0.1 Cometa Viene avvistata una nuova cometa. Con attente

annuncio pubblicitario
0.1
Cometa
Viene avvistata una nuova cometa. Con attente osservazioni si arriva a conoscere la sua distanza dal sole, il modulo della sua velocità
rispetto al sole e l’angolo tra la velocità e il vettore posizione. Quale
sarà il perielio della cometa? e dopo quanto tempo riapparirà nella
sua posizione attuale?
Cometa
Dati
|r0 | ≡ 1.32 · 10ˆ9 km
|v0 | ≡ 14.2 km/ sec
ϕ0 = 0.18 rad
(1)
(2)
(3)
––––––––––––Considerando trascurabili gli effetti gravitazionali degli altri corpi celesti del
sistema solare (anche se qualche volta non lo sono...), sulla cometa agisce solo
la forza di gravità dovuta al sole, cioè
Mm
F = −G 3 r
r
(4)
ove G è la costante di gravitazione universale, M è la massa del sole, m è la
massa della cometa (che sarà considerata puntiforme), e r è il vettore posizione
1
della cometa rispetto ad un riferimento con origine nel centro del sole (tale
riferimento è con ottima approssimazione inerziale).
Come è ben noto il campo gravitazionale è conservativo e l’energia potenziale
è data da
Mm
V (r) = −G
(5)
r
Inoltre essendo un campo di forze centrale (la forza è diretta sempre verso il
centro del sole), si conserva il momento angolare calcolato rispetto a questo
centro: cioè il vettore
P = r ∧ m v
(6)
non cambia nel tempo e quindi
P = r ∧ m v = P0 = r0 ∧ m v0
(7)
Il fatto che la direzione di P rimane costante indica che il moto sarà sul piano
individuato dai vettori r0 , v0 (vedi esercizio "accelerazione radiale e trasversa").
D’altra parte dovremmo sapere che le traiettorie possibili in un campo di forze
radiale attrattivo di intensità inversamente proporzionale a r2 sono solo le
coniche cioè o un’ellisse o una parabola o un’iperbole. La conservazione del
modulo di P fornisce
P = m r v sin (ϕ) = P0 = m r0 v0 sin (ϕ0 )
(8)
dove ϕ è l’angolo tra r e v . Dato che conosciamo r0 , v0 , ϕ0 conosciamo il
P
valore del momento per unità di massa P̃ = m
; abbiamo allora
r v sin (ϕ) = P̃
(9)
relazione valida in ogni punto dell’orbita. Ma noi stiamo cercando il perielio cioè
la distanza minima dal sole e sappiamo che nei punti di minima e di massima
distanza il raggio posizione e la velocità sono ortogonali ( vedi formula (??)
dell’esercizio "l’astronave Eos" e le considerazioni seguenti). Perciò al perielio
(come eventualmente all’afelio) l’angolo tra il raggio posizione e la velocità è di
90 gradi e quindi al perielio (come eventualmente all’afelio) si ha
r̄ v̄ = P̃
(10)
dove P̃ è noto dai dati iniziali e r̄, v̄ indicano rispettivamente la distanza
dal sole e il modulo della velocità della cometa al perielio (o all’afelio).
Abbiamo una relazione per due incognite: insufficiente.
Ma la conservazione dell’energia ci fornisce una seconda relazione:
Mm
1
Mm
1
E = m v2 − G
= E0 = m v02 − G
2
r
2
r0
(11)
Quindi i dati iniziali ci forniscono l’energia per unità di massa
Ẽ =
E
1
M
= v02 − G
m
2
r0
2
(12)
Perciò al perielio (come eventualmente all’afelio) abbiamo:
1 2
M
v̄ − G
= Ẽ
2
r̄
(13)
Ricavando v̄ da (10) e inserendo in (13), si ha
P̃ 2 1
1
− GM = Ẽ
2 r̄2
r̄
(14)
che riscriviamo (controllate le dimensioni!)
1
2GM 1 2Ẽ
−
−
=0
r̄2
P̃ 2 r̄
P̃ 2
Dunque dobbiamo risolvere una banale equazione di secondo grado in
soluzioni sono:
2
GM
2Ẽ
GM
1
=
±
+
2
2
r̄±
P̃
P̃
P̃ 2


2
GM 
P̃

=
1 ± 1 + 2Ẽ

GM
P̃ 2
(15)
1
r̄ .
