Volume VIII - N˚ 1/2016

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Volume ViII
N˚ 1/2016
Organo ufficiale SIGENP
Periodico trimestrale - Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 conv. in L. 27/02/2004 n. 46 art. 1, comma 1, DCB Pisa
Aut. Trib. di Milano n. 208 del 29-04-2009 - marzo - Finito di stampare presso IGP - Pisa, Aprile 2016
TOPIC HIGHLIGHT
PEDIATRIC NUTRITION
& HEALTH AND FOOD SCIENCE
NEWS IN PEDIATRIC
GASTROENTerology
PHARMACOLOGY
IBD highlights
GUIDELINES: WHAT IS THE
BEST FOR CLINICAL PRACTICE
Epigenetica, programming fetale e malattie dell’età
adulta
Paralisi cerebrale infantile:
la valutazione nutrizionale
Terapia cognitivo-comportamentale
nei disturbi funzionali gastrointestinali
L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche
intestinali
Infezione da Helicobacter pylori nel bambino:
linee guida ESPGHAN e NASPGHAN
ISSN 2282-2453
Volume ViII - N˚ 1/2016 - Trimestrale
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Direttore Editoriale
Mariella Baldassarre · [email protected]
Capo Redattore
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Pietro Drimaco · [email protected]
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Fortunata Civitelli · [email protected]
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Sommario
1
EDITORIALE
M. Baldassarre
2
TOPIC HIGHLIGHT
Epigenetica, programming fetale e malattie dell’età
adulta: cosa possiamo cambiare di noi stessi?
Intervista al Prof. Robert Lane
Epigenetics, fetal programming, and adult onset disease:
interview to Prof. Robert Lane
4
CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW
I FODMAPs nella sindrome del colon irritabile
FODMAPs in irritable bowel syndrome
Seguici sulla pagina dedicata
www.facebook.com/giornalesigenp
E. Scarpato, R. Troncone
7
PEDIATRIC HEPATOLOGY
Le malformazioni vascolari del fegato
Hepatic vascular malformations
S. Franchi-Abella, E. Gonzales, F. Guérin
14
PEDIATRIC NUTRITION
& HEALTH AND FOOD SCIENCE
Paralisi cerebrale infantile: la valutazione nutrizionale
Children with cerebral palsy: the nutritional assessment
D. Giorgio, D. Elia, D. Marino, F. Romano, T. Capriati, A. Diamanti
18
IBD HIGHLIGHTS
L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche
intestinali: quanto è utile?
Ultrasonography in inflammatory bowel diseases:
a world to discover
F. Furfaro, F. Civitelli, G. Maconi
25
NEWS IN PEDIATRIC
GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY
Terapia cognitivo-comportamentale e ipnoterapia nei disturbi
funzionali gastrointestinali
Cognitive behavioural therapy and hypnotherapy
in functional gastrointestinal disorders
Segreteria SIGENP
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E-mail: [email protected]
COME SI DIVENTA SOCI DELLA
L. Barkley
29
CASE REPORT
Un caso anomalo di allergia alimentare (AA), a metà tra
sindrome della enterocolite allergica (SEA) e AA IgE-mediata
An unusual case of food allergy, between FPIES
and IgE-mediated food allergy
S. Monaco, S. Miceli Sopo
31
ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY
La preparazione intestinale in età pediatrica
Bowel preparation in pediatric age
D. Vezzoli, G. Russo, S. Oliva
34
TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER
Manometria ad alta risoluzione
High resolution manometry
G. Pagliaro, O. Borrelli
38
GUIDELINES: WHAT IS THE BEST
FOR CLINICAL PRACTICE
Diagnosi e gestione dell’infezione da Helicobacter pylori
nel bambino: le indicazioni “evidence based” delle Linee
guida ESPGHAN e NASPGHAN
Evidence based guidelines for diagnosis and management
of Helicobacter pylori infection in children
T. Capriati, C. De Giacomo
L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro (medici/
ricercatori) che dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.
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devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse
nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.
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Editoriale
Carissimi,
buon anno!
So bene che il 2016 è cominciato già da un po’, ma questo è il primo numero del nuovo
anno, e quindi è d’obbligo sottolinearne l’inizio…
Il 2015 è stato un anno ricco di novità. È nato infatti il sito web del nostro giornale (www.
giornalesigenp.it) e abbiamo creato la pagina Facebook (giornale Sigenp), per favorirne la
visibilità e creare la possibilità di interagire con gli appassionati di social network. Abbiamo
cercato di “tirare i bilanci” per quanto abbiamo ideato, nell’ottica di una sempre maggiore
condivisione di idee.
Ci sono state oltre 2300 visualizzazioni del sito web del giornale. Ci sono stati molti visitatori del numero appena pubblicato ma anche dell’archivio, dove è possibile visionare i numeri precedenti. La
percentuale di “returning visitor”, ovvero di utenti tornati più volte a visitare il sito, è stata del 73,3%, e anche
questo mi sembra un ottimo risultato.
I nostri obiettivi per l’anno in corso sono rappresentati dalla “indicizzazione” del giornale e dall’apertura del
profilo Twitter, per implementare ulteriormente i social network. Uno dei nostri maggiori desideri, infatti, è che
sempre più giovani siano coinvolti nella partecipazione al giornale. Per questo motivo, dal prossimo numero,
nella rubrica “Clinical Case Report”, il caso clinico sarà sviluppato da un giovane specializzando, guidato dal
nuovo curatore della rubrica, il dr. Antonio Di Mauro, dottorando di ricerca a Bari.
Abbiamo cercato, gli amici della redazione e io, di costruire anche per quest’anno, attraverso gli argomenti
che vi proporremo, un percorso scientifico che possa guidarci a una conoscenza sempre più approfondita di
tanti temi della gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica.
Si inizia in questo primo numero con l’intervista a Robert Lane (Wisconsin, USA) su “Epigenetica, programming fetale e malattie dell’età adulta”. Leggerete anche altri due contributi da autori stranieri: Stephanie
Franchi-Abella (Parigi), radiologa, ci descrive le malformazioni vascolari del fegato e Lisa Barkley (Londra),
psicologa, ci offre la possibilità di conoscere l’approccio biopsicosociale ai disturbi funzionali gastrointestinali, basato su terapia cognitivo-comportamentale e ipnosi.
Elena Scarpato e Riccardo Troncone (Napoli) ci parlano del ruolo dei FODMAPs nella sindrome del colon irritabile,
mentre Giovanni Maconi (Milano) e Fortunata Civitelli (Roma) ci istruiscono sull’utilità dell’ecografia nelle malattie
infiammatorie croniche intestinali nell’adulto e nel bambino. Le Linee guida sono dedicate all’infezione da Helicobacter pylori, descritte magistralmente da Costantino De Giacomo (Milano) e Teresa Capriati (Roma). Salvatore
Oliva (Roma) ci parla di appropriatezza nella preparazione per la colonscopia in età pediatrica, riferendosi nel suo
articolo alle raccomandazioni della North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition (NASPGHAN). Giuseppe Pagliaro (Parma) e Osvaldo Borrelli (Londra) ci descrivono le applicazioni cliniche
della manometria ad alta risoluzione.
Antonella Diamanti (Roma) nella sua rubrica affronta il difficile e delicato argomento riguardante le problematiche nutrizionali del bambino neurologico.
Il caso clinico è presentato da Stefano Miceli-Sopo, e sono sicura che vi intrigherà moltissimo.
Lasciatemi dire un’ultima parola sul Forum dei giovani ricercatori, che anche quest’anno si terrà a Roma, e
che per volontà del Presidente, Carlo Catassi, e del Direttivo della SIGENP, sarà animato da gran parte della
redazione, sempre nell’ottica e nel desiderio di coinvolgere i più giovani nel diventare soggetti attivi del nostro
giornale con la proposta di contributi, casi clinici ecc.
Vi aspettiamo sul sito del giornale, su Facebook e, a breve, su Twitter.
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:1
1
TOPIC HIGHLIGHT
a cura di
Mariella Baldassarre
Epigenetica, programming fetale
e malattie dell’età adulta:
cosa possiamo cambiare di noi stessi?
Intervista al Prof. Robert Lane
Epigenetics, fetal programming, and adult onset disease:
interview to Prof. Robert Lane
Il Prof. Robert Lane
si è laureato in Medicina
e specializzato in Pediatria alla
“Northwestern University Medical
School” di Chicago. Dal 2013 è
Direttore del Dipartimento di Pediatria
del “Children’s Hospital” e professore
di Pediatria del “Medical College” di
Milwaukee (Wisconsin, USA).
Nel 2003 ha pubblicato il suo
primo articolo sui rapporti tra
eventi perinatali ed epigenetica,
dimostrandone per primo la
correlazione.
Key words
Epigenetics • Programming • Early nutrition •
Adult disease
Abstract
The main factors influencing phenotype are genetics, family’s history, and own history, particularly as it relates to the environment. Evidence
does exist that offspring programming can be
triggered by environmental events during late
pregnancy, early childhood and adolescence,
as well as in adulthood. Epigenetics determines
what genes are expressed, when they are expressed, and for how long they are expressed.
Indirizzo per la corrispondenza
Robert H. Lane
The Barri L. and David J. Drury Chair in Pediatrics
Department of Pediatrics-Medical College of Wisconsin
Children’s Hospital of Wisconsin
E-mail: [email protected]
Presentazione
Il termine “programming” (alla lettera “programmazione”)
si riferisce al concetto che eventi o stimoli che si realizzino durante alcuni periodi critici dello sviluppo di un
organismo possono “programmare” la sua struttura o lo
sviluppo di una funzione a lungo termine. Un esempio di
“programming” noto a tutti è rappresentato dalla somministrazione di acido folico durante il primo trimestre di
2
gravidanza: tale evento impedisce lo sviluppo di difetti del
tubo neurale. L’epigenetica è una nuova scienza che studia
quali sono i fattori in grado di modificare l’espressione genica e quindi il fenotipo. Il professor Robert Lane ha dedicato
gran parte delle sue ricerche a tale argomento.
Quali sono i principali fattori che influiscono sullo sviluppo o sul funzionamento di un organismo?
I fattori principali che influenzano il fenotipo sono i geni, e poi
anche la storia familiare e la storia personale, soprattutto per
quanto riguarda l’ambiente. Non c’è dubbio che i geni siano
importanti. Molti non accettano il fatto che, nonostante il 97%
del genoma umano non codifichi alcun gene, queste regioni
di DNA tuttavia definiscano la nostra complessità come mammiferi. Inoltre, il progetto internazionale del National Institute of
Health (NIH) “ENCODE” ha evidenziato che il 90% delle comuni
varianti di sequenze di DNA associate a una malattia si trova
proprio in queste regioni di DNA che non codificano per alcun
gene. La teoria del “Life Course Model” afferma che il nostro
fenotipo e la nostra salute sono il risultato, almeno in parte, di
esperienze ambientali accumulate dalla nostra famiglia e da noi
stessi. I geni non si possono cambiare, mentre la storia familiare
e la storia personale, legate ai micro- ed ai macro-ambienti di
cui si fa esperienza, possono cambiare l’espressione genetica,
con opportunità di miglioramento o peggioramento dello stato
di salute di un individuo. Molte persone si sorprendono dell’importanza dell’impatto della storia familiare, soprattutto attraverso le generazioni. Prove di ciò possono essere riscontrate
nei problemi di salute presenti negli Stati Uniti, associati alle
disparità razziali.
Qual è il periodo della vita più suscettibile per il “programming” dell’organismo umano?
La maggior parte degli studiosi ritiene che il periodo più vulnerabile per il “programming” sia la fase finale della gestazione, convinzione basata su numerosi studi epidemiologici
che hanno valutato l’effetto di vari fattori sul “programming”
in molteplici razze e paesi del mondo. Ci sono anche studi su
animali che hanno dimostrato che molti fattori nelle fasi finali
della gestazione, inclusi dieta e stress materni, possono influire sul programming del feto. È stato fatto poco per valutare come altri periodi della vita agiscano in tal senso. Esistono
prove che il “programming” possa essere innescato dall’ambiente nella prima infanzia e alla pubertà, così come nell’età
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:2-3; doi: 10.19208/2282-2453-101
TOPIC HIGHLIGHT
Epigenetica, programming fetale e malattie dell’età adulta
adulta. È ragionevole pensare che durante periodi di cambiamenti fisiologici, il corpo decida quali geni esprimere
per consentire al meglio tali cambiamenti. Se l’ambiente
in cui si trova in quel momento non è favorevole, il corpo
potrebbe decidere di esprimere un set di geni differente da
quello che attiverebbe in altro ambiente: ecco che potrebbe realizzarsi un differente “programming”.
Qual è il ruolo della nutrizione precoce?
La nutrizione precoce è fondamentale per quanto riguarda
il “programming” fetale, ed è uno dei paradigmi più studiati
nel campo delle “origini della salute legate allo sviluppo”.
Un importante studio epidemiologico, spesso citato in letteratura, riguarda la carestia olandese verificatasi nel 1944.
Numerosi studi epidemiologici di coorte evidenziarono un
aumentato rischio di obesità, ipertensione, diabete tipo II
e disturbi psicopatologici quali schizofrenia e depressione, trasmessi ai discendenti con meccanismi epigenetici,
nei soggetti esposti alla carestia materna in epoca fetale,
rispetto ai nati nei periodi precedenti o seguenti la carestia.
L’importanza della nutrizione precoce è evidenziata anche in
molti studi su animali. Sia le carenze che gli eccessi della nutrizione sono importanti, in termini di calorie totali, di calorie
provenienti dai carboidrati, o di contenuto dei micronutrienti.
Una volta mi fu chiesto se avesse senso, da un punto di
vista evolutivo, che la nutrizione precoce fosse così importante. La persona che mi pose la domanda pensava
che ciò rendesse i mammiferi molto vulnerabili fin dai primi
momenti di vita. Questo è sicuramente vero, ma l’altro lato
della medaglia è rappresentato dal fatto che il tipo di nutrizione rappresenta un’opportunità per il neonato di rendersi
conto della qualità dell’ambiente circostante in modo tale
da potersi adattare in modo appropriato. L’abilità di adattarsi è un vantaggio dal punto di vista della sopravvivenza,
anche se comporta un rischio di malattia più tardi nella vita
dell’individuo.
Quali sono i più importanti meccanismi coinvolti nel
“programming”?
Sono coinvolti diversi meccanismi, dall’apoptosi alla biologia mitocondriale. Entriamo a questo punto nel concetto
di epigenetica.
L’epigenetica determina quali geni sono espressi, quando
e per quanto tempo devono essere espressi. Per quanto ne
sappiamo, l’epigenetica coinvolge in modo predominante
la trascrizione del DNA in RNA. L’epigenetica dirige l’inizio
della trascrizione, l’allungamento e la fine. I meccanismi
dell’epigenetica sono importanti in tutto il gene nella sua
interezza. Esempi di meccanismi epigenetici sono la metilazione del CpG DNA, modificazioni covalenti del codice
di istoni, e gli “small RNA” non codificanti per le proteine.
Quali sono le malattie dell’adulto che è possibile prevenire grazie a un corretto “programming” precoce?
Sono stati fatti incredibili passi in avanti nella comprensione di come il “programming” precoce funzioni, e di come
potenzialmente potremmo scoprire quando sta operando.
Tuttavia, in questo momento, sarebbe prematuro curare un
essere umano cercando di manipolarne il “programming”
a causa della mancanza di conoscenze sulle successive
inattese conseguenze. Per esempio, se sappiamo che un
particolare gene è epigeneticamente riprogrammabile, è
probabile poter cambiare la riprogrammazione attraverso
la dieta o la farmacologia. In questo momento non possiamo effettuare cambiamenti in uno specifico gene, e in
maniera specifica per quel dato tessuto. Il rischio è che
potremmo riuscire a “spegnere” un gene cattivo ma potremmo con lo stesso trattamento “spegnere” un gene
buono; inoltre, potremmo non conoscere le conseguenze
dello spegnimento del gene buono per anni. La possibilità
di creare un danno è pertanto reale. Spero naturalmente
che qualcuna delle nuove tecnologie scoperte di recente ci
porti più vicini all’obiettivo di prevenire le malattie inducendo una precoce programmazione.
Per il prossimo futuro, quando possibile, dovremmo seguire il consiglio di tutte le nostre nonne: “Vai fuori a giocare,
mangia con moderazione tante cose diverse, e fai una bella dormita”.
Bibliografia di riferimento
Joss-Moore LA, Lane RH, Albertine KH. Epigenetic contributions to the developmental origins of adult lung disease. Biochem Cell Biol 2015;93:119-27.
Lane RH. Fetal programming, epigenetics, and adult onset
disease. Clin Perinatol 2014;41:815-31.
Majnik AV, Lane RH. The relationship between early-life environment, the epigenome and the microbiota. Epigenomics 2015;7:1173-84.
• I fattori principali che influenzano il fenotipo sono i geni, la storia familiare e la storia personale, legata ai micro- e
macroambienti di cui si fa esperienza.
• Durante periodi di cambiamenti fisiologici (periodo prenatale e perinatale, prima infanzia, pubertà) l’organismo decide
quali geni esprimere per consentire al meglio tali cambiamenti.
• La nutrizione precoce è fondamentale per quanto riguarda il “programming” fetale.
• L’epigenetica determina quali geni sono espressi, quando e per quanto tempo devono essere espressi.
3
CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW
a cura di
Osvaldo Borrelli
I FODMAPs nella sindrome
del colon irritabile
FODMAPs in irritable bowel syndrome
Elena Scarpato (foto)
Riccardo Troncone
Dipartimento di Scienze Mediche
Traslazionali, Sezione di Pediatria,
Università “Federico II”, Napoli
Key words
Irritable bowel syndrome • FODMAPs
• GI symptoms • Diet • Short-chain
carbohydrates
Abstract
In IBS patients the perception of suffering from
a food intolerance is more common than in the
general population. FODMAPs have been identified as possible factors responsible for GI symptoms and a low-FODMAPs diet seems to be effective in the reduction of symptoms in subjects
with IBS. Nevertheless, there are still concerns
regarding the nutritional adequacy and safety of
the low-FODMAPs diet.
Indirizzo per la corrispondenza
Riccardo Troncone
via Pansini 5, 80131 Napoli
E-mail: [email protected]
Effetti GI dei FODMAPs
Epidemiologia e patogenesi
La sindrome del colon irritabile (IBS) è un disordine funzionale caratterizzato da sintomi intestinali
non correlati a patologia organica. L’eziopatogenesi è multifattoriale, legata ad alterazioni dell’asse
encefalo-intestino e del microbioma intestinale, e a
fattori genetici e psicosociali. Le attuali terapie sono
mirate alla gestione del sintomo principale mediante azione periferica (es: antispastici) o centrale (es:
antidepressivi), ma la loro efficacia è estremamente
variabile. Negli ultimi anni si è registrato un incremento dell’autoprescrizione di diete di eliminazione,
4
in considerazione del fatto che il 60% dei soggetti con
IBS riferisce comparsa di sintomi gastrointestinali (GI)
tra 15 minuti e 3 ore dopo l’assunzione di specifici alimenti 1. La percentuale di soggetti con IBS che ritiene
di soffrire di un’intolleranza alimentare è infatti doppia
rispetto alla popolazione generale. Tra i meccanismi legati all’insorgenza di sintomi dopo l’assunzione di alimenti ci sono la stimolazione del sistema immunitario
e l’attivazione di meccanorecettori intestinali. L’ipotesi
di un’attivazione del sistema immunitario è suffragata dal riscontro di un intenso infiltrato mastocitario in
biopsie intestinali di soggetti con IBS 2. Una possibile
spiegazione di tale infiammazione di basso grado è che
specifici antigeni alimentari possano superare la barriera intestinale, maggiormente permeabile, e stimolare
una risposta immunitaria con infiltrazione di mastociti,
liberazione di mediatori infiammatori e insorgenza di
sintomi GI. Il ruolo patogenetico di specifici meccanorecettori è invece supportato dall’evidenza che nel
lume intestinale l’interazione tra componenti alimentari
e microbiota favorisce i processi di fermentazione con
produzione di gas e distensione intestinale che, in presenza di iperalgesia viscerale e alterazioni della motilità
GI, potrebbe rendersi responsabile dell’insorgenza di
dolore e alterazioni dell’alvo 3.
