OtticaVisuale2016-17_parte2 - Facolta di Scienze MM.FF.NN.

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Ottica visuale
Parte 2 – I mezzi ottici dell’occhio
Corso di laurea in Ottica ed Optometria
Facoltà di Scienze M.F.N.
Università del Salento
Vincenzo Martella optometrista
Contatti:
0833/541063
392 8388361
[email protected]
Brevi note di anatomia, fisiologia e
caratteristiche ottiche dei mezzi
ottici dell’occhio
E’ importante conoscere le caratteristiche
anatomiche, istologiche e fisiologiche dei mezzi
ottici dell’ occhio. Esse spiegano le modalità
con cui l’evoluzione ha realizzato questo
sofisticato sensore luminoso ottenendo tessuti
trasparentissimi (privi di vascolarizzazione
diretta) per sfruttare le leggi della Fisica,
ottenendo un processo di focalizzazione in
grado di produrre una percezione visiva
adeguata ai bisogni della specie.
Anatomia oculare
Il bulbo
La dimensione del bulbo oculare
Le dimensioni del bulbo oculare sono
molto soggettive.
Variano per l’accrescimento corporeo e da
individuo ad individuo.
Esse, soprattutto la lunghezza assiale e la
collocazione dei diottri oculari, sono
importanti per la focalizzazione
dell’immagine sulla retina.
L’importanza della dimensione
assiale dell’occhio
In fase di sviluppo la lunghezza assiale
dell’occhio è regolata dai processi
d’accrescimento (emmetropizzazione),
indotti anche dagli stimoli luminosi, che
tendono a creare il giusto rapporto
geometrico tra il comportamento ottico e la
focalizzazione delle immagini sulla retina.
Emmetropizzazione
Il raggiungimento di un efficace rapporto tra
lunghezza assiale e facilità di focalizzazione
avviene attraverso complessi meccanismi che
coinvolgono fattori ereditari, congeniti, endogeni,
sociali ed ambientali.
Molto si può fare dal punto di vista preventivo,
per condizionare un corretto sviluppo oculare e
ridurre alcune delle principali cause delle
ametropie assiali.
“Divulgate la cultura optometrica!”
Dimensioni del bulbo oculare:
Volume: tra 6500 e 7500 mm cubici.
Peso: tra 7 ed 8 grammi.
Lunghezza assiale: nel neonato circa
18 mm (circa il diametro di una
monetina da 2 cent), nell’adulto 24 mm
(circa il diametro di una monetina da 1
euro).
I mezzi ottici dell’occhio
Liquido lacrimale
Cornea
Umor acqueo
Cristallino
Vitreo
Il liquido lacrimale
Esso rappresenta il primo diottro che la luce incontra; una qualità
otticamente scadente per composizione può produrre effetti negativi sulla
visione.
L’indice di rifrazione dipende dalla composizione. Oscilla tra 1.30 e 1.34.
La cornea determina il raggio di curvatura del suo diottro (circa 7.70 mm,
43 dt)
Spessore 9 µm (micron, millesimi di millimetro) dopo l’ammiccamento; 4
µm appena prima di ammiccare.
Composizione del liquido lacrimale
Il film lacrimale presenta una struttura complessa che però
possiamo considerare come costituita da tre strati
principali:
Strato muco-proteico: le muco-proteine, secrete dalle
ghiandole di Henle e Manz, si legano agli pseudo-microvilli dell’epitelio formando una superficie più o meno
omogenea ed idrofila (altrimenti l’epitelio è idrofobo).
Strato acquoso: la parte acquosa, secreta dalle
ghiandole lacrimali e da quelle accessorie di WolfingCiaccio, si dispone sopra lo strato muco-proteico.
Strato lipidico: secreto dalle ghiandole di Meibomio, Zeis
e Moll, galleggia sopra lo strato acquoso limitandone
l’evaporazione.
Funzioni del liquido lacrimale
Detergente.
Idratante.
Rende l’epitelio idrofilo.
Ottica.
Nutrizionale.
Di ossigenazione.
Antibiotica (grazie al lisozima)
Importanza del liquido lacrimale in
contattologia
La buona qualità e quantità di liquido
lacrimale è condizione indispensabile per
un uso confortevole delle L.A.C.
