100comportamentismo C26 - Apeiron

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7. Dalla discriminazione semplice alla risposta
relazionale arbitraria e non arbitraria:
esiste uno spazio per una prospettiva evolutiva
nell’analisi del comportamento?
di G.Presti* e P.Moderato**
In ogni organismo, e in particolar modo nell’uomo, l’esito di un processo di apprendimento è il risultato di un organizzazione complessa di sistemi
dinamici, e in particolare è funzione di almeno quattro fattori: genetica,
storia di interazioni con l’ambiente, condizioni fisiologiche e ambientali in
atto (Novak e Pelaez, 1984). Nel tracciare l’epistemologia di una Scienza
naturale del comportamento Skinner (1953) ha posto attenzione soprattutto
a quest’ultimo fattore, pur non trascurando l’esistenza degli altri, cioè alla
relazione che esiste fra un comportamento e alcuni eventi ambientali, antecedenti e conseguenze, definendo questa unità di analisi “Operante” (Catania, 1984; Skinner, 1953; Moderato & Presti, 2008).
L’operante può essere concepito come un modello non-lineare di analisi
di interazioni ambientali. In un modello non-lineare il comportamento attuale del sistema determina il comportamento futuro del sistema attraverso
feedback. Inoltre l’effetto di una variabile dipenderà appunto dalla simultanea influenza di altre variabili. Illustrando il percorso che porta alla comparsa di un comportamento, Skinner (1938; 1953) si sofferma quasi esclusivamente sulla history of reinforcement (storia di rafforzamenti), così
definendo la ripetizione delle contingenze di rinforzo in presenza di specifici eventi antecedenti. L’espressione “storia di rafforzamenti”, nella sua
estrema sintesi, potrebbe essere banalizzante e non dare l’adeguato rilievo
ad aspetti che possono andare oltre l’interazione continua in un arco di
tempo con un set di specifici eventi ambientali: aspetti gerarchici e complessi che possono includere storie di interazioni con altri insiemi di eventi
che si combinano in nuove forme per dare origine a rapidi e improvvisi
cambiamenti e conseguenti adattamenti. Un esempio di questi comportamenti complessi è senza dubbio la generatività linguistica, la capacità di
pronunciare frasi nuove mai apprese in precedenza, e la capacità di com*
Università Kore.
**
Università IULM.
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prendere frasi nuove, mai udite in precedenza (Hayes, Barnes-Holmes e
Roche, 2001). Come potrebbe avvenire tutto ciò ed essere frutto di apprendimenti precedenti? Gli analisti del comportamento non assegnano alcuno
status privilegiato alla cognizione, ma analizzano linguaggio e pensiero
come ogni altra forma di comportamento operante, in relazione ad altri
eventi ambientali.
Lo sviluppo è un processo continuo, ma in un modello non lineare non
tutti i cambiamenti sono semplici aggiunte incrementali (addizioni) al repertorio di una persona e i comportamenti più sofisticati, in particolar modo
quelli della sfera cognitiva e del linguaggio, spesso non sono la semplice
somma aritmetica di quelli precedentemente appresi. Possiamo osservare
repentini cambiamenti nel repertorio, comportamenti che emergono “spontaneamente”. Rosales e Baer (1994) introdussero per primi il termine behavioral cusp (cuspide comportamentale) a indicare i cambiamenti nelle interazioni individuo-ambiente che rendono possibili nuove interazioni in maniera ancora più articolata e complessa. Gli analisti del comportamento
fanno risalire l'origine di questi nuovi comportamenti a processi come la
generalizzazione e il transfer delle funzioni stimolo. Oppure al modellamento delle risposte a organizzazioni sempre più complesse di eventi antecedenti (stimoli) (Peláez-Nogueras e Gewirtz, 1997).
