Pago, un merletto di pietra

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Reportage
sabato
18 maggio 2013
UNA NATURALISTA
A PASSEGGIO
Un’isola
particolare,
che appare subito
come un paesaggio
lunare, spoglio,
estremamente
arido e inospitale
di Chiara Veranić
|| Le saline
|| Foraminiferi fossili
Pago, un merletto
|| Un tipico vigneto circondato da canne domestiche
G
ià da lontano, prima ancora di
attraversare il ponte sullo stretto
di Ljubački che la collega alla
terraferma, l’isola di Pago appare come un
paesaggio lunare, spoglio, estremamente
arido e inospitale. Quinta per grandezza
tra le isole dell’Adriatico, si estende,
parallelamente alla catena montuosa del
Velebit, da sud est a nord ovest per ben 59
chilometri e, fra tutte, è proprio quella più
frastagliata, con una miriade di insenature
piccole e grandi. La Cissa Portunata di
cui Plinio parla già nel primo secolo d. C,
è esposta a tutti i venti, ma soprattutto
alla bora, che cala dai monti con immane
violenza, sferzando le rocce e sollevando
dalle creste ondose (alte spesso anche due
metri) una miriade di goccioline salate
che poi ricadono al suolo, spesso anche
lontano dal mare, formando una coltre di
salsedine. A quest’ultima possono resistere
soltanto le piante alofite, adattate a vivere
in condizioni estreme poiché dotate di
ghiandole particolari, capaci di espellere il
sale in eccesso. La salinizzazione indotta
dal vento provoca spesso dei danni alle
colture, soprattutto alle foglie giovani delle
viti a piante molto basse e contorte, che
gli abitanti proteggono piantando canne
domestiche al limitare dei campi.
|| La spiaggia di Beritnica
Un ambiente ostile
La devastazione della vegetazione
originaria perpetrata nel corso dei secoli,
in particolare nella parte a nord est e
l’erosione effettuata dalle acque e dal
vento hanno dilavato gran parte del
suolo, facendo emergere, in modo quasi
spettrale, le nude rocce carbonatiche, per
lo più risalenti al cretaceo e all’eocene, in
alcune aree ricchissime di fossili di bivalvi
oramai estinti (condrodonte, rudiste) e
foraminiferi planctonici. In questo ambiente
ostile, dove vegetano solo piante a cuscino,
spinose e aromatiche, pascolano le famose
pecore di razza autoctona a pelo corto, che
svernano all’aperto e che producono un
latte dal sapore particolare, dovuto appunto
alla salsedine e agli oli essenziali delle
piante brucate. L’allevamento degli ovini
è infatti un’attività centenaria sull’isola
e il formaggio, a base di latte cagliato,
olio d’oliva e sale marino è estremamente
apprezzato, come del resto anche la puina
(termine usato, oltre che dai veneti,
anche dai dalmati) che si ricava dal siero,
soprattutto in primavera.
Il sale, ossia l’oro bianco
In quest’isola solo apparentemente priva di
risorse, gli abitanti svolgono, oltre alla pesca,
|| Il polje umido di Metajna
un’altra importantissima attività. L’acqua di
mare, l’energia del vento, il calore del sole
e la scarsa piovosità nonché la presenza di
una configurazione particolare permettono
la produzione del sale, praticata da tempi
immemori. L’oro bianco, come si suole
chiamarlo, oltre a essere un importante
integratore alimentare, è da sempre una
sostanza indispensabile per la conservazione
del pesce e delle carni, per non parlare
della concia delle pelli. Per tale motivo,
assieme alla ricchezza, esso ha recato spesso
agli abitanti dei forti grattacapi, in quanto
perenne oggetto di bramosia.
Non solo un deserto di pietra
Pago però non è solo un deserto di pietra e
sale: l’acqua che penetra dalle spaccature
del Carso desolato si raccoglie e scaturisce
in vari punti dell’isola dagli affioramenti
impermeabili del flysch, formando polje
umidi in cui si pratica una modesta
agricoltura.
In primavera, nelle aree più selvagge,
spuntano a migliaia i minuscoli fiori della
Chouardia litardierei, una pianta endemica
delle Dinaridi, che tinge letteralmente
d’azzurro le conche acquitrinose dando
un tocco magico al paesaggio. La
Reportage
sabato
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|| Paesaggio lunare con il Velebit sullo sfondo
di pietra
|| L’oliveto e i lecci di Lun
|| Verso Beritnica
|| Alcuni gabbiani riposano sulle rocce
|| Il Veliko blato
pietraia custodisce anche tre splendide
oasi naturalistiche, proclamate riserve
ornitologiche e quindi particolarmente
protette: il Veliko, il Malo e il Kolansko
blato.
