cpp 11-12 settembre - meditazione

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“Santi per vocazione”
Proposta di meditazione per il CPP – Vismara – 12 settembre 2010
Se qualcuno di noi coltiva un serio desiderio di santità, ha compiuto un passo grande e decisivo.
Tale desiderio è una indubbia conquista, figli come siamo di una mentalità materialistica,
dell’apparenza, del carrierismo del piacere materiale. E’ la consapevolezza che esistono beni
spirituali, che conta molto di più l’essere che non l’apparire, che la vera grandezza non sta nella
sedia che si occupa, che il piacere immediato non può essere l’oggetto ultimo del nostro desiderio.
Io credo che tutti sperimentiamo la verità espressa da Agostino all’inizio delle Confessioni in
maniera sintetica: fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te.
Mi piace tantissimo una riflessione sempre di Agostino. Fa passare le gioie che derivano da tutti i
sensi, per giungere ad affermare che tutte sono riassunte e moltiplicate in Dio. Scrive il santo: “Ciò
che sento in modo certo, Signore, è che ti amo. Folgorato al cuore da te mediante la tua parola, ti
amai, e anche il cielo e la terra e tutte le cose in essi contenute, ecco, da ogni parte mi dicono di
amarti. Ma che amo, quando amo te? Non una bellezza corporea, né una grazia temporale: non lo
splendore della luce, non le dolci melodie, non la fragranza dei fiori, non la manna e il miele, non
le membra accette agli amplessi della carne. Nulla di tutto ciò amo, quando amo il mio Dio.
Eppure amo una sorta di luce e voce e odore e cibo e amplesso nell’amare il mio Dio: la luce, la
voce, l’odore, il cibo, l’amplesso dell’uomo interiore che è in me, ove splende alla mia anima una
luce non avvolta dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo
non disperso dal vento, ove è colto un sapore non attenuato dalla voracità, ove si annoda una
stretta non interrotta dalla sazietà. Questo amo, quando amo il mio Dio”. (Confessioni X, 6, 8)
Ma che cosa pensiamo dicendo santità? come si concretizza la santità, dove sta la santità, in
che cosa consiste?
Dio è santo. La liturgia acclama Dio tre volte santo, riprendendo una famosa visione di Isaia cap
6,1 ss.: “Io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il
tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con
due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l'uno all'altro, dicendo:"Santo, santo, santo
il Signore degli eserciti!Tutta la terra è piena della sua gloria"”.
La parola “santo” nella lingua semitica deriva da una radice che significa “tagliare, separare”. Santo
dunque è ciò che è separato dal profano, è sotto certi aspetti la definizione di Dio. Dio è santo
perché non si identifica con nulla ed è al di là e al di sopra di tutto.
La Bibbia non solo dice che Dio è altro rispetto al mondo, ma ne rivela anche alcuni tratti: la
ricchezza, la vita, la bontà, la potenza, la maestà...
Inoltre che Dio rende santo ciò che tocca, sia esso un luogo, sia esso una persona. Chi è toccato da
Dio diventa anche lui in un certo senso “separato” e acquista così un fascino particolare.
Soprattutto il Dio di santità richiede la santità al popolo che sceglie tra tutti i popoli della terra.
“Poiché io sono il Signore, vostro Dio. Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono santo; non
rendete impure le vostre persone con alcuno di questi animali che strisciano per terra. Poiché io
sono il Signore, che vi ho fatto uscire dalla terra d'Egitto per essere il vostro Dio; siate dunque
santi, perché io sono santo” (Lev 11,44-45).
Nel Gloria diciamo a Gesù: “Tu solo il santo...”. Gesù è il santo di Dio. L’angelo a Maria: “Le
rispose l'angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua
ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35).
Al battesimo di Giovanni: “Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto
anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in
forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te
ho posto il mio compiacimento"” (Lc 3,21 s.).
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Interessante che anche il demonio lo chiama santo. “Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di
sabato nella sinagoga, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava
loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo
posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?
Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!"” (Mc 1,21 ss).
I cristiani sono chiamati da Paolo “santi”: basta leggere l’inizio di ogni lettera. E scrive nel cap
6,9 ss. della 1 Cor: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti,
né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali
eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del
Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio”.
Ecco la radice della santità del cristiano: il battesimo ricevuto.
