell’estetica. Il termine “estetica” proviene dal greco aísthesis, sentimento, intuizione.
In tal modo, infatti, cerchiamo di afferrare la bellezza, senza speculazioni razionali: vedendo una cosa, sentiamo che
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Introduzione
essa esprime e ci comunica una realtà superiore a se stessa. Lo fa per mezzo di un “simbolo”.1
Il verbo greco symbállein significa mettere insieme, riunire. Può essere preso materialmente, come ad esempio
la confluenza delle acque o una riunione di persone per
una festa. Trasportando il termine nell’esperienza interiore, si riuniscono due realtà diverse, cosí che il richiamo di una evoca spontaneamente l’altra. L’uomo può farlo facilmente, dato che lui stesso è l’unità di due elementi
diversi, come avverte Platone: “Ciascuno di noi è come
una contromarca dell’uomo, diviso com’è da uno in due
[...] e cosí ciascuno cerca sempre l’altra contromarca che
gli è propria”.2 La sua essenza invisibile si manifesta nel
corpo visibile. Nel dialogo Cratilo, Platone espone bene
la funzione simbolica del linguaggio.
Per la Bibbia, l’uomo e tutto il mondo sono stati
creati con la Parola di Dio. Sono, per cosí dire, la sua concretizzazione. Da ciò segue che tutto ha un significato
simbolico: l’uomo è immagine di Dio, la storia dell’Antico Testamento la dobbiamo leggere come simbolo del
Nuovo, Gesú ha parlato in parabole, la Chiesa santifica
gli uomini con immagini straordinariamente efficaci: i sacramenti. Ma nella cultura umana sorge sempre una tendenza che si considera “correttiva”. La ragione umana ama i concetti precisi, quindi distinti: l’idea clara et distinta a quavis alia di Cartesio. Allora la scienza si oppone alla conoscenza simbolica, è un’esperienza diretta, e non
per mezzo di un’altra.
1
F. Marty, “Symbole”, DS XIV (1990), 1364-83.
2
Simposio 191d.
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T. Špidlík – Una conoscenza integrale
Per Kant, la filosofia è la scienza dello spirito che comprende se stesso.3 Nonostante ciò, Hegel – intellettuale pure lui – non esitò ad aggiungere che l’uomo è essenzialmente comunicativo con gli altri. E può esercitare tale comunicazione solo con i simboli, che sono tanto piú efficaci quanto piú sono “belli”. Questo concorda con la definizione della bellezza proposta da Solov’ëv: la visione di
una cosa che conduce alla conoscenza di un’altra realtà superiore alla prima.4 Dato che la fede cristiana nasce da una
comunicazione che è di natura simbolica, Fichte la oppone
assai radicalmente alla conoscenza scientifica.5
Con ciò, iniziamo a volgere l’attenzione al termine che
è l’oggetto principale del nostro libro: la “teologia”. Gli
scolastici la definivano come “scienza di Dio”. Distinguevano però la teologia cristiana dalla “teologia naturale”,
la prima effettuata alla luce della rivelazione divina, la seconda soltanto con la luce di un’intelligenza puramente
umana. Ma, in entrambi i casi, i “teologi” difendono il
loro posto nelle università come coltivatori della “scienza”. Ma anche qui dobbiamo tener conto dell’evoluzione storica del termine.
Sembra che il termine “teologia” si incontri per la prima volta nella nostra cultura con Platone.6 In lui indica
una conoscenza di Dio piuttosto sperimentale, dato che
3
Die Wissenschaft des sich begreifenden Geistes.
4
Cf il seguito del trattato.
5
Cf F. Marty, “Symbole”, cit.
6
Cf Grégoire de Nazianze, 134ss; ved. anche le indicazioni bibliografiche qui riportate.
