08-Di Pasquale (278-282) - Giornale Italiano di Cardiologia

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CONTROVERSIE IN MEDICINA CARDIOVASCOLARE
Se e quando sospendere l’anticoagulazione orale
dopo ablazione efficace di fibrillazione atriale
Con vecchi o nuovi farmaci, ma scoagulazione a lungo termine
Giuseppe Di Pasquale, Gloria Vassilikì Coutsoumbas
U.O. di Cardiologia, Ospedale Maggiore, Bologna
G Ital Cardiol 2013;14(4):278-282
INTRODUZIONE
Gli obiettivi principali nella gestione del paziente con fibrillazione atriale (FA) sono rappresentati dalla prevenzione del rischio tromboembolico e dal “controllo” dell’aritmia attraverso
le strategie terapeutiche del controllo del ritmo o del controllo
della frequenza. Lo studio AFFIRM ed una metanalisi dei principali studi clinici randomizzati di confronto delle due strategie
ne hanno sancito una sostanziale equivalenza in termini di mortalità ed eventi cardiovascolari maggiori1,2.
Replica di Themistoclakis e China a pag. 282
Il controllo del ritmo è da lungo tempo basato sulla profilassi delle recidive di FA mediante i farmaci antiaritmici. In anni
recenti in alternativa alla terapia antiaritmica ha acquisito uno
spazio crescente la procedura di ablazione transcatetere della
FA per la soppressione delle recidive aritmiche.
È ormai da tempo acquisizione consolidata che il rischio
tromboembolico della FA parossistica non è inferiore a quello
della FA permanente e che quello che conta è il profilo di rischio tromboembolico del paziente3-5. Tuttavia nella pratica clinica i pazienti con FA parossistica hanno una probabilità significativamente minore di ricevere la terapia anticoagulante orale (TAO) rispetto ai pazienti con FA permanente6,7. Questo sottotrattamento trova parziale spiegazione nella presunzione del
cardiologo-aritmologo di riuscire a prevenire con i farmaci le ricorrenze di FA o di trattarle prontamente al loro insorgere. In realtà una metanalisi di 5 studi di confronto delle strategie di controllo del ritmo e di controllo della frequenza ha dimostrato una
tendenza verso un maggiore rischio di ictus ischemico con la
strategia di controllo del ritmo2.
La delusione per l’efficacia della profilassi antiaritmica ed i
crescenti dichiarati successi dell’ablazione transcatetere della
FA hanno alimentato un nuovo atteggiamento fideistico nei
confronti di questa procedura, sicuramente più efficace dei farmaci nella riduzione o eliminazione dei sintomi legati alle reci-
© 2013 Il Pensiero Scientifico Editore
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Giuseppe Di Pasquale U.O. di Cardiologia, Ospedale Maggiore,
Largo Bartolo Nigrisoli 2, 40133 Bologna
e-mail: [email protected]
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G ITAL CARDIOL | VOL 14 | APRILE 2013
dive di FA. Questa fiducia pretestuosa nella possibilità di sopprimere completamente le recidive aritmiche anche asintomatiche, azzerando pertanto il rischio tromboembolico, è alla base di una diffusa presunzione di potere sospendere con sicurezza la TAO dopo una procedura ablativa della FA ritenuta efficace.
L’obiettivo principale dell’ablazione dovrebbe essere quello
di eliminare o ridurre significativamente i sintomi, spesso fastidiosi e talora invalidanti, del paziente con FA recidivante. In
questo, anche sulla base della nostra esperienza, l’ablazione
funziona soprattutto se si selezionano accuratamente i pazienti. Questo concetto andrebbe correttamente spiegato al paziente. Frequentemente invece è soprattutto il desiderio di essere affrancati dalla TAO a motivare i pazienti a sottoporsi all’ablazione.
In realtà la sospensione della TAO dopo ablazione transcatetere efficace della FA non è raccomandata dalle linee guida se
non nei pazienti a rischio tromboembolico talmente basso per
i quali sarebbe comunque discrezionale l’utilizzo della TAO, a
prescindere dalla procedura ablativa8,9. Le motivazioni principali alla base del proseguimento della TAO sono la frequenza
delle recidive precoci e tardive di FA dopo ablazione e la frequenza di episodi di FA silente dopo la procedura.
