Modena 3_2013.indd - Camera di Commercio di Modena

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dossier
maggio‐giugno 2013
CARPI
è ancora
di moda
Riflessioni e numeri del tessile-abbigliamento
di casa nostra
P
iù piccolo, certo, ma pur sempre dinamico e più capace di altri di resistere ai “nuovi” concorrenti mondiali. Stiamo parlando del tessile-abbigliamento modenese, che faticherà, si dannerà l’anima per reggere l’urto di cinesi e compagnia, ma rimane sempre
lì, più piccolo ma qualitativamente all’avanguardia. Del resto,
è proprio la qualità il salvagente del settore, una garanzia testi-
ERMES FERRARI
Esportazioni del settore tessile-abbigliamento della provincia di Modena, 2008-2012 (mln €)
1.050
986,967
1.000
950
903,083
900
850
Mln €
¬
4
Modena
Economica Numero 3
794,635
800
771,386
756,452
750
700
650
600
2008
Fonte: ISTAT.
2009
2010
2011
2012
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Economica Numero 3
maggio‐giugno 2013
dossier
Imprese attive nel settore tessile-abbigliamento della provincia di Modena, 2008-2012
5
2.900
2.811
2.800
2.703
2.700
2.614
2.604
2.600
2.526
2.500
2.400
2.300
2008
2009
2010
2011
2012
Fonte: InfoCamere.
moniata anche dalle grandi firme di casa nostra, a cominciare
da Liu Jo per continuare con Blumarine e Maria Grazia Severi,
solo per fermarci alle griffes più note. Ma dietro a questi nomi
ci sono tante altre imprese, medie, piccole e piccolissime (il
99% ha meno di 50 dipendenti), e un indotto che pesa ancora
parecchio sull’economia modenese.
I NUMERI
Di che cosa stiamo parlando? Di un distretto che, al netto del
segmento delle pelli e di tutto l’indotto, nel 2012 ha esportato
oltre 770 milioni di euro, più del 7% dell’export provinciale
complessivo, che è stato di poco inferiore ai 10,5 miliardi di
euro. Al contrario di quest’ultimo, però, in continua crescita,
quello del settore moda è un dato in contrazione: rispetto al
2011, infatti, il calo è stato del 2,9%, riportando il dato delle
esportazioni di maglieria e dintorni ai livelli del 2005, lontano
da quel miliardo di euro sfiorato nel 2008.
C’è chi la chiama ristrutturazione produttiva, un eufemismo
che, tradotto in termini masticabili, significa per sempre una
perdita secca di imprese e posti di lavoro. Che c’è stata, anche
abbastanza pesante, se si pensa che a fine 2002 le imprese
attive nel settore tessile-abbigliamento erano 3.368 e che al
31 dicembre 2012 si sono fermate a quota 2.526 per oltre
10.000 addetti. Si tratta del 25% in dieci anni, un lasso di
tempo nel quale sono uscite di scena le aziende più “povere”
in termini sia produttivi sia commerciali. Un calo evidente ma
minore di quello registrato in altre realtà. A Prato, ad esempio,
in dieci anni si è passati da 5.800 a 3.000 imprese, poco più
della metà.
In ogni caso, la trasformazione è stata non solo numerica, ma
anche qualitativa. Si è infatti assistito a un progressivo spostamento dal conto terzi al conto proprio, fatto che non deve stupire, perché è vero che la produzione a marchio richiede investimenti maggiori, ad esempio in termini di ricerca, innovazione e

Si afferma
la produzione
in conto proprio
6
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Fattori di successo nel settore tessile-abbigliamento della provincia di Modena, 2012 (%)
20
Stile e¬ design
17
Qualità
Reputazione
11
9
Servizio al¬cliente
8
7
7
6
Made in Italy
Innovazione
Prezzo
Artigianalità
Fonte: indagine CNA Federmoda.
immagine, ma è altrettanto vero che quest’ultima incorpora un
valore aggiunto di importanza strategica.
Non è casuale, del resto, che il conto terzi, la produzione prevalente della maglieria modenese, sia molto più in difficoltà
dell’abbigliamento, dove il conto proprio ha un ruolo decisamente più importante. Lo testimoniano, ad esempio, le performance estere (42,7% la quota export del comparto abbigliamento
sul fatturato totale, contro il 30% della maglieria). In particolare, i mercati più importanti per destinazione sono la Francia,
la Germania, seguiti da Spagna, Svizzera, Stati Uniti, Russia
e Regno Unito; mentre le importazioni arrivano in particolare
dalla Cina, seguita (con grande distacco) da Turchia, Romania,
Tunisia, India, Bulgaria, Portogallo, Vietnam e Stati Uniti. È la
conferma di una tendenza in atto ormai da anni e che probabilmente subirà un’accelerazione in futuro.
IL MERCATO
Sempre più globale, il che significa più grande, cioè con crescenti opportunità commerciali, ma anche molto più concorrenziale. E, infatti, oggi il mercato appare sempre più spaccato
tra produzioni low cost e produzioni qualitativamente alte, fino
a sconfinare nel lusso. Lusso che è poi il comparto che, seppure con più fatica rispetto al passato, sta reggendo meglio di
altre fasce di mercato e che quindi rappresenta l’ambito più
appetibile per le produzioni tessili di casa nostra. Certamente
sarà fondamentale leggere le prossime evoluzioni politico-sociali-economiche per comprendere quello che si delineerà nei
prossimi anni. Stando ai dati attuali, la contrazione dei consumi avviene soprattutto sulla fascia media, corrispondente alla
fascia di popolazione che sta vivendo maggiormente la riduzione del potere di acquisto.
Di certo, ciò che è avvenuto nell’ultimo decennio ha minato la
capacità di sopravvivenza delle imprese del settore. Basti pensare che delle 195 imprese del tessile-abbigliamento nate nel
2009, ne rimanevano 187 (il 96%) a fine anno, 156 (80%) nel
2010, 138 (71%) il 31 dicembre del 2011 e 103 (poco più della
metà, il 53%) a fine 2012.