Possiamo allora specificare così a somme linee il lavoro spirituale al quale siamo chiamati come
singoli e come comunità (mi permetterete di essere schematico, come fino ad ora; so infatti che no
avete bisogno di tante parole, ma di qualche input per sollecitare pensieri che vi sono già familiari).
1. Bisogna lasciarsi toccare da Dio.
- A dire il vero egli ci ha già “toccati” in maniera determinante e definitiva mediante il battesimo:
occorre farne continua e stupita memoria.
- Indispensabile mi sembra la preghiera di ringraziamento: essa è propria di chi fa continuamente
memoria delle grandi opere compiute da Dio, delle quale gli eredi e i testimoni siamo oggi noi. Il
nostro battesimo non spunta come un fungo, ma è preceduto da una storia meravigliosa. La nostra
religione non è innanzitutto sforzo dell’uomo per salire a Dio (come ogni altra ricerca religiosa), ma
in primo luogo come condiscendenza di Dio nei confronti dell’uomo. Sono innumerevoli le
attestazioni dell’amore di Dio per il suo popolo, e, tramite questo popolo eletto, per l’umanità. Ne
riporto una notissima su tutte, l’inizio del cap 43 di Isaia:
Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe,
che ti ha plasmato, o Israele:
"Non temere, perché io ti ho riscattato,
ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.
Se dovrai attraversare le acque, sarò con te,
i fiumi non ti sommergeranno;
se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai,
la fiamma non ti potrà bruciare,
poiché io sono il Signore, tuo Dio,
il Santo d'Israele, il tuo salvatore...
Perché tu sei prezioso ai miei occhi,
perché sei degno di stima e io ti amo.
Capisco perché Gesù pone come condizione per essere cittadini del regno di Dio il ritornare
bambini: il bambino si lascia amare, gode semplicemente dell’amore, vi trova sicurezza e pace.
Leggiamo dal salmo 131:
Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.
Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l'anima mia.
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Fondamentale per lasciarsi “toccare” dall’amore di Dio che è alla nostra ricerca è la Liturgia della
domenica.
2. L’incontro più vero e profondo con Dio avviene mediante la Croce di Cristo: lì è la fotografia di
Dio. La contemplazione silenziosa e coinvolgente della Croce è indubbiamente lo stimolo più
efficace verso la santità.
Ci viene proposto san Carlo come modello di santità. L’iconografia classica ritrae san Carlo in
contemplazione della Croce.
SAMZ non era da meno al riguardo.
3. Dal “lasciarsi toccare” da Dio santo deriva anche uno stile particolare di vita.
C’è un aspetto negativo, di rifiuto, di purificazione.
1 Pt 1,18 s: “Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla
vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti
e senza macchia”.
1 Pt 2,11 s.: “Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai cattivi desideri
della carne, che fanno guerra all'anima. Tenete una condotta esemplare fra i pagani perché,
mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere diano gloria a Dio nel
giorno della sua visita”.
1 Pt 4,3: “È finito il tempo trascorso nel soddisfare le passioni dei pagani, vivendo nei vizi, nelle
cupidigie, nei bagordi, nelle orge, nelle ubriachezze e nel culto illecito degli idoli”.
Ma c’è soprattutto uno stile di vita nuova che ha queste due caratteristiche:
- la ricerca della volontà di Dio al fine di prestargli l’obbedienza più totale;
- e poi la consapevolezza di essere servitori e debitori nei confronti dell’altro.
A imitazione di Gesù, il “santo”, che disse. “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha
mandato”, e che lavò i piedi ai suoi.
Potremmo concludere con una osservazione non inutile: è importante la motivazione in ogni scelta
che si compie. Anche nella ricerca della santità è fondamentale la motivazione. E’ quella di
essere la lode della gloria di Dio (cfr Elisabetta della Trinità).
Dio ha bisogno di noi per risplendere nella società di oggi.
La santità della vita parla di Dio, mostra qualcosa della sua gloria.
Credo non inutile ricordare che se è importante la santità del singolo, molto più efficace nella storia
degli uomini è la santità della famiglia e della comunità.
Questa santità di popolo deve dirsi l’obiettivo di fondo del percorso pastorale di quest’anno (cfr
In cammino..., p. 26, “comunione e missione”)
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