Il termine FODMAPs (oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili) definisce un gruppo
di carboidrati a catena corta che, per l’assenza di enzimi idrolitici specifici o per incompleto assorbimento,
si rendono disponibili per processi di fermentazione
nel colon. Al gruppo degli oligosaccaridi appartengono i frutto-oligosaccaridi (FOS) e i galatto-oligosaccaridi (GOS) contenuti in numerosi cereali, ortaggi e
legumi. I FOS e i GOS, a seguito della fermentazione,
svolgono azione prebiotica, con stimolazione selettiva di ceppi del microbiota intestinale (Bifidobatteri).
Nell’ambito dei disaccaridi, il principale FODMAPs è il
lattosio. L’assorbimento del lattosio è secondario alla
digestione da parte di una lattasi, la cui attività risulta deficitaria nel 70% della popolazione generale, con
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:4-6; doi: 10.19208/2282-2453-102
CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW
I FODMAPs nella sindrome del colon irritabile
conseguente malassorbimento.
La prevalenza di malassorbimento di lattosio in soggetti con IBS,
pari al 18-82% a seconda delle
varie casistiche, è equiparabile a
quella della popolazione generale.
Tra i monosaccaridi non completamente assorbiti a livello intestinale un importante ruolo è svolto
dal fruttosio (contenuto in frutta
e sciroppi), il cui assorbimento è
dose-dipendente e avviene mediante specifici trasportatori della
membrana apicale delle cellule
epiteliali intestinali (prevalentemente GLUT5 e GLUT2). L’assorbimento è massimo in presenza
di un rapporto fruttosio/glucosio
pari a 1/1, pertanto il fruttosio
presente in eccesso rispetto al
glucosio non viene assorbito. I
polioli, come sorbitolo e mannitolo, sono carboidrati idrogenati
contenuti in frutta e dolcificanti
artificiali. L’assorbimento intestinale è passivo, dipende dal peso
molecolare e risente di una forte
variabilità inter-individuale 4. Gli
effetti GI dei vari FODMAPs sono
dose-dipendenti e additivi tra loro;
nel piccolo intestino l’accumulo di
carboidrati non assorbibili svolge
azione osmotica, con richiamo di
acqua nel lume intestinale. Successivamente tali carboidrati vengono fermentati nel colon dai batteri intestinali, con produzione di
acidi grassi a catena corta (SCFA)
e gas. I FODMAPs possono avere effetti positivi, quali incremento
della massa fecale, stimolazione
di specifici costituenti del microbiota intestinale e produzione di
SCFA (acetato, propionato, butirrato). Tuttavia, l’incremento della
produzione di gas e l’accumulo
di acqua possono determinare
riduzione della consistenza delle
feci e distensione del lume intestinale, con comparsa di sintomi
GI in soggetti che presentino alterazioni della motilità GI e ipersensibilità viscerale. In uno studio di
Murray et al. 5 sono stati indagati
i meccanismi alla base dell’insorgenza di sintomi dopo ingestione
di FODMAPs, somministrando a
16 soggetti sani 4 soluzioni contenenti glucosio, fruttosio, inulina,
o glucosio e fruttosio in rapporto
di 1:1 e misurando, mediante risonanza magnetica, il diametro
dell’intestino ed il suo contenuto
di acqua e la distensione gassosa del colon. Tale studio ha dimostrato che i FODMAPs hanno un
impatto significativo sulla produzione GI di gas, e che fruttosio e
inulina comportano una produzione di gas maggiore rispetto al
solo glucosio o alla miscela 1:1 di
glucosio e fruttosio. Non è stata
tuttavia evidenziata una correlazione tra distensione gassosa e
sintomi GI, suggerendo che nei
soggetti sani il colon si adatti
alla distensione senza comparsa
di sintomi. Per comprendere per
quale motivo, invece, i FODMAPs
causino sintomi in soggetti con
IBS, Zhu et al. 6 hanno sottoposto
una popolazione di soggetti adulti con deficit di lattasi, 277 con
IBS e 64 controlli (CT), a un breath test al lattosio quantizzando
la produzione di idrogeno (H), la
comparsa di sintomi suggestivi di
intolleranza al lattosio, la distensione addominale e la sensibilità
rettale, valutata mediante manometria anorettale. La prevalenza
di malassorbimento al lattosio, i
valori di escrezione di H, e l’entità
della distensione erano sovrapponibili tra i 2 gruppi; tuttavia, la
prevalenza di sintomi GI era maggiore nei soggetti con IBS rispetto
ai CT. Inoltre, la valutazione della
sensibilità rettale ha mostrato che
i soggetti con IBS presentano, rispetto ai controlli, soglie inferiori
di sensibilità basale, urgenza alla
defecazione, e discomfort/dolore.
Pertanto, l’ipersensibilità viscerale
associata alla produzione di gas
sembra svolgere un ruolo predominante nell’insorgenza di sintomi
GI in soggetti con IBS.
La dieta a basso
contenuto
di FODMAPs
La dieta a basso contenuto di
FODMAPs (“low-FODMAPs”) è
stata oggetto di numerosi trial
condotti prevalentemente su
soggetti adulti. Recentemente De
Giorgio et al. 3 hanno revisionato
le evidenze disponibili sull’efficacia di tale dieta nella gestione dei
sintomi GI in soggetti con IBS; i
7 trial identificati hanno evidenziato un’efficacia della dieta di
circa il 70%. Halmos et al. 7 hanno valutato, in uno studio crossover randomizzato, l’effetto di 21
giorni di dieta low-FODMAPs vs
dieta Australiana standard in 30
pazienti con IBS e 8 CT. I soggetti con IBS presentavano score sintomatici inferiori in corso
di dieta low-FODMAPs, rispetto
agli score riscontrati durante la
dieta standard. Inoltre, la dieta
low-FODMAPs era più efficace
nel ridurre gonfiore, dolore addominale e flatulenza. Tuttavia,
tutti gli studi considerati presentano alcune limitazioni quali la
breve durata dei trial (da 3 giorni
a 6 settimane), il tipo di placebo
scelto (es. dieta abituale) e talvolta la mancanza di procedura
in cieco. Nella popolazione pediatrica, la letteratura disponibile
è estremamente scarsa. L’unico
studio in cieco, randomizzato,
cross-over è quello di Chumpitazi 8, che ha valutato in 33 bambini con IBS l’efficacia di una dieta
low-FODMAPs vs una dieta americana tipica nella gestione dei
sintomi GI, e l’eventuale correlazione tra microbiota intestinale e
risposta alla dieta. Questo studio
ha evidenziato una riduzione significativa del dolore in corso di
dieta low-FODMAPs rispetto alla
dieta tipica. Inoltre, negli 8 soggetti identificati come “Responders”, nei quali si era realizzato
un miglioramento clinico solo
durante la dieta low-FODMAPs,
5
E. Scarpato, R. Troncone
la composizione del microbiota
intestinale è risultata differente rispetto a quella dei soggetti “nonResponder, con predominanza
di ceppi con maggiore capacità
saccarolitica (es: Bacteroides),
quindi maggiormente capaci di
fermentare carboidrati complessi. Un importante limite di questo
studio è la breve durata della dieta, praticata per sole 48 ore.
IBS, FODMAPs
e non-celiac
gluten sensitivity
La non celiac gluten sensitivity
(NCGS), è una sindrome caratterizzata da sintomi intestinali ed
extra-intestinali correlati all’ingestione di glutine, in soggetti non
affetti da celiachia né da allergia al grano. Il grano è frequentemente ritenuto responsabile
dell’insorgenza di sintomi GI nei
soggetti con IBS. Non è ancora
chiaro quale costituente del grano sia effettivamente responsabile delle manifestazioni cliniche,
se le proteine (incluso il glutine)
o i carboidrati (prevalentemente
FODMAPs). In uno studio di Biesiekierski condotto su una coorte
di pazienti adulti con “autoriportata” NCGS e sintomi IBS-like
non è stato evidenziato un effetto
specifico del glutine dopo l’esclusione dei FODMAPs dalla dieta 9.
Dieta low-FODMAPs:
difficoltà e rischi
Sebbene sembri efficace nel
controllo dei sintomi, la dieta
low-FODMAPs è una dieta fortemente restrittiva che richiede il
•
•
•
•
6
supporto di dietisti qualificati, in
quanto l’eliminazione indiscriminata di tutti gli alimenti contenenti FODMAPs potrebbe associarsi
a svariati rischi. Il principale è
quello di un’inadeguatezza nutrizionale in termini di apporto energetico, apporto di fibre (restrizione di alimenti contenenti grano),
e apporto di calcio (restrizione di
alimenti contenenti lattosio). Inoltre, un evento avverso documentato è l’alterazione del microbiota
intestinale. Halmos et al. 10 hanno
valutato l’effetto di una dieta lowFODMAPs vs la dieta australiana
tipica (DAT) su microbiota fecale
e biomarkers intestinali in 30 pazienti con IBS e 8 CT. La dieta
low-FODMAPs si associava a pH
fecale più alto, a pari concentrazione di SCFA, a riduzione del
numero totale di batteri fecali con
riduzione dei ceppi produttori di
butirrato, e a riduzione dei ceppi prebiotici. Viceversa, la DAT
si associava a una stimolazione
selettiva di ceppi batterici con
caratteristiche favorevoli per l’ospite.
Bibliografia
Conclusioni
8
I dati attualmente disponibili suggeriscono un ruolo della dieta lowFODMAPs nella gestione clinica
dei pazienti con IBS. Non sono
però ancora noti gli effetti a distanza, in termini di adeguatezza nutrizionale ed effetti sul microbiota intestinale. Pertanto, è fondamentale
che le restrizioni dietetiche siano
sempre suggerite da dietisti esperti e siano limitate agli alimenti per i
quali esista una chiara correlazione
con la sintomatologia.
Simrén M, Månsson A, Langkilde AM,
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content alter the colonic luminal microenvironment. Gut 2015;64:93-100.
10
I FODMAPs sono carboidrati a catena corta che vanno incontro a processi di fermentazione a livello del colon.
I FODMAPs sono presenti in numerosi alimenti di consumo abituale come cereali, latticini, e frutta.
La dieta low-FODMAPs sembra essere efficace nella gestione dei sintomi GI in soggetti adulti con IBS.
Gli effetti a lungo termine di una dieta low-FODMAPs non sono ancora stati adeguatamente indagati.
a cura di
Francesco Cirillo
PEDIATRIC HEPATOLOGY
Le malformazioni vascolari del fegato
Hepatic vascular malformations
Introduzione
Le malformazioni vascolari congenite del fegato sono
rare. Possono distinguersi due tipi di anomalie: le comunicazioni tra il sistema portale e il sistema venoso
sistemico chiamate “fistole porto-sistemiche congenite” e le comunicazioni tra sistema arterioso epatico e
il sistema portale o le vene epatiche chiamate “fistole
artero-portali”, che sono molto più rare. Gli emangiomi
epatici sono delle neoplasie e non rientrano nella trattazione di questo articolo.
Per entrambi i tipi di malformazione, la presentazione clinica è variabile e non specifica. Le tecniche di imaging
svolgono un ruolo importante per la precisa diagnosi del
tipo di lesione, per la valutazione delle complicanze, per
il trattamento e per il follow-up di questi pazienti.
Analizzeremo successivamente nel dettaglio le fistole
porto-sistemiche congenite e le fistole artero-portali.
Le fistole porto-sistemiche
congenite
Definizione
Durante la vita fetale esiste uno shunt porto-sistemico
fisiologico, che attraverso il dotto venoso collega sia il
ramo di sinistra della vena porta, a livello del recesso
di Rex, che la vena cava inferiore nel prolungamento
della vena ombelicale. Questa comunicazione fisiologica si chiude durante i primi giorni di vita (al massimo
dopo un mese nel prematuro). Oltre questo periodo
non vi è più comunicazione porto-sistemica macroscopica fisiologica 1, 2. Le fistole porto-sistemiche congenite sono malformazioni che determinano una comunicazione diretta tra il sistema portale (ramo della
vena porta intraepatica, tronco portale, vena splenica
o mesenterica superiore o inferiore) e una vena del circolo venoso sistemico (vena cava inferiore, vena renale, vena iliaca, ecc) 3. Bisogna distinguerle dagli shunt
porto-sistemici acquisiti secondari all’ipertensione
portale.
Stéphanie Franchi-Abella1
(foto)
Emmanuel Gonzales2
Florent Guérin3
1
Service de radiopédiatrie, Hôpital
Bicêtre, Hôpitaux Universitaires ParisSud, Assistance publique Hôpitaux
de Paris; 2 Service d’hépatopédiatrie,
Hôpital Bicêtre, Hôpitaux
Universitaires Paris-Sud, Assistance
publique Hôpitaux de Paris; 3 Service
de chirurgie pédiatrique, Hôpital
Bicêtre, Hôpitaux Universitaires ParisSud, Assistance publique Hôpitaux de
Paris
Key words
Liver • Vascular malformation • Congenital portosystemic shunt • Arterio-venous fistula
Abstract
Hepatic vascular malformations are rare and can
be classified in porto-systemic or arterio-portal
shunts. Imaging plays a key role for the diagnosis. Porto-systemic shunts may lead to various
complications (neurological, hepatic, cardiopulmonary, ecc) Arterio-portal shunts may lead
to portal hypertension. Management varies according to the anatomy, the complications and
the team in charge of the patient.
Indirizzo per la corrispondenza
Stéphanie Franchi-Abella
78 rue du général Leclerc
94278 Le Kremlin-Bicêtre, France
E-mail: [email protected]
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:7-13; doi: 10.19208/2282-2453-103
7
S. Franchi-Abella et al.
Epidemiologia
Queste malformazioni sono rare,
con incidenza stimata di 1/30000
nascite, mentre la persistenza dello shunt a lungo termine è stimata
a 1/50000 nascite.
Tali malformazioni sono più frequentemente associate ad alcune anomalie genetiche, quali la sindrome di
Turner, la Trisomia 21 e la sindrome
di Noonan. In letteratura sono stati
descritti anche rari casi familiari 4, 5.
Classificazione
Esistono diverse forme anatomiche
a seconda della vena d’origine del
sistema portale e della vena del
circolo sistemico in cui la malformazione termina (Fig. 1) 3. Classicamente si possono distinguere da un
lato gli shunts intra-epatici, come gli
shunt porto-sovraepatici caratterizzati da una comunicazione di uno
o due rami della vena porta con le
vene sovraepatiche, e dall’altro gli
La persistenza del dotto venoso,
quando quest’ultimo ha caratteristiche di tipo malformativo ed è
di grosse dimensioni, rappresenta
ugualmente una fistola congenita
porto-sistemica che, nonostante
possa sembrare intraparenchimale con le tecniche radiologiche, è
in realtà extra-epatica e di facile
accesso chirurgico 6.
La frequenza di queste diverse
forme anatomiche non è chiaramente stabilita, perché i casi pubblicati sono in genere quelli complicati. Nella nostra serie inedita di
110 pazienti sembra che le fistole
porto-sovraepatiche rappresentino circa la metà dei casi.
shunts extra-epatici che determinano una comunicazione tra il circolo
sistemico e la vena porta a monte
della biforcazione portale.
Questi shunts extra-epatici possono essere termino-laterali senza
possibilità di visualizzare, con le
tecniche radiologiche convenzionali, il tronco della vena porta e il
sistema portale intraepatico (chiamati in letteratura “Abernethy 1” o
agenesia del tronco della vena porta) oppure latero-laterali con tronco
della vena porta e sistema portale
intraepatico visibile e spesso ipoplasico a valle (chiamati in letteratura “Abernethy 2”). La distinzione fra
una malformazione di tipo terminolaterale o latero-laterale può essere
fatta talvolta solo dopo un test di
occlusione effettuato in radiologia
interventistica, nel corso del quale i
rami portali ipoplasici diventano visibili, mentre possono non esserlo
in ecografia, TC o RM (Fig. 2).
Diagnosi
La diagnosi prenatale di queste
malformazioni è aumentata negli
ultimi anni. La fistola può essere
isolata o associata ad altre mal-
Dotto venoso persistente o dotto di Aranzio
Vascolarizzazione normale
Fistola porto-epatica
Intra-epatica
Extra-epatica
Termino laterale
Abernethy 1
Agenesia del TP
Latero laterale
Abernethy 2
Latero laterale
Abernethy 2
Figura 1.
Rappresentazione schematica dei diversi tipi di fistole porto-sistemiche congenite: in blu cielo il sistema portale, in
blu scuro le vene sistemiche.
8
PEDIATRIC HEPATOLOGY
Le malformazioni vascolari del fegato
a
B
D
C
E
Figura 2.
Bambina nata nel 1996. Diagnosi prenatale di anomalia vascolare addominale confermata dopo la nascita come fistola
porto-cavale congenita termino laterale (Abernethy 1). Monitoraggio iniziale con evoluzione verso l’encefalopatia portosistemica con ritardo scolastico importante. Decisione di chiudere lo shunt all’età di 12 anni in ragione della recente chiusura con
successo di questo tipo di fistola in un nostro paziente e di qualche altro caso riportato in letteratura. A e B) angiografia TC
eseguita all’età di 12 anni mostra il canale di comunicazione diretta e integrale della porzione iniziale del tronco portale situata a valle della vena mesenterica superiore (VMS) con la vena cava inferiore (VCI) (freccia nera). C) L’angiografia con la prova
di occlusione eseguita prima della chiusura. Un palloncino viene gonfiato nella VCI vicino all’origine dello shunt. L’opacizzazione fatta da un catetere inserito nella VMS mostra un tronco portale ectopico (TPE) che nasce da una vena pancreatica
e che alimenta dei rami portali intraepatici molto ipoplasici (BPIH). Questo TPE non era visibile all’ecografia, alla risonanza
magnetica e all’ecodoppler. D) La risonanza magnetica in T1 mostra iperintensità dei nuclei pallidi relativa all’encefalopatia
porto-sistemica. La chiusura è stata eseguita chirurgicamente in un solo tempo, con la rapida scomparsa dei segni clinici
di encefalopatia epatica e dell’iperammoniemia. E) Completa normalizzazione della risonanza magnetica cerebrale 18 mesi
dopo la chiusura dello shunt. Questa paziente non ha presentato ipertensione portale dopo più di 8 anni dalla chiusura.
formazioni (specialmente cardiache e dell’apparato scheletrico).
A volte può essere associata l’agenesia del dotto venoso. Ci può
essere una ripercussione cardiaca
con cardiomegalia o insufficienza
9
S. Franchi-Abella et al.
cardiaca. Le calcificazioni epatiche non sono rare.
Al di là del periodo fetale, la diagnosi può essere fortuita o avvenire a causa della insorgenza di
complicanze secondarie alla fistola: encefalopatia epatica, anomalie degli esami di laboratorio (alterazioni della funzionalità epatica,
alterazioni dell’emostasi, iperammoniemia), presenza di una massa epatica, shunts intra-polmonari, ipertensione polmonare.
Fisiopatologia e complicanze
L’esistenza di uno shunt portosistemico determina un furto totale o parziale del flusso venoso
portale verso il circolo sistemico
con, da un lato, “deportalizzazione” del fegato che si arterializza
e, dall’altro, trasferimento diretto
di sangue mesenterico verso la
circolazione sistemica senza un
primo passaggio epatico.
Non è stata finora stabilita alcuna
correlazione tra il tipo di fistola,
il grado di “deportalizzazione” e
il tipo di complicanze, o il tempo
necessario affinché queste ultime
si verifichino.
Circa 2/3 dei casi riportati in letteratura hanno avuto una o più
complicanze.
Le complicanze sono varie 4, 5:
•anomalie di laboratorio: iperammoniemia, aumento degli acidi
biliari, alterazioni della funzionalità epatica e/o dell’emostasi,
ipoalbuminemia. Nel neonato
possono manifestarsi iperbilirubinemia coniugata, ipoglicemia,
ipergalattosemia prolungata;
•complicanze cerebrali: l’encefalopatia porto-sistemica è la
complicanza più frequentemente riportata negli adulti, con alta
frequenza della forma subclinica
nei bambini. Sono stati anche riportati casi di sindrome parkinsoniana;
•complicanze epatiche: se la deportalizzazione è completa, il fegato è spesso atrofico. In un ter-
10
zo dei casi sono presenti noduli
epatici a partire dal terzo mese di
età. Di solito si tratta di adenomi
epatocellulari, iperplasia nodulare focale o iperplasia nodulare
rigenerativa. Tuttavia, sono stati
riportati casi di tumore maligno
(carcinoma epatocellulare, epatoblastoma, ecc), alcuni di questi
tumori si sviluppano in un contesto di fistole gia conosciute con
un tumore preesistente;
•complicanze cardiache e polmonari: nel feto può verificarsi
un sovraccarico o un’insufficienza cardiaca. Non di rado si
ritrova un quadro di insufficienza cardiaca nel periodo neonatale. Le manifestazioni più
tardive, che possono verificarsi
nei primi anni di vita, sono l’ipertensione portale (ipertensione
porto-polmonare) e gli shunts
artero-venosi polmonari (sindrome epato-polmonare). Ci sono
anche casi tardivi di insufficienza cardiaca;
•altro: sono stati segnalati sanguinamento gastrointestinale,
ematuria, glomerulonefrite da
deposito di IgA, malformazioni
venose intracerebrali e alterazioni endocrine.
