Terapia Endoscopica delle pancreatiti acute e croniche

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5° Giornata Reggiana di Dietetica e Nutrizione Clinica
Atti del corso: “La nutrizione clinica nelle patologie
pancreatiche non neoplastiche”
TERAPIA ENDOSCOPIA DELLE PANCREATITI ACUTE E
CRONICHE
Dott. R. Sassatelli, Dott. L. Camellini, Dott. V. Iori, Dott. F.
Azzolini, Dott. F. Decembrino, Dott. G. Sereni, Dott. C. Tioli,
Dott. M.Cavina, Dott. G. Bedogni
TERAPIA
NUTRIZIONALE
PANCREATITI
ENDOSCOPICA
DELLE
È stato ripetutamente dimostrato come la nutrizione parenterale peggiori
l’evoluzione della malattia, soprattutto se iniziata nei primi cinque giorni .
L’impossibilità di utilizzare il tratto gastrointestinale nei pazienti con
pancreatite acuta può aggravare la risposta allo stress, aumentando così
incidenza delle complicanze e durata del ricovero. Rispetto alla nutrizione
parenterale, la nutrizione enterale si è dimostrata in grado, se
somministrata già nelle fasi precoci di malattia, di dimezzare le
complicanze infettive, di ridurre la durata del ricovero e ridurre il tasso di
mortalità per complicanze
IL SONDINO NASO-DIGIUNALE
Nella pancreatine acuta è clinicamente dimostrabile un ostacolato
svuotamento gastrico, dovuto alla compressione del pancreas edematoso
o di eventuali raccolte sulla seconda porzione duodenale tali da impedire
la nutrizione per via naturale . Pertanto gioca un ruolo fondamentale il
sondino naso digiunale. I pacemakers che danno origine alle onde
pressorie intestinali sono indipendenti da quello gastrico, posto al
passaggio tra corpo e fondo, e ciò spiega perché la peristalsi intestinale
possa mantenersi a fronte di una assoluta atonia gastrica.
Il sondino enterico deve essere posizionato oltre il Treitz, per evitare una
sua rapida dislocazione in stomaco. Il liquido infuso bypassa pertanto tutto
il duodeno, cioè il tratto di piccolo intestino a maggior concentrazione di
cellule endocrine e maggior sede di secrezione ormonale. La nutrizione
stimola la secrezione ormonale e, di conseguenza, quella pancreatica e
biliare, che, se in condizioni normali facilitano la digestione dei liquidi, in
condizioni quali pancreatite acuta o fistole duodenali risultano deleterie.
Molte delle situazioni cliniche che si possono giovare dell’inserzione di
sondini naso-enterici come le pancreatiti acute severe,sono caratterizzate
da alterazioni della motilità digestiva, tali da rendere anche più
problematico il posizionamento di questi sondini oltre il Treitz. Se
consideriamo la modalità di posizionamento di questi sondini, possiamo
riconoscerne vari tipi. Il primo è quello posizionato utilizzando la semplice
gravità. Si tratta di sondini a punta appesantita con oliva metallica, Il cui
posizionamento avviene sotto controllo radiologico. Si posiziona per via
endoscopica un filo guida posizionato in duodeno/digiuno. Il filo guida può
essere posizionato con endoscopio pediatrico per via nasale o con
endoscopio standard, inserito per via orale. Sarà in questo caso
necessario inserire un catetere per via nasale, recuperarlo dalla bocca,
per farvi poi passare all’interno il filo guida, perché abbia l’accesso
nasale.Su questo filo guida viene inserito il catetere con oliva, che risulta
un punto di repere per il controllo in scopia. Una volta posizionato il
sondino con oliva in digiuno si estrae il filo guida. La peristalsi intestinale
aiuterà, per forza di gravità, la progressione del sondino nei tratti più a
valle del digiuno. Il secondo tipo di cateteri è il cosiddetto “Dobbhoff”. E’ un
catetere indicato in caso di pancreatici acute severe dove sia necessario
da un lato mantenere la nutrizione digiunale e dall’altro decomprimere lo
stomaco ectasico. Pertanto è costituito da una sonda per nutrizione
digiunale di 170 cm da posizionare in digiuno sotto guida endoscopica e
filo guida all’interno di una sonda gastrica di 97 cm. La metodica, in ogni
caso, è piuttosto indaginosa e non sempre coronata da successo. Occorre
preparare il sondino con numerosi lavaggi con lubrificante, per evitare ,
quando si sfila il filo guida, che la porzione digiunale non risalga in cavità
gastrica. Anche per tale posizionamento è necessario il controllo
radiologico. Una seconda metodica implica l’avanzamento del catetere in
digiuno dopo averne afferrato la punta con una pinza da biopsie. A questo
scopo, il catetere può terminare con un prolungamento, adatto alla
prensione dalla pinza. In qesto caso si deve porre attenzione alla manovra
di estrazione dello strumento endoscopico dalla cavità gastrica in quanto
rischia di posizionare il sondino
IL SONDINO NASO-GASTRICO
Considerare il sondino naso gastrico un’opzione a quello naso-digiunale,
dal punto di vista tecnico presenterebbe sicuramente una metodica di
introduzione più facile, meno complicata, non necessitando chiaramente
né dell’endoscopia, né della radiologia. Anche i costi sarebbero
certamente ridotti.