Cornea
Organo la cui trasparenza è legata alla perfetta disposizione
geometrica del tessuto lamellare di cui è costituita e dall’assenza di
vasi sanguigni. Distinguiamo:
L’epitelio.
La membrana di Bowman.
Lo Stroma.
La membrana di Descemet.
L’Endotelio.
La zona di transizione sclera cornea è detta Limbus.
Metabolismo corneale
La cornea, essendo avascolarizzata, trae nutrimento da
processi osmotici che si svolgono tra il liquido lacrimale
e l’umore acqueo dall’interno verso l’esterno, dalla
azione attiva di pompaggio svolto dall’endotelio e dal
circolo dei vasi peri-limbari. L’ossigeno necessario per i
processi metabolici deriva prevalentemente da quello
disciolto nel liquido lacrimale.
L’attività di rigenerazione delle cellule epiteliali è
altissima.
L’epitelio infatti si rigenera continuamente e
rapidamente.
Le cellule morte, costituite per lo più di cheratina, si
sfaldano continuamente dallo strato vivo sottostante.
Ferite o abrasioni a carico dell’ epitelio possono guarire
nell’arco di poche ore.
Caratteristiche geometriche e ottiche
della cornea
La sezione della cornea è quella di un menisco negativo.
Spessore al centro di circa 0,5/0,6 mm, al bordo di circa 1 mm.
Diametro superficie anteriore: verticale circa 9/13 mm,
orizzontale 10/13 mm. Diametro superficie interna circa 12
mm.
Raggio di curvatura anteriore circa 7.70/7.80 mm, posteriore
circa 6.80 mm.
Indice di rifrazione 1.376.
La sua potenza in aria è circa -6.50 dt.
La continuità ottica prodotta dall’umore acqueo, che ha un
indice di rifrazione quasi uguale, fa sì che essa si comporti
come un diottro positivo di circa 43 dt.
Essa quindi è la prima superficie che determina la rifrazione
della luce nell’occhio (il menisco lacrimale ne è conseguenza).
Andamento fisiologico delle curve
della superficie della cornea
La superficie della cornea non ha un andamento
perfettamente sferico, ma presenta una forma
complessa e molto variabile individualmente.
Potremmo definirla concoidale.
Le alterazioni ottiche della cornea
Le cause delle alterazioni ottiche della cornea,
che interferiscono sul corretto percorso della
luce nell’occhio, possono essere di natura
geometrica (più frequenti quelle a carico della
superficie esterna), o di perdita della
trasparenza.
Varie sono la cause che possono alterare la
geometria o trasparenza della cornea:
congenite, traumatiche, patologiche,
metaboliche.
Alcune forme di alterazioni
geometriche della cornea
Astigmatismo.
Cheratocono.
Esiti post cicatriziali superficiali traumatici
o infettivi.
Pterigio: accrescimento a volte
progressivo mono o bilaterale della
congiuntiva del lato mediale del limbus
che se molto estesa può arrivare ad
invadere la cornea.
Pterigio
Alterazione della trasparenza
corneale
Se una lesione interessa più in profondità la cornea
l’esito cicatriziale è un’opacità più o meno estesa in base
all’entità del danno.
Esse sono dette leucocorie.
La nubecola è un’opacità non densissima più o meno
traslucida non molto estesa.
Il leucoma è un’opacizzazione più marcata che ha
interessato lo stroma corneale in profondità. Essa è più o
meno estesa in base al danno subito.
Queste opacità, se situate in zone paracentrali,
producono alterazioni sulla rifrazione corneale con
compromissione della visione.
Il cheratocono
Una definizione del cheratocono è: un’ectasia non infiammatoria della
cornea.
La cornea si deforma producendo una protuberanza e lo spessore
corneale si riduce in prossimità del’apice del cono.
Merita una nota a parte perché nell’area salentina questa patologia
acquista connotazioni endemiche.
L’eziologia non è ancora ben nota.
L’ectasia evolve e viene definita in cinque stadi.
Nei primi stadi la deformazione corneale è tale da consentire ancora la
correzione dell’astigmatismo irregolare indotto dal cheratocono con lenti
da occhiale.
Negli stadi più avanzati occorre ricorrere all’applicazione di L.A.C. rigide
(ormai dette semi rigide gas permeabili) che ridanno, durante il loro
utilizzo, omogeneità ottica al sistema ottico deformato.