La splenomegalia è frequentemente associata nei bambini più grandi,
anche in assenza di ipertensione
portale. La causa della splenomegalia non è al momento nota.
Gli esami da effettuare per la diagnosi delle complicanze delle fistole porto-sistemiche congenite
sono riassunte in Tabella I.
Trattamento (Fig. 3)
Non esiste al momento un consenso unanime circa il trattamento di queste malformazioni.
Tuttavia, bisogna innanzitutto immediatamente sottolineare che le
fistole porto-sovraepatiche sono
le più frequenti e hanno la particolarità di chiudersi spontaneamente, in molti casi entro il primo
mese di vita, ma di solito, entro il
primo anno di vita. Pertanto è raccomandato un semplice monitoraggio iniziale.
Altre forme di fistole porto-sistemiche congenite (dotto venoso
e fistole extra-epatiche) non si
chiudono spontaneamente nella
stragrande maggioranza dei casi.
Pertanto i pazienti sono esposti a
complicanze potenzialmente gravi
o mortali nei primi anni di vita. Diversi lavori scientifici hanno dimostrato la reversibilità della maggior
parte delle complicanze dopo la
chiusura dello shunt e il ripristino
della normale circolazione portale, inoltre non si sono verificate
complicazioni durante il follow-up
dei pazienti che hanno beneficiato
della chiusura dello shunt 7.
Al momento di programmare un
eventuale trattamento è necessario rispondere a due domande:
a) È possibile chiudere la fistola
senza causare un’ipertensione
portale che, come è noto, si può
manifestare soprattutto in caso di
comparsa di fistola latero-terminale (Abernethy 1)? b) Dobbiamo
aspettare il verificarsi di una complicanza per chiudere la fistola o
è conveniente chiudere la fistola
per prevenire il verificarsi di complicanze, ripristinando una circolazione portale fisiologica?
In letteratura sono riportati diversi
casi di chiusura di fistole portosistemiche di tipo Abernethy 1 con
riperfusione del fegato attraverso
un tronco portale estremamente
ipoplasico o ectopico o un cavernoma epatopeto, senza ipertensione portale postoperatoria (Fig. 2). Il
trapianto di fegato in questi tipi di
fistole, pertanto, non è quasi mai
giustificato, pur se ancora proposto da alcune equipe chirurgiche.
Altri tipi di fistole possono essere chiuse per via endovascolare o
chirurgica a seconda dell’anatomia, in 1 o 2 tempi a seconda della forma e dell’ipertensione portale valutati dal chirurgo durante
l’intervento.
PEDIATRIC HEPATOLOGY
Le malformazioni vascolari del fegato
Tabella I.
Esami da effettuare al momento della diagnosi di fistola porto-sistemica congenita.
Clinici
• Pulsossimetria in clino e orto-statismo
• Valutazione neuro-psicomotoria e delle abilità scolastiche
Esami di laboratorio
•
•
•
•
•
•
•
•
Funzionalità epatica completa
Test dell’emostasi
Acidi biliari nel siero a digiuno
Ammonemia a digiuno e post-prandiale
Glicemia a digiuno e post-prandiale
Alfa-fetoproteina in caso di massa epatica
Albumina sierica, urea, creatinina
Proteinuria
Indagini strumentali
• Eco-doppler dell’addome
• TC addominale
• Risonanza magnetica del fegato con mezzo di contrasto in presenza di nodulo
epatico
• Angiografia con test di occlusione se lo shunt è a monte o alla biforcazione portale
• Ecocardiografia
• Risonanza magnetica cerebrale
• La scintigrafia transrettale, se disponibile
Esame istologico
• Biopsia epatica
• Biopsia del nodulo epatico se necessario
La questione del trattamento preventivo è più complessa. Infatti attualmente non esiste nessun indice
predittivo noto per il verificarsi di
complicanze. Di fronte alla gravità
delle complicanze (encefalopatia
epatica, ipertensione polmonare)
e all’impossibilità di prevederne
l’insorgenza, la nostra equipe ha
scelto di proporre una chiusura preventiva delle fistole per ripristinare
la circolazione portale fisiologica
e quindi prevenire l’insorgenza di
complicanze. Quando la diagnosi
dell’esistenza di una fistola extraepatica viene fatta in epoca prenatale, vi può essere un’indicazione alla
chiusura nel periodo neonatale al
fine di evitare l’ipoplasia funzionale
o addirittura la trombosi della vena
porta. Negli altri casi, aspettiamo il
secondo anno di vita per realizza-
re la chiusura dello shunt dopo discussione e concertazione con l’equipe di anestesia e chirurgia.
Una biopsia epatica viene eseguita di routine prima della chiusura
della fistola per escludere un’eccezionale venopatia obliterante
portale, specialmente associata a
malformazioni del feto o ad anomalie cromosomiche.
La maggior parte delle complicazioni, esclusa l’ipertensione arteriosa polmonare, sono reversibili
dopo la chiusura dello shunt.
Fistole arterovenose congenite
Le fistole artero-venose congenite
sono molto rare. Si tratta soprattutto di fistole artero-portali.
Esse sono a volte associate con la
telangiectasia ereditaria emorragica, la sindrome di Enhler-Danlos e
la Trisomia 21.
Possono rivelarsi tramite un’ipertensione portale o uno scompenso cardiaco ad alto flusso.
La diagnosi viene effettuata per
l’esistenza di un’inversione del
flusso portale a valle di una comunicazione diretta con un’arteria
(spesso contrassegnato da una
vasodilatazione locale) e della arterializzazione del flusso portale.
La gravità di queste fistole dipende dall’intensità dello shunt e dalla gravità dell’ipertensione portale. L’inversione del flusso portale
sarà tanto più estesa quanto più
lo shunt è rilevante. Nei casi più
gravi, l’inversione del flusso portale può interessare il sistema portale extraepatico.
Bisognerebbe innanzitutto fare
una valutazione dell’ipertensione
portale.
Il tipo di trattamento e la sua efficacia dipenderà dalla posizione e
dal numero di fistole. Se la fistola
è singola il trattamento di scelta
è l’embolizzazione attraverso la
radiologia interventistica, con un
effetto immediato sulla normalizzazione della pressione portale
(Fig. 4). In caso di più fistole, se
si trovano tutte in un stesso settore del fegato, inaccessibile alla
radiologia interventistica, si può
ricorrere alla chirurgia. Se le fistole sono diffuse in tutto il fegato, la
gestione terapeutica è complicata
per l’impossibilità di un’occlusione completa sia attraverso la radiologia interventistica che con la
chirurgia. L’obiettivo in questi casi
è quello di evitare o limitare l’insorgenza di ipertensione portale
occludendo i peduncoli arteriosi.
In caso di fallimento può essere
preso in considerazione il trapianto di fegato 8.
Ringraziamenti
Si ringrazia il Dr. Giuseppe Staiti
per la rilettura dell’articolo.
11
S. Franchi-Abella et al.
Figura 3.
Algoritmo diagnostico e terapeutico delle fistole porto-sistemiche congenite (proposta dell’Ospedale Kremlin-Bicêtre,
Parigi).
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Blanc T, Guérin F, Franchi-Abella
PEDIATRIC HEPATOLOGY
Le malformazioni vascolari del fegato
• Le tecniche di imaging
hanno un ruolo cruciale
nella diagnosi e nel trattamento delle malformazioni
vascolari e nella identificazione delle loro complicanze.
C
a
• Le fistole porto-epatiche
sono le più comuni e
spesso si chiudono spontaneamente entro il primo
anno di vita, richiedendo in
genere un semplice monitoraggio.
• La chiusura delle fistole,
comprese le fistole extraepatiche di tipo Abernethy
1, è possibile nella maggior
parte dei casi.
d
b
• Bisogna sospettare una
Figura 4.
Lattante di 4 mesi senza particolari antecedenti. Comparsa da qualche giorno di difficoltà di alimentazione con diarrea a volte ematica, arresto della
crescita ponderale e poi perdita di peso. a) L’ecografia iniziale mostra una
voluminosa tasca vascolare. L’ecocolor-doppler evidenzia un’inversione del
flusso dei rami di destra e di sinistra, della vena porta, del tronco portale,
delle vene spleniche e della vena mesenterica superiore con un flusso arterializzato, indicando un’importante ipertensione portale in relazione a una
fistola artero-portale (FAP). B) L’angiografia mostra il collegamento diretto
tra la sacca aneurismatica dal FAP e i rami portali destro e sinistro. C) L’opacizzazione diretta del ramo destro dell’arteria epatica mostra che quest’ultima rifornisce di sangue la FAP. Diverse spirali vengono inserite nell’arteria
per sopprimere la fornitura di sangue arterioso della FAP. D) L’eco-doppler
mostra durante l’intervento la trombosi immediata della FAP. La valutazione
doppler del sistema portale ha anche dimostrato la normalizzazione immediata dei flussi che ritornano epatopeti. Il bambino è gia clinicamente normale alla fine dell’intervento, con la rapida scomparsa di tutti i segni di ipertensione portale, senza recidive 11 anni dopo l’embolizzazione.
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fistola congenita portosistemica nel feto in caso di
anomalie vascolari intraaddominali, cardiomegalia
o insufficienza cardiaca,
nel neonato in caso di alterazione dei test di funzionalità epatica o dell’emostasi, di iperammoniemia,
di ipergalattosemia, colestasi neonatale, ipoglicemia, encefalopatia epatica,
lesioni epatiche, shunt intra-polmonare, ipertensione polmonare.
• Le fistole artero-portali sono
eccezionali e di solito si manifestano con grave ipertensione portale. Il trattamento
endovascolare è auspicabile
in caso di forme localizzate.
La chirurgia può essere necessaria nelle forme complesse.
13
PEDIATRIC NUTRITION
& HEALTH AND FOOD SCIENCE
a cura di
Antonella Diamanti
Paralisi cerebrale infantile:
la valutazione nutrizionale
Children with cerebral palsy: the nutritional assessment
Daniela Giorgio (foto)
Domenica Elia
Daniela Marino
Francesca Romano
Teresa Capriati
Antonella Diamanti
UOS Nutrizione Artificiale, Ospedale
Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS,
Roma
Key words
Cerebral palsy • Children •
Malnutrition • Nutritional assessment
Abstract
Children with cerebral palsy, expecially if
with severe conditions and oropharyngeal
disfunction, are at risk of malnutrition. The
nutritional assessment is so a need for the
children and a duty for the clinicians, in order
to determin the best intervention. The tools
we used are the foods intakes, blood chemistry and anthropometric assessment. We have
learned that the standard growth charts and
dietary requirements of typically developing
children do not apply to those with CP, and
for that we have to consider more appropriate
standards.
Indirizzo per la corrispondenza
Antonella Diamanti
piazza Sant’Onofrio 4, 00165 Roma
E-mail: [email protected]
14
La paralisi cerebrale infantile (PCI) è una condizione
permanente, non progressiva, caratterizzata da disordini del movimento e dello sviluppo tali da determinare
importanti limitazioni nelle capacità motorie del bambino. La sua prevalenza è di 2 casi ogni 1000 nascite 1.
La malnutrizione è presente nel 49-90% dei casi 2, 3.
Si riscontra una prevalenza di malnutrizione per difetto nel 29-46% dei casi, di malnutrizione per eccesso nell’8-14% dei casi e un ipoevolutismo staturale
nel 23% dei bambini con PCI.
La bassa statura trova le sue cause non solo nella
genetica, ma anche nella ridotta mobilità, essendo il
“weight bearing” (blocco del peso) responsabile della
crescita ossea e muscolare, nonché nell’alterato sviluppo osseo, in parte dovuto a carenze di micronutrienti 3, quali vitamina D, calcio e magnesio, provocate
dalle terapie con farmaci antiepilettici (nella PCI è presente epilessia nel 35-65% dei casi) 1.
In questi bambini gli effetti della malnutrizione si ripercuotono sullo sviluppo cognitivo, sulla mineralizzazione ossea, sul rischio di morbilità e di mortalità e infine
sulla partecipazione all’ambiente, riducendo drasticamente la qualità di vita sia del bambino che della sua
famiglia.
I fattori che causano malnutrizione nel bambino con
PCI sono molteplici, nutrizionali e non (Tab. I), ma esercitano una funzione predittiva del rischio di malnutrizione anche i fattori patologici correlati (Tab. II), quali
la severità della paralisi, l’estensione della disabilità e
la funzionalità oro-motoria. La disfagia è presente infatti nel 90% dei casi ed espone il bambino al rischio
di inalazione e alle sue conseguenze (infezioni respiratorie ricorrenti, polmonite ab ingestis, morte nei casi
più gravi). L’estensione della durata dei pasti (fino a
3-6 ore giornaliere), la riduzione dei consumi alimentari, la presenza di disturbi quali tosse, aumento delle
secrezioni, gorgoglio respiratorio, voce umida, affaticamento respiratorio sono chiari segnali della oggettiva difficoltà del bambino ad alimentarsi.
Alla diagnosi di malnutrizione si giunge mediante la valutazione dello stato nutrizionale basata su:
•anamnesi alimentare;
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:14-17; doi: 10.19208/2282-2453-104
PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE
Paralisi cerebrale infantile: la valutazione nutrizionale
Tabella I.
Cause di malnutrizione.
Fattori
nutrizionali
Fattori non
nutrizionali
Inadeguati apporti
Durata dei pasti
Alterata percezione dei bisogni da parte del caregiver
Terapia farmacologica (farmaci antiepilettici)
Aumento delle perdite
Vomito
Rigurgito
Malattia da reflusso gastroesofageo severa
Alterazioni del metabolismo
Aumento della spesa energetica in caso di spasticità
Mobilità attiva
Entità fisiochinesiterapia
Riduzione del metabolismo basale 61 ± 15%
Aumento del metabolismo proteico
Alterazione asse ipotalamo-ipofisi
Declino crescita lineare
Lato emiplegico < lato controlaterale
Assenza spurt puberale
Terapia farmacologica con antiepilettici
Deficit micronutrienti
•monitoraggio biochimico e strumentale;
•valutazione antropometrica.
L’anamnesi alimentare prevede la
valutazione degli apporti da parte
di una dietista mediante la tecnica
del diario alimentare articolato su
3 o 7 giorni. Il diario alimentare è
uno strumento di valutazione degli apporti alimentari del paziente
estremamente importante, e che
trova la sua collocazione non solo
in un discorso di screening nutrizionale, ma anche di follow-up.
Il diario alimentare deve essere
compilato con precisione dal genitore/caregiver che prepara e
somministra il pasto, affinché la
stima degli apporti possa essere
quanto più possibile rispettosa
della situazione reale. È pertanto
fondamentale che la famiglia riceva tutte le indicazioni per una
corretta compilazione. Nel diario
alimentare è importante che siano riportate informazioni quali
l’orario e la frequenza dei pasti,
la loro durata e le tecniche di distrazione adottate per incentivare
il consumo alimentare, la persona
solitamente preposta a questa
mansione e l’ambiente nel quale
il pasto stesso viene consumato.
Sarà fondamentale riportare informazioni relative alla tipologia degli
alimenti preparati, alla modalità
Tabella II.
Fattori predittivi dello stato nutrizionale.
Grado di disabilità
Sistema di classificazione globale della funzione
motoria (GMFCS)
Pattern motorio
Atetosi
Distonia
Spasticità
Estensione della disabilità
Emiplegia
Diplegia
Quadriplegia
Disfunzione oro-motoria
Disfagia
di preparazione, alla consistenza
con la quale vengono somministrati, perché meglio tollerati, e la
via di somministrazione utilizzata
(il bambino si nutre per bocca o
tramite sondino nasogastrico o
gastrostomia endoscopica percutanea ecc). Per la valutazione
dietistica è importante anche il
dato oggettivo della quantità del
cibo assunto che, in alcuni casi,
e soprattutto per alcuni alimenti
(olio, zucchero, farine di cereali,
pastina ecc) potrebbe essere ottenuto ricorrendo all’uso di misure
casalinghe/domestiche (cucchiaio, bicchiere, tazza ecc), piuttosto
che all’uso ossessivo della bilancia, con lo scopo di ridurre il livello
di impegno e di stress, già estremamente alto in queste famiglie.
Sarà bene poi comprendere la reale quantità di cibo assunta rispetto a quella preparata, mediante
la doppia pesata (peso netto del
pasto prima e dopo il consumo) o
la stima delle porzioni (metà, 3/4
o ¼ di pietanza). Nel diario andrà riportato anche l’apporto di
liquidi alimentari (brodo, passato,
latte, frullati, succhi di frutta, yogurt) e non (acqua e bevande). Lo
sviluppo di un diario alimentare
15
D. Giorgio et al.
correttamente compilato consente l’acquisizione di dati inerenti
gli apporti idrici, calorici e in nutrienti (macro e micronutrienti), e
la valutazione dell’adeguatezza
dei risultati rispetto all’età e alla
patologia del bambino mediante
il ricorso a standars di riferimento
specifici 1. Il fabbisogno calorico
di bambini con PCI può essere stimato mediante il ricorso a diverse
equazioni, sebbene quella di più
comune uso prenda in considerazione il fattore del tono muscolare e dell’attività motoria residua.
Recenti studi evidenziano inoltre
un’ulteriore riduzione della REE
(Resting Energy Expenditure, metabolismo basale dell’organismo
a riposo) dopo l’inizio della nutrizione enterale in pazienti con PCI
e quadriplegia, mentre i pazienti
con PCI non deambulanti presentano un fabbisogno energetico
ridotto del 18% rispetto a quelli
che preservano questa capacità motoria 2, 4. Tuttavia l’influenza
della capacità motoria su tale fabbisogno non può essere determinata statisticamente con formule
predittive.
Il monitoraggio biochimico e strumentale prevede che il paziente sia
sottoposto a prelievi ematici e valutazioni strumentali con una periodicità che varia in relazione al rischio
di malnutrizione a cui il paziente è
esposto. Dal punto di vista biochimico vengono dosati i markers che
consentono di fornire informazioni
cliniche sull’equilibrio elettrolitico,
sull’assetto marziale (emocromo,
ferro, ferritina, trasferrina, vitamina B12 e folati); sull’assetto dei
micronutrienti di cui più frequentemente si riscontra uno stato carenziale (selenio, zinco e carnitina);
sull’assetto proteico (proteine totali, albumina, prealbumina e Retinol
Binding Protein). Il Retinol Binding
Protein e la trasferrina sono inoltre
biomarkers di ridotta emivita utili
indicatori di variazioni dello stato
nutrizionale nel breve termine. Il
16
dosaggio del calcio, della fosfatasi
alcalina e della vitamina D, insieme
ai risultati della mineralometria ossea computerizzata, permetteranno al clinico di avere un quadro generale sullo stato di salute ossea e
prevedere un piano di integrazione
in caso di necessità.
La valutazione antropometrica comprende la rilevazione del
peso corporeo (compresa l’acquisizione di informazioni relative
alla curva ponderale), della statura e il calcolo del BMI. In questi
pazienti molti sono i fattori che
possono ostacolare una valutazione apparentemente semplice.