Tuttavia l’opzione del sondino naso-gastrico nella pancreatine acuta è dibattuta
in letteratura. Infatti esistono dati a suggerire che l’infusione dell’enterale
tramite sondino naso-digiunale sia in grado di migliorare l’evoluzione della
malattia più di un’infusione in stomaco. Dall’altro, è stato dimostrato che, in
pazienti nutriti mediante infusione digiunale durante un attacco di pancreatite
acuta severa, il dislocarsi in stomaco del sondino era costantemente associato
con un innalzamento delle amilasi e la ripresa del dolore. Tuttavia uno studio
randomizzato di Eatock in pazienti con pancreatite acuta severa ha dimostrato
che nelle fasi iniziali il sondino naso-gastrico ha la stessa efficacia del sondino
naso-digiunale in termini di riduzione del grado di severità della malattia, di
riduzione degli indici di infiammazione, di riduzione del dolore e della necessità
di somministrazione di farmaci antidolorifici. In realtà questo studio è stato
criticato per il posizionamento verosimilmente duodenale del sondino digiunale.
Complessivamente gli studi sono verosimilmente sottodimensionati e la
mortalità osservata nel più favorevole studio con uso del
sondino naso
gastrico è lievemente superiore di quella osservata nel più favorevole lavoro in
letteratura con uso di sondino naso-digiunale. Pertanto l’utilizzo del sondino
naso-digiunale, sebbene complesso da posizionare sembra offrire i migliori
risultati in termini di outcome della malattia.
TERAPIA ENDOSCOPICA DELLA PANCREATITE ACUTA
I pazienti con pancreatite biliare non severa passano spontaneamente i
loro calcoli in più che nell’80% dei casi ( cosidetta crisi espulsiva). In tale
caso un accurato esame ecoendoscopico prima della procedura operativa
può escludere la presenza di calcoli ed evitare al paziente un esame
operativo che sarebbe inutile.
La colecistectomia dopo un attacco di pancreatite acuta lieve dovrebbe
essere effettuata non oltre le due settimane dalla dimissione del paziente
dall’ospedale per il rischio di recidive di pancreatite per migrazione di
ulteriori calcoli.
CONDIZIONI DELLE VIE BILIO-PANCREATICHE CHE RICHIEDONO
L’ESECUZIONE DI UN ESAME ENDOSCOPICO IN URGENZA (ENTRO 24
ORE) O URGENZA DIFFERIBILE
(ENTRO 48 ORE , FINO A 72 ORE E NON OLTRE ):
1. Colangite acuta con o senza shock settico
2. Pancreatite acuta biliare grave, secondo i criteri di Glasgow o Ranson
3. Fistola biliare iatrogena dopo intervento chirurgico
Colangite acuta
Nella colangite acuta l'indicazione all'ERCP è assoluta e il timing è entro 12-24 ore dopo
che il paziente sia stato inquadrato e messo in terapia con antibiotico-idratazione , abbia
un valore di INR < a 1.5 e sia a digiuno da almeno 6 ore. La colangite concomita ad una
pancreatite severa dal 15 al 50% dei casi e la mortalità del trattamento chirurgico della
colangite è circa tre volte maggiore di quella del trattamento endoscopico.