Le
(16)
Ma non sempre le soluzioni matematiche sono accettabili fisicamente... in
questo caso le soluzioni devono essere ovviamente reali e positive, epperciò il
2
P̃
discriminante ∆ = 1 + 2Ẽ GM
deve essere non negativo. In effetti si ha
∆ ≥ 0: lo studente può tentare di dimostrarlo (Nota 1) . Quindi le soluzioni sono
reali, ma sono positive (come richiesto dato che r̄ è un modulo)? notiamo che
il segno di
2
P̃
2Ẽ GM
dipende solo dal segno dell’energia che può essere positiva o negativa a seconda che l’energia cinetica (sempre positiva) prevalga o no sul’energia
potenziale gravitazionale (sempre negativa): vedi (11).
Abbiamo 3 casi.
1) Energia negativa: la radice è minore di uno e quindi tutte le due soluzioni
sono positive e dunque accettabili. Notare che r̄+ < r̄− , quindi (a dispetto della
notazione...) r̄+ sarà il perielio e r̄− l’afelio. Dato che l’orbita è una conica,
la presenza di una minima e di una massima distanza implica che l’orbita sia
ellittica.
2) Energia nulla: caso marginale, abbiamo r̄1− = 0, quindi l’afelio è all’infinito.
L’orbita è parabolica (la parabola può essere infatti considerata come una ellisse
che si chiude all’infinito). Il punto materiale sfugge al campo gravitazionale e
arriva all’infinito con velocità nulla .
3
3) Energia positiva: solo r̄+ > 0, quindi abbiamo solo il perielio. L’orbita
è una iperbole. Il punto materiale sfugge al campo gravitazionale e arriva
all’infinito con velocità non nulla.
Quindi per sapere in che tipo di orbita siamo basta guardare al segno del’energia
(notare anche che tutto quanto detto è indipendente dalla massa m della cometa).
Notiamo inoltre che se il discriminante è nullo l’afelio coincide con il perielio e
quindi l’orbita è necessariamente circolare (il cerchio è ovviamente un caso particolare dell’ellisse). Diamo uno sguardo alle velocità. Iniziamo proprio dal caso
dell’orbita circolare. Abbiamo detto ∆ = 0 cioè
2
P̃
1 + 2Ẽ
=0
(17)
GM
e r̄± = R , R essendo il raggio del cerchio) che dalla (16) è
R=
P̃ 2
GM
(18)
Quindi per la velocità vc sull’orbita circolare ( velocità costante, perchè...),
abbiamo
1 2 GM
R
1+2
v −
=0
2 c
R
GM
cioè
vc =
GM
R
(19)
ottenibile anche direttamente dalla (18) con la (10).
Se siamo nel caso (2), energia nulla, orbita parabolica, abbiamo dalla (11)
√
2GM
vf =
(20)
= 2vc
R
dove abbiamo indicato con vf la ’velocità di fuga’ dall’astro quando siamo
ad una distanza R dal centro dell’astro: ’fuga’ perchè in effetti siamo con la più
piccola velocità che ci permette di sfuggire al campo gravitazionale e giungere
all’infinito. Da notare anche che la direzione e verso della velocità non contano
(a meno di impatti con l’astro...): se abbiamo tale velocità in modulo o una
superiore ’fuggiremo’ comunque (con una traiettoria parabolica o iperbolica).
Se invece la velocità è inferiore a quella di fuga siamo intrappolati nel campo
gravitazionale in un’orbita ellittica.
Forse è istruttivo vedere graficamente come vanno le cose:
4
Orbite
Siamo in P con una navetta spaziale nell’orbita ellittica (1) intorno all’astro
(pianeta, stella...) di massa M ; P è l’afastro e P1 il periastro. Dato che l’orbita
non è circolare e siamo all’afastro, allora la velocità in P deve essere minore
della velocità vc per quella distanza. Accendiamo i motori e portiamoci, in
brevissimo tempo, a velocità v = vc : entreremo nell’orbita circolare (2). Se
invece avessimo raggiunto con l’accensione la velocità v > vc , v < vf allora
saremmo entrati nell’orbita (3) che è pur sempre ellittica: ma notate che adesso
P è il periastro e P3 è l’afastro. Se avessimo ottenuto dall’accensione v = vf
allora saremmo nell’orbita parabolica di fuga (4) con periastro P. Se avessimo
ottenuto dall’accensione v > vf allora saremmo nell’orbita iperbolica (5) con
periastro P.
