La manovra di Valsalva: l`antica semeiotica in aiuto del presente

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INFORMALMENTE ... riflessioni, racconti, esperienze
La manovra di Valsalva:
l’antica semeiotica in aiuto del presente tecnologico?
Mario Pacileo1, Domenico Nazzaro1, Francesca Ziviello2, Plinio Cirillo2, Alessandro Villella1
1
S.C. Cardiologia-UTIC, Ospedale F. Lastaria, ASL Foggia, Lucera (FG)
Dipartimento di Medicina Clinica, Scienze Cardiovascolari ed Immunologiche, Università degli Studi “Federico II”, Napoli
2
G Ital Cardiol 2011;12(5):350-353
La manovra di Valsalva (MV) consiste in una inspirazione relativamente profonda seguita da un’espirazione forzata a glottide
chiusa della durata di circa 10 s. I primi ad utilizzarla furono
medici arabi nel XI secolo d.C. e solo molto tempo dopo fu introdotta nella pratica clinica da medici italiani. Infatti, l’utilizzo
diagnostico di questa manovra è attribuibile ad Antonio Maria
Valsalva, un medico italiano vissuto tra il XVI e XVII secolo. Inizialmente tale manovra veniva adoperata per rimuovere suppurazione e corpi estranei dall’orecchio. Successivamente, l’attenzione si è spostata sulle variazioni emodinamiche prodotte
dalla sua esecuzione che si sono rivelate utili nell’iter diagnostico di numerose condizioni patologiche1.
La dinamica della MV contempla quattro fasi: I) fase di inizio della tensione, II) fase di tensione, III) fase di rilasciamento, e IV) fase di recupero. Normalmente, la fase I è caratterizzata, durante l’espirazione a glottide chiusa, dall’aumento
della pressione intratoracica e della pressione arteriosa sistolica a causa della compressione dell’aorta. Successivamente,
durante la fase II, si assiste alla diminuzione del ritorno venoso e della pressione arteriosa sistolica secondarie al permanere, a livello intratoracico, di una pressione positiva. Contemporaneamente, si assiste all’incremento della frequenza cardiaca. Durante le fasi successive di rilasciamento e di recupero, la rapida riduzione della pressione intratoracica determina
l’attivazione di una serie di meccanismi di compenso fisiologici. Specificamente, la rapida modifica del volume ematico
presente nel sistema vascolare polmonare determina una brusca riduzione della pressione arteriosa sistolica (fase III) e, successivamente, l’aumento della portata cardiaca, la vasocostrizione periferica da iperattività simpatica e la riduzione della
frequenza cardiaca, determinano l’incremento della pressione
arteriosa sistolica (fase IV)1-3.
La MV è stata largamente utilizzata nella semeiotica “classica” per la valutazione dei pazienti con scompenso cardiaco e
per una più approfondita valutazione dei soffi cardiaci. L’avvento di metodiche di imaging più moderne quale è l’ecocardiografia, ha ridotto l’utilizzo di tale manovra nella pratica clinica. Tuttavia, essa rappresenta ancora un valido aiuto nel laboratorio di ecocardiografia nella valutazione della funzione
© 2011 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 07.02.2011; nuova stesura 02.03.2011; accettato 03.03.2011.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Mario Pacileo S.C. Cardiologia-UTIC, Ospedale F. Lastaria, ASL Foggia,
Via Francesco Lastaria 1, 71036 Lucera (FG)
e-mail: [email protected]
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diastolica del ventricolo sinistro, nella valutazione dell’entità
dell’ostruzione all’efflusso del ventricolo sinistro nella cardiomiopatia ipertrofica, e nella diagnosi di pervietà del forame ovale (PFO) per la valutazione dello shunt destro-sinistro ad esso
associato.
Inoltre, la MV conserva una discreta utilità nella valutazione semeiotica classica di numerose condizioni cliniche cardiovascolari come la diagnostica dei soffi cardiaci sistolici, la disfunzione autonomica, le aritmie e lo scompenso cardiaco.