Dove non sia possibile misurare
la statura, perché il paziente non
è deambulante o per la presenza
di deformità ossee (es. scoliosi)
o di movimenti involontari, si può
ricorrere alla misurazione dell’arto
inferiore o superiore e all’utilizzo delle relative equazioni per la
stima dell’altezza 5. I risultati di
queste misure saranno valutati in
virtù del sesso, dell’età e della patologia mediante il ricorso a curve
di crescita specifiche 5-8 (possono
essere scaricate dal sito web del
Giornale:
www.giornalesigenp.
it), elaborate tenendo conto di un
sistema di classificazione globale della funzione motoria (Tab. III)
e, nei casi di PCI severa, anche
della modalità di alimentazione
adottata (“orally feeding” vs “tube
feeding”). Queste recenti curve di
crescita, descrittive della popolazione pediatrica con PCI, stabiliscono al 20° percentile, per il dato
ponderale, un cut off al di sotto
del quale il paziente valutato risulta esposto a un aumentato rischio
di morbilità e mortalità 9, per cui
consentono di correlare in modo
chiaro lo stato nutrizionale alla
prognosi del paziente, con grande
utilità nella pratica clinica. Contrariamente alla statura e al BMI,
che in questi pazienti non risultano indici affidabili di malnutrizione
cronica, il peso rappresenta il pa-
Tabella III.
Sistema di classificazione globale
della funzione motoria (GMFCS).
I
Deambula senza alcuna
limitazione
II
Deambula con alcune limitazioni
III
Deambula usando stampelle
IV
Motilità autonoma ridotta, può
utilizzare una sedia a rotelle
elettrica
V
Necessità di essere trasportato
su una sedia a rotelle
rametro di più agevole rilevazione
e indice affidabile di malnutrizione
acuta.
Tuttavia il peso è soggetto a variazioni dell’acqua corporea a differenza della massa grassa, che
rappresenta da questo punto di
vista l’indice in assoluto più fedele
di un bilancio energetico positivo.
Essa può essere stimata mediante l’analisi bioimpedenziometrica,
la misura della circonferenza del
braccio o la plica tricipitale.
L’analisi
bioimpedenziometrica
(BIA) è una metodica non invasiva
che consente lo studio della composizione corporea del soggetto
misurandone l’impedenza al passaggio di una corrente elettrica a
bassa potenza, rappresenta una
valida alternativa ad altre metodiche costose e poco utilizzate nella
pratica clinica quali la pesata idrostatica, la densitometria assiale a
raggi X, la pletismografia ad aria.
Nel paziente con PCI non è sempre agevole l’esecuzione dell’esame bioimpedenziometrico, a causa
dell’oggettiva impossibilità da parte
del bambino di distendere completamente gli arti oppure di mantenere la posizione supina anche se
per pochi secondi, condizioni che
se non rispettate compromettono
l’attendibilità del risultato 10.
La circonferenza del braccio, che
in questi pazienti risulta spesso
ridotta, presenta una correlazione
PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE
Paralisi cerebrale infantile: la valutazione nutrizionale
direttamente proporzionale all’ipotrofia muscolare più che alla
deplezione del tessuto adiposo;
per tale motivo il parametro antropometrico da considerare perché
garante di una stima oggettiva
dello stato di nutrizione è la plica
tricipitale. Quest’ultima indica una
condizione di grave malnutrizione
se inferiore al 10° percentile.
children with spastic quadriplegia.
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• La valutazione dello stato nutrizionale del bambino con paralisi cerebrale infantile (PCI) è parte integrante della ge-
stione clinica del paziente.
• La severità della patologia di base e la difficoltà del bambino ad alimentarsi aumentano il rischio di malnutrizione.
• Per la valutazione auxologica e la stima dei fabbisogni nutrizionali del bambino con PCI devono essere considerate
curve di crescita e standards di riferimento specifici.
• Il peso corporeo e la plica tricipitale rappresentano gli indici antropometrici più indicativi dello stato nutrizionale nel
bambino con PCI.
• È importante saper interpretare la valutazione antropometrica per non confondere l’ipotrofia muscolare con la deple-
zione calorico-proteica.
17
IBD HIGHLIGHTS
a cura di
Fortunata Civitelli
L’ecografia nelle malattie infiammatorie
croniche intestinali: quanto è utile?
Ultrasonography in inflammatory bowel diseases:
a world to discover
Federica Furfaro
Fortunata Civitelli2 (foto)
Giovanni Maconi1
1
1
Divisione di Gastroenterologia,
Ospedale Universitario Luigi Sacco,
Milano; 2 UOC Gastroenterologia
ed Epatologia Pediatrica, Sapienza
Università di Roma
Key words
Transabdominal bowel ultrasound •
Crohn’s disease • Ulcerative colitis •
Color and power Doppler • CEUS •
SICUS
Abstract
In the last few years transabdominal bowel ultrasound (US) has became a well-established technique in the diagnosis and follow-up of inflammatory bowel diseases (IBD), especially Crohn’s
disease. In particular, US is useful in diagnosing
of complications such as stenosis, abscesses and
fistulae and can be used for the study of perianal
disease. The role of bowel US in assessing disease activity as well as the potential application
of new techniques such as contrast-enhanced ultrasound (CEUS) and Small intestine contrast ultrasonography (SICUS) is still under debate. The
purpose of this article is to demonstrate the utility
of bowel-US in IBD patients.
Indirizzo per la corrispondenza
Fortunata Civitelli
viale Regina Elena 326, 00161 Roma
E-mail: [email protected]
18
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (Inflammatory Bowel Diseases - IBD) principalmente rappresentate da colite ulcerosa (CU) e malattia di Crohn (MC),
sono caratterizzate da un decorso clinico cronico-recidivante, che spesso richiede indagini radiologiche del
tratto gastroenterico ripetute nel tempo, per definire
sede ed estensione di malattia, per monitorare l’attività,
individuare le complicanze e valutare la risposta al trattamento medico e chirurgico 1. L’imaging svolge quindi
un ruolo chiave nella gestione delle IBD, poiché contribuisce a guidare le decisioni terapeutiche.
Negli ultimi decenni, l’impiego della radiologia convenzionale nelle IBD, in particolare del clisma del tenue
e della tomografia computerizzata (TC), è divenuto
sempre meno frequente, a causa dell’elevata esposizione a radiazioni ionizzanti e al conseguente aumentato rischio oncologico. Queste metodiche sono state
progressivamente sostituite dalla risonanza magnetica
(RM), con mezzi di contrasto endovenosi e per os. La
RM è una metodica molto accurata, non invasiva e priva di radiazioni, sebbene limitata dalla ridotta disponibilità sul territorio e dai costi elevati.
Negli ultimi anni è stata sempre più utilizzata l’ecografia (US), poiché semplice, ripetibile, economica, sicura
e generalmente ben tollerata 2, 3.
In una metanalisi del 2008, che ha confrontato l’accuratezza dell’US, della RM, della scintigrafia e della
TC nella diagnosi di IBD, l’US mostra una sensibilità
del 89,7% e una specificità del 95,6%, paragonabile a
quella delle altre metodiche 4.
Nel sospetto di IBD in ambito pediatrico, l’impiego di
US combinata ad altri test diagnostici come calprotectina, ASCA e pANCA, è in grado di aumentare l’accuratezza diagnostica nel rilevare e soprattutto escludere
la malattia. In particolare, è stato osservato che, nel
caso in cui almeno uno dei test risulti positivo, la probabilità di avere una IBD è del 99,47%, mentre quando
tutti i test sono negativi, la probabilità di IBD è dello
0,69% 5.
L’utilizzo di ecografi con sonde ad alta risoluzione (712 MHz), della seconda armonica tissutale e di mezzi di
contrasto orali e endovenosi, permette di studiare sia
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:18-24; doi: 10.19208/2282-2453-105
IBD HIGHLIGHTS
L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali
la malattia luminale che perienterica nella MC e di valutare per via
trans-perineale anche la presenza
di complicanze perianali.
La sonda più appropriata per lo
studio dell’intestino e della regione perianale, è una sonda microconvex o lineare con frequenza
variabile da 4-8 MHz. Nello studio
dell’intestino è consigliabile che il
paziente sia a digiuno da almeno
4 ore, con una modesta replezione vescicale.
Alterazioni
ecografiche
nelle IBD
I parametri da valutare ecograficamente nel sospetto di IBD si
possono suddividere in “alterazioni parietali” ed “extra-parietali” 6
A) Alterazioni parietali (spessore,
ecostruttura, elasticità, motilità, vascolarizzazione, perdita dell’austratura).
L’aumentato spessore di parete è
uno dei segni più importanti nella
MC. Lo spessore della parete intestinale (Bowel Wall Thickness - BWT)
si misura dallo strato iperecogeno
interno della parete corrispondente
all’interfaccia tra mucosa e contenuto intestinale e lo strato iperecogeno esterno corrispondente
alla sierosa (Fig. 1). Il BWT varia in
base alla regione esplorata. Il limite stimato per il piccolo intestino
è < 4 mm, per il colon trasverso
< 3 mm e per il sigma < 4-5 mm. La
variazione di questi cut-off influenza
l’accuratezza dell’ultrasonografia
nella diagnosi di MC: in particolare
se il cut-off di normalità è < 3 mm,
la sensibilità dell’esame è dell’88%
e la specificità del 93%, mentre con
un cut-off < 4 mm la sensibilità si
riduce al 75% con un incremento di
specificità (97%).
La sensibilità dell’US nell’individuare l’ispessimento parietale nella MC è maggiore a livello dell’ileo
terminale (90-95%), rispetto all’ileo prossimale, al digiuno (< 75%)
FIGURA 1.
Malattia di Crohn in fase di attività. Scansione longitudinale (sinistra) e trasversale (destra), ove si nota il marcato aumento di spessore della parete e
la conservazione dell’ecostruttura stratificata, oltre all’ispessimento del mesentere (M).
e al colon (82%). La specificità
è invece alta in tutti e i segmenti
(90-92%) 7.
Il grado di ispessimento parietale
sembra essere correlato all’attività
di malattia, sia nella MC che nella
CU 8, 9 (Fig. 2).
Lo spessore parietale ha anche
un significato prognostico: nel follow-up della MC, un BWT > 7 mm,
aumenta il rischio di riscorso alla
chirurgia a breve termine. Analogamente, nella CU, la riduzione
dello spessore parietale del colon
dopo terapia predice un outcome
positivo a 15 mesi 10.
Il grado di ispessimento parietale
non è in grado di distinguere tra
la componente infiammatoria e
quella fibrotica; a questo scopo, la
valutazione della vascolarizzazione della parete con ecografia con
mezzo di contrasto endovenoso
(Contrast Enhanced Ultrasonography - CEUS), potrebbe essere
di maggior utilità.
L’ecostruttura della parete intestinale, è caratterizzata normalmente da 5 strati, iper e ipoecogeni (normale stratificazione)
corrispondenti a sierosa (esterno
iperecogeno), muscolare, sottomucosa, mucosa e interfaccia col
contenuto. Nella malattia severa,
in presenza di ulcere, la parete
può apparire ipocogena, con elasticità ridotta e priva di peristalsi e
nel colon può scomparire la regolare austratura.
La vascolarizzazione parietale,
può essere valutata con colorDoppler (Fig. 2) e CEUS. In genere è aumentata nelle forme
con attività severa e alcuni studi
hanno suggerito la valutazione
per monitorare l’attività di malattia e la risposta al trattamento, sebbene con risultati contrastanti 6.
B) Alterazioni extra parietali (mesentere, linfonodi, fluido extraintestinale).
19
F. Furfaro et al.
sociata a una malattia di breve
durata o alla concomitante presenza di fistole o ascessi. La
presenza di piccole quantità di
fluido libero in cavità peritoneale
(< 1 ml) è comune nei bambini o
nella donna in età fertile, ha significato aspecifico e non necessariamente patologico.
Alcune caratteristiche ecografiche
della parete intestinale possono
aiutare a differenziare la CU dalla
MC (Tab. I).
FIGURA 2.
Rettocolite ulcerosa. Scansione longitudinale del colon discendente (Toshiba, Aplio XG) con valutazione della vascolarizzazione parietale con color
Doppler (a destra). La parete appare ispessita (> 3 mm), la stratificazione è
conservata e in particolare si osserva aumento di spessore dello strato iperecogeno corrispondente alla sottomucosa (freccia).
Il mesentere nella MC attiva è
spesso ispessito e iperecogeno
(Fig. 1). I linfonodi infiammatori
reattivi si trovano nel mesentere
e hanno forma ovoidale o allun-
gata (asse maggiore/asse minore < 2 mm), con asse minore di
dimensioni variabili da < 4 mm
(adulti) a < 8 mm (bambini). La
loro presenza è in genere as-
TABELLA I.
Differenze ecografiche tra colite ulcerosa e malattia di Crohn.
Pareti
Colite ulcerosa
Malattia di Crohn
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Spessore
Ecostruttura
Profili
Rigidità
Austra
Peristalsi
5-7 mm
Variabile
Variabile
Regolari
Assenti
Assenti
5-14 mm
Variabile
Variabili
Spesso presente
Assenti
Spesso attenuata/assente
Sede ed estensione
• Sede
• Interessamento
• Retto-sigma e
colon
• Continuo
• Ileo (70%) Colon (60%)
• Talvolta segmentario
Alterazioni extraintestinali
• Ipertrofia del mesentere • Rara
• Linfonodi mesenterici
• Infrequenti
• Fistole e ascessi
• Assenti
20
• Frequente
• Frequenti
• Frequenti
Ruolo
dell'ecografia
nella valutazione
delle complicanze
e nel follow-up
post-operatorio
nella MC
La MC è una patologia che può
interessare l’intero tratto digerente, con un’infiammazione spesso
estesa anche all’intero spessore
della parete. Ciò può favorire lo
sviluppo di complicanze come le
stenosi, caratterizzate da fibrosi o
infiammazione della parete, fistole, masse infiammatorie e ascessi.
Le fistole si presentano all’ecografia come tramiti ipoecogeni
tubulari, originanti dalla parete
intestinale, che possono mettere
in comunicazione l’intestino con
altri organi o approfondirsi a fondo cieco nel mesentere (Fig. 3).
Gli ascessi e le masse infiammatorie appaiono spesso come delle lesioni ipoecogene e a margini
mal definiti. Queste lesioni non
sono sempre ben differenziabili
dall’ecografia se non attraverso
la CEUS, che dimostra l’assenza
di vascolarizzazione nelle lesioni
ascessuali (Fig. 4).
Ecograficamente la stenosi intestinale è apprezzabile come segmento intestinale con pareti ispessite, lume ristretto e preceduto da
una dilatazione > 25-30 mm.
Nel decorso post-operatorio della MC, l’ecografia può individua-
IBD HIGHLIGHTS
L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali
re la recidiva dell’ispessimento e
la riacutizzazione della malattia.
Il riscontro di ispessimento parietale dell’ansa pre-anastomotica
> 3 mm è suggestiva di elevato
rischio di recidiva post-chirurgica 11.
Nuove tecniche:
ecografia con
mezzo di contrasto
endovenoso, orale
ed elastografia
nelle IBD
L’ecografia con mezzo di contrasto endovenoso (CEUS) si
esegue attraverso la somministrazione di un mezzo di contrasto costituito da microbolle, che
non diffondendo in sede interstiziale, permettono lo studio della
sola fase vascolare. La CEUS
permette di valutare l’attività clinica e soprattutto endoscopica
della malattia oltre che monitorare la risposta alla terapia. Non
esiste tuttavia un metodo standard di misurazione della vascolarizzazione e il ruolo nella definizione dell’attività deve essere
ancora ben definito.
L’elastografia è una tecnica di recente sviluppo, che sembra avere
un ruolo promettente nel differenziare l’ispessimento parietale di
natura fibrotica da quello di natura
infiammatoria nella MC 12.
L’ecografia del tratto gastroenterico può essere effettuata anche
con contrasto somministrato per
via orale (Small Intestine Contrast
Ultrasonography – SICUS), costituito da soluzione acquosa di
Macrogol, in quantità variabile da
500 a 700 ml. La SICUS, utilizzata
essenzialmente per lo studio del
tenue, ha accuratezza sovrapponibile a quella della RM e della TC,
ed è particolarmente utile nella
valutazione delle stenosi e del tenue prossimale 13.
FIGURA 3.
Malattia di Crohn con fistola entero-enterica, chiaramente osservabile al centro dell’immagine, estesa tra due anse intestinali.
FIGURA 4.
Malattia di Crohn con ascesso perintestinale visualizzato come un’area ipoecogena disomogena in B-MODE (immagine a sinistra) e come area anecogena dopo iniezione di mezzo di contrasto ev (CEUS) (immagine a destra).
Conclusioni
L’ecografia nelle IBD rappresenta una tecnica utile e accurata,
non-invasiva, ripetibile e dai costi
contenuti. Nonostante le numerose evidenze scientifiche, è tuttavia
ancora poco diffusa nella pratica
clinica.
21
F. Furfaro et al.
…e in età
pediatrica?
L’ultrasonografia (US) intestinale è
oggi una metodica utile e accurata nello studio delle IBD anche in
età pediatrica. Oltre a essere non
invasiva e relativamente poco costosa, ha il vantaggio fondamentale di essere priva di radiazioni
ionizzanti.
A causa della natura cronico-recidivante della malattia, infatti, i
pazienti con IBD vanno incontro
a diverse indagini radiologiche
dell’intestino nel corso del tempo,
soprattutto quando l’esordio si
verifica in età pediatrica.
Negli ultimi anni dati della letteratura hanno evidenziato un elevato
livello di esposizione iatrogena a
radiazioni ionizzanti nei pazienti
adulti con IBD 14. Il bambino, rispetto all’adulto, è maggiormente
sensibile al danno da radiazioni,
per la consistente attività biologica dei tessuti, l’elevata suscettibilità al danno genomico e la
maggior aspettativa di vita, che
lo espone a una dose cumulativa
più elevata nel corso del tempo;
questo aumenta il rischio di effetti tardivi, anche a distanza di anni
dall’evento radiante.
Risulta quindi fondamentale per il
gastroenterologo pediatra, utilizzare metodiche di imaging “radiation sparing”, come la risonanza
magnetica e l’ecografia, nella diagnosi e soprattutto nel follow-up
dei pazienti con IBD 14.
In questa prospettiva l’US svolge
un ruolo chiave sia nell’approccio
diagnostico iniziale al bambino
con sospetta IBD che nel followup, per monitorare l’andamento
della malattia, la risposta al trattamento e identificare precocemente le complicanze.
Descrizione della metodica
Per quanto riguarda la descrizione
della metodica, questa è sovrappo-
22
nibile a quella utilizzata nell’adulto.
I segni patologici possono essere
suddivisi in alterazioni parietali e alterazioni extra-parietali (Fig. 5).
L’aumentato spessore di parete è
uno dei segni più importanti anche nella MC pediatrica. Il cut-off
utilizzato per il BWT varia nei diversi lavori da 1,5 mm a 3 mm per
l’ileo terminale e 2-3 mm per il colon 15. Studi comparativi tra US e
ileocolonscopia hanno dimostrato
una sensibilità del 74-88% e una
specificità del 78-93% per le lesioni dell’ileo terminale 6.
Il coinvolgimento del mesentere e
la presenza di linfonodi di dimensioni aumentate nel suo contesto,
è un altro elemento tipico della
MC, spesso presente nelle fasi
iniziali della malattia, anche in assenza di altri segni più specifici.
ad alta risoluzione per ottenere i livelli di accuratezza paragonabili a
quelli della letteratura. Inoltre, anche in mani esperte, l’US può dare
dei falsi positivi: l’ispessimento di
parete, ad esempio, non è specifico per MC, ma può essere presente in altre condizioni molto
frequenti in età pediatrica (adeno-mesenterite, vasculite ecc).
D’altro canto l’US può dare dei
falsi negativi nel paziente obeso,
nelle lesioni mucose superficiali
e quando la malattia si localizza
solo in sede digiunale, evenienza
molto frequente in età pediatrica.
L’accuratezza diagnostica per le
lesioni prossimali è infatti minore,
perché il digiuno è difficilmente
visualizzabile con l’ecografia tradizionale.
Limiti
Nonostante i numerosi vantaggi,
l’ecografia intestinale presenta dei
limiti. È una metodica fortemente
dipendente dall’esperienza dell’operatore, forse in misura maggiore
delle altre applicazioni dell’ecografia, e richiede un apparecchio
Small Intestine
Contrast
Ultrasonography
"SICUS"
L’assunzione di una soluzione di
contrasto orale anecoica, isosmotica, non assorbibile (macrogol)
consente di superare alcuni dei li-
• ALTERAZIONI
Parietali
-------
Aumento di spessore (> 3mm)
Perdita della normale stratificazione
Alterata ecogenicità (IPER/IPO)
Incremento della vascolarizzazione
Riduzione/assenza della peristalsi
“Target Sign”
• ALTERAZIONI
extra-Parietali
-----
Ispessimento mesentere
vascolarizzazione mesentere (“Comb sign”)
Aumento dimensioni linfonodi
versamento
• complicanze
-- ascessi
-- fistole
-- stenosi
FIGURA 5.