Il processo di deformazione a cono della cornea può arrestarsi in ognuno
dei cinque stadi e comunque solitamente si arresta intorno ai 35/40 anni.
Nei casi molto avanzati per scongiurare la perforazione corneale si ricorre
al trapianto di cornea.
Il cross linking, quando possibile è un trattamento precoce del
cheratocono (I II stadio). Si espone la cornea depitelizzata e cosparsa
con un gel di vitamina B2 e destrano a raggi UVA per ridare struttura
all’impalcatura corneale.
Cheratocono
cheratocono
Topografia corneale
di cheratocono
Importanza della rilevazione
dell’andamento delle curve della
superficie corneale
E’ importante rilevare la presenza di
astigmatismo o di alterazioni della
superficie corneale, in quanto questi fattori
possono impedire una corretta rifrazione
dell’occhio.
La stessa importanza riveste la rilevazione
dei raggi di curvatura corneali ai fini
contattologici.
Metodi di misurazione delle
curvature corneali più usati
Quello più utilizzato nella pratica optometrica è
l’oftalmometria.
Utilissima in contattologia, specie quella customizzata
gas permeabile, ed indispensabile in chirurgia refrattiva,
è la topografia.
Molti autorefrattometri sono anche cheratometri.
Umore acqueo e sue funzioni
Liquido trasparente che viene costantemente secreto dai
processi ciliari ed immesso in camera posteriore. Passa
in camera anteriore ed è poi drenato attraverso il tessuto
trabecolato ed il canale di Sclemm. Il perfetto equilibrio
tra immissione e deflusso (funzione di regolazione
pressoria) garantisce la normale pressione endo-oculare
14/20 mmHg. L’alterazione di questo equilibrio genera
l’aumento di detta pressione (glaucoma).
Indice di rifrazione 1.333
Ha contiguità ottica con la cornea (funzione ottica).
Svolge altresì funzione di nutrimento per cornea e
cristallino (funzione di nutrimento).
L’iride
Possiamo definirlo il diaframma dell’occhio e come tale entra in
gioco in tutti i processi che interessano un sistema ottico
diaframmato (riduzione delle aberrazioni periferiche, aumento
della profondità di campo e di conseguenza di fuoco
dell’occhio).
Essa delimita la camera anteriore da quella posteriore. Il suo
sfintere, aumentando (midiriasi) e riducendo (miosi) il
diametro della pupilla in funzione della illuminazione
dell’ambiente, regola l’entrata della luce all’interno dell’occhio.
La sua pigmentazione limita l’ingresso della luce nella sua
periferia e da il colore agli occhi.
Essa partecipa alla triade funzionale che lega
accomodazione-convergenza-miosi
e disaccomodazione-divergenza-midriasi.
L’iride e le strutture anteriori
dell’occhio
Dimensioni della pupilla
La dimensione della pupilla è molto variabile da
individuo ad individuo.
Tende a ridursi con l’età
Media a 10 anni 7,6mm al buio 4,8mm alla luce
Media a 45 anni 6,2mm
“
4,0mm
“
Media a 80 anni 5,2mm
“
3,4mm
“
Tende ad essere più dilatata nei miopi e
e più ristretta negli ipermetropi, a causa della
risposta accomodativa a cui è legata
funzionalmente.
L’attività della pupilla
L’attività dello sfintere pupillare, che in
condizioni normali modifica il diametro del
foro riducendolo in condizioni fotopiche
cioè di forte illuminazione (miosi) o
aumentandolo in condizioni scotopiche
cioè di scarsa illuminazione (midriasi),
può essere compromessa da alterazioni
neurologiche.
È importante quindi indagare su di essa.
Riflessi pupillari
Diretto. Test: abbagliare un occhio e
notare se c’è miosi.
Consensuale. Test: abbagliare un occhio e
notare se c’è miosi anche nell’altro
Accomodativo. Test: far fissare una mira
da lontano e rapidamente una non
luminosa da vicino e notare se c’è miosi.
Abbagliamento alternato
(swinging flash-light)
È un test che può evidenziare disfunzioni afferenti dello
stimolo miotico.