Parlando di questi due processi entriamo nella vasta area di ricerca
chiamata dagli analisti del comportamento "stimulus control" o analisi
degli eventi antecedenti. Ci soffermeremo in particolare al processo di
transizione dalle discriminazioni semplici a risposte a relazioni non arbitrarie e arbitrarie e come queste componenti sono legate alla cognizione e al
linguaggio. In questa ottica lo sviluppo di un repertorio operante di risposte
relazionali arbitrarie viene considerata una delle behavioral cusps più importanti per un individuo perché strettamente connessa con lo sviluppo
della competenza cognitiva e linguistica.
Nei primi anni ’70 si è sviluppato un filone di ricerca noto come analisi
della formazione di classi di stimoli equivalenti, o con termine anglosassone equivalence classes. Lo studio delle classi di equivalenza ha generato
molto interesse e numerose ricerche sia a livello di base sia applicative,
nell’animale e nell’uomo. Una parte importante di queste ricerche è stata
dedicata anche a individui con ritardo evolutivo di varie origini con applicazioni in varie aree.
Una classe di equivalenza contiene un numero finito di stimoli che, pur
fisicamente diversi, diventano funzionalmente interscambiabili in un test di
discriminazione condizionale (Fields e Verhave, 1987; Sidman, 1990). Ad
esempio, una classe di equivalenza potrebbe essere formata da tre rappresentazioni dello stimolo acqua: quando pronunciamo la parola "acqua"
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(stimolo A), indicando un liquido composto in una data percentuale da
idrogeno e ossigeno, stabiliamo un'equivalenza fra lo stimolo fonetico e
quello fisico, l'acqua appunto (stimolo B). Leggendo la sequenza ACQUA
(stimolo C) un lettore riproduce foneticamente il suono cui quelle lettere
corrispondono. Fra il suono, l'oggetto e la parola scritta non esistono elementi fisici comuni, eppure essi possono essere usati in modo funzionale
l'uno al posto dell'altro.
Ispirandosi alle ricerche sulle classi di equivalenza Hayes et al. (2001)
hanno elaborato una teoria più generale del linguaggio e della cognizione
umana, denominata appunto Relational Frame Theory. Secondo i sostenitori dell’RFT l’equivalenza è solo uno dei possibili esempi di risposta a una
relazione fra due stimoli. Attraverso esposizioni ad esempi multipli di risposte relazionalisi acquisirebbe una classe più generale di risposte, una
classe operante che ha chiamato “rispondere a relazioni fra stimoli”. Un
individuo può imparare a rispondere a relazioni non arbitrarie, ad esempio
alto-basso, dentro-fuori, lungo-corto. Può anche imparare a rispondere a
relazioni arbitrarie come nel caso di oggetto-suono-scrittura.
Le caratteristiche funzionali di una risposta relazionale sono tre: mutual
entailment (relazione reciproca), combinatorial entailment (relazione derivata) e transformation of function (trasformazione di funzione). Un bambino che apprende a parlare può essere un buon esempio per illustrare queste
caratteristiche funzionali. Immaginiamo che la mamma gli insegni a porgerle una mela, udendo la mamma dire “mela”, selezionandola fra altra
frutta. Dopo qualche sbaglio e scelta casuale il bambino guidato dalla
mamma apprenderà la risposta corretta. Diverse ricerche (e.g. Lipkens,
Hayes e Hayes, 1993) hanno dimostrato che un bambino già intorno a 14
mesi riesce a derivare la risposta inversa, se gli si indicasse la mela è probabile che direbbe “mela” senza alcun apprendimento specifico (mutual
entailment). In altri termini apprendendo la relazione A (suono mela) – B
(frutto mela) il bambino “spontaneamente” in presenza del frutto (B) emette il suono (A). Il medesimo bambino può essere esposto a un ulteriore
apprendimento. La mamma potrebbe insegnargli a mettere una mela (B) su
una etichetta dove è scritto “MELA”, senza ulteriori suggerimenti vocali.