Le attuali linee guida della Società Europea di Cardiologia
raccomandano il proseguimento della TAO a lungo termine dopo ablazione, indipendentemente dall’apparente successo procedurale, in tutti i pazienti con CHA2DS2-VASc score ≥28. Analogamente, il documento di consenso HRS/EHRA/ECAS del
2012 suggerisce di rivalutare il rischio tromboembolico del paziente (tramite gli score CHADS2 e CHA2DS2-VASc) a 2 mesi dalla procedura ablativa e di basare la decisione in merito alla prosecuzione della TAO unicamente su questo dato, a prescindere dalla presenza o meno di FA9.
A conferma del valore prognostico degli score CHADS2 e
CHA2DS2-VASc nel predire il rischio tromboembolico anche dopo ablazione di FA, è stato condotto uno studio osservazionale su 565 pazienti sottoposti alla procedura e seguiti per un follow-up di 40 mesi, valutando l’incidenza di morte o eventi
tromboembolici (ictus/attacco ischemico transitorio [TIA], embolia sistemica)10. Durante questo periodo si sono verificati
eventi in 27 pazienti (4.8%) e l’analisi multivariata ha confermato la persistenza di valore predittivo indipendente di eventi
tromboembolici e morte sia per il CHADS2 che per il CHA2DS2VASc score anche dopo ablazione di FA (Figura 1).
SE E QUANDO SOSPENDERE LA TAO DOPO ABLAZIONE DELLA FA
Frequenza di eventi dopo
ablazione di FA (%)
75
80
60
33,3
40
20
0
1,2
3,9 8,1
0
1
20
2
3
4
5
CHADS2 score
6
100 100
100
Frequenza di eventi dopo
ablazione di FA (%)
100
100
80
60
50
40
20
0
0,6 1,6 5,1
0
1
15,1 17,6
25
2 3 4 5 6 7
CHA2DS2-VASc score
8
Figura 1. Incidenza di eventi tromboembolici e morte dopo ablazione di fibrillazione atriale (FA) in base
al punteggio CHADS2 e CHA2DS2-VASc.
Modificata da Chao et al.10.
INCIDENZA APPARENTEMENTE MODESTA DI EVENTI
TROMBOEMBOLICI DOPO ABLAZIONE
TRANSCATETERE DI FIBRILLAZIONE ATRIALE
Diversi studi osservazionali hanno cercato di dimostrare la sicurezza della sospensione della TAO dopo ablazione della FA
sulla base di un’incidenza molto bassa di eventi tromboembolici. I limiti metodologici di questi studi impongono tuttavia molta cautela.
Oral et al.11 hanno analizzato retrospettivamente 755 pazienti
sottoposti consecutivamente ad ablazione transcatetere di FA,
dei quali solo il 18% con ≥2 fattori di rischio tromboembolico. Il
successivo follow-up di oltre 2 anni ha documentato l’assenza di
eventi ischemici cerebrali nel sottogruppo di soggetti in ritmo sinusale persistente ai quali era stata sospesa la TAO. Come sottolineato dagli autori, tuttavia, nella maggior parte dei pazienti di
età >65 anni o con precedente ictus/TIA la TAO è stata comunque proseguita, a prescindere dall’efficacia della procedura ablativa. Un altro studio retrospettivo pubblicato da Yagishita et al.12
ha analizzato 524 pazienti (84% dei quali con CHADS2 score ≤1)
sottoposti ad ablazione transcatetere di FA e seguiti con un follow-up medio di 44 mesi. Durante tale periodo, nei 400 pazienti senza recidive aritmiche ai quali era stata sospesa la TAO non
si sono verificati eventi tromboembolici. Entrambi questi studi
confermano la bassa incidenza di eventi tromboembolici unicamente in una popolazione complessivamente a basso rischio
tromboembolico sottoposta ad efficace procedura ablativa di FA.
