Scarlet Innocence

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Scarlet Innocence
Inviato da Nicola Picchi
mercoledì 11 marzo 2015
Titolo: Scarlet Innocence
Titolo originale: Madam Bbaengduk
Corea: 2014. Regia di: Yim Pil-sung Genere: Drammatico Durata: 111'
Interpreti: Esom, Jung Woo-sung, Park So-young, Kim Hee-won, Yang Jin-woo
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal: Inedito Florence Korea Film Fest 2015
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Nicola Picchi
L'aggettivo ideale: Non vedente
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Hak-kyu, scrittore e professore universitario, si trova costretto ad allontanarsi da Seoul in seguito a uno scandalo.
Nell'attesa che gli eventi si chiariscano, si rifugia in una cittadina di provincia, dove incontra la giovanissima Deok-hee, la
quale si invaghisce di lui.
Tra i due inizierà una relazione, ma ben presto Hak-kyu dovrà ritornare a Seoul, dove lo attendono la moglie e la figlia
Cheong-hee.
A sette anni da "Hansel and Gretel" (2007) Yim Pil-sung torna alla regia con il turbolento mélò "Scarlet Innocence",
rilettura "perversa" di un racconto appartenente al folklore coreano.
La storia di Shim Cheong ("Shimcheongga"), la quale si sacrifica per guarire il padre dalla cecità, fa infatti parte del
repertorio tradizionale del canto "pansori", e intende essere una celebrazione del valore confuciano della pietà filiale.
Yim Pil-sung è sempre stato un regista eccentrico all'interno del panorama del cinema coreano, e forse eccentrico toutcourt. Il fatto che i suoi film non abbiano mai riscosso alcun successo al botteghino, non gli ha impedito di essere autore
originale e innovativo. Questa volta, però, rinuncia alle elaborate sequenze dei suoi film precedenti, e perfino dell'episodio
“A Brave New World” contenuto nell'omnibus "The Doomsday Book" (2012), in favore di una messa in scena più
sommessa e controllata, s'immagina con l'intento di raggiungere un pubblico più vasto.
Le inquadrature anguste, dal taglio più televisivo che cinematografico, la proliferazione incontrollata dei primi piani, gli
impercettibili movimenti della macchina da presa, la sintassi da piccolo schermo, sono infatti agli antipodi rispetto alla
totalizzante esperienza sensoriale di "Antarctic Journal" (2005) o alle asperità caramellate di "Hansel and Gretel".
Così facendo, "Scarlet Innocence" scorre nel rassicurante àlveo del melodramma coreano consegnandoci l'ennesima
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"Lady Vengeance", mentre Yim imbriglia il suo considerevole talento visivo senza azzardare deviazioni significative
rispetto alla norma. Scarti e deviazioni, semmai, sono più facilmente rilevabili in fase di sceneggiatura, dove si opera
attraverso simboli e inversioni di senso.
Yim inizia con un dolly che va a scoprire la giovane Deok-hee, la quale lavora in un piccolo luna park destinato alla
demolizione. Una cascata di fiori di ciliegio e la voce fuori campo del protagonista maschile delimitano in seguito i confini
di un territorio ampiamente conosciuto e condiviso, quello di un melodramma che non riserva troppe sorprese. Anche gli
attori del dramma sono al limite dello stereotipo. Deok-hee è un'ingenua ventenne di provincia che abita con la madre
sordomuta, Hak-kyu l'affascinante scrittore che arriva dalla grande città. Ineluttabile lo scoccare della scintilla, già noti gli
strascichi della passione, fatali le conseguenze. A questo punto Hak-kyu non incarna ancora il padre della
"Shimcheongga", appartiene ancora all'universo del dramma televisivo.
Occorreranno due eventi catastrofici, un incendio e un suicidio annunciato, perchè la trasformazione possa dirsi
completa e ci si possa inoltrare per gli impervi sentieri della favola noir. Otto anni dopo, Hak-kyu è diventato un affermato
autore di bestseller; dedito al gioco d'azzardo, all'alcol e al sesso compulsivo, egli sviluppa una degenerazione maculare
che comporta la perdita progressiva della vista. A questo punto nella sua vita si riaffaccia Deok-hee, la quale è tornata
ad esigere la sua vendetta.
Il regista gioca con i simboli in maniera non troppo sofisticata ma efficace, dalle scarpe con il tacco a spillo, che segnano
lo sbocciare della femminilità di Deok-hee, al ritratto, emblema d'innocenza perduta, consegnato alle fiamme dalla
protagonista, fino alla cecità di Hak-kyu, un'evirazione simbolica atta a ridurlo all'impotenza, rendendolo dipendente. Yim
trova l'Eros nel tambureggiare delle dita su una scrivania, e non esita a sconfinare nell'onirico nelle sequenze ambientate
nella bisca clandestina, mentre, complice la visione sempre più offuscata di Hak-kyu, si addentra nel domestico gioco al
massacro tra i protagonisti, smarrendo ogni pretesa di realismo.
In questa versione, la figura di Shim Cheong/Cheong-hee è alquanto marginalizzata, e assume importanza solo come
elemento risolutore della vicenda. Quello che interessa a Yim, par di capire, è invece la disamina della pulsione
autodistruttiva di Hak-kyu, il quale interpreta la propria malattia come una punizione per le colpe passate, e della
trasformazione di Deok-hee, il cui candore egli ha mutato in malizia e corruzione.
Straordinaria performance bipolare di Esom (Man on High Heels, Hindsight), la quale passa senza colpo ferire da
adolescente sprovveduta a "femme fatale", mentre Jung Woo-sung (The Divine Move, A Good Rain Knows) è assai più
generico e meno convincente.
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