LA MANOVRA DI VALSALVA NELLA DIAGNOSI
CLINICA
Manovra di Valsalva e soffi cardiaci
Le modifiche emodinamiche indotte dalla MV sono di aiuto, all’auscultazione, nella diagnostica tra i diversi tipi di soffi cardiaci. Quando la gittata sistolica e la pressione arteriosa sistemica si riducono, i soffi sistolici della stenosi aortica e polmonare e dell’insufficienza mitralica e tricuspidale si riducono e i
soffi diastolici dell’insufficienza aortica e polmonare e della stenosi tricuspidale e mitralica riducono la propria intensità. Inoltre, l’aumento di intensità dei soffi durante l’esecuzione della
MV in pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva distingue questo tipo di soffio da altri tipi di soffi sistolici, mentre il
soffio telesistolico e il click del prolasso della valvola mitrale vengono anticipati3.
Manovra di Valsalva e disfunzione autonomica
La MV è adoperata nello studio della disfunzione autonomica
fornendo informazioni sia sulla funzione del sistema simpatico
che del sistema parasimpatico4, andando a valutare la risposta
pressoria alla MV per lo studio della funzione adrenergica ed
adoperando un indice, il Valsalva ratio, per lo studio della funzione vagale.
Il Valsalva ratio è un indice che permette un’individuazione
precoce della disfunzione vagale anche in pazienti che ancora
devono sviluppare una cardiopatia evidente. Esso è dato dal
rapporto tra la frequenza cardiaca durante la fase IV della MV
e la frequenza cardiaca durante la fase II. Di norma si riscontra
un incremento della frequenza cardiaca durante la fase II come
risposta alla caduta della pressione arteriosa, mentre come risposta baroriflessa durante la fase IV si apprezza un aumento
della pressione arteriosa associata ad una bradicardia transitoria. In pazienti con disfunzione autonomica si verifica la perdita dell’incremento dei valori pressori e della bradicardia riflessa
indotti dalla MV4,5.
LA MANOVRA DI VALSALVA
Manovra di Valsalva e aritmie
La MV determina aumento del tono vagale e rallenta la conduzione e la refrattarietà del nodo atrioventricolare. In tal modo questa manovra consente di: a) ridurre transitoriamente la
frequenza cardiaca in casi di tachicardia sinusale agendo sulla
frequenza di scarica del nodo seno-atriale; b) interrompere episodi di tachicardia da rientro a livello del nodo atrioventricolare e rientro atrioventricolare; c) slatentizzare (senza interrompere) casi di tachicardia parossistica sopraventricolare, flutter e
fibrillazione atriale. Al contrario, la MV non esercita alcun effetto in corso di tachicardia ventricolare6,7.
Manovra di Valsalva e scompenso cardiaco
Nella valutazione del paziente con scompenso cardiaco l’esecuzione della MV a letto del paziente risulta di grande aiuto
permettendo di documentare l’eventuale presenza di disfunzione ventricolare. Difatti la risposta della pressione arteriosa si
correla bene alla capacità funzionale, ai livelli plasmatici di neurormoni e all’emodinamica cardiaca, fornendo anche utili informazioni prognostiche8. Inoltre, la MV può anche essere adoperata a letto del paziente in associazione al’ecografia vascolare
valutando le variazioni dell’area della sezione trasversa della vena giugulare interna al fine di ottenere una misura indiretta della pressione venosa centrale. In tal modo è possibile limitare significativamente l’utilizzo di procedure invasive di misurazione
della pressione atriale destra e monitorizzare la gestione del paziente con scompenso cardiaco9.
LA MANOVRA DI VALSALVA NEL LABORATORIO
DI ECOCARDIOGRAFIA
Funzione diastolica del ventricolo sinistro
Per funzione diastolica si intende la capacità di rilasciamento del
ventricolo sinistro durante la fase diastolica, appunto, del ciclo cardiaco. In tal modo, il ventricolo si distende accogliendo il volume
ematico che viene poi a costituire la normale gittata sistolica.
Il cateterismo cardiaco rappresenta sicuramente il gold standard per lo studio della funzione diastolica, in quanto consente la misurazione diretta delle pressioni diastoliche a livello delle camere cardiache sinistre (atrio e ventricolo). Tuttavia, negli
ultimi decenni, il progredire dell’imaging ecocardiografico, metodica non invasiva, facilmente riproducibile ed applicabile nella pratica clinica, ha consentito una valutazione routinaria di
tale funzione attraverso l’analisi del flusso transmitralico e del
flusso venoso polmonare.
Il flusso transmitralico è espressione delle variazioni del gradiente pressorio tra atrio e ventricolo sinistro. Le manovre che
modificano il precarico o il postcarico possono determinare variazioni emodinamiche che permettono di slatentizzare situazioni cliniche o precliniche non sempre ben evidenziabili.