Alterazioni ecografiche nelle IBD.
IBD HIGHLIGHTS
L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali
miti dell’ecografia convenzionale:
il macrogol, distendendo il lume
e dissociando un’ansa dall’altra,
permette di visualizzare il piccolo intestino nella sua interezza,
dall’angolo di Treitz fino all’ileo
terminale. La SICUS è ormai entrata nella pratica clinica della
gastroenterologia dell’adulto e di
recente è stata introdotta anche
in età pediatrica 16. La SICUS ha
un’accuratezza diagnostica paragonabile a quella della radiologia
tradizionale e superiore a quella
dell’ecografia standard, nella valutazione della presenza, del numero, della sede e dell’estensione di malattia, in pazienti con MC
nota o sospetta. Il contrasto orale
aumenta la sensibilità dell’US nella diagnosi di MC e in particolare
l’accuratezza diagnostica per le
lesioni prossimali e per l’individuazione delle stenosi (Fig. 6).
Descrizione della metodica
La SICUS nel bambino viene effettuata con due tipi di sonda (Convex
da 3,5-5 MHz per la valutazione basale e lineare di 7,5-12 MHz per lo
studio successivo), dopo l’assunzione di 125-375 ml di soluzione di
contrasto orale. Per una completa
visualizzazione del piccolo intestino, dopo l’assunzione del contrasto, le scansioni vengono effettuate a intervalli di circa 20-30 minuti:
quando il contrasto passa dall’ileo
terminale al colon ascendente, attraverso la valvola ileo-cecale, si
esegue una valutazione retrograda delle anse intestinali dall’ileoterminale fino all’angolo di Treitz.
Lo spessore di parete e il diametro
endoluminale vengono misurati in
più sedi (digiuno, ileo prossimale, ileo terminale) nel momento di
massima distensione delle anse.
La durata media dell’esame è di
45-90 minuti 16.
Rispetto all’ecografia tradizionale,
la SICUS consente una valutazione dinamica dell’intestino, con la
possibilità di studiare la peristalsi
FIGURA 6.
Stenosi digiunale in un paziente con MC evidenziata con la SICUS. L’uso del
contrasto orale consente di evidenziare la riduzione di calibro del lume (freccia) e la dilatazione pre-stenotica (*).
e la distensibilità al passaggio del
mezzo di contrasto. Questo è molto importante nella caratterizzazione delle stenosi nella MC e nella
diagnosi differenziale tra stenosi
infiammatorie e stenosi fibrotiche,
che riveste una notevole importanza clinica e terapeutica.
La rigidità (“stifness”), la riduzione
o assenza di peristalsi, la scarsa distensibilità al passaggio del mezzo
di contrasto e la presenza di dilatazione pre-stenotica suggeriscono
una natura fibrotica della stenosi,
mentre una peristalsi conservata,
la distensibilità al passaggio del
mezzo di contrasto e l’assenza di
dilatazione pre-stenotica sono suggestivi di stenosi infiammatoria.
Limiti
La SICUS, come tutte le metodiche ecografiche, è strettamente
operatore-dipendente,
richiede
molta esperienza e un’adeguata
curva di apprendimento. Rispetto
all’ecografia tradizionale è un’in-
dagine time-consuming, in quanto
sono necessari in media 45 minuti
per ottenere una visualizzazione
completa dell’intestino tenue.
Ecografia
del colon
Negli ultimi anni l’ecografia intestinale è stata utilizzata con successo anche per lo studio del colon.
La sensibilità nella diagnosi di lesioni infiammatorie del colon dipende dalla sede, è maggiore per
il colon sinistro (90%) rispetto al
destro (75-80%), mentre è bassa
per le lesioni del retto (14%) 7. L’US
del colon viene eseguita senza una
preparazione specifica, di solito
dopo un digiuno di 6 ore. I parametri da valutare sono l’aumentato
spessore parietale (BWT > 3 mm),
l’alterata stratificazione parietale,
l’aumento della vascolarizzazione al color-doppler e la perdita
dell’austratura (Fig. 2). La principale applicazione è il monitoraggio
23
F. Furfaro et al.
dell’attività della colite ulcerosa,
soprattutto nelle fasi di attività severa, in cui la colonscopia potrebbe essere controindicata 17.
Horsthuis K, Bipat S, Bennink RJ,
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5
Conclusioni
In conclusione, grazie alla buona
accuratezza diagnostica, alla natura non-invasiva, priva di radiazioni
e ai costi relativamente contenuti,
l’ecografia intestinale rappresenta
un valido strumento nel work-up
diagnostico iniziale e nel follow-up
dei pazienti pediatrici con IBD dei
pazienti con diagnosi nota, prima
di indagini più invasive.
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17
• L’ecografia intestinale è oggi una metodica utile e accurata nella diagnosi delle malattie infiammatorie intestinali, in
particolare della malattia di Crohn, per individuare la presenza, la sede e l’estensione di malattia.
• L’uso combinato di esami di laboratorio di primo livello (VES, PCR), della calprotectina fecale e dell’ecografia intesti-
nale delle anse intestinali, può consentire di selezionare i pazienti da indirizzare a un work-up diagnostico di II livello
(endoscopia, entero-RM).
• L’ecografia intestinale ha un ruolo fondamentale anche nel follow-up della malattia di Crohn, per individuare precoce-
mente le complicanze e monitorare la risposta al trattamento.
• L’utilizzo di un mezzo di contrasto per os (macrogol), mediante tecnica SICUS, aumenta l’accuratezza diagnostica
dell’ecografia per le lesioni digiunali e per le complicanze stenotiche.
24
NEWS IN PEDIATRIC
a cura di
Monica Paci
GASTROENTEROLOGY
PHARMACOLOGY
Terapia cognitivo-comportamentale
e ipnoterapia nei disturbi funzionali
gastrointestinali
Cognitive behavioural therapy and hypnotherapy
in functional gastrointestinal disorders
Cosa sono i disturbi
funzionali gastrointestinali?
I disturbi funzionali gastrointestinali (DFGI) descrivono
un insieme di sintomi gastrointestinali cronici e ricorrenti secondo i criteri Roma III, in assenza di evidenti
markers organici di malattia. Sebbene sia ipotizzabile un’elevata prevalenza dei DFGI, al momento risulta
difficile avere una stima accurata. Esiste un’enorme
variabilità nei tassi d’incidenza riportati, dovuti anche
al fatto che un elevato numero di bambini non ricevono cure mediche per i propri sintomi, mentre altri
riportano sintomi che si possono riscontrare in differenti condizioni cliniche. Una revisione sistematica di
studi epidemiologici suggerisce che la prevalenza di
dolore addominale ricorrente (FRAP) vada dallo 0,3%
al 19% 1.
Ricerche sui DFGI evidenziano come i sintomi abbiano
un enorme impatto sul senso di benessere dei bambini e dei giovani adulti. È caratteristicamente riportata
una bassa qualità della vita, una riduzione nelle attività
quotidiane e sociali, un’aumentata prevalenza di ansia
o depressione e di altri sintomi funzionali non gastrointestinali, quali la cefalea 1. Una proporzione significativa di bambini affetti da DFGI continua a presentare
sintomi in età adulta.
L’eziologia dei DFGI è ancora oggetto di discussione,
e un approccio biopsicosociale è generalmente utilizzato per la comprensione dei fattori che possono favorirne l’insorgenza. È stato ipotizzato che eventi avversi nella vita di un bambino, associati a un fragile
benessere psicologico e sociale, siano associati a un
aumentata frequenza di DFGI. Tuttavia rimane ancora
da chiarire come questi fattori possano poi tradursi in
sintomi gastrointestinali. La complessa interazione bidirezionale tra intestino e cervello (“brain-gut axis”) 2
sembra suggerire che stress psicologici e sociali possano modulare funzioni gastrointestinali, e fornire così
un razionale per il ruolo di interventi psicologici.
I DFGI hanno un notevole impatto economico sui sistemi sanitari nazionali a causa dei numerosi esami di laboratorio e strumentali richiesti, dei trattamenti di lunga
durata, e delle frequenti valutazioni cliniche in ambito
Lisa Barkley
Level 3, Italian Building, Psychosocial
and Family Services, Great Ormond
Street Hospital, Londra, UK
Key words
Cognitive behavioural therapy •
Hypnosis • Functional gastrointestinal
disorder • Paediatric
Abstract
FGIDs can be debilitating in terms
of pain or other symptoms, with
reports of poorer quality of life,
psychological wellbeing and family functioning.
Medical management is ineffective for many.
Limited research suggests the likely benefit of
CBT and hypnosis in treating FRAP/ IBS. More
rigorous research is needed.
Indirizzo per la corrispondenza
Lisa Barkley
Great Ormond Street, London, WC1N 3JH, UK
E-mail: [email protected]
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:25-28; doi: 10.19208/2282-2453-106
25
L. Barkley
ospedaliero. Tali costi sono determinati soprattutto dalle esigenze
della maggior parte dei bambini
che soffrono di sintomi persistenti,
o che hanno una risposta inadeguata ai trattamenti. L’utilizzo di
interventi di tipo psicologico potrebbe ridurre i costi, avendo inoltre minori effetti collaterali rispetto
al trattamenti farmacologici.
Interventi
psicologici
nei DFGI
Le ricerche disponibili in letteratura si sono concentrate su interventi psicologici “direzionati” al tratto
gastrointestinale, per esempio la
ipnosi “intestino-direzionata”, o
interventi comportamentali atti
alla gestione delle abitudini defecatorie. La valutazione del miglioramento sintomatologico, sia in
termini di frequenza che di gravità,
si associa alla valutazione anche
di altri fattori, quali la qualità della
vita, lo stato di benessere quotidiano (per esempio la frequenza
scolastica o alle altre attività quotidiane, quali lo sport) e il tono
dell’umore. Un miglioramento nello stato di benessere, nonostante
la persistenza dei sintomi, può essere interpretato come un miglioramento clinico.
L’approccio di tipo psicologico è
utilizzato anche nel trattamento
di problemi di ansia e depressione associati ai DFGI. Sebbene
esistano pochi studi che abbiano
valutato l’impatto del trattamento dell’ansia e della depressione
sulla risoluzione dei DFGI, molti di
questi riportano l’elevata comorbilità di tali componenti.
Terapia
cognitivocomportamentale
per DFGI
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è una terapia ba-
26
sata sulla comunicazione, nella
quale i pazienti identificano un
particolare problema, e lavorano
per obiettivi durante le sessioni.
Di solito sono necessarie tra le 6
e le 18 sessioni, ciascuna di 3060 minuti di durata. La CBT aiuta il soggetto a identificare degli
schemi di pensiero e convinzioni
dannose, portando alla luce comportamenti disadattativi interconnessi, emozioni negative e sensazioni relative al proprio corpo. Il
lavoro si concentra principalmente sulla modifica e riadattamento di tali convinzioni e comportamenti. I concetti fondamentali
della CBT includono lo sviluppo
di una formulazione condivisa del
problema, esercizi di rilassamento (respirazione diaframmatica,
rilassamento muscolare progressivo o visualizzazione guidata), il
mettersi alla prova dal punto di
vista cognitivo, la riorganizzazione del proprio “sé” e modifiche
comportamentali. La CBT è sicuramente l’intervento psicologico
più studiato e meglio valutato nel
trattamento di disturbi neuropsichiatrici sia in bambini che adulti,
ed è stata applicata con successo
in modalità differenti, quali lavoro
individuale, di gruppo o dell’intera
famiglia.
Nei DFGI, la CBT è utilizzata secondo metodologie applicative simili. La terapia cerca di scardinare
schemi mentali che sono di ostacolo al superamento dei sintomi o
addirittura li acuiscono (“non riesco a reagire al dolore”), pensieri
negativi influenzati dai sintomi (“la
gente non parla con me perché
sono malato”) e comportamenti
o interazioni con gli altri che non
sono utili (come comportamenti
di evitamento). Nella CBT rivolta
ai bambini affetti da DFGI, i genitori sono generalmente coinvolti
sia per il loro ruolo di promotori
del “benessere” del bambino, sia
nella pianificazione e discussione su comportamenti o idee che
potrebbero involontariamente rinforzare il concetto di malattia nel
bambino.
La maggior parte degli studi riporta l’uso della CBT nel trattamento della IBS negli adulti. I risultati
suggeriscono come la CBT presenti un’efficacia maggiore rispetto ad altri interventi attivi, quali
l’educazione, o interventi farmacologici somministrati a pazienti
in attesa di valutazione clinica. I
risultati suggeriscono un impatto
positivo sui sintomi della IBS, incluso il dolore, l’umore, la qualità
della vita, con effetto duraturo nel
tempo 3.
Sono stati condotti pochi trials
randomizzati sull’utilizzo della
CBT nel trattamento di DFGI in
età pediatrica, e tutti limitati ai
dolori addominali ricorrenti funzionali (Functional Recurrent Abdominal Pain – FRAP). In questi
studi la CBT includeva sessioni simultanee con i genitori o incontri
con tutto il nucleo familiare. Una
review Cochrane sulle terapie per
i FRAP ha evidenziato una maggiore efficacia a breve termine
della CBT rispetto ai soggetti controllo nella riduzione del dolore 4.
Ci sono inoltre prove, seppur limitate, che suggeriscono l’efficacia
della CBT nella riduzione dei comportamenti associati al dolore, e
nel miglioramento sia della qualità
della vita che del tono dell’umore.
È opportuno sottolineare che sia la
variabilità nella metodologia degli
studi (differenti protocolli di trattamento, di valutazione dei risultati
e del numero di soggetti controllo)
che il numero ridotto di soggetti
studiati rendono tali evidenze ancora non conclusive. Inoltre, in uno
studio recente di Van der Veek et
al., sebbene la CBT determini un
netto miglioramento nei sintomi,
nessuna differenza di efficacia è
stata riscontrata rispetto al trattamento medico convenzionale
somministrato in maniera intensiva 5. È stato evidenziato come en-
NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY
Terapia cognitivo-comportamentale e ipnoterapia nei disturbi
funzionali gastrointestinali
trambi gli approcci (CBT e terapia
medica intensiva) hanno caratteristiche simili e sovrapponibili, come
l’attenzione e il contatto quotidiano. Per tale motivo ulteriori studi
sono necessari per comprendere
quali componenti della CBT risultano essere efficaci nel determinare un miglioramento sintomatologico osservato nei DFGI.
Ipnosi e DFGI
L’ipnosi clinica è stata definita
come uno stato in cui un individuo
ha un’attenzione fortemente mirata e una coscienza periferica limitata, nel quale si ha una aumentata
risposta alla suggestione. L’ipnoterapia diretta all’intestino (Gutdirected hypnotherapy – GDH)
generalmente comprende l’uso
di una combinazione di induzione
ipnotica e di tecniche atte alla “intensificazione” dell’attenzione dei
pazienti. La GDH usa un immaginario metaforico multi-sensoriale
che può includere suggestioni di
rilassamento, challenge cognitivi e strategie di “coping” (tra
cui quelle atte al “rafforzamento
dell’Io”), e suggestioni post-ipnotiche. L’immaginario o le metafore
possono essere suggerite dal terapista o generate dal paziente.
La GDH solitamente include la diretta suggestione della trasformazione di un sintomo o della percezione del proprio intestino, per
esempio i pazienti modificano la
loro visualizzazione dell’intestino
da “malato” a “sano”. Il numero
delle sessioni varia, ma di solito le
sessioni variano tra 3-6 con relativo follow-up, con durata tra i 30
e i 60 minuti. I pazienti spesso si
esercitano tra una sessione e l’altra mediante audio-registrazioni o
elaborati scritti. Come per la CBT,
la GDH è stata sviluppata e utilizzata in diversi format, come quella
di gruppo o quella individuale.
Il meccanismo tramite cui l’ipnosi
induce un cambiamento sintoma-
tologico non risulta ben chiaro. La
natura bidirezionale delle interazioni cervello-intestino permette di
ipotizzare l’impatto positivo delle
influenze psicologiche sul funzionamento complessivo dell’apparato gastrointestinale. L’effetto diretto della GDH sia sulla fisiologia
gastrointestinale che sul funzionamento neurologico è al momento
non ben definito, e i risultati disponibili in letteratura sono particolarmente contrastanti 6.
Come per la CBT, l’efficacia della
GDH è stata prevalentemente riportata nel trattamento della sindrome del colon irritabile (IBS) in
età adulta, come evidenziato in
una recente review, in cui 24 dei
35 studi pubblicati si riferiscono
all’età adulta 7. Comunque, tale
review ha evidenziato l’elevata
efficacia della GDH nel trattamento della IBS. In particolare, sia rispetto ai trattamenti farmacologici
standard che al placebo, la GDH
determina un miglioramento clinico complessivo, e risulta essere
particolarmente efficace nel miglioramento della qualità di vita e
nella riduzione del dolore.
Pochi studi sono disponibili in
età pediatrica. La metodologia
utilizzata in questi studi è particolarmente ampia, soprattutto in
termini di tecniche di ipnosi usate
e criteri di inclusione dei partecipanti. Mentre i criteri di Roma III
differenziano tra IBS e FRAP, Vlieger et al. hanno incluso entrambi
i gruppi, mentre altri si riferiscono
specificatamente solo ai FRAP
(anche se resta il dibattito riguardo l’indipendenza di queste entità) 8. C’è anche una variazione
significativa nella somministrazione dell’intervento e su quello che
può essere considerato intervento
“ipnotico”: Weydert et al. 9 usano
un immaginario guidato legato ai
sintomi e rilassamento muscolare,
mentre Gulewitsch et al. 10 valutano un “intervento breve comportamentale-ipnoterapeutico”, con il
coinvolgimento dei genitori.
Lo studio di Vlieger rappresenta
il trial randomizzato-controllato
sull’utilizzo della GDH nei FRAP o
IBS maggiormente citato. Lo studio include 53 pazienti randomizzati per il trattamento standard o
la GDH, e riporta una significativa
riduzione sia della frequenza che
dell’intensità del dolore rispetto
ai controlli; tale miglioramento è
osservabile anche un anno dopo
la fine della somministrazione
dell’intervento (e confermato con
uno studio di follow-up a lungo
termine). Inoltre, rispetto ai controlli, la GDH ha determinato un
miglioramento anche in sintomi
non gastrointestinali, che non fossero cefalea.
In generale, la GDH riporta la massima efficacia nel miglioramento
del dolore, mentre gli effetti su
altre variabili non risultano essere
ben documentati, sebbene alcuni
autori riportino un miglioramento
della qualità di vita. Comunque,
come per la CBT, anche per CDH
vi è necessità di ulteriori conferme
scientifiche.
L’utilizzo della GDH in altri DFGI
in età pediatrica è particolarmente
scarso. In età adulta, vi è un’evidenza limitata del suo utilizzo nel
trattamento del dolore toracico
di origine non cardiaca, e della
dispepsia funzionale 7. Una mancanza di evidenze non necessariamente corrisponde a una mancanza di beneficio.
Direzioni future
Sebbene i dati attualmente disponibili siano scarsi e caratterizzati da una notevole variabilità
metodologica e delle tecniche
applicate, sia la CBT e la GDH
sono efficaci nei FRAP e nell’IBS
in età pediatrica. L’identificazione
precisa di quali componenti di tali
interventi siano in realtà efficaci
rappresenta un aspetto di notevole importanza, in quanto la loro
27
L. Barkley
possibile integrazione permetterebbe l’identificazione di interventi
di massima efficacia. È inoltre importante sottolineare come i dati
si concentrino principalmente sui
FRAP, probabilmente per la loro
alta prevalenza, ed è invece necessaria l’estensione della ricerca
agli altri DFGI. Idealmente, una
ricerca dovrebbe essere su larga
scala, replicabile e longitudinale.
Nella realtà tuttavia, la pressione
globale esercitata per l’identificazione di interventi vantaggiosi in
particolare dal punto di vista economico, supporta futuri ambiti di
ricerca in cui siano valutati interventi autosomministrati, computerizzati o telefonici.
2
3
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• I disturbi funzionali gastrointestinali (DFGI) possono essere meglio compresi secondo un modello biopsicosociale, in
cui sia fattori psicologici che biologici giocano un ruolo determinante.
