Cesare Lombroso - Alessandro Norsa

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Da sempre una delle necessità primarie dell’uomo è stata quella di comprendere il carattere ed il
temperamento dei propri simili. C’è stato anche chi di questa necessità ha fatto virtù, dando vita
a dei sistemi strutturati di teorie sulle personalità. Ippocrate e Galeno furono i primi; a questi
durante il corso dei secoli se ne aggiunsero molti altri, fino ad arrivare a Freud e Jung. Chi cercò
alla fine dell’800 di unire queste teorie traendo ispirazione dalle teorie del celebre fisiognomista
del XVIII Sec. J. Kaspar Lavater e del fondatore della frenologia Franz Joseph Gall, fu Cesare
Lombroso.
Ezechia Marco Lombroso, Cesare di soprannome, nacque a Verona nel 1835 in una famiglia
agiata. Terminate le elementari, venne iscritto alla scuola di grammatica e poi a quella di
umanità. Dal 1850 venne istruito privatamente; in quel periodo si trovò coinvolto nella vita
sociale dell’alta borghesia nella Società filarmonica veronese. Il periodo che lega Lombroso alla
nostra città sono gli anni precedenti al 1852, quando si iscrisse alla Facoltà di Medicina a Pavia.
La sua formazione ed il suo operato lo posero ai vertici del pensiero scientifico del tempo:
incaricato di un corso sulle malattie mentali all'università di Pavia nel 1862, divenne in seguito
(1871) direttore dell'ospedale psichiatrico di Pesaro e professore di igiene pubblica e medicina
legale all'università di Torino (1876), di psichiatria (1896) e infine di antropologia criminale
(1905).
Il suo nome resta legato soprattutto all’antropologia criminale, di cui è ritenuto il fondatore,
insieme con la “Scuola positiva del diritto penale”.
La teoria positivistica sul crimine di Lombroso sostiene che i criminali non delinquono per atto
cosciente e libero di volontà malvagia, ma perché hanno tendenze malvagie che ripetono la loro
origine da un’organizzazione fisica e psichica diversa dall’uomo normale. L’idea lombrosiana
trova il suo compimento nella dottrina dell’“atavismo”: il delinquente è un “pazzo atavico” che
riproduce gli istinti dei suoi progenitori, le cui caratteristiche possono essere ricondotte ai
primitivi uomini carnivori dominati dagli istinti e pertanto, secondo le categorie del tempo,
“selvaggi”.
A Torino lo studio di Lombroso era presso la Facoltà di Medicina Legale, dove effettuò centinaia
di autopsie sui corpi di criminali, prostitute e folli. La teoria lombrosiana si avvalse quindi anche
di prove empiriche, come investigazioni craniometriche e misurazioni di volti e piedi di
delinquenti, che il Lombroso cercò di catalogare in modo da costruirne una validità scientifica.
Dopo aver esaminato centinaia di crani, egli riteneva che il carattere degenerativo più frequente
negli alienati e nei delinquenti era una caratteristica anatomica del cranio a livello del foro
occipitale che ancor oggi viene chiamata fossetta di Lombroso. Al di là di questa caratteristica, il
risultato comparativo dei dati, confermava l’ipotesi che nella categoria del criminale
convergessero solamente quegli individui caratterizzati da un elevato numero di sintomi di
“degenerazione”, e che queste particolarità non dovessero essere inferiori a cinque.
Nella sua opera principale, “L’Uomo Delinquente”, Lombroso distinse diversi tipi di criminali: il
delinquente nato, nel quale si assommano le ricordate anomalie regressive e per il quale la
criminalità è insita nella propria natura, e che è considerato un soggetto non recuperabile, da
sopprimere o da rinchiudere, in nome del diritto della difesa della società. Il criminale epilettico;
il delinquente per impeto passionale (forza irresistibile); il delinquente pazzo (criminale pazzo e
debole di mente), inclusi gli individui di mentalità limitata (mattoidi) e il delinquente
occasionale portato al delitto da fattori causali diversi da quelli del delinquente nato. Il
Lombroso teorizzò che su questo ultimo nutrito gruppo di delinquenti dovesse essere svolta
un’opera di rieducazione in istituti carcerari ben organizzati.
Lombroso divise il gruppo dei delinquenti occasionali in tre sottogruppi: gli pseudo-criminali,
cioè individui che sono imputabili di un reato commesso per cause accidentali o per autodifesa; i
criminaloidi, cioè individui affetti da variante meno severa del criminale nato e, infine, i
delinquenti abituali, come ad esempio gli appartenenti alle bande criminali.
Tra i fattori che concorrono alla determinazione dell’azione delittuosa considerò: i fattori
meteorici, climatici e geologici, la razza, il tipo di alimentazione, l’alcoolismo, le condizioni
culturali ed economiche, la religione, l’età ed il sesso. In questo ultimo caso deve essere anche
ricordato come Lombroso considerasse la prostituzione come espressione della criminalità
femminile.
La conclusione generale dell’investigazione, la cui include anche un certo numero di
caratteristiche sociologiche, è che i criminali, considerati nella loro totalità, sono un gruppo di
individui inferiori sociologicamente e biologicamente la quale inferiorità fisica è soprattutto di
natura ereditaria.
Alla sua morte, avvenuta a Torino nel 1909, Lombroso volle che la sua salma fosse consegnata al
Museo di Antropologia Criminale di Torino che aveva precedentemente fondato, così che il
genero, divenuto nel frattempo suo assistente, vi potesse effettuare una regolare autopsia,
esattamente come aveva sempre fatto lui sui corpi che gli venivano affidati.
Lombroso scrisse: Genio e follia (1864) Altri scritti di Lombroso furono La medicina legale
dell'alienazione (1873); L'uomo delinquente (1876); L'antisemitismo e le scienze moderne
(1894); L’uomo di genio (1882); La donna delinquente, la prostituta e la donna normale (1893);
Grafologia (1895); Il crimine, causa e rimedi (1889); Sintesi dei lavori precedenti (1899).
Chi scrive ha continuato le ricerche sulla fisiognomica (lo studio delle caratteristiche delle forme
del corpo e delle loro associazioni con i tratti del temperamento degli individui) e le diverse
tipologie di personalità, cercando di superare una concezione che un tempo veniva ritenuta
scientifica, ma che oggi non lo potrebbe più essere, pubblicando nel 2004 un libro dal titolo:
Conosciamoci meglio: un percorso guidato alla conoscenza delle personalità. Dalle ricerche è
comunque emersa in una delle tipologie una predisposizione ad un atteggiamento
tendenzialmente più iroso degli altri, che se messo in certe condizioni è più esposto alla
possibilità di agiti deliquenziali o paradeliquenziali.
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