5
Torniamo alla nostra cometa e vediamo che tipo di orbita percorre.
Ẽ =
1 2
M
v −G
0?
2 0
r0
(21)
Conosciamo r0 e v0 , mancano G e la massa M del sole. Poco male, direte:
troviamo i valori in qualsiasi libro di testo o su internet... Ma se voi foste su un
isola deserta senza libri e senza collegamento: che fareste?
Mmm... ci viene in mente la terza legge di Keplero(Nota 2)
ρ3
GM
=
T2
4π2
(22)
dove ρ è il semiasse maggiore dell’orbita ellittica, T è il periodo e M è
la massa che genera il campo gravitazionale (nel nostro caso il sole). Tale
legge si applica a tutti i corpi in un campo gravitazionale generato da una
massa M : le lune di Giove, i satelliti artificiali della terra, i pianeti del sistema
solare...(mutatis mutandis, cioè il valore di M ). Ma per un peculiare pianeta,
la terra!, dovremmo conoscere i dati(Nota 3) : dovremmo sapere che il periodo
è un anno terrestre e il raggio è per definizione una U A (Unità Astronomica)
pari a circa 150 milioni di chilometri (considerando con buona approssimazione
l’orbita terrestre come circolare anche se in realtà è ellittica ma con piccola
eccentricità). Possiamo quindi fare una stima di GM :
3
3
1.5 · 108 Km
2
11 Km
GM = 4π
=
1.34
·
10
(23)
sec2
(365.25 · 24 · 60 · 60 sec)2
Ora possiamo calcolare l’energia (per unità di massa)
Ẽ =
M
Km2
1 2
= −5.365
v0 − G
2
r0
sec2
(24)
e siccome vediamo che è negativa allora l’orbita della cometa è ellittica e quindi la
cometa ritornerà dopo un periodo T . Notiamo che la posizione dell’avvistamento
è tra l’orbita di Giove e quella di Saturno (controllate(Nota 4) ). Calcoliamo il
perigeo, come richiesto:
r+ = 4.21 · 107 Km
(25)
Esprimiamolo in U A
r+ = 0.28U A
(26)
Sapendo(Nota 4) che Mercurio è a circa 0.4U A, vediamo che la cometa passerà
entro la sua orbita e quindi arriverà molto vicino al sole.
Per calcolare il periodo utilizzeremo di nuovo la terza legge di Keplero. Abbiamo però bisogno dell’afelio per trovare il semiasse maggiore dell’orbita. Calcoliamo:
r− = 2.49 · 1011 Km
(27)
o in UA
r− = 1.66 · 103 U A
6
(28)
Molto al di là della cosiddetta Fascia di Kuiper, ma molto al di qua della
Fascia di Oort che è a circa 50000 UA.
Per il periodo otteniamo T = 23966 anni: noi non ci saremo per vedere il
prossimo passaggio! (forse).
Notare comunque che la velocità iniziale è molto vicina alla velocità di fuga
e quindi basterebbe un piccolo errore nei dati iniziali per avere grandi variazioni
dei risultati ottenuti (afelio, periodo... sperimentate!).
Nota 1
Se Ẽ ≥ 0 sarà ovviamente ∆ > 0. Se Ẽ < 0 allora
e quindi possiamo porre
GM
1
> v2
r
2
(29)
GM
1
1
= v 2 + λ2
r
2
2
(30)
Ma allora
CVD.
2GM
1
2
2
∆ = 1+ v −
2 (rv)
r
(GM )
2 2
4
= 1 + −λ v 2
v 2 + λ2
2
2
v − λ2
= 2 ≥ 0
v2 + λ2
(31)
Nota 2
Chi non ricordasse che la costante nella terza legge di Keplero è GM
4π2 , potrebbe
tuttavia facilmente ricavarla considerando un’orbita circolare... esercizio per lo
studente.