• L’utilizzo della terapia cognitivo-comportamentale e dell’ipnosi nei DFGI è supportato da evidenze limitate ma cre-
scenti.
• In bambini affetti da dolori addominali funzionali, sia la terapia cognitivo-comportamentale che l’ipnosi determinano
un miglioramento dei sintomi gastrointestinali, capacità di svolgimento delle comuni azioni quotidiane e qualità della
vita.
• Al momento attuale sono comunque necessarie ulteriori evidenze scientifiche.
28
a cura di
ANTONIO DI MAURO
CASE REPORT
Un caso anomalo di allergia
alimentare (AA), a metà tra sindrome
della enterocolite allergica (SEA)
e AA IgE-mediata
An unusual case of food allergy,
between FPIES and IgE-mediated food allergy
Presentazione
del caso clinico
F. è un bambino giunto alla nostra osservazione
nel sospetto di allergia alimentare (AA) al pollo e
all’uovo.
La storia clinica era esordita all’età di 8 mesi quando, in due occasioni, il bambino aveva assunto
pollo cotto al vapore e, a distanza di circa trenta
minuti dall’ingestione, aveva presentato episodi
multipli di vomito associati a pallore e letargia. In
precedenza, all’età di 6 mesi, F. aveva assunto
omogeneizzati di carne di pollo senza problemi.
All’età di 10 mesi aveva assunto un cucchiaino
di uovo crudo miscelato in una minestrina calda,
dopodiché si era addormentato come di consueto. A distanza di circa 2 ore dall’assunzione del
pasto, il risveglio lamentoso del bambino aveva
attirato l’attenzione della nonna: il bambino aveva
vomitato una volta e presentato elementi orticarioidi dapprima solo sul volto e, nel corso dei minuti successivi, sul resto del corpo. Il bambino era
apparso anche pallido e letargico. Circa un mese
prima, il bambino aveva assunto in due occasioni
il tuorlo di un uovo bollito per dieci minuti, senza
presentare reazioni avverse. Dall’età di 10 mesi F.
non aveva più mangiato né uovo né pollo.
La prima valutazione presso il nostro ambulatorio
è stata effettuata all’età di 21 mesi. In tale occasione sono stati effettuati prick test cutanei che
mostravano i seguenti risultati: uovo crudo (albume e tuorlo miscelati) = 6 mm (diametro medio
del pomfo), albume bollito = negativo, tuorlo bollito = negativo, uovo al forno in matrice di grano
(ciambellone) = negativo, estratto commerciale di
albume (Lofarma, Italia) = 3 mm, estratto commerciale di tuorlo (Lofarma, Italia) = negativo, pol-
Serena Monaco (foto)
Stefano Miceli Sopo
Unità Operativa Semplice di
Allergologia Pediatrica, Unità Operativa
Complessa di Pediatria, Area
Pediatrica, Polo Salute della Donna e
del Bambino, Fondazione Policlinico
Universitario A. Gemelli, Università
Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Key words
Chicken • Egg • Food protein
induced enterocolitis syndrome • IgEmediated food allergy
Abstract
Food protein induced enterocolitis syndrome
(FPIES) is a food-related gastrointestinal hypersensitivity disorder, probably non IgE-mediated.
Over the years, various diagnostic criteria have
been proposed to identify FPIES. In the last few
years, there was an increased interest from
researchers to FPIES, that frequently brought
to discover new aspects of this disease. We
describe an unusual case of FPIES to egg and
chicken in a 21-months child, because of its clinical characteristics that reflect some aspects of
IgE-mediated food allergy (FA) and other of non
IgE-mediated FA. Although we believe that the
most correct diagnosis for our case is FPIES,
we think also that this is undoubtedly an atypical form. This is in fact, the first description of
a patient who simultaneously has both clinical
expressions of IgE-mediated FA and of FPIES.
Our case highlights the need to review criteria
for FPIES diagnosis.
Indirizzo per la corrispondenza
Stefano Miceli Sopo
largo Agostino Gemelli 8, 00168 Roma
E-mail: [email protected]
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:29-30; doi: 10.19208/2282-2453-107
29
S. Monaco, S. Miceli Sopo
lo crudo = negativo, estratto
commerciale di pollo (Lofarma, Italia) = negativo, istamina = 5 mm, controllo negativo
= negativo.
Esame obiettivo
Al momento del nostro primo
incontro l’esame obiettivo di F.
era normale.
Possibili ipotesi
diagnostiche
•Allergia alimentare (AA) IgEmediata nei confronti dell’uovo
•Sindrome
dell’enterocolite
allergica (SEA) nei confronti
del pollo
•Sindrome dell’enterocolite allergica nei confronti dell’uovo
•Entrambi i tipi di allergia alimentare, AA IgE-mediata e
SEA, per entrambi gli alimenti
Sviluppo e soluzione del caso clinico a pagina 45
30
a cura di
Salvatore Oliva
ENDOSCOPY
LEARNING LIBRARY
La preparazione intestinale
in età pediatrica
Bowel preparation in pediatric age
La colonscopia è una procedura diagnostica e terapeutica di fondamentale importanza in una varietà di disturbi gastrointestinali che interessano l’età pediatrica.
Tuttavia, per essere davvero efficace e utile necessita
di un’adeguata preparazione intestinale. Infatti, un’insufficiente preparazione può determinare: incompleta
visualizzazione della mucosa; mancata individuazione
delle lesioni di piccole dimensioni; aumento dei rischi
procedurali; prolungamento dei tempi di esecuzione e
di anestesia/sedazione; aumento della frequenza dei
controlli e costi maggiori (Figg. 1, 2).
Molto spesso, proprio la preparazione intestinale rappresenta la parte più difficile della procedura in età pediatrica. Infatti, frequentemente i bambini non riescono
ad assumere i quantitativi previsti, e si deve ricorrere
all’utilizzo del sondino nasogastrico.
L’obiettivo quindi, soprattutto in pediatria, è quello
di rendere la preparazione il più tollerabile possibile,
senza perdere in efficacia. Un regime ideale, dovrebbe
essere allo stesso tempo efficace, sicuro, palatabile,
facile da somministrare ed economico.
Attualmente in commercio sono disponibili molti preparati ma nessuno di essi soddisfa a pieno tali requisiti
e, a oggi, non esiste un protocollo unico standardizzato in età pediatrica.
Di recente, la North American Society for Pediatric
Gastroenterology, Hepatology and Nutrition (NASPGHAN), ha confrontato i diversi meccanismi d’azione, l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di diverse
preparazioni in commercio, al fine di individuare quelle
più efficaci.
In questo report i catartici in uso vengono così classificati:
•Lassativi stimolanti (bisacodile, sennosidi antrachinonici). Stimolano la motilità intestinale e accelerano
la defecazione, inducendo la secrezione di acqua ed
elettroliti, con possibilità di dolori addominali e squilibri idro-elettrolitici importanti;
•Agenti iper-osmotici (sodio fosfato, magnesio citrato). La loro azione principale consiste nel sequestrare liquidi all’interno del lume intestinale e
stimolare la motilità dell’intestino. Agiscono molto
Debora Vezzoli (foto)
Giusy Russo
Salvatore Oliva
UOC di Gastroenterologia ed
Epatologia Pediatrica, Azienda
Universitaria Policlinico Umberto
I, Dipartimento di Pediatria e
Neuropsichiatria Infantile, Sapienza
Università di Roma
Key words
Colonoscopy • Colon cleansing •
Children • Pediatric endoscopy
Abstract
Inadequate bowel cleansing during colonoscopy
may lead to incomplete visualization of the colon, missed detection of lesions, lower procedural
safety, prolonged procedure time, and reduced interval time for follow-up with significant economic
impact. From children’s perspective, taking a complete bowel preparation is often the most difficult
part of the procedure. Despite the availability of
various bowel preparations, the ideal preparation
regimen for pediatric colonoscopy remains elusive, and only few well-controlled studies in pediatric population have been published.
Polyethylene glycol-electrolyte is one of the most
commonly used agents and has been shown to
have a cleansing effectiveness similar to that of sodium picosulphate with magnesium citrate (NaPico.MgCit), but with lower acceptability. According
to recent evidences, NaPico can be recommended
as an option for bowel cleansing in children. The
low-volume preparations represent a promising
regimen for bowel preparation in children.
Indirizzo per la corrispondenza
Salvatore Oliva
viale Regina Elena 324, 00185 Roma
E-mail: [email protected]
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:31-33; doi: 10.19208/2282-2453-108
31
D. Vezzoli et al.
Figura 1.
Scarsa preparazione intestinale.
Figura 2.
Adeguata preparazione intestinale.
32
rapidamente (circa 2 ore). Sono
dunque molto efficaci a bassi
volumi, ma si rendono responsabili di importanti alterazioni
idro-elettrolitiche; pertanto richiedono un’adeguata idratazione pre- e post-procedurale;
• Agenti iso-osmotici (glicole polietilenico o PEG). Sono polimeri
inassorbibili che hanno un effetto meccanico di lavaggio ad
alto volume. Sono molto sicuri,
in quanto non causano significative alterazioni di liquidi e
di elettroliti né alterazioni della
mucosa. Hanno azione rapida,
circa 2 ore. Il loro svantaggio è
legato alla scarsa tollerabilità e
agli alti volumi necessari.
Il panel di esperti ha esaminato i
diversi protocolli in uso nei centri
di gastroenterologia pediatrica del
Nord America e ha prodotto delle
raccomandazioni ufficiali per migliorarne l’utilizzo.
Per quanto riguarda le sostanze
utilizzate è risultato quanto segue:
•PEG-3350 (polietilenglicole senza elettroliti): prodotto più utilizzato per efficacia e sicurezza;
•PEG-ELS (polietilenglicole con
elettroliti): efficace ma meno tollerato;
•sodio fosfato: non raccomandato nei bambini per l’alta percentuale di eventi avversi;
•citrato di magnesio: efficace (ma
meno del PEG-3350), ma il gusto
sgradevole può limitarne l’uso.
In relazione all’utilizzo del PEG3350, in monoterapia si consiglia:
•2-5 anni e 6-11 anni: 1,5 g/kg/
die per 1 giorno;
•> 12 anni: 4 g/kg/die per 1 giorno (con succhi di frutta o integratori sportivi).
Per la duplice terapia, l’associazione più frequente è PEG-3350 e
bisacodile.
Anche il nostro gruppo di Gastroenterologia pediatrica della Sapienza - Università di Roma ha
condotto uno studio su diversi
schemi di preparazione, includen-
ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY
La preparazione intestinale in età pediatrica
do 299 bambini randomizzati in
4 bracci di trattamento:
•gruppo A: PEG-4000 alla dose
di 100 mL/kg (fino ad un massimo di 4 L);
•gruppo B: PEG-4000+ citrato+
bisacodile. 5 mg di bisacodile
seguiti da 50 mL/kg (fino a un
massimo di 2 L) di soluzione di
PEG-CS;
•gruppo C: PEG-3350 con acido
ascorbico alla dose di 50 mL/kg
(fino a un massimo di 2 L) con
aggiunta di 25 mL/kg di liquidi
chiari (massimo 1L);
•
gruppo D: 2 dosi di sodio picosolfato + magnesio citrato +
acido citrico diluiti in 150 mL di
acqua, seguiti da assunzione di
liquidi chiari.
Per ciascuno di essi sono state valutate efficacia, sicurezza e tollerabi-
lità. I risultati hanno mostrato un’efficacia e una sicurezza pressoché
equivalenti tra i vari trattamenti, ma
una maggior tollerabilità nel gruppo
con NaPico+MgCit (p < 0,01).
Da questi dati emerge che le nuove soluzioni a basso volume (sia
di PEG che di NaPico) sembrerebbero essere le uniche in grado di
avvicinarsi ai requisiti di una preparazione ideale. Tuttavia questi
nuovi regimi andrebbero validati
su larga scala prima di poter diventare protocolli di riferimento,
considerata la mancanza di letteratura a riguardo.
Bibliografia di riferimento
Di Nardo G, Aloi M, Cucchiara S, et
al. Bowel preparations for co-
lonoscopy: an RCT. Pediatrics
2014;134:249-56.
Pall H, Zacur GM, Kramer RE, et
al. Bowel preparation for pediatric colonoscopy: report of
the NASPGHAN endoscopy
and procedures committee.
J Pediatr Gastroenterol Nutr
2014;59:409-16.
Turner D, Levine A, Weiss B, et al.;
Israeli Society of Pediatric Gastroenterology
and
Nutrition
(ISPGAN). Evidence-based recommendations for bowel cleansing before colonoscopy in
children: a report from a national working group. Endoscopy
2010;42:1063-70.
Vejzovic V, Wennick A, Idvall E, et al.
Polyethylene glycol- or sodium
picosulphate-based
laxatives
before colonoscopy in children.
J Pediatr Gastroenterol Nutr
2016;62:414-9.
• La colonscopia è una procedura diagnostica e terapeutica di fondamentale importanza in gastroenterologia pediatrica.
Tuttavia, per essere davvero efficace e utile necessita di un’adeguata preparazione intestinale.
• Molto spesso la preparazione intestinale rappresenta la parte più difficile della procedura per i pazienti pediatrici.
• Attualmente sono disponibili molti preparati ma non esiste un protocollo unico standardizzato in età pediatrica.
• Le nuove soluzioni a basso volume (sia di PEG che di NaPico) sembrerebbero essere le uniche in grado di avvicinarsi
ai requisiti di una preparazione ideale. Tuttavia questi nuovi regimi andrebbero validati su larga scala prima di poter
diventare protocolli di riferimento, considerata la mancanza di letteratura a riguardo.
33
TRAINING
AND EDUCATIONAL CORNER
a cura di
Barbara Bizzarri
Manometria ad alta risoluzione
High resolution manometry
Giuseppe Pagliaro (foto)
Osvaldo Borrelli2
1
UOC Pediatria Generale e d’Urgenza,
Dipartimento Materno-Infantile
Azienda Ospedaliera-Universitaria
“Maggiore” Parma; 2 Divisione di
Neurogastroenterologia e Motilità,
Dipartimento di Gastroenterologia
Pediatrica, Great Ormond Street
Hospital for Sick Children, Londra
1 Key words
Motility • Diagnostic • High resolution
manometry • Esophagus • Anorectum
• Colon
Abstract
High-resolution manometry (HRM) enables more
detailed definition, both in term of space and
time, of pressure profiles along the gut. By a
combination of new manometric assemblies and
advances in computer processing allow pressure data to be presented as highly detailed
topographical plots. HRM provides objective
measurements of the intraluminal pressure, and
improve the sensitivity and specificity of manometric recording.
Indirizzo per la corrispondenza
Giuseppe Pagliaro
via Gramsci 14, 43100 Parma
E-mail: [email protected]
una progressiva riduzione della distanza tra di essi, in
associazione a una specifica rappresentazione topografica delle variazioni pressorie.
La HRM è utilizzata principalmente nello studio dei disturbi motori esofagei, sebbene negli ultimi tempi si è
osservata una sua crescente applicazione nella valutazione della motilità colonica e rettale. Esistono due
metodi principali per l’esecuzione della manometria
intestinale: un metodo che richiede la perfusione costante di acqua con un sistema a bassa compliance
e un metodo allo stato solido. In entrambi i sistemi,
le variazioni di pressione endoluminale sono acquisite mediante cateteri posizionati nel lume intestinale, e
inviate a trasduttori in grado di trasformare il segnale
meccanico in elettrico, e amplificarlo. Nel sistema a
perfusione, i cateteri presentano un numero variabile di fori (open tips) perfusi da una pompa pneumoidraulica a un flusso costante e quando occlusi, per
esempio da una contrazione, le variazioni pressorie
sono trasmesse a trasduttori localizzati esternamente
ai cateteri. Nel sistema allo stato solido, invece, i microtrasduttori sono localizzati lungo la superficie del
catetere (endoluminali), permettendo un’elaborazione
diretta dei cambi pressori. I cateteri allo stato solido
sono caratterizzati da una maggiore rigidità e costo più
elevato rispetto quelli perfusionali, ma presentano una
maggiore accuratezza diagnostica.
Manometria esofagea
ad alta risoluzione
La manometria intestinale ad alta risoluzione (High
Resolution Manometry - HRM) rappresenta uno
sviluppo tecnologico della manometria intestinale
convenzionale, rispetto alla quale è caratterizzata
da una maggiore risoluzione spazio-temporale, una
visualizzazione più intuitiva e diretta dei patterns
motori e un netto miglioramento nella accuratezza
diagnostica. Ciò è dovuto a una riduzione sensibile
della grandezza dei cateteri utilizzati, un impressionante aumento del numero dei sensori pressori e
34
I disturbi della motilità esofagea sono stati i primi a essere
studiati mediante la manometria ad alta risoluzione, che
ha ormai ampiamente sostituito la manometria convenzionale. L’HRM permette la registrazione della pressione
endoluminale esofagea mediante sensori ravvicinati, a
intervalli di circa 1 cm, lungo tutto l’esofago (high spatial
resolution) e una maggiore accuratezza nella registrazione pressoria (temporal and pressure resolution). Tramite un software dedicato le ampiezze pressorie vengono
espresse in una scala di colori che prende il nome di Esophageal Pressure Topography (EPT) (Fig. 1).
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:34-37; doi: 10.19208/2282-2453-109
TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER
Manometria ad alta risoluzione
FIGURA 1.
Esempio di deglutizione registrata mediante manometria esofagea ad alta risoluzione (HRM).
L’avvento dell’EPT ha determinato l’introduzione di nuovi parametri nella valutazione e diagnosi dei
disturbi motori esofagei e sebbene siano state proposte numerose
classificazioni, attualmente la più
utilizzata è la cosiddetta Classificazione di Chicago (Tab. I).
Per lo studio della motilità esofagea, il catetere è introdotto per via
nasale a paziente sveglio, e solo
occasionalmente è richiesta una
sedazione. Dopo un periodo di
rilassamento, lo studio con HRM
consta, in breve, di due fasi:
1. la prima fase è contraddistinta
da una registrazione a riposo,
nella quale vengono posizionati i markers che individuano lo
sfintere esofageo inferiore (LES),
superiore (UES) e lo stomaco e
viene misurata la pressione del
LES a riposo (resting pressure);
2. la seconda fase, più dinamica,
è caratterizzata da 10 deglutizioni con 2-5 ml di acqua.
Successivamente, se possibile, si
invita il paziente a bere un intero
bicchiere di acqua (test da stress),
e infine nei pazienti con sintomi durante l’assunzione di cibi di
consistenza aumentata o secchi si
effettua la valutazione dell’attività
motoria in corso di un pasto solido.
L’HRM, a differenza della manometria convenzionale, ha dei tempi di esecuzione minori, poiché
non sono necessarie manovre ripetitive di “pull-trough” o di riposizionamento del catetere.
Al termine della registrazione,
ogni deglutizione viene valutata e
classificata mediante dei parametri che permettono in maniera accurata e oggettiva di definire differenti pattern dell’attività motoria
esofagea (Tab. I).
La HRM ha permesso di distinguere l’acalasia in tre sottogruppi,
sulla base dei differenti pattern
pressori e la presenza di contrazioni spastiche:
1. tipo I: acalasia con pressurizzazione assente (classic achalasia);
2. tipo II: acalasia con compressione esofagea (achalasia with
panesophageal pressurization);
3. tipo III: acalasia con contrazio-
ni premature dall’elevata ampiezza (spastic achalasia).
Questa nuova classificazione si
è dimostrata utile nel predire la
risposta al trattamento e di conseguenza nel guidare la scelta terapeutica ottimale.
I limiti della metodica sono legati, principalmente, alla scarsa conoscenza di quali fattori, legati al
paziente (età, peso, etnia) e tecnici
(diametro del catetere, risoluzione
spaziale) siano in grado di influenzare le misure dell’HRM. Nonostante
sia possibile ottenere molti più dettagli sulla motilità esofagea, l’HRM
non fornisce una spiegazione adeguata sulla disfagia non ostruttiva.
Inoltre l’HRM ha dei costi di acquisto
e gestione molto più alti rispetto alla
manometria convenzionale.
Manometria
anorettale ad
alta risoluzione
Lo sviluppo dell’HRM nello studio
dei disturbi anorettali è ancora
35
G. Pagliaro, O. Borrelli
TABELLA I.
Criteri diagnostici secondo l’ultima versione della classificazione di Chicago.