Fistola biliare iatrogena dopo intervento chirurgico
Il trattamento endoscopico delle fistole biliari post- colecistectomia o post intervento
chirurgico sulle vie biliari è sicuramente il trattamento di elezione e c’ è accordo sul timing
(24-48 h) che deve essere precoce per evitare che lo spandimento biliare possa provocare
danni importanti.
Pancreatite acuta biliare grave
Nella Pancreatite acuta esiste assoluto consenso in letteratura sul fatto che l’ ERCP può
essere salvavita qualora l'eziologia sia sicuramente biliare e la pancreatite si presenti con
una gravità significativa secondo lo score di Glasgow da solo , o ancor meglio associato ai
valori di PCR (alle 48 h), proposti come il più sensibile e specifico
Fig 1. INDICAZIONI DELL’ESECUZIONE DI ERCP IN PANCREATITE ACUTA
EZIOLOGIA BILIARE
SI
NO
NO ERCP(solo EUS)
Ittero
Sepsi
Forma grave
SI
ERCP urgente (entro 48-72 ore)
NO ma sospetto di litiasi VBP (EUS, RM)
ERCP in elezione
Tabella 1:VIE BILIO-PANCREATICHE
Timing della terapia endoscopica in urgenza
Colangite acuta Con shock settico urgenza
Digiuno 8 ore, idratazione,
antibiotico-tp, INR < 1,5
Senza shock settico urgenza differibile Digiuno 8 ore, idratazione,
antibiotico-tp, INR < 1,5
Pancreatite acuta biliare di tipo grave entro 72 ore Digiuno 8 ore, idratazione,
antibiotico-tp, INR < 1,5
di tipo moderata in elezione Digiuno 8 ore, idratazione,
antibiotico-tp, INR < 1,5
Fistola biliare urgenza differibile Digiuno 8 ore, idratazione,
antibiotico-tp, INR < 1,5
TERAPIA ENDOSCOPICA DELLA PANCREATITE ACUTA
RECIDIVANTE
Il termine pancreatine acuta ricorrente indica una patologia caratterizzata
da almeno due episodi di pancreatine acuta, in genere nell’arco di un
anno, che si realizzano in una ghiandola pancreatica morfologicamente e
funzionalmente normale, ovvero in un pancreas in cui non si riscontrano,
con indagini ematochimiche e strumentali, segni di una pancreatine
cronica. Gli episodi di pancreatine acuta sono definiti dalla presenza di
dolore di tipo pancreatico associato al rialzo di almeno tre volte il valore
superiore di normalità delle amilasi sieriche. L’arco di tempo fra due
episodi di pancreatine acuta deve essere tale da garantire la completa
restituito ad integrum del parenchima.Le più frequenti cause di
pancreatine acuta ricorrente sono la litiasi biliare (microlitiasi o sludge), le
anomalie morfologiche del sistema duttale pancreatico (congenite o
acquisite), la disfunzione del sistema dell’Oddi e le mutazioni genetiche.
Terapia endoscopica in pazienti con pancreatine acuta ricorrente in
assenza di pancreas divisum:nei pazienti portatori di microlitiasi biliare o
con disfunzione documentata dello sfintere dell’Oddi è indicata la
sfinterotomia endoscopica biliare.In presenza di disfunzione dello sfintere
dell’Oddi, alla sfinterotomia biliare può essere associata nella stessa
seduta
anche
quella
pancreatica,
data
l’elevata
frequenza
di
coinvolgimento consensuale dei due segmenti sfinteriali. La sfinterotomia
biliare può anche essere presa in considerazione nei pazienti con indagini
morfo-funzionali
negative
e
trattati
senza
successo
con
acido
ursodesossicolico, o colecistectomizzati. La procedura è associata a
successo terapeutico in circa l’80% dei casi. Nei soggetti con indagini
morfo-funzionali negative e già sottoposti a sfinterotomia biliare e con
recidive di pancreatine, può essere presa in considerazione la
sfinterotomia pancreatica o il posizionamento di stent pancreatico per un
periodo di tempo compreso tra 3 e 6 mesi, sostituendo la protesi ogni tre
mesi circa.