Curiosità storica. Keplero ricavò ingegnosamente e in relativamente poco
tempo le sue due prime leggi dai dati astronomici di Ticho Brahe; passò poi
molti e molti anni in cerca della terza legge... Sappiamo ora che l’esistenza
della terza legge è in qualche modo ’miracolosa’ (dipende infatti dalla eccezionale
super-integrabilità del moto in un campo gravitazionale e sono veramente pochi
i sistemi dinamici super-integrabili). Ma Keplero continuò imperterrito i suoi
sforzi senza dubbi e senza esitazioni, ferreamente convinto che una terza legge
dovesse esistere: perchè? ma perchè 2 è un numero imperfetto: Dio doveva
avere consegnato la chiave dell’ armonia delle sfere solo a 3, il numero perfetto!
Nota 3
La mente umana non può ricordare tutto e per di più ora con la grande
facilità di accesso all’informazione sovraccaricare la memoria sarebbe inutile.
Eppure ci sono ’nozioni’ e dati e cose che un uomo mediamente colto dovrebbe
7
avere ’in memoria’. Tra queste, a mio giudizio,(oltre all’inno a Venere di Lucrezio e almeno il primo canto della Divina), dovrebbe esserci il valore approssimato di pi-greco, la velocità del suono e della luce, il valore di g, il raggio di
un atomo, il raggio della Terra, la distanza Terra_Luna e Terra_Sole, il nome
e l’ordine dei pianeti, la distanza della stella più vicina, il ’diametro’ stimato
della Galassia... Non per mero nozionismo ma come framework della propria
visione mentale dell’Universo.
Nota 4
Per una approssimata stima della distanza dei pianeti dal sole si può ricorrere alla misteriosa legge empirica trovata nel ’700 da Titius e Bode.
La legge di Titius-Bode dice che la distanza d(n) dell’ennesimo pianeta dal
sole (in Unità Astronomiche, UA, pari circa a 150 milioni di chilometri) è data
da:
d(n) = d(1) + 0.3 · 2(n−2)
(32)
Sapendo che per la Terra (terzo pianeta, n=3) la distanza dal sole è , per
definizione di unità astronomica, pari a uno, si ricava per Mercurio (primo
pianeta, n=1)
d(1) = d(3) − 0.3 · 2(3−2) = 1 − 0.3 · 2 = 0.4 U A
(33)
(in buon accordo con la distanza vera che è di 0.387 UA).
Per Venere (secondo pianeta, n=2) abbiamo
d(2) = d(1) + 0.3 · 2(2−2) = 0.4 + 0.3 = 0.7 U A
(34)
(distanza vera = 0.723).
Per Marte (quarto pianeta, n=4) abbiamo
d(4) = d(1) + 0.3 · 2(4−2) = 0.4 + 0.3 · 4 = 1.6 U A
(35)
di nuovo in buon accordo con la distanza vera che è pari a 1.524 UA.
Applicando però la formula al quinto pianeta (Giove, distanza=5.203 UA),
si trova
d(5) = d(1) + 0.3 · 2(5−2) = 0.4 + 0.3 · 8 = 2.8 U A
(36)
mentre la giusta distanza si ottiene, sorprendentemente, per n=6
d(6) = d(1) + 0.3 · 2(6−2) = 0.4 + 0.3 · 16 = 5.2 U A
(37)
Sembra quindi che Giove sia in realtà il sesto pianeta e non il quinto (*); epperò, ai tempi di Bode, nessun pianeta era stato osservato tra Marte e Giove...
Tuttavia, nel 1801, l’astronomo italiano Piazzi individuò a 2.767 UA un pianetino che chiamò Cerere e presto si scoprì che Cerere era solo il più grande di
uno sciame di asteroidi in orbita tra Marte e Giove proprio alla distanza prevista
8
dalla legge di Titius-Bode! quindi il fantasmatico quinto pianeta era stato effettivamente trovato (anche se piuttosto ...malridotto). D’altronde, considerando
Giove come sesto pianeta, Saturno avrebbe n=7 e quindi
d(7) = d(1) + 0.3 · 2(7−2) = 0.4 + 0.3 · 32 = 10 U A
(38)
d(9) = 38.8 U A
d(10) = 77.2 U A
(39)
(40)
ancora in accordo con la distanza vera che è di 9,555 UA.