Diagnosi
Criteri diagnostici
Disordini con incompleto rilassamento del LES:
- Acalasia tipo I
- Acalasia tipo II
- Acalasia tipo III
- EGJ outflow obstruction
IRP medio al di sopra dei limiti di norma +
100% di peristalsi fallite.
≥ 20% di PEP (panesophageal pressurization).
≥ 20% di contrazioni premature (spastiche).
Presenza di peristalsi intatte o peristalsi frammentate non
soddisfa i criteri per la diagnosi di acalasia (ostruzione
meccanica)
Disordini maggiori della motilità (non osservati in soggetti sani)
- Spasmo esofageo distale (DES)
- Esofago Ipercontrattile (Jackhammer esophagus)
- Contrattilità assente
IRP normale +
≥ 20% di contrazioni premature.
≥ 20% DCI > 8000 mmHg-cm-sec
100% di peristalsi fallite
Disordini minori della motilità
- Motilità inefficace
- Peristalsi frammentata
IRP normale +
≥ 50% di deglutizioni inefficaci
≥ 50% di deglutizioni frammentate e non efficaci
Motilità normale
IRP normale + > 50% di deglutizioni efficaci
IRP, Integrated Relaxation Pressure; DCI, Distal Contractile Integral; EGJ, Giunzione Esofagogastrica
in una fase iniziale. La manometria anorettale ad alta risoluzione (HRAM) si basa sull’utilizzo di
cateteri flessibili allo stato solido
o a perfusione ad acqua che contengono 8-12 sensori, distanziati
tra loro circa 0,5-1 cm, che permettono una valutazione pressoria spazio-temporale migliore
rispetto ai cateteri della manometria convenzionale. Questo tipo di
sistema permette un minor tempo
di esecuzione e una più semplice
interpretazione (Fig. 2).
Le indicazione cliniche sono le
stesse dell’HRM tradizionale, ossia la valutazione quantitativa e
qualitativa delle funzioni motorie
anorettali e in particolar modo del
canale anale, il cui normale funzionamento esprime la perfetta
coordinazione tra il sistema nervoso autonomo e somatico.
I principali parametri valutati sono:
• lunghezza del canale anale;
• pressione a riposo dello sfintere anale (resting pressure);
• ponzamento (squeezing pressure);
• riflesso Inibitorio Retto Anale
(RAIR), fondamentale soprat-
36
tutto nel sospetto di Malattia di
Hirschsprung.
Alcuni autori hanno comparato
questi parametri usando la metodica tradizionale e quella ad alta
risoluzione, evidenziando una
buona correlazione. L’HRM for-
nisce, sicuramente, una migliore
caratterizzazione e comprensione della motilità anorettale, ma
gli studi pubblicati non hanno
ancora dimostrato un vantaggio
clinico-diagnostico definitivo nei
confronti della manometria con-
FIGURA 2.
Tracciato di manometria anorettale ad alta definizione.
TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER
Manometria ad alta risoluzione
Bibliografia di riferimento
Dinning PG, Carrington EV, Scott
SM. Colonic and anorectal motility testing in the high-resolution
era. Curr Opin Gastroenterol
2016;32:44-8.
Dinning PG, Carrington EV, Scott
SM. The use of colonic and anorectal high-resolution manometry and its place in clinical work
and in research. Neurogastroenterol Motil 2015;27:1693-708.
Fox M, Bredenoord AJ. Oesophageal high-resolution manometry:
moving from research into clinical practice. Gut 2008;57:40523.
FIGURA 3.
Patterns motori colonici evidenziati tramite tracciato manometrico ad alta
risoluzione.
venzionale, come è accaduto in
quella esofagea. Inoltre i cateteri
utilizzati sono molto più costosi e
fragili e hanno una durata inferiore
rispetto a quelli convenzionali.
Manometria
colonica ad alta
risoluzione
L’introduzione dell’HRM nello studio dei disturbi colonici è all’inizio,
con pochissimi studi pubblicati a
disposizione. Anche per la manometria colonica esiste un sistema
perfusionale e un sistema allo stato
solido. I cateteri utilizzati nel sistema
perfusionale presentano un numero
di punti di registrazione variabile tra
20 e 24, mentre i cateteri allo stato
solido variano tra 36 a 72-120 sensori pressori, spaziati ogni 10 mm
(catetere a fibre ottiche). È stato dimostrato che la manometria ad alta
risoluzione fornisce un’accuratezza
e sensibilità maggiore nella valutazione dei patterns motori colonici
che non vengono individuati con
l’HRM a bassa risoluzione. Questo
sviluppo tecnologico potrà contribuire a comprendere in maniera più
chiara la normale fisiologia del colon e a individuare dei biomarkers
clinicamente rilevanti nella valutazione delle alterazioni della motilità
colonica (Fig. 3).
Jones MP, Post J, Crowell MD. Highresolution manometry in the evaluation of anorectal disorders: a
simultaneous comparison with
water-perfused manometry. Am
J Gastroenterol 2007;102:850-5.
Kahrilas PJ, Bredenoord AJ, Fox M,
et al. The Chicago classification
of esophageal motility disorders,
v3.0. Neurogastroenterol Motil
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Kahrilas PJ. Esophageal motor disorders in terms of high-resolution esophageal pressure topography: what has changed? Am
J Gastroenterol 2010;105:981-7.
Lee TH, Bharucha AE. How to perform and interpret a high-resolution anorectal manometry
test. J Neurogastroenterol Motil
2016;22:46-59.
Van Hoeij FB, Bredenoord AJ .Clinical application of esophageal
high-resolution manometry in the
diagnosis of esophageal motility
disorders. J. Neurogastroenterol
Motil 2016;22:6-13.
• La manometria ad alta risoluzione rappresenta uno sviluppo tecnologico della manometria tradizionale.
• L’HRM garantisce una maggiore risoluzione spazio-temporale permettendo un’interpretazione migliore dei risultati.
• La manometria esofagea ad alta risoluzione mediante l’utilizzo di parametri derivanti dall’Esophagel Pressure Topo-
graphy (EPT) ha permesso una nuova e più accurata classificazione dei disturbi motori esofagei.
• L’introduzione dell’HRM nello studio della motilità colonica e rettale è in una fase iniziale, ma sembra permettere una
comprensione più dettagliata dei pattern e dell’attività motoria.
37
GUIDELINES: WHAT IS THE BEST
FOR CLINICAL PRACTICE
a cura di
Teresa Capriati
Diagnosi e gestione dell’infezione
da Helicobacter pylori nel bambino:
le indicazioni “evidence based” delle
Linee guida ESPGHAN e NASPGHAN
Evidence based guidelines for diagnosis and management
of Helicobacter pylori infection in children
Teresa Capriati
UOS di Nutrizione artificiale, Ospedale
pediatrico Bambino Gesù, Roma
Key words
Infezione da Helicobacter pylori • Test
invasivi e non invasivi • Resistenza
alla claritromicina
Abstract
In this review we summarize the
main recommendations for diagnosis and management of Helicobacter pylori infection in children formulated in ESPGHAN and NASPGHAN
evidence-based guidelines. Grades of evidence
were reported for each recommendation based
on the GRADE system. The comment of an
expert reviewer explicates the applicability of
these reccomendations to daily clinical practice.
Indirizzo per la corrispondenza
Teresa Capriati
piazza Sant’Onofrio 4, 00165 Roma
E-mail: [email protected]
38
Raccomandazioni
Nel 2011 la Società Pediatrica Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione (ESPGHAN) e la Società Pediatrica Americana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione (NASPGHAN) hanno sviluppato,
con l’aiuto di un panel internazionale di esperti (11 gastroenterologi pediatri, 2 epidemiologi, 1 microbiologo
e 1 patologo) le Linee guida (LG) “evidence-based”
riguardanti diagnosi e trattamento della infezione da
Helicobacter pylori (HP) in età pediatrica 1.
Tali LG si basano su una ricerca bibliografica sistematica
di tutte le pubblicazioni relative all’argomento uscite da
gennaio 2000 a dicembre 2009 (sono state riviste 738
su 2290 pubblicazioni selezionate) e condotta su 8 banche dati. L’intento è stato quello di rispondere a 4 domande fondamentali: quali soggetti sottoporre a indagini
per l’infezione da HP, qual è l’indagine diagnostica più
adatta, chi trattare e con quale schema di terapia. La LG
presenta 21 raccomandazioni (divise per aree tematiche)
classificate in base alla forza della raccomandazione prodotta e al suo grado di evidenza (Sistema GRADE) e un
algoritmo “evidence based” relativo agli step di diagnosi
e trattamento della infezione da HP in età pediatrica.
Queste LG sono pensate e studiate per i bambini e gli
adolescenti che vivono in Europa e in Nord America, e
potrebbero non essere applicabili a coloro che vivono
in paesi in via di sviluppo che presentano un alto tasso
di infezione da HP e risorse sanitarie limitate.
Nelle tabelle I, II e III abbiamo riassunto le principali
raccomandazioni relative all’approccio diagnostico e
terapeutico all’infezione da HP, in base alla percentuale
di accordo e grado di evidenza della raccomandazione. Nella tabella IV vengono elencati i test diagnostici
disponibili allo stato attuale, suddivisi per categorie
(test invasivi e test non invasivi).
Gli schemi di terapia proposti dalla LG sono riassunti in
tabella V. Nei casi di resistenza secondaria agli antibiotici
(evento comune nei bambini) la LG offre delle alternative
terapeutiche e/o procedurali (vedi raccomandazione 21).
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:38-44; doi: 10.19208/2282-2453-110
a cura di
Teresa Capriati
Commenti
GUIDELINES: WHAT IS THE BEST
FOR CLINICAL PRACTICE
Costantino De Giacomo
Le LG ESPGHAN/NASPGHAN sono sviluppate su 4
domande chiave: 1. Chi deve essere testato per l’infezione da HP? 2. Quali test dovrebbero essere usati per
questo scopo? 3. Chi dovrebbe essere trattato? 4. Quali
regimi terapeutici sono più appropriati?
La prima domanda è la più importante che le LG pongono (chi deve essere testato per l’infezione da HP?)
e non può non tenere conto di 2 aspetti fondamentali:
l’epidemiologia dell’infezione e le differenze esistenti
fra adulto e bambino in merito all’evolutività clinica
della stessa. L’infezione da HP, in effetti, non è sempre
patogena anzi, sotto molteplici aspetti, rappresenta
un esempio tipico di malattia ospite-parassita, in cui
è possibile un vasto spettro di manifestazioni cliniche che vanno dalla possibile risoluzione spontanea
nei primi 2 anni di vita all’evoluzione (> 90%) in gastrite cronica antrale non attiva (una sorta di adattamento simbiotico), o più raramente, attiva; ancora più
sporadicamente, poi, l’infezione da HP determina lo
sviluppo di quadri clinici patologici specifici ed etàdipendenti quali la malattia ulcero-peptica (7-8%), l’atrofia gastrica, il carcinoma (CR) gastrico (< 1%) e il BLinfoma gastrico a bassa malignità (Maltoma). Questa
progressiva evolutività è rara nell’età pediatrica, età in
cui la manifestazione clinica al massimo si limita alla
patologia peptica (raramente ulcerosa e più comunemente infiammatoria antrale) 2. Alla base di questo polimorfismo clinico ci sono non solo le specificità del
batterio (attività citotossiche più o meno marcate e
ceppo-dipendente), ma anche alcune caratteristiche
dell’ospite 3.
Proprio alla luce di questo dato (bassa ricaduta clinica dell’infezione da HP in età pediatrica) ci si deve
chiedere innanzitutto se sia utile ai fini della salute del
bambino diagnosticare l’infezione da HP, dato che in
questo caso “infezione” raramente vuol dire “malattia”. Nei bambini, inoltre, i sintomi legati alla malattia
peptica associata all’infezione da HP sono assolutamente aspecifici e possono includere dolore epigastrico, soprattutto dopo i pasti, con risveglio notturno,
nausea e/o vomito, anoressia, ematemesi e anemia da
carenza di ferro (multifattoriale). Questo dato spiega
una delle prime precisazioni delle raccomandazioni,
ossia che l’obiettivo primario dell’indagine clinica dei
sintomi gastrointestinali deve essere quello di determinare la causa sottostante i sintomi e non solamente
la presenza o meno della infezione da HP (Tab. I). Ne
consegue che, in presenza di un sintomo di allarme di
patologia del tratto digestivo superiore, quale dolore
persistente ai quadranti addominali superiori, vomito
persistente, sanguinamento gastrointestinale, perdita
di peso involontaria, andranno eseguiti accertamenti
appropriati, tra i quali vi è anche una esofagogastro1
SC di Pediatria, ASST Grande
Ospedale Metropolitano Niguarda,
Milano
Indirizzo per la corrispondenza
Costantino De Giacomo
piazza Ospedale Maggiore 3, 20162 Milano
E-mail: [email protected]
duodenoscopia (EGDS) con annessa ricerca dell’HP. In presenza invece di sintomi funzionali, come
il dolore addominale senza alcun segno di allarme,
la ricerca dell’infezione da HP non è indicata.
Le LG contemplano un’unica eccezione alla regola, secondo la quale la diagnosi di infezione da HP
sia basata solo sui test invasivi: questa eccezione
è il caso dei bambini asintomatici che hanno parenti di primo grado con carcinoma gastrico. In
questo caso la ricerca dell’HP, in qualunque modo
sia condotta (quindi sia con test invasivo che con
l’istologia), se risulta positiva, autorizza a prendere
in considerazione un atteggiamento del tipo “ sottopongo a test e tratto”. Più ambigua invece appare
la raccomandazione di valutare per l’infezione da
HP i bambini con anemia sideropenica refrattaria ai
trattamenti, in cui siano state escluse altre cause di
anemia sideropenica. Nella raccomandazione infatti non viene precisato con quale tipo di test valutare questi pazienti (test non invasivo o invasivo?) e
soprattutto non è chiaro se a una diagnosi positiva
debba seguire un trattamento specifico o meno.
La terapia eradicante aumenta i livelli di emoglobina anche senza terapia sostitutiva, a differenza
di quanto accade facendo solo terapia marziale.
Viene comunque ribadito che, nel caso in cui i test
non invasivi per la ricerca delle cause dell’anemia
sideropenica non siano conclusivi e nel caso in cui
l’anemia sia refrattaria alla terapia con il ferro per
os, l’EGDS con biopsie è indicata.
In merito al possibile ruolo patogenetico dell’infezione da HP in patologie extra-digestive, le LG, sulla base degli studi analizzati 4, sottolineano come
39
T. Capriati, C. De Giacomo
TABELLA I.
Raccomandazioni relative all’approccio clinico e diagnostico all’infezione da Helicobacter pylori (HP) secondo
il grado di evidenza e la forza della raccomandazione.
Strategia di approccio clinico all’infezione da HP
Accordo
Grado di
evidenza
100%
Non
applicabile
92%
93%
100%
Alto
Basso
Basso
100%
Basso
Accordo
Grado di
evidenza
Per la diagnosi di infezione da HP durante la EGDS, si raccomanda di ottenere biopsie gastriche
(antro e corpo) da sottoporre a esame istopatologico (raccomandazione 6).
93%
Moderato
Si raccomanda che la diagnosi iniziale di infezione da HP sia basata su almeno 2 test ottenuti su
biopsie: esame istopatologico positivo e test rapido positivo o cultura positiva (raccomandazione 7).
100%
Moderato
L’obiettivo primario dell’indagine clinica in caso di infezione da HP è soprattutto quello di
determinare la causa dei sintomi e non solo di accertare la presenza di infezione da HP
(raccomandazione 1).
I test diagnostici per l’infezione da HP:
non sono raccomandati nei bambini con dolore addominale funzionale (raccomandazione 2);
possono essere presi in considerazione in bambini con parenti di primo grado affetti da
carcinoma gastrico (raccomandazione 3) e nei bambini con anemia sideropenica refrattaria,
in cui siano state escluse altre cause (raccomandazione 4).
Non ci sono evidenze sufficienti che l’infezione da HP possa essere causalmente correlata a
otiti medie, infezioni del tratto respiratorio superiore, malattia parodontale, allergie alimentari,
sindrome della morte improvvisa nel lattante (SIDS), porpora trombocitopenica idiopatica e bassa
statura (raccomandazione 5).
La diagnosi si basa su indagini effettuate su biopsie gastriche
ottenute durante esofagogastroduodenoscopia (EGDS)
non vi siano allo stato attuale
prove sufficienti per stabilire e sostenere una correlazione causale
e come esse non rappresentino
un’indicazione alla ricerca della
infezione da HP.
In merito alla seconda domanda
posta dalle LG (quali test dovrebbero essere usati per diagnosticare l’infezione da HP) il corretto
percorso diagnostico prevede
l’utilizzo solo dei test invasivi in
ambito clinico (mentre in ambito
epidemiologico i test non invasivi
sono gli unici a dover essere utilizzati). I test invasivi sono quelli
basati sull’istologia, sul test all’ureasi e sulla coltura della biopsia
da EGDS. Tali test sono i soli ad
avere una sufficiente predittività
diagnostica e le LG sottolineano
come per la diagnosi sia richiesta
la positività della ricerca microscopica sulla biopsia (antro e corpo) associata alla positività di un
secondo test (ureasi o coltura mi-
40
crobiologica). La coltura, inoltre,
dovrebbe essere eseguita sempre
in caso di persistenza/reinfezione
allo scopo di definire con l’antibiogramma la terapia più adeguata ed evitare terapie inappropriate, soprattutto in caso di elevata
antibiotico-resistenza. In merito ai
test non invasivi, quali il 13C-Urea
breath test e la ricerca dell’antigene fecale, è importante sapere che hanno un valore analogo
ai fini della verifica dell’avvenuta
eradicazione dell’infezione da HP
(Tabb. III e IV). È importante, per
garantire l’attendibilità dei test (sia
invasivi che non invasivi), rispettare una precisa tempistica diagnostica e far trascorrere almeno
2 settimane dalla sospensione dei
farmaci inibitori di pompa protonica e 4 settimane dalla sospensione degli antibiotici prima della loro
esecuzione.
La terza domanda (chi deve essere
trattato?) è altrettanto fondamen-
tale, in quanto sottintende che l’infezione non deve essere sempre
trattata (Tab. II). Le LG, infatti, sottolineano che tutti i casi con ulcera
e infezione da HP vanno di regola
trattati con terapia eradicante, tenendo però ben presente che in
età pediatrica l’associazione tra
ulcera, erosioni e infezione è molto meno stretta che nell’adulto. Un
recente studio europeo prospettico e multicentrico ha mostrato che
su 244 casi di lesioni gastroduodenali solo il 27% dei bambini con
ulcera gastrica e il 53% con ulcera
duodenale avevano un’infezione
da HP 5. In merito poi ai bambini
con infezione da HP ma senza malattia ulcero-peptica (che costituiscono in realtà la maggior parte dei
bambini sottoposti a EGDS) le LG
sottolineano come essi rappresentino di fatto un dilemma e lasciano in questo caso ampio spazio al
giudizio del medico, suggerendo
anche la possibilità di argomentare
GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE
Diagnosi e gestione della infezione da Helicobacter pylori in età pediatrica
TABELLA II.
Raccomandazioni relative alla strategia e agli schemi terapeutici consigliati nell’infezione da Helicobacter
pylori (HP) secondo il grado di evidenza e la forza della raccomandazione.
Strategia di approccio alla terapia dell’infezione di HP
Una strategia “sottopongo a test e tratto” (diagnosi di infezione da HP con l’uso di un test non
invasivo e a seguire terapia) non è raccomandata nei bambini (raccomandazione 14).
In presenza di ulcera peptica HP positiva (PUD), si raccomanda l’eradicazione dell’HP (raccomandazione 12)
Quando il rilevamento dell’HP non si associa a PUD, il trattamento per HP può essere preso in
considerazione (raccomandazione 13).
Nei bambini con infezione da HP e con parente di I grado con carcinoma gastrico si può avviare
la terapia (raccomandazione 15).
Terapia dell’infezione da HP
Le terapie di prima scelta per l’eradicazione sono le seguenti (raccomandazione 17):
1) terapia triplice: inibitore di pompa protonica (IPP) + amoxicillina + claritromicina oppure IPP +
amoxicillina + imidazolo oppure sali di bismuto + amoxicillina + imidazolo; 2) terapia sequenziale.