Con una bassa illuminazione dell’ambiente, spostando la
penlight al tempo di un secondo da un occhio all’altro, in
condizioni normali le due pupille mantengono più o
meno lo stesso diametro.
Quando si illumina un occhio danneggiato, lo stimolo
afferente indotto dalla luce non produce la risposta
miotica adeguata. In questa condizione, prevarrà la
condizione midriatica anche nell’occhio sano non
abbagliato e le pupille si dilateranno invece che
restringersi.
Illuminando l’occhio sano entrambe le pupille si
restringeranno (il danno e’ afferente e non efferente).
Cause di anomalie nei riflessi
pupillari
La maggior parte dei problemi
a carico
della attività delle pupille è di natura
neurologica a vari livelli del percorso
afferente o efferente, a partire da gravi
danni a carico della retina, uso di farmaci
o stupefacenti.
Alterazione dell’iride e del foro
pupillare
La deformazione del foro o il suo dissassamento, per
cause traumatiche o congenite, può creare alterazioni
sulla rifrazione con conseguente distorsione
dell’immagine. Altre anomalie sono:
Il coloboma: mancanza dell’iride nel quadrante inferiore.
L’aniridia: mancanza congenita dell’iride. Può essere
totale o parziale. La visione è compromessa.
Policoria: orifizi che si trovano sull’iride (è come se ci
fossero più pupille).
I residui della membrana pupillare embrionale
(membrana presente sulla pupilla nel feto che
normalmente scompare).
Albinismo: le persone albine devono usare lenti
colorate molto protettive per sopperire alla mancanza di
pigmento anche nell’iride.
Coloboma
Aniridia
Albinismo
Policoria
Il cristallino
Esso è il protagonista del meraviglioso
processo di focalizzazione dinamica detta
accomodazione di cui dispone l’occhio.
Dietro a questo meccanismo, da tutti così
poco considerato nella nostra quotidianità,
si celano raffinati e straordinari processi
neurologici affinatisi nell’arco di milioni
anni e che hanno come fine quello di
espletare una delle capacità percettive più
importanti per l’essere umano: la
possibilità (in condizioni normali) di vedere
nitidamente a tutte le distanze.
Caratteristiche del cristallino
Lente biologica di tipo biconvesso.
Struttura elastica in grado di ridurre i suoi raggi di
curvatura ed aumentare così il suo potere rifrangente.
Questa capacità è data dal muscolo ciliare tramite i
legamenti tendinei della Zonula di Zin che lo sospendono
in posizione coassiale all’asse ottico. Ad agire su di esso
sono le fibre radiali e meridionali (muscolo di Bruke) e le
fibre circolari dello sfintere poste nella regione infero
interna del ciliare (sfintere di Muller).
Struttura del cristallino
È contenuto tra due capsule: cristalloide anteriore e
posteriore costituite da tessuti molto elastici.
Il tessuto lenticolare è formato da cellule epiteliali
allungate nastriformi trasparentissime a sezione
pressoché esagonale con spessori variabili tra 5µm e
13µm lunghe circa 9mm e tenute insieme da una
sostanza cementante. Sono disposte a strati concentrici
come quelli di una cipolla. Esse si condensano in
periferia formando un guscio membranoso.
Le inserzioni delle fibre si allineano nello spessore lungo
delle linee che assumono la forma di una Y diritta nello
spessore posteriore e rovesciata in quello anteriore.
Il nucleo è formato da cellule anucleate.
È privo di vascolarizzazione e assume nutrimento
dall’umore acqueo.
Cristallino sezionato
Accomodazione-disaccomodazione
Il cristallino in aria, non trattenuto dai legamenti zonulari,
è rigonfio.
In sede, nella visione da lontano viene “stirato” dai
legamenti radiali per l’azione del muscolo di Bruke,
mentre in questa fase lo sfintere di Muller è attivamente
rilassato, riducendone così il suo potere diottrico.
Da vicino, il corrugamento del ciliare riduce la tensione
equatoriale del muscolo di Brucke esercitata sui
legamenti radiali e contestualmente avviene la
contrazione dello sfintere di Muller. Grazie a questi
meccanismi il cristallino si arrotonda aumentando
adeguatamente il suo potere diottrico in funzione della
distanza a cui deve focalizzare.