20
Introduzione
a questo proposito lui stesso ricorda un’intuizione venutagli durante una processione religiosa al modo di un’illuminazione improvvisa. Per questo suo carattere “intuitivo”, Platone riserva la teologia ai poeti. Gli altri che
ragionano in maniera discorsiva riescono soltanto a parlare delle “cose” superiori, divine, e praticano quindi la
“meteorologia”. Ma questa distinzione fu presto dimenticata. Per Plutarco, la teologia è già scienza razionale, e
fa parte della filosofia razionale.7
Un simile abbassamento del termine si può notare anche in ambito cristiano. Il titolo onorifico di theológos era
stato dato a san Giovanni evangelista, come testimone del
Logos di Dio nella umanità di Cristo. Per la sua ardente
difesa della divinità di Cristo, aveva acquistato lo stesso nome anche Gregorio di Nazianzo, combattendo contro la
“tecnologia” degli ariani. Per Evagrio, famoso autore
spirituale, la teologia è il sommo grado della contemplazione, corrisponde cioè alla visione mistica. Perciò il
grande mistico bizantino Simeone è chiamato il “Nuovo
Teologo”. Ma nelle università medievali, come abbiamo
notato, la teologia è già la “scienza” di Dio, definizione
destinata a perdurare fino ad oggi. In tempi piú vicini ai
nostri provò a correggerla Piet Schoonenberg, teologo
gesuita olandese, proponendo che essa sia piuttosto
“scienza sulla fede”, scienza di ciò che i cristiani hanno
creduto di Dio nel corso dei secoli.
Non è nostro scopo proporre una catalogazione precisa e una sintesi di questi termini, che possono essere
7
Quaestiones convivales, t. I, 1,4,5.
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T. Špidlík – Una conoscenza integrale
compresi solo nel loro contesto. Nella ricerca della verità,
e soprattutto nella interpretazione della rivelazione divina, ognuno afferra un aspetto del grande mistero, e di solito è portato a dargli la precedenza rispetto agli altri.
Siamo tuttavia convinti che un contributo assai valido per
arrivare alla conciliazione di questi diversi aspetti lo offra la “teologia simbolica”. In modo modesto e limitato
cercheremo quindi di indicare i suoi presupposti, le sue
condizioni, le possibilità che offre e i vantaggi per interpretare il Lógos del Theós nei lógoi degli uomini (ánthropoi), congiungendo cosí la teologia con l’antropologia,
che è il grande problema del mondo di oggi.
È opinione comune che la civiltà europea sia nata
dalla sintesi armoniosa di tre elementi costitutivi: la filosofia greca, il diritto romano e la rivelazione biblica.
Allora, per conservare l’identità dell’Europa cristiana, si è
sempre cercato di ricucire i piccoli strappi tra queste tre
realtà, affinché l’Europa apparisse come una “veste senza cuciture” (cf Gv 19,23). Va da sé che esistevano sempre persone scettiche sull’effetto di questi rattoppi provvisori, dato che già il primo rattoppo sarebbe stata fatto
in modo affrettato, non solido. In tempi recenti lo sottolinea il pensatore russo Lev Šestov nel suo libro Atene e
Gerusalemme,8 pieno di interessanti riferimenti agli antichi autori greci e a famosi pensatori europei. Egli esprime il suo fondamentale atteggiamento già nella prima pa-
8
Pubblicato in ed. francese nel 1938 e postumo in russo
(1951). Esiste anche in tr. it. (Milano 2005) ed è da questa edizione che citiamo.
22
Introduzione
gina della prefazione, dove afferma che con l’espressione
“Atene e Gerusalemme” si pone il problema della possibilità di una “filosofia religiosa” in questo modo: la filosofia razionale greca è davvero conciliabile con la religione? E conclude: se cerchiamo una risposta dalla storia, tale risposta è chiara. La storia ci dirà che, per lunghi
secoli, i migliori rappresentanti dello spirito umano hanno senza alcun dubbio evitato in tutti i modi di opporre
Atene e Gerusalemme. Hanno difeso con passione la
congiunzione unitiva “e”, mentre hanno risolutamente rifiutato quella disgiuntiva “o”. Cosí Atene e Gerusalemme,
Gerusalemme e Atene, la religione con la filosofia razionale coesistevano in pace. E la gente vedeva in questa pace l’anticipo dei suoi sogni secolari realizzati o realizzabili.