Anche in questo caso, dopo una serie di tentativi ed errori, il bambino apprenderà la corrispondenza fra mela (B) ed etichetta (C). È probabile che
senza ulteriori apprendimenti il bambino selezioni l’etichetta mela (C) se
ode il suo mela (A) e che addirittura legga mela (A) in presenza
dell’etichetta (C). In altri termini dopo un apprendimento A-B, B-C emergerebbero spontaneamente due comportamenti nuovi, A-C e C-A (combinatorial entailment) (Hayes et al., 2001; Sidman e Tailby, 1982; Presti,
Scagnelli, Carnevali, Mazza e Catelli, 2013).
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Un network simbolico così formato predice anche un altro effetto. Se
per una qualche ragione la visione della mela provoca una sensazione di
disgusto nel bambino, nel momento in cui l’etichetta è entrata a far parte
del network simbolico per relazione derivata (combinatorial mentailment)
potrà verificarsi, senza alcuno specifico apprendimento che la lettura di un
cartello con la scritta “mela” faccia avvertire sensazioni di disgusto (Hayes
et al. 2001).
L’RFT punta l’attenzione su questa particolare classe di risposte che è
rispondere per “derivazione”. Nel caso del linguaggio/pensiero Hayes et al.
(2001) sostengono che le risposte che normalmente classifichiamo come
risposte verbali e cognizione sono ascrivibili a una classe operante particolare che ha chiamato “risposta relazionale arbitraria” (Arbitrary Applicable
Relational Responding). Esse sono classi di risposte relazionali, come sopra
definite, e sono arbitrarie, nel senso che non riguardano alcuna dimensione
fisica degli stimoli. Le relazioni, che possono essere considerate pattern
costanti, categorie che definiscono il “rapporto” fra due stimoli.
Uno degli aspetti interessanti del paradigma delle classi di equivalenza,
e dell’estensione che ne fa la Relational Frame Theory è strettamente connessa alla generatività (e.g., Wulfert e Hayes, 1988). Il meccanismo generativo è dato dalla capacità di porre in relazione arbitraria un insieme potenzialmente infinito di stimoli. E i frame di relazione non sono limitati
all’uguaglianza. Hayes e coll. (2001) ne individuano almeno sette: coordinamento, opposizione, distinzione, confronto, gerarchici, deittici. Queste
classi operanti caratterizzate da una risposta controllata da una relazione
costituiscono nel loro insieme i Relational Frames.
L’RFT ci consente di tracciare un ipotetico percorso evolutivo della cognizione, la cui solidità può essere verificata empiricamente con studi non
necessariamente limitati a indagini di tipo osservativo, ma costituisce un
impianto che consente di esplorare un arco di individui sia in senso cronologico (dalla nascita) sia nel continuum sviluppo normotipo-psicopatologia.
Kishita, Ohtsuki e Stewart (2013) hanno proposto uno strumento gerarchico, il Training and Assessment of Relational Precursors and Abilities
(TARPA), per valutare ed eventualmente favorire la comparsa di risposte
relazionali attraverso una gerarchia di operanti caratterizzati da varie abilità: (1) discriminazione; (2) discriminazione condizionale non-arbitraria; (3)
discriminazione condizionale arbitraria; (4) risposta di riflessività; (5) risposta derivata; e (6) trasformazione di funzione. La strada tracciata dal
TARPA potrebbe essere una delle tante possibili ipotesi di gerarchizzazione di abilità che porterebbero alla comparsa delle risposte relazionali arbitrarie, e quindi allo sviluppo del linguaggio e della cognizione secondo il
modello delineato dall’RFT. Un vantaggio indubbio di questo modello è
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che gli “stadi di sviluppo”, i behavioral cusps, non sono semplicemente
descrittivi, ma definiti dalle operazioni che ne portano alla comparsa. Da
questa impostazione epistemologica deriva anche un enorme vantaggio in
termini di interventi in età evolutiva.
Bibliografia
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Skinner, B.F. (1953). Science and human behavior. New York: Macmillan.
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