Si raccomanda che la durata della terapia tripla sia da 7 a 14 giorni. Bisogna considerare costi,
compliance, ed effetti collaterali (raccomandazione 19).
Si raccomanda l’esecuzione dell’antibiogramma per la claritromicina prima di iniziare una tripla
terapia con claritromicina in quelle aree/popolazioni con ceppi di HP con un tasso di resistenza
alla claritromicina notoriamente alto (> 20%) (raccomandazione 18).
Si raccomanda la sorveglianza dei tassi di resistenza agli antibiotici dei ceppi di HP in bambini e
adolescenti nei diversi paesi e aree geografiche (raccomandazione 16).
80%
Grado di
evidenza
Moderato
100%
79%
Alto
Basso
93%
Basso
Accordo
100%
Grado di
evidenza
Moderato
93%
Moderato
93%
Moderato
100%
Non
applicabile
Accordo
TABELLA III.
Raccomandazioni relative all’eradicazione dell’Helicobacter pylori (HP) e alle strategie in caso di fallimento
della terapia di prima linea secondo il grado di evidenza e la forza della raccomandazione.
Verifica dell’eradicazione
Il breath test all’urea (13C-UBT) e il test immunoenzimatico (ELISA) che ricerca l’antigene dell’HP su
feci sono due test non invasivi affidabili nel determinare l’eradicazione dell’HP (raccomandazioni 8 e 9).
Si raccomanda l’esecuzione di un test affidabile non invasivo per verificare l’eradicazione almeno
4-8 settimane dopo completamento della terapia (raccomandazione 20).
Si raccomanda di attendere almeno 2 settimane dopo la sospensione della terapia con IPP e
4 settimane dopo la sospensione degli antibiotici prima di eseguire biopsia e test non invasivi
(13C-UBT, ELISA su feci) per HP (raccomandazione 11).
I test che si basano sulla ricerca nel siero, nelle urine e nella saliva degli anticorpi (IgG, IgA)
contro HP non sono affidabili per l’uso in ambito clinico (raccomandazione 10).
Se la terapia di prima scelta fallisce (raccomandazione 21)
Si consigliano 3 opzioni:
1) esecuzione di EGDS, con coltura e antibiogramma per antibiotici alternativi (se non effettuato
prima a guida della terapia);
2) fluorescenza in ibridazione in situ (FISH) su biopsie sospese in paraffina, se il test di sensibilità
alla claritromicina non è stato eseguito prima di avviare la terapia;
In caso sia impossibile eseguire una coltura:
3) modifica della terapia con aggiunta di un antibiotico, usando diversi antibiotici, aggiungendo
bismuto, e/o aumentando la dose e/o la durata della terapia.
TERAPIE QUADRUPLICI: IPP + metronidazolo + amoxicilina + bismuto
TERAPIE TRIPLICI: IPP + levofloxacina (moxifloxacina) + amoxicillina
94%
86%
93%
Grado di
evidenza
Alto
Moderato
Basso
100%
Alto
87%
Alto
Accordo
Accordo
100%
Grado di
evidenza
Non
applicabile
41
T. Capriati, C. De Giacomo
TABELLA IV.
Test per indagare l’infezione da Helicobacter pylori (HP).
Test invasivi (richiedenti l’endoscopia)
Sensibilità
(%)
Specificità
(%)
> 95%
> 95%
Test rapido
all’ureasi
95%
85%
Coltura del germe
64%
100%
Metodo
Biopsie e istologia
Vantaggi
Svantaggi
Ampiamente disponibile; Costoso;
Valuta il danno
Richieste 3 biopsie;
mucosale sottostante
Recente uso di AB o PPIà FN
Risultato rapido;
Facile da eseguire;
Meno costoso di
istologia e coltura
Uso di formalina, AB, bismuto o PPI à FN;
La tecnica o il trattamento possono influenzare
il risultato
Determinazione
dell’antibiotico
resistenza
Costosa;
Richiede tecniche specifiche di trasferimento
e di coltura;
Richiede più di 1 settimana per i risultati;
Recente uso di AB o PPI -à FN
Test non invasivi (non richiedenti l’endoscopia)
Metodo
Sensibilità
(%)
Specificità
(%)
13C-UBT
> 95%
> 95%
Economico
Recente uso di PPI à FN;
Non raccomandato per bambini < 3 anni
Ag HP su feci
Monoclonale
Policlonale
> 90%
> 90%
Economico
Necessità di raccogliere campione fecale
Sierologia (ELISA)
siero e sangue
intero
85%
79%
Ampiamente disponibile; Non raccomandato nella pratica clinica
Economico
Sierologia su urine
85%
79%
Rapido risultato;
Facile da eseguire
Bassa sensibilità;
Non raccomandato per documentare
l’eradicazione
Sierologia su saliva
71-93%
82-92%
Facile da raccogliere;
Economico
Bassa sensibilità;
Non raccomandato per la diagnosi
Vantaggi
Svantaggi
Legenda. AB: antibiotici; PPI: inibitori di pompa protonica; FN: falsi negativi, Ag: antigene; HP: Helicobacter pylori
con la famiglia del paziente i pro e
i contro di un eventuale trattamento e la necessità di avvisarli che la
sintomatologia potrebbe verosimilmente non essere dipendente
dall’infezione e quindi non risolversi con l’eradicazione della infezione stessa.
Il trattamento suggerito dalle LG
è quello della terapia sequenziale per 10 gg o della tripla terapia
per 7-14 gg (Tab. V). La terapia
sequenziale, nonostante sia più
42
difficile da spiegare ai genitori
e necessiti di particolare attenzione, sembrerebbe presentare
un trend di efficacia terapeutica
leggermente superiore nei casi
claritromicina-resistenti.
Questo è ancora più importante se
pensiamo che in Europa il tasso
di claritromicina-resistenza è in
incremento e oscilla tra il 10 e il
30% 3. Bisogna sempre tenere
presente che lo sviluppo di una resistenza secondaria agli antibiotici
può essere un evento comune nei
bambini. In questi casi la LG offre
delle alternative di comportamento (vedi raccomandazione 21 in
tabella III). Oggi sappiamo che alla
base dell’antibiotico-resistenza di
alcuni ceppi sta una particolare
specificità nei fattori di virulenza
ceppo-specifici. Dati più recenti
suggeriscono che i risultati migliori della tripla terapia si ottengono
con almeno 10 gg di trattamento.
In sintesi, riteniamo le LG ancora
GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE
Diagnosi e gestione della infezione da Helicobacter pylori in età pediatrica
TABELLA V.
Schemi terapeutici di prima scelta per eradicazione di infezione da Helicobacter pylori (HP).
Trattamenti di prima linea per l’eradicazione dell’H. pylori nel bambino
Tripla terapia
Assumere per 7-14 giorni 3 farmaci contemporaneamente, secondo uno dei 3 schemi sottostanti
IPP
1-2 mg/kg/die in 1-2 dosi
Amoxicillina
50 mg/kg/die (max, 2 g/die) in 2 dosi
Claritromicina
20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi
IPP
1-2 mg/kg/die
Amoxicillina
50 mg/kg/die (max, 2 g/die) in 2 dosi
Metronidazolo
20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi
Sali di Bismuto
8 mg/kg/die (max 480 mg/die) in 2 dosi
Amoxicillina
50 mg/kg/die (max, 2 g/die) in 2 dosi
Metro/tinidazolo
20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi
Terapia sequenziale
In alternativa a precedente assumere per totali 10 giorni di terapia IPP (per 10 giorni) + nei primi
5 giorni amoxicillina e nei restanti 5 giorni claritromicina + metro/tinidazolo
IPP
1-2 mg/kg/die
10 gg
Amoxicillina
50 mg/kg/die (max, 2 g/die) in 2 dosi
Primi 5 giorni
Claritromicina
20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi
Successivi 5 giorni
Metro/tinidazolo
20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi
applicabili nei principi generali e
nei percorsi diagnostico-terapeutici proposti, ma nel contempo
facciamo notare come la loro attualità confermi purtroppo la mancanza di risposte ai numerosi quesiti sull’argomento esistenti già al
momento della loro formulazione.
Schema 2
Koletzko S, Jones NL, Goodman
KJ, et al. H. pylori Working Groups
Schema 3
of ESPGHAN and NASPGHAN.
Evidence-based guidelines from
ESPGHAN and NASPGHAN for
Helicobacter pylori infection in
children. J Pediatr Gastroenterol
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Yucel O. Prevention of Helicobacter pylori infection in childhood. World J Gastroenterol
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children: a critical update. World J
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5
Bontems P, Kalach N, Vanderpas J,
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in european children with gastroduodenal ulcers and erosions. Pediatr Infect Dis J 2013;32:1324-9.
6
Kutluk G, Tutar E, Bayrak A, et Al.
Sequential therapy versus standard triple therapy for Helicobacter
pylori eradication in children: any
advantage in clarithromycin-resistant strains? Eur J Gastroenterol
Hepatol 2014;26:1202-8.
2
3
Roma E, Miele E. Helicobacter pylori Infection in Pediatrics. Helicobacter 2015;20 (Suppl. S1):47-53.
4
Pacifico L, Osborn JF, Tromba V,
et al. Helicobacter pylori infec-
Bibliografia
1
Schema 1
43
T. Capriati, C. De Giacomo
• Nei bambini, a differenza di quanto accade per gli adulti, una strategia “sottopongo a test e tratto” non è raccoman-
data e il gold standard per la diagnosi di infezione in età pediatrica è sempre la biopsia ottenuta durante esofagogastroduodenoscopia (EGDS).
• Per la diagnosi di infezione da HP è necessario avere la concordanza di almeno 2 test invasivi basati su biopsie (ad
esempio istopatologia compatibile + test rapido all’ureasi positivo o coltura positiva). Al contrario lo stato di negatività
per infezione da HP è dato dalla concordanza negativa di tutti e 2 o 3 i metodi invasivi usati. Si può fare diagnosi con
un solo test invasivo solo nel caso di coltura da biopsia positiva per HP (questo metodo ha una specificità del 100% e
sensibilità bassa) e nel caso in cui all’analisi macroscopica sia presente un’ulcera sanguinante.
• Nel caso in cui non si abbia a disposizione la coltura o si verifichi una discordanza tra gli altri 2 test (test rapido all’u-
reasi e istologia) a completamento della diagnosi può essere usato un test non invasivo affidabile, ossia il 13C urea
breath test (13C UBT) o la ricerca dell’antigene (Ag) per HP su feci.
• Tutti i test per HP invasivi e non (biopsia, UBT e ricerca Ag su feci) devono essere effettuati dopo almeno 2 settimane
dalla sospensione di un inibitore della pompa protonica terapia (IPP) e 4 settimane dopo la sospensione degli antibiotici.
• Gli schemi terapeutici di prima scelta prevedono l’adozione di un regime triplice continuativo (3 farmaci contemporanea-
mente di cui un IPP per 7-14 giorni) o un regime di terapia sequenziale, in cui nei 10 giorni di terapia (interamente coperti
da un IPP) si preveda l’utilizzo di amoxicillina nei primi 5 giorni e di claritromicina e imidazolico nei successivi 5 giorni.
• Gli schemi terapeutici di seconda linea dovrebbero essere sempre guidati da un antibiogramma specifico ottenuto
dalle colture delle biopsie ottenute da EGDS e in ogni caso non dovrebbero far uso di farmaci già usati nella terapia
di prima linea.
44
CASE REPORT
a cura di
ANTONIO DI MAURO
Soluzione
del caso clinico
di pagina 29
SVILUPPO DEL CASO
CLINICO
La distanza di tempo (2 ore) e il
vomito associato a pallore e letargia era compatibile con il sospetto
di una SEA da uovo. Tuttavia, la
presenza di orticaria faceva propendere per una AA IgE-mediata,
in virtù anche di un tempo di latenza di 2 ore, ammessa come tempo massimo di latenza per queste forme di AA. Abbiamo quindi
deciso di eseguire, a distanza di
una settimana circa dalla visita
ambulatoriale, un test di provocazione orale (TPO) con ciambellone
contenente uovo: la processazione mediante cottura dell’alimento
incriminato è solitamente riservata alle AA IgE-mediate e ci è
sembrato un approccio iniziale
più prudente. Il prick test con
ciambellone è risultato negativo
e pertanto, un po’ confortati, abbiamo somministrato a F. 50 gr di
ciambellone (contenenti 1,5 gr di
proteine di uovo) in un’unica soluzione. A distanza di 3 ore, quando oramai ritenevamo il TPO negativo, il bambino ha presentato
4 episodi di vomito a getto, sudorazione fredda, pallore moderato
e letargia. I sintomi si sono risolti
spontaneamente entro due ore.
Lo stesso giorno è stato eseguito
anche “rub test” con uovo crudo,
mediante lo strofinamento di un
batuffolo di cotone imbevuto della
miscela di uovo crudo sulla cute
del volto e del tronco e, dopo venti minuti dall’inizio del test, sono
comparsi piccoli pomfi di orticaria
associati a prurito, le cui dimensioni e numero sono aumentati
Serena Monaco
Stefano Miceli Sopo
Unità Operativa Semplice di Allergologia Pediatrica,
Unità Operativa Complessa di Pediatria, Area
Pediatrica, Polo Salute della Donna e del Bambino,
Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
dopo altri 10 minuti.
Poiché anche questa volta i dubbi sul meccanismo immune sono
rimasti (da un lato i sintomi vomito-pallore-letargia a 3 ore dall’
ingestione facevano propendere
per una SEA, una AA non IgE-mediata; dall’ altro, la positività del
rub test orientava verso una forma di AA IgE-mediata), abbiamo
voluto accertarci che l’ingestione
della forma cruda dell’alimento colpevole non potesse indurre una reazione avversa di tipo
IgE-mediato, magari anafilattica.
E così dopo quattro settimane
abbiamo effettuato un TPO con
miscela di uovo crudo e succo di
frutta. È stato ripetuto il prick test
con miscela di albume e tuorlo
crudi, che è risultato nuovamente
positivo. È stato ripetuto anche il
rub test, ma questa volta il test è
risultato negativo. F. ha ingerito
con incrementi graduali (secondo
il protocollo delle AA IgE-mediate)
l’uovo crudo miscelato a succo di
frutta, fino ad arrivare ad assumere in totale metà di un uovo crudo
e poi non ne ha più voluto. A distanza di due ore dall’ingestione
della prima dose (e a circa venti
minuti dall’ingestione dell’ultima
dose) il bambino ha presentato
un episodio di vomito in assenza
di pallore e letargia. Questa volta
sono stati somministrati 0,2 mg/
kg di ondansetron per via intramuscolare, ma nonostante ciò F. ha
presentato altri episodi di vomito
(in totale 5), associati a pallore e
letargia. La pressione arteriosa si
è mantenuta sempre nei limiti di
norma. A distanza di quattro ore
dall’inizio della sintomatologia
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:45-46
clinica il bambino stava bene. È
stato proposto un TPO con omogeneizzato di pollo, ma i genitori si
sono rifiutati.
Soluzione
del caso clinico
La SEA è un disturbo di ipersensibilità gastrointestinale correlato
all’assunzione di cibo, probabilmente non IgE-mediato. I sintomi
della forma acuta includono vomito a getto e ripetitivo, diarrea,
letargia fino a prevedere, nei casi
più gravi, anche disidratazione,
ipotensione e shock. Tali sintomi
di solito si verificano tra le due e
le sei ore seguenti l’ingestione
dell’alimento sospetto 1. Nel corso
degli anni, sono stati proposti vari
criteri diagnostici per definire una
corretta diagnosi di SEA su base
anamnestica 1, criteri che sono
destinati a mutare con il progredire delle conoscenze. Ad esempio,
recentemente è stato pubblicato
un caso di SEA da funghi, insolito
perché accaduto in una bambina
di 7 anni 2. Questo caso sottolinea
la necessità di rivedere gli attuali
criteri diagnostici di SEA che prevedono, attualmente, che l’età del
primo episodio sia al massimo di
2 anni.
Riteniamo che il nostro caso sia
un’espressione clinica insolita dovuta a una singola AA basata su
meccanismi immunopatogenetici
misti, IgE- e non IgE-mediati.
Le caratteristiche che, in questo
caso, suggeriscono un’AA IgEmediata sono: a) l’orticaria dopo
l’ingestione di uovo crudo all’età
45
S. Monaco, S. Miceli Sopo
di 10 mesi; b) la positività degli
SPT verso l’uovo crudo; c) la positività del primo rub test con uovo
crudo; d) il vomito dopo una latenza di tempo di trenta minuti dall’ingestione del pollo cotto al vapore;
e) probabilmente la tolleranza del
pollo omogeneizzato, una forma
di processazione che potrebbe ridurre l’allergenicità in chi è affetto
da una AA IgE-mediata. Invece, le
seguenti caratteristiche suggeriscono un meccanismo immunopatogenetico non IgE-mediato: a)
il tempo di insorgenza dei sintomi,
a distanza di 2-3 ore dall’ingestione di uovo semicrudo all’età
di 10 mesi e durante i TPO con
ciambellone e uovo crudo; b) il fallimento del TPO con ciambellone
(questa forma processata di uovo
è solitamente tollerata dai pazienti affetti da un’allergia alimentare
IgE-mediata nei confronti dell’uovo crudo); l’assenza di orticaria
durante il TPO con uovo crudo; d)
l’esito negativo del secondo rub
test con uovo crudo.
Noi riteniamo che la diagnosi più
ragionevole sia quella di SEA.
Essa, tuttavia, non andrebbe d’accordo con uno dei criteri diagnostici più comuni della SEA, vale a
dire l’assenza di sintomi tipici di
una reazione IgE mediata, quale
l’orticaria è 1. Sono stati già stati
descritti casi di SEA virati verso
una forma di AA IgE-mediata 3 e
casi di AA IgE-mediata virati verso una forma di SEA 4, ma stando
alle nostre conoscenze, questo
descritto, è il primo caso di un
paziente che manifesti in contemporanea entrambe le espressioni
cliniche di AA IgE-mediata e di AA
non IgE-mediata. Come il caso già
descritto 2, anche il nostro caso
sottolinea la necessità di rivedere
i criteri diagnostici attuali di diagnosi di SEA, includendovi la possibilità che si manifestino espressioni cliniche più tradizionalmente
IgE-mediate, come l’orticaria. Del
resto, il ruolo patogenetico del-
46
le IgE nella SEA non è del tutto
escludibile.
Il TPO con miscela di uovo crudo
eseguito secondo la metodologia
per le AA IgE-mediate ha comportato qualche dubbio. In quell’occasione, infatti il bambino ha cominciato a vomitare a distanza di
due ore dall’ingestione della prima
dose assunta e venti minuti dopo
l’ingestione dell’ultima dose. Se la
dose responsabile dei sintomi fosse stata la prima, la reazione sarebbe compatibile certamente con
la diagnosi di SEA, mentre se la
dose responsabile fosse stata l’ultima, la diagnosi corretta sarebbe
quella di un’AA IgE-mediata.
Un altro punto interessante riguarda la simultanea allergia al pollo.
Questo tipo di allergia solitamente
è rara e quasi mai associata all’allergia nei confronti dell’uovo 5, almeno per quanto riguarda la forma IgE-mediata. Anche la SEA da
pollo è raramente descritta 6. Di
converso, Sicherer 7 suggerisce
di evitare nel primo anno di vita,
nei bambini affetti da SEA da alimenti solidi (come è l’uovo), alcuni
alimenti considerati a rischio, tra
cui pollo e carne di tacchino. Nel
nostro caso, non sappiamo se la
contemporanea allergia all’uovo
e al pollo sia dovuta a una crossreattività, come avviene per le AA
IgE-mediate, o sia dovuta a un
aumento del rischio nei pazienti
affetti da SEA da alimenti solidi,
come suggerisce Sicherer 7. Infine, il nostro caso rappresenta
anche il primo caso descritto del
fallimento terapeutico della terapia intramuscolare con ondansetron, utile nel controllo del vomito
occorso durante un TPO eseguito
nel sospetto di SEA.
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7
• La sindrome della enterocolite allergica (SEA) deve essere sospettata anche
quando gli attuali criteri diagnostici non sono completamente rispettati.
• Anche nei casi dubbi, il test di provocazione orale (TPO) deve essere ef-
fettuato secondo la metodologia prevista per la SEA per evitare equivoci.
• Il ruolo patogenetico delle IgE nella SEA non è escludibile.
• I criteri diagnostici anamnestici della SEA devono essere perfezionati.
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