Gli stimoli alla modificazione del potere diottrico del
cristallino sono: la sfocatura dell’immagine retinica,
l’aberrazione cromatica, e la consapevolezza della
vicinanza del soggetto (accomodazione prossimale).
Quantità di accomodazione
necessaria per vedere da vicino
Un occhio emmetrope quando guarda
lontano per mettere a fuoco l’immagine
sulla retina deve disaccomodare
completamente.
Teoricamente, quando guarda vicino, deve
aumentare accomodando il suo potere di
una quantità di diottrie pari all’inverso della
distanza del punto fissato. Es. punto
fissato a 0.50 m. Accomodazione
necessaria 1/0.50 = 2 dt.
Processi che avvengono al
cristallino durante l’accomodazione
Riduzione del raggio di curvatura della superficie
anteriore (la curvatura aumenta di più
anteriormente).
Modesta riduzione del raggio di curvatura della
superficie posteriore.
Slittamento in avanti verso l’iride e lievemente
verso il basso.
Aumento dello spessore centrale.
Riduzione del diametro.
Il ciliare corrugandosi si sposta in avanti.
Sono correlati: un aumento del potere refrattivo,
una risposta miotica della pupilla ed una
convergenza degli assi visuali. Questa
interazione funzionale è detta Sincinesia.
Dark focus, accomodazione
prossimale, aberrazione cromatica
In condizioni di assenza di stimoli, l’accomodazione
assume una postura detta tonica in cui la focalizzazione
non è, come si credeva, all’infinito ma ad un punto finito
posto a circa 1,3m - 50 cm dall’occhio. Questo fenomeno
avviene al buio totale o in un campo luminoso omogeneo
privo di stimoli visivi, come il cielo, e viene definita
accomodazione da campo vuoto o dark focus off
accomodation.
Pur simulando otticamente una radiazione proveniente
dall’infinito, con un sistema ottico posto ad una distanza
finita si instaura un’accomodazione data dalla
consapevolezza della vicinanza del soggetto detta
accomodazione prossimale.
L’accomodazione sfrutta l’aberrazione cromatica dell’
occhio per stabilire se contrarsi o rilassarsi.
Dimensioni del cristallino
Raggi di curvatura:
all’infinito 10,2 mm faccia anteriore.
6 mm faccia posteriore.
a 25 cm
6 mm faccia anteriore.
5,5 mm faccia posteriore.
A variare è soprattutto la faccia anteriore.
Durante l’accomodazione c’è anche uno
slittamento in avanti verso l’iride.
Il diametro è di circa 10 mm (disaccomodato).
Caratteristiche ottiche del cristallino
Indice di rifrazione:
capsula 1,370
Zona corticale 1,375
Nucleo 1,406
In realtà si comporta come una lente avente indice di
rifrazione che oscilla tra 1.41 e 1.4085 (maggiore dei
singoli indici) disaccomodato. Accomodato l’n sembra
ridursi un po’.
Disaccomodato ha una potenza di circa 20 dt.
A 14 anni in massima accomodazione ha una potenza di
circa 34 dt.
Fuori sede in aria la potenza è circa 100 dt.
Esso ha altresì la capacità di assorbire la radiazione
ultravioletta.
Modificazioni cronologiche
anatomiche del cristallino
La dimensione aumenta con l’età.
Spessore alla nascita circa 3,3mm
Si globulizza nei primi anni e si riduce con l’adolescenza.
Successivamente inizia a crescere per l’allungamento
delle cellule sottocapsulari che si accumulano
inspessendolo.
Progressivamente si indurisce e non riesce più ad
espellere le cellule morte che vengono compresse verso
il nucleo inspessendolo.
Lo spessore aumenta ed a 70 anni è di circa 5mm.
Contestualmente però l’n (indice di rifrazione) diminuisce
compensando così l’incremento refrattivo indotto dalla
crescita,dall’aumento delle curve delle superfici, dalle
zone di discontinuità e dall’aumento delle superfici
rifrangenti.
Modificazioni cronologiche
funzionali del cristallino
La risposta accomodativa alla sfocatura avviene
nei giovani in 0,33 secondi.
La capacità accomodativa a 10 anni è di circa
14 dt (possibilità di focalizzare sino a 7 cm).
A 60 anni di circa 1 dt (possibilità di focalizzare a
1 m).