In tale contesto, la MV, mediante la riduzione del ritorno
venoso, determina una riduzione del precarico e quindi del gradiente pressorio tra atrio e ventricolo sinistro. In un soggetto
normale la MV determina la riduzione della velocità di picco sia
dell’onda E, espressione della fase di riempimento rapido del
ventricolo sinistro, che dell’onda A, espressione del riempimento attivo del ventricolo sinistro prodotto dalla sistole atriale, mantenendo costante il valore del rapporto E/A >1.
Nello stadio I della disfunzione diastolica (pattern da alterato rilasciamento) il valore di E/A è <0.75 e permane <1 anche
dopo la MV. Viceversa, in presenza di uno stadio II della disfunzione diastolica (pattern di riempimento “pseudonormale”), il livello basale del rapporto E/A risulta >1, quindi normale, mentre
esso caratteristicamente si inverte dopo la MV (E/A <1) come
conseguenza della riduzione della velocità dell’onda E e dell’aumento di ampiezza dell’onda A, slatentizzando quindi un pattern da alterato rilasciamento. Nello stadio III della disfunzione
diastolica (“pattern restrittivo” reversibile) il valore di E/A a livello basale è >1.5 con un tempo di decelerazione <140 ms e con
la MV si documenta un flusso pseudonormale o più frequentemente un flusso da alterato rilasciamento (E/A <1). Infine, nello
stadio IV della disfunzione diastolica (“pattern restrittivo” irreversibile), la MV non determina alcuna variazione del flusso
transmitralico. Pertanto, la MV, modificando le condizioni di
riempimento del ventricolo sinistro, permette di differenziare un
flusso mitralico normale da uno pseudonormale e permette inoltre di valutare la reversibilità/irreversibilità di un riempimento restrittivo fornendo utili informazioni prognostiche10,11 (Figura 1).
Invero, l’utilizzo, in tempi recenti, di misure relativamente
precarico-indipendenti, quali il Doppler tissutale pulsato dell’anello mitralico e la velocità di propagazione del flusso transmitralico valutata mediante color M-mode, e il continuo sviluppo della risonanza magnetica cardiaca rappresentano una
valida alternativa all’utilizzo della MV applicata allo studio della funzione diastolica del ventricolo sinistro riducendone l’applicabilità in tale contesto12,13.
Figura 1. Ruolo della manovra di Valsalva nella classificazione della funzione diastolica del
ventricolo sinistro (rappresentazione schematica).
DT, tempo di decelerazione.
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M PACILEO ET AL
Ostruzione all’efflusso del ventricolo sinistro
nella cardiomiopatia ipertrofica
La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia primitiva del muscolo cardiaco, caratterizzata da ipertrofia parietale del ventricolo sinistro associata a conservate o ridotte dimensioni endocavitarie,
sebbene solo raramente possa determinare un’evoluzione dilatativa. Sono descritte diverse varianti della malattia con varie localizzazioni dell’ipertrofia, sebbene frequentemente si localizza a carico del setto interventricolare. L’ostruzione all’efflusso del ventricolo sinistro stabile o latente costituisce l’alterazione fisiopatologica più frequentemente responsabile dei sintomi clinici di tale patologia14,15. Essa è presente a riposo in circa il 25-30% dei pazienti
con cardiomiopatia ipertrofica e durante sforzo fisico in circa il
75% di tali pazienti14,16-18, ed è causata dalla presenza di un significativo ispessimento del segmento basale del setto interventricolare associato ad un movimento sistolico anteriore della valvola mitrale14. A causa dell’ostruzione all’efflusso del ventricolo sinistro si ha un aumento della pressione intraventricolare che, determinando un incremento della richiesta di ossigeno, peggiora
l’ischemia miocardica ed aumenta le pressioni di riempimento diastolico, favorendo l’evoluzione verso lo scompenso cardiaco.
In condizioni basali, l’ostruzione all’efflusso del ventricolo
sinistro non è sempre ben evidente ma può essere slatentizzata dallo sforzo fisico o dalla MV (Figura 2). È da tener presente
tuttavia che questo fenomeno non è specifico della cardiomiopatia ipertrofica ma può verificarsi anche nel paziente iperteso
con iniziale ipertrofia del segmento basale del setto interventricolare16-18.
