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Pac Milano
"I still love" di Franco B, raccontato da Giulia Pin
"È una piovosa serata milanese come tante quella di oggi, di quelle che si perdono tra le azioni ripetute di abitudini
conosciute, di quelle svogliate, che vanno a morire lentamente, scolorendosi insieme alle luci dei negozi in chiusura.
È la sera ideale per farmi ingoiare da un vialetto anonimo di un parco pubblico, abbastanza malinconica da abbandonare
a terra le zavorre dei pensieri diurni e lasciarmi condurre al PAC di Porta Venezia.
È un luogo raccolto, essenziale, lo spazio è discreto e il designer che cura l'allestimento della proposta artistica,
l'architetto Fabio Novembre, è quasi una garanzia.
La mostra è "I still love" di Franco B, cinquantenne milanese ormai naturalizzato londinese (nella capitale d'Oltremanica
vive dall'età di diciannove anni), intenso performer, re della Body Art e pioniere del genere dai trascorsi scandalosi,
eccessivo per molti, geniale per altri, ma, soprattutto, presente per la prima volta con una sua personale in uno spazio
espositivo pubblico italiano.
Il padiglione è silenzioso, i visitatori sono raccolti nella loro esperienza visiva, ma è più giusto dire sensoriale. Perché al
Padiglione d'arte contemporanea di via Palestro non troveremo solo le opere-sculture di animali imbalsamati (che l'artista
colleziona ormai da anni) poi ricoperti di acrilico nero, o la serie inedita di ricami di lana rossa su tela grezza
raffiguranti,animali, corpi, volti e ragazzi, che ora si amano e si baciano, ora soffrono, unici superstiti sfuggiti alla tragedia
di una strage. Ci sono anche (e soprattutto) le fotografie e i video delle performance dell'Artista, nelle quali, anch'egli
animale, nudo, spogliandosi degli indumenti come dei precetti della decenza sociale, si ricopre solo di una tinta torbida,
nera o bianca che sia, tramutando il corpo di un uomo, il suo corpo, misero e dozzinale nella sua finitezza, in un corpo
sociale che azzera ogni separazione tra opera e artista, soggetto e oggetto, arte e vita.
Il guru della Body art non ha filtri, è imponente, rozzo, inquietante e un boccone talvolta amaro da digerire, ma emana
dolcezza, trasuda bisogno di espiazione (e nelle danze che egli intraprende abbracciato ai suoi animali imbalsamati
essa, si compie), di catarsi e di rottura con le nostre paure (del brutto, dell'osceno, dell'indecente) arrivando, infine, a ciò
che cercava: a farci ricongiungere, attraverso di lui (vero essere sacrificale) alla nostra essenza di uomini e animali."
Giulia Pin
Inizia una nuova collaborazione con una giovane critica d'arte.
Siamo ben lieti di offrire alla dottoressa Pin, la possibilità di esprimere le sue impressioni su quel che si muove a Milano
nel mondo delle arti visive
Buon lavoroo
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Generata: 10 June, 2017, 19:02
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