A 70 anni quasi zero dt. Impossibilità a
focalizzare al di sotto di 6/7 m.
Questi fenomeni si spiegano per le modificazioni
anatomiche che avvengono negli anni al
cristallino.
Alterazioni fisiologiche del
cristallino
Le modificazioni anatomiche cronologiche
producono disfunzioni del cristallino.
Alla nascita il potere accomodativo è molto alto
ma si riduce progressivamente con l’età. Intorno
ai 44/48 anni si riduce a circa 2 dt (può variare il
suo potere di solo 2 dt), per cui non si riesce più
a focalizzare ad una distanza prossimale
adeguata (presbiopia).
In età senile la sclerosi può produrre una
opacizzazione progressiva detta cataratta.
L’ampiezza accomodativa
Per ampiezza accomodativa si intende di quanto
il cristallino di un soggetto riesce ad accomodare
al massimo delle sue possibilità.
Essa è in relazione all’età del soggetto.
Essa può essere influenzata anche da fattori
legati allo stress visivo.
La rilevazione del’ampiezza accomodativa sarà
argomento di studio dei corsi che seguiranno in
quanto ad una sua alterazione sono spesso
legati molti disturbi visivi funzionali.
La pseudomiopia
Per pseudomiopia o falsa miopia si intende una condizione di
ipertono dell’attività accomodativa indotta della persistenza dello
stimolo accomodativo nella visione prolungata da vicino che induce
sintomi simili alla miopia (ametropia che sfoca le immagini da
lontano).
In conseguenza della prolungata attività da vicino i sistemi coinvolti
non riescono a svolgere adeguatamente le attività antagoniste
necessarie a ripristinare una buona visione da lontano.
Il sintomo è una visione sfocata da lontano che a volte si risolve ed
altre volte persiste, non imputabile ad una vera miopia ma indotto da
una condizione di stress visivo.
Questo sintomo che spesso si associa ad affaticamento visivo
(astenopia), può essere premonitore di una cronicizzazione di una
vera miopia. Se lo stress persiste le strutture oculari adattano una
condizione miopica irreversibile.
In condizioni non cronicizzate, questo processo può essere risolto
riducendo l’affaticamento da vicino con accorgimenti posturali e di
ergonomia della visione (si vedrà con l’igiene visiva), con esercizi di
visual training e lenti dette di performance (prescritte attraverso
sofisticate procedure di indagine optometrica argomento dei corsi
successivi) .
Lo spasmo accomodativo
Esso è uno spasmo a carico dello sfintere del
cristallino che, per cause non sempre
diagnosticabili (spesso infiammatorie o
tossiche), si contrae in modo anomalo.
Ciò induce una condizione di miopia (visione
sfocata da lontano) indotta.
Si può manifestare anche monocularmente.
Il recupero della visione abituale da lontano,
spesso spontaneo, è legato alla risoluzione del
problema che l’ha indotto.
La cataratta
Una nota a parte merita la cataratta.
Essa è una perdita di trasparenza del cristallino.
Solitamente è una conseguenza
dell’invecchiamento del cristallino ma può avere
anche origini congenite o traumatiche, ed è una
delle principali cause di cecità nei paesi poveri.
L’opacità può originarsi dal nucleo (cataratta
nucleare) o sulle cristalloidi (cataratta corticale).
In fase iniziale solitamente induce una riduzione
di visione da lontano (miopia indotta),
correggibile con lenti negative, sino ad un certo
stadio d’avanzamento. Successivamente
l’opacità è tale da richiedere un intervento
chirurgico, ove praticabile.
Origini della cataratta
Invecchiamento.
Un’esposizione eccessiva ad alcune radiazioni,
come raggi X o ultravioletti (vedi buco
nell’ozonosfera ed incremento U.V.), può
favorire la sua insorgenza.
Uso massivo di alcuni farmaci come i cortisonici.
Traumi anche pregressi.
Patologie come il diabete.
Forme congenite.
In generale turbe del metabolismo del cristallino
di varia origine.
Chirurgia della cataratta
In passato si ricorreva all’afachizzazione,
l’estirpazione del cristallino in avanzato stadio di
sclerotizzazione, e di conseguenza si induceva
una ipermetropia di circa 20 dt.