Terapia endoscopica in pazienti con pancreatine acuta ricorrente in
presenza di pancreas divisum : se l’imaging è negativo in questi soggetti
è indicato il posizionamento di uno stent nel dotto dorsale e, in caso di
successo, l’esecuzione di una sfinterotomia della papilla minor.
TERAPIA
ENDOSCOPICA
DELLE
PSEUDOCISTI
PANCREATICHE
Le pseudocisti pancreatiche costituiscono la complicanza di circa il 1020% dei pazienti con pancreatine acuta e cronica. La pseudocisti da
pancreatine acuta necro-emorragica derivano da una zona di parenchima
pancreatico necrotico con rottura del sistema duttale a livello della lesione.
Tale evento è caratterizzato inizialmente da una raccolta fluida che risulta
circondata da una parete di tessto fibrotico ed infiammatorio dopo circa 4
settimane. L’assenza di uno strato epiteliale di parete fa sì che si utilizzi il
termine di pseudocisti pancreatica.. Invece le pseudocisti da pancreatine
cronica generalmente insorgono da una cisti “da ritenzione” del dotto
pancreatico, legata ad uno ostacolato deflusso del succo pancreatico. Le
cause più frequenti di ostruzione duttale nella pancreatine cronica sono
rappresentate da stenosi e calcoli. Nonostante sia molto efficace, la
chirurgia può essere associata ad una percentuale di complicanze del
35% e ad una mortalità del 10%.Questo ha incoraggiato lo sviluppo di
approcci non chirurgici. Il drenaggio endoscopico transmurale di
pseudocisti pancreatiche è un approccio alternativo alla chirurgia. Il
successo del drenaggio endoscopico dipende da multiple caratteristiche
della pseudocisti (patogenesi, contenuto, rapporto con organi adiacenti) e
dall’integrità del dotto pancreatico principale. Tecnicamente il drenaggio
endoscopico della pseudocisti può essere ottenuto per via transpapillare o
per via transmurale attraverso una cistoenterostomia (CES).
L’ERCP è fondamentale per pianificare il trattamento delle pseudocisti
pancreatiche. Per una pseudocisti di dimensioni inferiori a 6 cm,
comunicante col dotto pancreatico e lontana dalla parte gastrica o
duodenale, il miglior approccio è uno stent transpapillare.L’innegabile
vantaggio della cistoenterostomia è rappresentatao dalla possibilità di
poter ottenere ampi accessi alla raccolta per il drenaggio delle necrosi
organizzate. La CES è indicata per le pseudocisti non comunicanti con il
wirsung, sintomatiche o infette. Le pseudoscisti rappresentano un buon
terreno di coltura per batteri e miceti perché sia il contenuto che le pareti
sono spesso costituiti da tessuto flemmonoso e/o necrotico e perché
durante la pancreatite può avvenire traslocazione batterica dall’intestino.
L’inserimento di uno o più drenaggi/protesi di ampio calibro facilita la
detersione della cavità. Tecnicamente l’esecuzione della CES è possibile
se:la pseudocisti è “endoscopicaente visibile”; la distanza fra lume
enterico e lume cistico è minore o uguale a 1 centimetro; non ci sono
strutture vascolari fra la pseudocisti e la sede identificata sul versante
intestinale per la puntura. L’ovvia limitazione del drenaggio endoscopico
transmurale è l’approccio relativamente “alla cieca”. Il rischio di
perforazione è particolarmente alto quando non è presente alcun bulging
intraluminale.
Altro
rischio
maggiore
della
cistoduodenostomia
o
cistogastrostomia endoscopica è l’emorragia (6% dei casi). Il paziente
dovrebbe ricevere una protezione antibiotica ad ampio spettro drante e
dopo la procedura per ridurre i rischi di infezione della cisti. La tecnica è
ben delineata e può essere divisa in 4 fasi anche se esistono varianti
relative all’uso di accessori endoscopici diversi.