Stile, qualità
e marketing
le strategie
vincenti
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Forte concorrenza
Difficoltà internazionalizzazione
Aumento costi materie
Insoluti
Concorrenza sleale
Difficile reperimento nuovi clienti
Difficile pianificazione lavoro
Contrazione margini
Flessione mercato
0
20
40
60
80
Pagamenti lunghi e ritardi
¬
Fonte: indagine CNA Federmoda.
I FATTORI DI SUCCESSO
Partendo da questi presupposti, stile e
qualità rappresentano i punti di forza più
evidenti, anche se acquisiscono sempre
maggiore rilevanza le politiche legate alla
distribuzione e al retail, tanto che avere
un approccio commerciale, se non addirittura avere una divisione commerciale
all’interno dell’organizzazione aziendale, diviene questione importante anche
per chi si occupa di subfornitura. E una
strategia di questo tipo potrebbe essere
studiata in rete dalle imprese – anche tra
aziende concorrenti – permettendo di abbattere i costi di questo lavoro.
Va poi rilevato che il mercato dell’abbigliamento, che per anni ha visto la presenza massiccia dei grossisti a fare da
snodo per lo sbocco delle produzioni, ora
impone sempre più prepotentemente un
accorciamento della filiera a vantaggio
della collocazione diretta dei capi dal
produttore al dettaglio, per una maggiore
salvaguardia dei margini degli operatori
coinvolti.
Anche l’e-commerce, però, sta guadagnando quote crescenti di mercato, quote che peraltro si prevedono in ulteriore
sviluppo.
È chiaro allora che la formazione nel comparto non può essere più fondata solo su
conoscenze di natura tecnica, ma anche
su aspetti quali la comunicazione, il marketing, la gestione commerciale, che nella
gestione d’insieme dell’impresa hanno
assunto dignità pari almeno a quella manifatturiera in senso stretto.
dossier
Criticità nel settore tessile-abbigliamento della provincia di Modena, 2012 (%)
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LE CRITICITÀ
Tra gli aspetti che ora preoccupano maggiormente gli operatori ci sono la flessione del mercato, la contrazione dei margini, la difficile pianificazione del lavoro, i
pagamenti sempre più lunghi e in ritardo
(almeno nel 70% dei casi, denunciano
le imprese del settore). A seguire, con
più della metà degli interpellati che ha
indicato anche queste difficoltà, la concorrenza sleale, il difficile reperimento
di nuovi clienti, gli insoluti. Di poco inferiore il risultato che riguarda l’aumento
del costo delle materie prime. Sono i dati
che emergono da un’indagine realizzata
da CNA Federmoda e che fotografano le
problematiche del settore. Alle quali se
ne aggiunge un’altra tutta modenese: il
terremoto.
IL TERREMOTO
Non bisogna dimenticare che il tessileabbigliamento di casa nostra è concentrato proprio nelle zone dove il sisma del
maggio dell’anno scorso si è manifestato
in modo più distruttivo.
Otto aziende su dieci, infatti, hanno denunciato danni di vario tipo, danni che
in un caso su quattro sono stati anche
strutturali.
Ben più elevata, l’80%, la percentuale
di imprese che hanno dichiarato di aver
accusato un calo del fatturato. Stesso
trend, con percentuali simili, per la redditività e per gli ordini, mentre è quasi nulla l’incidenza di chi dichiara un aumento.
Più della metà registra una crescita del
costo delle materie prime, sulla base di
una tendenza emersa già nei mesi antecedenti il sisma. In peggioramento anche
il dato sull’export per una situazione che
ha risentito dei ritardi nell’evasione degli
ordini (rilevata da un 40% delle imprese del distretto). Per ciò che riguarda gli
occupati, la maggioranza delle imprese
è riuscita a conservare, nonostante gli
eventi, invariato il numero dei dipendenti
grazie anche al ricorso agli ammortizzatori sociali. Perché il distretto sarà anche
in difficoltà, sarà anche stato ferito dal
terremoto, ma è tutt’altro che finito.
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