Oggi si effettua la faco-emulsificazione in stadio
non eccessivo d’avanzamento, rispettando la
cristalloide posteriore per il contenimento del
vitreo retrostante, ed inserendo lenti intra-oculari
(I.O.L.) e rifinendo i residui di disturbi visivi con
occhiali di solito di basso potere.
Successivamente la cristalloide può opacizzarsi
a sua volta formando una cataratta detta
secondaria, ma in tal caso con il laser si pratica
un foro per consentire alla luce di entrare
nuovamente nell’occhio.
Cataratte e I.O.L.
cataratta
corticale
cataratta
nucleare
I.O.L.
intra-ocular lens
Manifestazioni cliniche della cataratta
Miopizzazione (visione sfocata da lontano).
In caso di ipermetropia (ametropia opposta alla miopia) c’è una sua
riduzione indotta dall’insorgenza della miopia.
L’opacità è visibile in oftalmoscopia.
L’opacità può essere evidenziata già durante la retinoscopia (detta
anche schiascopia).
Nella cataratta corticale l’opacità si può iniziare a vedere alle
inserzioni delle cristalloidi con la caratteristica forma a Y. Questa
solitamente appare diritta se l’opacità investe la superficie
posteriore e rovesciata se investe la superficie anteriore.
In quella nucleare è il nucleo ad apparire opaco.
Progressivo calo del visus (capacità di distinguere i dettagli),
visione sfocata a tutte le distanze soprattutto da lontano.
Fotofobia (fastidio in condizioni di forte illuminazione dette
fotopiche).
Interazioni funzionali
dell’accomodazione
L’accomodazione è regolata dal sistema nervoso
autonomo (simpatico, detto anche ortosimpatico, e
parasimpatico). I due sistemi agiscono simultaneamente
in modo antagonista.
Rilassamento accomodativo gestito dal simpatico: esso
agisce sulle fibre di Bruke stirando il cristallino.
Contrazione accomodativa gestito dal parasimpatico:
esso agisce sullo sfintere di Muller aumentando il potere
del cristallino.
E’ molto importante tenere sempre presente che il
fenomeno accomodativo è strettamente legato dal
rapporto con la convergenza AC/A e con la costrizione
della pupilla (“sincinesia”)
Vista del corpo ciliare sfintere e
legamenti radiali
Muscoli radiali di Bruke innervati dal
simpatico e sfintere di Muller innervato dal
parasimpatico
Ciclopegia
Esistono sostanze dette ciclopegici come
atropina, tropicamide, ciclopentolato che se
instillate sull’occhio generano midriasi e paralisi
momentanea dello sfintere del cristallino.
Questi farmaci possono essere usati in oculistica
per la diagnosi di:
Ametropie in età molto infantile
Ipermetropia latente
Strabismi accomodativi
Pseudo miopia
al fenomeno si associa fotofobia.
Il doppio sistema effettore
L’attività visiva è regolata da un doppio sistema effettore
di controllo neurologico.
L’attività accomodativa involontaria (muscolatura liscia)
legata ai processi di identificazione, per rispondere alle
domande chi è? che cosa è?. Essa è regolata dal
sistema nervoso autonomo (simpatico - Bruke e
parasimpatico - Muller).
I movimenti oculari volontari (muscoli striati) legati ai
movimenti di centraggio dei soggetti che si intende
fissare, per rispondere alle domande dov’è? dove sono
le cose? Essi sono regolati dal sistema nervoso motorio
“volontario” attraverso complesse integrazioni tra varie
aree celebrali (vedi diapositive sui movimenti oculari).
Interazione tra i due sistemi
effettori, sincinesia
I due sistemi sono integrati tra loro producendo
risposte riflesse di uno sull’altro.
La triade accomodativa segue questa regola di
integrazione neurologica legata da rapporti
funzionali che in alcune persone sono molto
rigidi.
È facile immaginare come disfunzioni su uno dei
due sistemi possano influenzare negativamente
anche l’altro.
Anomalie funzionali dell’attività
accomodativa
L’attività accomodativa può essere modificata
rispetto a quella normalmente richiesta da:
Squilibri fra simpatico e parasimpatico.
Presenza di ametropie.
Perdita di funzionalità del cristallino.
Uso di farmaci o stupefacenti.
Patologie.