1. Valutazione pre-intervento delle caratteristiche della pseudocisti e dei
rapporti con stomaco e duodeno. L’approccio ideale per la puntura delle
pseudocisti
combina
l’endoscopia
con
l’ecoendoscopia
con
ecoendoscopio lineare. Utilizzando questa tecnica, la puntura della cisti
sotto controllo endosonografico, è possibile anche senza la presenza di un
bulging della parete gastrica o duodenale. Questo rende la puntura della
raccolta più sicura e aumenta il numero di pazienti suscettibili di drenaggio
endoscopico.
2. Puntura della raccolta. Gli accessori utilizzati per la puntura della
pseudocisti sono essenzialmente due: gli aghi da sclerosi e gi agi da
precut. Questi accessori consentono di penetrare all’interno della
pseudocisti e posizionare un filo guida per mantenere l’accesso. La
puntura deve essere eseguita il più possibile perpendicolarmente alla
parete intestinale.
3. Ampliamento
della
fistola.
Il
primo
metodo
è
rappresentato
dall’ampliamento con ago a mano libera. Tale metodo deve essere
riservato ad endoscopisti esperti. Il secondo metodo è costituito
dall’introduzione di uno sfinterotomo su filo guida ed esecuzione di tagli
radiali a tutto spessore. L’accessorio usato da noi preferenzialmente per
ampliare la CES è il cistoenterostomo di Cremer (21), catetere da 10 Fr
munito sull’estremità distale di un cono metallico tronco. Il catetere è fatto
avanzare coassialmente sul catetere dell’ago diatermico utilizzato per
penetrare nella pseudocisti ed applicando corrente di taglio si ottiene un
tramite del diametro uguale a quello del catetere (10 Fr) che nelle
successive 24-48 ore, per fenomeni di necrosi coagulativa, raggiunge il
diametro di 1 cm.
4. Inserimento di protesi e drenaggi naso-cistici. Ottenuta una relativamente
ampia comunicazione tra pseudocisti e lume intestinale, il mantenimento
della comunicazione è garantito dal posizionamento di una o più protesi.
In caso di raccolte a contenuto fluido del diametro non superiore ai 6-8 m,
si può senza troppi rischi ricorrere al posizionamento diretto di una singola
protesi. Nei casi di pseudocisti di grosse dimensioni, polilobulate o con
contenuto denso e/o solido è vivamente raccomandato il posizionamento
di drenaggi singoli o doppi oltre alle protesi. Il razionale è quello di irrigare
la raccolta con soluzione fisiologica per detergerla facilitando così la sua
organizzazione. Nel follow-up, si esegue generalmente una TC/RMN a tre
mesi per verificare la completa scomparsa della RFP e potere
programmare la rimozione delle protesi. Un algoritmo del trattamento delle
pseudocisti pancreatiche che sia condiviso dagli endoscopisti e dai
chirurghi non è ancora stato formulato e l’indicazione al drenaggio
endoscopico viene posta oltre che nei casi in cui esista un elevato rischio
operatorio,
sulla
base
dell’esperienza
e
“dell’aggressività”
dell’endoscopista che è chiamato a valutare il caso. Generalmente il
drenaggo chirurgico rappresenta l’opzione terapeutica preferenziale per
pseudocisti recenti, infette e delle necrosi pancreatiche organizzate.
Recentemente l’indicazione è stata ampliata al trattamento delle necrosi
infette senza una parete organizzata.L’assenza di studi prospettici
randomizzati tra l’endoscopia e la chirurgia, fa sì che sia soprattutto
l’esperienza dell’endoscopista a spostare l’ago della bilancia verso l’uno o
l’altro dei trattamenti. In generale, il successo del trattamento endoscopico
è massimo per le pseudocisti croniche (90%) e più basso per le necrosi
pancreatiche (70%), gravate inoltre da più frequenti complicanze ed un
maggiore periodo di degenza; nelle pseudocisti post PA il successo
terapeutico è del 75%. L’incidenza globale di recidiva delle RFP è di circa
il 15%. In conclusione, la scelta del tipo di trattamento per le pseudocisti
pancreatiche dipende da numerose caratteristiche delle pseudocisti, ma
l’etiologia della RFP ed il suo aspetto morfologico sono le variabili più
importanti.
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