Ma possiamo fidarci del giudizio della storia? Non è forse la storia un “giudice iniquo”? Con molti esempi, Šestov dimostra come il criterio della verità nelle due città
sia contraddittorio. Il criterio delle scienze naturali è l’infallibile esistenza dei “fatti” e quello della metafisica l’indiscutibile validità dei principi astratti. Come inserire in
questa sfera, dominata da una necessità impersonale, la religione, che invece è fondata sulla libertà personale?
Sarebbe voler comprendere la vita con la morte, far nascere la libertà dalla schiavitú di una necessità tirannica predominante.
Il libro citato è assai convincente, eppure speriamo di
potervi opporre un atteggiamento diverso, ancor piú
convincente. La “teologia simbolica”, di cui cercheremo
di sviluppare i tratti principali nel nostro libro, sceglie il
punto di partenza opposto: non dalla filosofia scientifica alla libertà religiosa, ma dalla religione libera, capace
23
T. Špidlík – Una conoscenza integrale
di realizzarsi e rivelarsi anche nella necessità scientifica e
filosofica. In ciò segue il suo fondatore, Cristo, che come Figlio libero del Padre dei cieli riesce a realizzare la
sua persona anche nella schiavitú degli elementi del
mondo terrestre (cf Gal 4,3). Ciò è possibile perché già
nella vita divina l’assoluta libertà delle Persone non contraddice l’assoluta necessità dell’unità sostanziale.
Ritrovare tutta la verità, l’unità assoluta di tutte le singole verità particolari, la loro armonia, significa scoprire la bellezza. Sergej Bulgakov fa questa costatazione:
“Una caratteristica particolare del nostro mondo dualista è l’antagonismo tra il lavoro economico e il lavoro artistico: l’arte considera l’economia dall’alto in basso, disprezzandola per il suo utilitarismo calcolatore e la sua
mancanza di ispirazione. E l’economia adotta un atteggiamento condiscendente riguardo all’arte, a causa della
sua impotenza sognatrice e del suo inevitabile carattere
parassitario dal punto di vista delle necessità economiche.
L’unità ideale di queste due attività è raggiunta per mezzo dell’arte della vita, che trasforma il mondo e crea la vita nella bellezza. Allora la bellezza salverà il mondo”.9
Berdjaev aggiunge: “La bellezza salverà il mondo, perché la trasfigurazione del cosmo, il paradiso, il regno di
Dio, rappresenta il suo ottenimento”.10 Questa frase, or-
9
Cit. in N. Losski, Histoire de la philosophie russe des origines à
1950, Paris 1954, 219; la frase di Dostoevskij sulla bellezza si legge nel
suo romanzo L’idiota, parte III, cap. 5 (per una tr. it. ved. quella classica di R. Küfferle, 2 voll., Milano 1973, 478-9); cf anche IR, 103.
10
24
De la destination de l’homme, Paris 1935, 318.
Introduzione
mai divenuta famosa, è di Dostoevskij. Egli non ne ha
spiegato il senso. Ma, per intendere il suo pensiero, è sufficiente paragonarla ad un altro suo testo: “Vi dirò di me
stesso che sono un figlio di questo secolo, un figlio dell’incredulità e del dubbio fino ad oggi e forse fino alla tomba. Quali spaventose torture mi è costata anche ora questa sete di credere, tanto piú forte nella mia anima quanto piú ci sono in me argomenti contrari. E tuttavia, Dio
mi invia talvolta dei momenti in cui tutto mi è chiaro e
sacro. È in quei momenti che ho composto un credo: credere che non c’è niente di piú bello, di piú profondo, di
piú amabile, di piú ragionevole e di piú perfetto che il
Cristo, e che non solo non c’è niente, ma, lo dico con un
amore geloso, che non si può avere niente. E piú ancora, se qualcuno mi avesse dimostrato che Cristo è fuori
dalla verità, avrei preferito senza esitare restare con Cristo
piuttosto che con la verità”.11
11 Lettera indirizzata alla signora N. Von Visine, datata 20 febbraio 1854, F. M. Dostoevskij, Pis’ma, Sobranie Sočinenij, vol. 28, I,
Moskva 1985, 176.
25
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