Introduzione di lenti.
L’accomodazione è un processo
involontario?
Apparentemente sì, essendo un processo regolato dal
sistema nervoso autonomo, ma questo è in conflitto con
le esperienze cliniche che dimostrano come questo
processo possa essere modificato e controllato
attraverso le procedure di visual training (V.T.
allenamento visivo).
Esistono anche evidenze sulla capacità del sistema
accomodativo di indurre direttamente sintomi di
affaticamento (astenopia) in caso di disagio funzionale
accomodativo.
Dubbio! Sono risposte funzionali dirette o indirette? Cioè
sono direttamente le strutture dell’accomodazione a
produrre la sintomatologia o quelle annesse che ne sono
influenzate?
Accomodazione e profondità di
fuoco dell’occhio
Come tutti i sistemi diaframmati anche l’occhio
ha una profondità di campo e quindi una
profondità di fuoco.
Ciò vuol dire che la focalizzazione delle
immagini sulla retina non avviene di fatto solo su
un punto ma lungo un tratto dell’asse ottico.
Questo spiega perché pur non sfruttando
perfettamente la quantità d’accomodazione
necessaria per focalizzare un soggetto, esso
può essere percepito egualmente nitido.
La legge del minimo sforzo
Molti meccanismi che avvengono nell’ organismo che
richiedono attivazione energetica rispondono alla legge
del minimo sforzo.
Anche l’accomodazione rispetta questa regola
fisiologica.
In condizioni normali, sfruttando la tolleranza della
profondità di fuoco, l’accomodazione sarà esercitata in
condizioni che consentano la migliore focalizzazione col
minimo dispendio energetico.
Accade che questa regola non venga sempre rispettata
a causa di alterazioni funzionali e quindi si possono
riscontrare situazioni in cui l’accomodazione venga
esercitata troppo in difetto o in eccesso rispetto alla
focalizzazione ideale per la distanza del soggetto.
Lag e lead
Quando l’accomodazione viene impiegata al di
sotto (si accomoda di meno) della necessità di
focalizzazione di un punto per una data
distanza, si parla di lag accomodativo.
Quando viene impiegata al di sopra delle
necessità di focalizzazione di un punto (si
accomoda di più) per una data distanza si parla
di lead accomodativo.
Se queste discrepanze tra accomodazione
richiesta e ipo o iper accomodazione esercitata
sono eccessive può insorgere stress visivo e
sintomi soprattutto nell’ impegno visivo da vicino
(visione prossimale).Ciò può predisporre col
tempo, all’insorgenza di disturbi refrattivi o
funzionali.
Importanza di rilevare la presenza
di un lag o un lead
Da come l’occhio impiega l’accomodazione si
possono trarre importanti decisioni sulla
prescrizione di lenti dette di performance o sulla
necessità di effettuare procedure di V.T. (visual
training) atte a ripristinare un miglior equilibrio
funzionale.
Interventi di questo tipo, quando
opportunamente attuati, possono ridurre sintomi
di affaticamento visivo e ridurre l’insorgenza di
alterazioni refrattive adattive.
Il vitreo
Massa gelatinosa che riempie posteriormente il globo oculare.
Dà continuità ottica all’umor acqueo ed al cristallino.
È quindi attraversato dai raggi rifratti dai mezzi ottici antistanti.
Ha funzione di contenimento e tiene aderenti le strutture nervose a
quelle vascolari.
Patologie o traumi possono compromettere la sua trasparenza o
l’aderenza tra i tessuti suddetti.
A causa di fenomeni tossici, traumatici o da eziologia non sempre
nota, si possono formare piccole aree di opacità di natura proteica
che fluttuano con i movimenti oculari (corpi mobili o miodesopsie).
Un’aderenza eccessiva alle strutture retiniche, delle quali svolge
funzione di contenimento, può produrre una trazione che comporta
un distacco della retina dalla tunica vascolare su cui essa si adagia
con conseguente necrosi del tessuto retinico interessato e perdita di
visione in quell’area. Questi episodi possono essere preceduti da
lampi di luce (fosfeni) ed occorre un immediato invio all’oculista.
È attraversato dal canale ialoideo nel quale, in età fetale, passa
l’arteria ialoidea che nutre il cristallino.
Indice di rifrazione 1,336.
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