non abbiate paura - Caritas Italiana

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giovedì 9 giugno 2005
COORDINAMENTO OPERATORI COMUNICAZIONE
NON ABB IA TE P AURA
G. Nel nome del Padre …
T. Amen
G. Iniziando il nostro lavoro invochiamo il Signore perché ci guidi in queste giornate e ci
sostenga sempre nel nostro lavoro quotidiano. Lo facciamo con le parole e le esortazioni di
Giovanni Paolo II, nella sua ultima Lettera apostolica ai responsabili delle comunicazioni
sociali (24 gennaio 2005).
T. Con te, Signore, non abbiamo paura
Primo coro
Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse sono «tra le cose meravigliose» — «inter
mirifica» — che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità,
anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno
eterno.
Secondo coro
Non abbiate paura dell'opposizione del mondo! Gesù ci ha assicurato «Io ho vinto il mondo!»
(Gv 16,33).
T. Con te, Signore, non abbiamo paura
Primo coro
Non abbiate paura nemmeno della vostra debolezza e della vostra inadeguatezza! Il divino
Maestro ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Secondo coro
Comunicate il messaggio di speranza, di grazia e di amore di Cristo, mantenendo sempre
viva, in questo mondo che passa, l'eterna prospettiva del Cielo, prospettiva che nessun mezzo
di comunicazione potrà mai direttamente raggiungere: «Quelle cose che occhio non vide, né
orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo: queste ha preparato Dio per coloro che lo
amano» (1Cor 2,9).
T. Con te, Signore, non abbiamo paura
Maria, che ci ha donato il Verbo della vita e di Lui ha serbato nel cuore le
imperiture parole, ci aiuti a comunicare con ogni mezzo la bellezza e la gioia
della vita in Cristo nostro Salvatore.
I N ASCOLTO
«Ed egli mi ha detto: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella
debolezza». Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la
potenza di Cristo riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in
necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora
sono forte» (2Cor 12,9-10)
Per la riflessione
«Nella vita si trovano risposte vere quando si hanno domande vere. lo non avrei timore di
dire che la domanda vera è la domanda dell'infinito dolore del mondo. E poiché di questo
dolore la sentinella è la morte, vorrei dire che il pensiero nasce dal dolore, il pensiero è figlio
della morte. Quando non c'è sofferenza, non c'è neanche pensiero e quando c'è pensiero vero,
ci sarà anche dolore. Non abbiate paura di soffrire il pensiero, di lottare con questa domanda
radicale. È questo che rende la nostra vita degna di essere vissuta.
Se è vero che il pensiero nasce dal dolore, se è vero che il dolore è la categoria universale, che
siamo diversi dagli altri per il possesso, ma siamo solidali per la povertà, allora la nostra
condizione è una condizione esodale. L'uomo è un mendicante del cielo, un viandante, un
pellegrino. Siamo sempre in cerca di una patria intravista, ma non posseduta.
Heidegger dà questa definizione straordinaria dell'uomo: l'uomo è la sentinella della
silenziosa quiete del transitare dell'ultimo Dio». Diventi veramente umano, quando nel
silenzio fai spazio all'ascolto di questo brivido, di questo passaggio, che è la ferita di Dio nella
tua vita ». (Bruno Forte, Camaldoli, 2001)
ULTERIORI SPUNTI PER LA RIFLESSIONE PERSONALE
Il Dio dello tsimtsum
Il mondo - e su questo convergono cristologia e pensiero dello tsimtsum ebraico - è
esattamente una forma di indebolimento della divinità, è un Dio che si fa piccolo e si ritrae
dalla pienezza dell'essere. Ma Cristo è anche colui che vive un triplice esodo. Cristo è Colui
che esce da Dio, Cristo è Colui che esce da sé, Cristo è Colui che esce verso Dio.
Anche la vita del discepolo è un triplice esodo: uscire da Dio, nel senso di dipendere dal Suo
silenzio; uscire da noi stessi, nel senso di essere donne e uomini liberi; uscire verso Dio, nel
senso di trasgredire la morte nella speranza .
I segni
Quando ci si lascia interpellare da una emergenza e dai bisogni spietati del nostro tempo si
scopre la fatica, a volte l’impossibilità di approntare soluzioni e di prendersi in carico i volti
della disperazione e della povertà.
Quando ci si lascia interpellare da una emergenza e dai bisogni spietati del nostro tempo
dobbiamo sempre più pensarci “senza frontiere”, dentro i guasti dell'intero creato, per
educarci a considerarli correlati tra l’ambito locale e quello internazionale. Restituire
centralità e dignità alla persona porta con sé la necessità di costruire un comune senso di
responsabilità e di partecipazione attorno a stili di vita e a progetti che sappiano incidere nel
nostro vivere quotidiano
In altre parole, si tratta di verificare se le parole della compassione e le azioni della
consolazione ci coinvolgono personalmente:
- inducendoci a osservare e ascoltare con continuità;
- obbligandoci a tenere occhi aperti e udito desto, oltre l’urto del momento;
- impegnandoci ad esprimere autocontrollo nella denuncia, ma anche forza d’animo
per non abbandonarsi alla sfiducia e all’esasperazione.
Ciò che è essenziale è seminare, lasciando nelle mani di Dio l’intero raccolto del nostro agireintervenire: una vita confortatrice che cerca a sua volta conforto, un’esistenza sostenitrice che
cerca a sua volta sostegno, una storia consolatrice che ha bisogno di essere consolata.
G. Preghiamo insieme con le parole che Gesù ci ha insegnato:
T. Padre nostro …
G. Ci benedica Dio....
T. Amen
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