Shunt destro-sinistro nella pervietà del forame ovale
La fossa ovale è una comunicazione interatriale costituita da
due foglietti, il septum primum e il septum secundum, che durante la vita intrauterina consente il passaggio di sangue ossigenato proveniente dalla placenta dall’atrio destro all’atrio sinistro escludendo la circolazione polmonare. Dopo la nascita si
assiste ad una caduta delle resistenze vascolari polmonari, i valori pressori a livello dell’atrio sinistro superano quelli a livello
dell’atrio destro favorendo l’accollamento e la successiva fusione del septum primum e del septum secundum. In circa un
quarto della popolazione tale fusione risulta solo funzionale determinando la persistenza della comunicazione interatriale responsabile della presenza di uno shunt destro-sinistro in condizioni di aumento della pressione atriale destra19-21. Sebbene
tale condizione clinica decorra solitamente in maniera del tutto asintomatica, secondo alcuni studi risulterebbe che i pazienti
con PFO presentino un incrementato rischio di andare incontro
a ictus19-23, emicrania con aura19,20,24 e malattia da decompressione dei subacquei25.
Attualmente, l’ecocardiografia transesofagea rappresenta
il gold standard per lo studio anatomico del setto interatriale e
la diagnosi di PFO20,21, permettendo di dimostrare sia la presenza del difetto che lo shunt destro-sinistro ad esso associato.
L’entità dello shunt gioca un ruolo chiave in tali condizioni, in
quanto shunt di maggiori dimensioni presentano una più stretta associazione con tali patologie26-28.
Figura 2. Effetti della manovra di Valsalva sul flusso transvalvolare
aortico nella cardiomiopatia ipertrofica con ostruzione all’efflusso
del ventricolo sinistro (rappresentazione schematica).
Figura 3. Registrazione ecocardiografica transesofagea in proiezione asse corto.
A: assenza di shunt destro-sinistro in condizioni basali. B,C,D: immediatamente
dopo la manovra di Valsalva, si assiste al progressivo scollamento tra septum primum e septum secundum e comparsa di shunt destro-sinistro di grado severo.
La freccia indica la pervietà del forame ovale.
AD, atrio destro; Ao, valvola aortica; AS, atrio sinistro.
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LA MANOVRA DI VALSALVA
La valutazione dell’entità dello shunt dipende non solo dalle dimensioni del PFO, ma anche dalla corretta misura del gradiente di pressione rilevato tra i due atri, dal momento che la distanza tra il setto primum e secundum può variare da ciclo cardiaco a ciclo cardiaco come conseguenza delle modifiche delle
condizioni emodinamiche e respiratorie29,30. Pertanto, l’entità
dello shunt destro-sinistro associato al PFO viene solitamente valutata durante manovre provocative, che aumentano la pressione atriale destra, come tipicamente la MV, che, in tale contesto,
assume estrema importanza costituendo un momento importante della valutazione ecocardiografica del paziente.
Normalmente la pressione atriale destra è inferiore a quella atriale sinistra e quindi non si verifica shunt destro-sinistro.
Con l’esecuzione della MV, durante la fase di tensione, la pressione atriale sinistra eguaglia la pressione atriale destra, non
consentendo la formazione di shunt. Viceversa, durante la fase di rilasciamento, si assiste ad una brusca caduta della pressione atriale sinistra che provoca l’inversione del gradiente pressorio interatriale consentendo di evidenziare uno shunt destro-
sinistro altrimenti non rilevabile al basale29,30 (Figura 3). Tale studio può essere eseguito sia da approccio transtoracico che da
approccio transesofageo.
Sebbene la MV possa ancora rappresentare ad oggi un valido aiuto, presenta comunque dei limiti. Infatti, la sua perfetta esecuzione richiede un’adeguata collaborazione da parte del
paziente che non sempre risulta facile da ottenere. Inoltre, in
ambito ecocardiografico, non sempre le immagini e il segnale
Doppler ottenuti risultano di qualità adeguata specialmente durante l’esecuzione della fase II, limitandone, di fatto, la fattibilità. Infine, non esiste uno standard di quantificazione della sua
efficacia con conseguente notevole variabilità dei risultati ottenuti con il suo utilizzo.
In conclusione, la manovra introdotta da Antonio Maria Valsalva, per la facilità di esecuzione e la sua semplice riproducibilità, rappresenta ancora oggi, a distanza di secoli, un valido elemento di supporto diagnostico nel quotidiano cardiologico, fornendo un valore diagnostico incrementale alle innovazioni tecnologiche.
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