Anche per Urano (n=8), scoperto solo nel 1781 da W. Herschel, la legge
tiene, predicendo una distanza di 19,6 UA a confronto della distanza misurata
(media) di 19.19 UA.
Agli inizi del 1800 Urano era l’ultimo pianeta (conosciuto) del sistema solare
, non aveva dunque senso applicare la legge a n>8; ma, proprio agli inizi del
1800, J.C. Adams e J.J. Le Verrier , analizzando il moto di Urano, scoprirono
che non seguiva esattamente le leggi di Newton (e Keplero) e, con considerevole sforzo fisico-matematico, riuscirono a predire l’esistenza e l’orbita di uno
sconosciuto pianeta più lontano di Urano stesso. Tale pianeta fu poi effettivamente osservato per la prima volta nel 1846 dall’astronomo tedesco J.G. Galle
e in seguito fu ’battezzato’ col nome di Nettuno. Successivamente, analizzando
le piccole perturbazioni dell’orbita dello stesso Nettuno, si dedusse che doveva
esserci ancora un (piccolo) pianeta sconosciuto: tale pianeta - Plutone - fu effettivamente avvistato solo nel 1930 da C. W. Tombaugh. La previsione teorica
e la effettiva scoperta di tali pianeti resta una delle più belle perfomance della
Meccanica Classica! Ma come si comporta la legge di Titius-Bode rispetto questi
nuovi e imprevisti inquilini del nostro sistema (il nono e il decimo, secondo la
nostra numerazione)? In apparenza non bene: infatti la formula prevede
mentre in realtà Nettuno è più vicino (a 30,06 UA) e Plutone MOLTO più
vicino a sole (si fa per dire...) a 39,53 UA. Tuttavia molti astronomi, notando le anomalie dell’orbita di Plutone che è molto più eccentrica e inclinata
rispetto all’eclittica delle orbite degli altri pianeti, hanno ipotizzato che in realtà Plutone fosse un tempo una delle lune di Nettuno, scagliata via lontano
per qualche sconosciuta catastrofe cosmica (o addirittura si ipotizza che fosse
un pianetino vagabondo catturato dal nostro Sole). Quindi, tutto sommato, la
Legge di Titius-Bode potrebbe ancora valere... Allora cosa c’è a 77,2 UA? Non
lo sappiamo: d’altronde non si può certo estrapolare questa legge per un numero
infinito di pianeti, anche considerando che l’attrazione gravitazionale del sole
decresce con (il quadrato del)la distanza e ad un certo punto è equilibrata da
quella delle stelle vicine. Gli oggetti più lontani ipotizzati del nostro sistema
sono le cosiddette fasce cometarie: ’nuvole’ di comete da cui ogni tanto qualcuna si distacca per farci visita... La più lontana di tali fasce dovrebbe essere la
Nube di Oort (a circa 50000 UA), la più vicina la Fascia di Kuiper , forse proprio alla distanza prevista dalla legge di Titius-Bode e per di più recentemente
entro tale fascia sembra che sia stato avvistato un oggetto abbastanza grande
9
da meritare il nome di pianeta. Inoltre, sempre recentemente, è stata provata
l’esistenza di pianeti orbitanti intorno ad altre stelle. Ovviamente, quando (e se)
riusciremo a conoscere in dettaglio questi altri sistemi planetari scopriremo se
questa legge empirica è solo una curiosità legata al sistema solare o se nasconde
qualcosa di ben più profondo. Infatti, se essa dovesse essere confermata anche
in sistemi extra-solari, dovremmo dedurre che c’è qualche ragione teorica per
la sua validità, ragione che non riusciamo a vedere alla luce della Meccanica
attuale. Come le leggi empiriche spettrografiche portarono alla rivoluzione della
Meccanica Quantistica, così una eventuale conferma della Legge di Titius-Bode
potrebbe portare a una nuova Meccanica Celeste.
(*) Nota bene che, nella maggioranza dei testi, Cerere (e la fascia degli asteroidi) non viene
considerata un pianeta e quindi la numerazione dei pianeti risulta diversa (Giove rimane il quinto
pianeta e usualmente si dice che i pianeti sono nove e non dieci).
10
Scarica