I «rifugi» ornitologici
La posizione particolare dell’isola, tra il
Quarnero e la Dalmazia settentrionale
rappresenta un punto importantissimo
lungo la rotta migratoria degli uccelli che
popolano il centro e il nord Europa. Due
volte all’anno, dalla metà di luglio alla
fine di novembre e dall’inizio di marzo
alla metà di maggio, si svolge infatti un
intenso sorvolo che implica anche delle
soste per il riposo e il nutrimento, per cui
i tre acquitrini offrono un’importante base
d’appoggio.
Il clima relativamente mite permette a
molte specie di svernare, mentre altre
trovano nei canneti il posto ideale per la
nidificazione. Soprattutto il Veliko blato
rappresenta un rifugio sicuro per ben
143 specie di uccelli, tra i quali spiccano
il piccolo cormorano, che in Dalmazia si
riscontra solo sul lago di Vrana e lungo
il fiume Krka, il tarabuso, la canapiglia e
parecchi volatili marini, tra cui gabbiani e
alche.
|| La torre
I cacciatori di frodo
Ai bordi dell’acqua, tra i folti cespi di giunchi
e le pietre acuminate, capita d’imbattersi
in lunghe bisce dal collare, nuotatrici
incredibilmente agili, perennemente a caccia
di rane e piccoli pesci. Non è rara nemmeno
la presenza dei rapaci, i quali sfruttano con
maestria le correnti d’aria calda che si levano
dalle pietraie surriscaldate dal sole. Grifoni e
gheppi, con la loro vista acuta, ispezionano
pazientemente il suolo, sorvolando i crinali
rocciosi alla ricerca delle loro prede. Proprio
grazie alle termiche, riescono a evitare i
grossi generatori eolici nell’area di Ravna 1,
che comunque producono energia pulita e
fanno sicuramente meno danni dei cacciatori
di frodo. In barba al divieto, nei pressi delle
acque, cartucce a pallini disperse sul suolo
denotano infatti il passaggio degli eroi che
sparano ai volatili inermi, spesso stremati
dal loro lungo viaggio.
Lun e i suoi oliveti
Sull’isola ci sono anche degli areali limitati,
dove la vegetazione prospera al riparo
dai venti. Protetta dal monte Kamenjak
sull’isola di Arbe, che si frappone tra il
Velebit e la punta estrema di Pago, sorge
l’area di Lun, con i suoi oliveti millenari e
il bosco mediterraneo di splendidi lecci.
|| Uno sportivo sfida la roccia
A Dubrava Hanzine, lungo la costa tra gli
abitati di Pag e Novalja, sotto la cima del
Sv. Vid (348 m), il monte più alto dell’isola,
si estende invece una riserva boschiva
ricca di roverelle, ornielli e ciliegi canini
non molto alti, ma estremamente vigorosi,
che formano un’inaspettata oasi di verde.
Non lontano da qui, la spiaggia di Crnika
rappresenta uno dei siti paleontologici più
importanti della Croazia, in quanto i suoi
caratteristici affioramenti bruni contengono
i resti di una particolare fauna estinta
appartenuta al miocene, quando l’intero
territorio era un’area paludosa, popolata da
coccodrilli, piccoli mammiferi, pesci e una
fitta vegetazione acquatica.
modellare senza sosta, dando al paesaggio
un aspetto estremamente tormentato. In
questo fantastico ambiente dal biancore
accecante, numerosi sportivi sfidano la
roccia inerpicandosi lungo le pareti, simili
a piccoli insetti irrequieti. Il panorama che
si gode dall’alto spazia verso il mare dalle
sfumature che cambiano continuamente e
quindi verso la catena del Velebit, appena
velata da un minimo di vegetazione.
Infinite ragnatele di muretti a secco
limitano i pascoli, dove il verde è solo un
accenno tra le rocce. In cima a uno dei
tanti, alcuni gabbiani appollaiati fanno
una breve siesta prima di riprendere i loro
vagabondaggi.
I «campanili» di roccia
Immaginando un mondo misterioso
Le meraviglie di quest’isola che sembra un
merletto lavorato dal vento, dall’acqua e
dal sale non terminano qui. Dopo il paesino
di Metajna, un sentiero che s’inerpica tra le
pietre mi porta dapprima alla spiaggia di
Ručice e quindi all’area di Beritnica, dalle
particolari pareti di roccia, che svettano
verso il cielo a mo’ di campanili. Potenti
blocchi, staccati dalle falde e precipitati
lungo i ghiaioni o in mare, formano degli
ammassi giganteschi, dai contorni strani,
che gli agenti atmosferici continuano a
È maggio, ma il sole scotta già quasi fosse
estate e il riverbero sulle onde invita a
entrare nell’acqua. Zampetto a piedi nudi
sul bagnasciuga e immagino il mondo
misterioso che questo mare terso cela
sul fondo. Alla prossima visita a questo
splendido deserto, ricco di oasi inaspettate,
non mancherò di mettere nello zaino
maschera e pinne, per scoprire anche
quello che sta sotto il pelo dell’acqua e che
sicuramente non mancherà, ancora una
volta, di stupirmi per la sua bellezza.
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