Saad et al.13 hanno realizzato uno studio osservazionale monocentrico su 327 pazienti sottoposti ad ablazione transcatetere di FA seguiti con un follow-up di quasi 4 anni. Rispetto agli
studi precedenti è stata compresa una quota maggiore di soggetti a rischio tromboembolico più elevato (CHADS2 medio 1.89;
CHADS2 =2 nel 45% e CHADS2 =3 nel 23%). Si è osservata recidiva di FA in 97 pazienti (30%), predetta anche dal rischio
tromboembolico basale (hazard ratio 1.81 in CHADS2 ≥2). La
sospensione della TAO (avvenuta in 298 pazienti in assenza di
recidive aritmiche o in presenza di rischio tromboembolico molto basso) non è stata seguita da eventi ischemici cerebrali per
tutta la durata del follow-up. La presenza tuttavia di 22 pazienti (9.5% dei pazienti senza recidive di FA) nei quali la TAO è stata mantenuta in considerazione dell’elevato rischio tromboembolico, pur in assenza di recidive aritmiche, rende discutibili le
conclusioni ottimistiche dello studio, relative alla possibilità di
sospendere in sicurezza la TAO in pazienti con CHADS2 ≤3 dopo efficace ablazione di FA.
Un successivo studio osservazionale retrospettivo ha valutato l’incidenza di eventi tromboembolici in una popolazione
di 508 pazienti con età ≥65 anni (media 70 anni) sottoposti ad
ablazione di FA (58% parossistica), confrontandoli con un’analoga popolazione di <65 anni, in un follow-up di circa 3 anni14.
Nonostante l’età di inclusione, la maggior parte della popolazione aveva un basso rischio tromboembolico (75% dei pazienti
con CHADS2 ≤1). La TAO è stata sospesa in poco più della metà dei pazienti privi di recidive aritmiche (60% dei pazienti con
CHADS2 =0 e 56% con CHADS2 ≥1) secondo la discrezionalità
del medico, principalmente guidata da età, CHADS2, dimensioni atriali e pregressa FA parossistica. Si sono verificati 15
eventi tromboembolici nella popolazione di età ≥65 anni (incidenza 1%/anno), significativamente più frequenti rispetto alla
popolazione di età <65 anni (5 eventi tromboembolici, incidenza 0.3%/anno). Da questi dati, l’età sembra confermarsi un
fattore di rischio significativo per eventi tromboembolici anche
dopo efficace ablazione transcatetere di FA.
Lo studio più ampio finora disponibile è quello di Themistoclakis et al.15. Si tratta di un ampio studio multicentrico osservazionale che ha coinvolto 3355 pazienti sottoposti ad ablazione di FA e seguiti per un follow-up di oltre 2 anni. In questo periodo è stata valutata l’incidenza di eventi tromboembolici confrontando i pazienti nei quali era stata sospesa la TAO
a 3-6 mesi dalla procedura (Off-TAO = 2695 pazienti, dei quali 60% con CHADS2 =0, 27% con CHADS2 =1 e solo 13% con
CHADS2 ≥2) con i pazienti nei quali tale terapia era stata proseguita (On-TAO = 663 pazienti, dei quali 23% con CHADS2
=0, 39% con CHADS2 =1 e 37% con CHADS2 ≥2). La decisione di proseguire la TAO nel gruppo On-TAO è scaturita in parte maggiore da evidenza di recidive di FA (72%), rilievo di disfunzione atriale sinistra (10%) o scelta del paziente/cardiologo
referente (12%). Durante il follow-up non vi è stata differenza di eventi tromboembolici tra i due gruppi (2 eventi corrispondenti allo 0.07% nel gruppo Off-TAO e 3 eventi corrispondenti allo 0.45% nel gruppo On-TAO), mentre nei pazienti in TAO si è verificato un numero significativamente maggiore di emorragie rilevanti (0.04% in Off-TAO vs 2% in OnTAO). Gli autori concludono affermando che anche nei pazienti a rischio tromboembolico moderato-alto sottoposti ad
efficace ablazione transcatetere di FA il rapporto rischio-beneficio sia a favore della sospensione della TAO, pur sottolineando la necessità di una conferma dei risultati in uno studio randomizzato.
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G DI PASQUALE, GV COUTSOUMBAS
IL PROBLEMA DELLE RECIDIVE ANCHE SILENTI DOPO
ABLAZIONE DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE
Numerosi studi hanno documentato la presenza di episodi asintomatici di FA dopo una procedura ablativa apparentemente efficace, anche in pazienti in precedenza fortemente sintomatici.
Hindricks et al.16, in uno studio prospettico su 112 pazienti sottoposti ad ablazione di FA ed a registrazione ECG Holter
di lunga durata (7 giorni) prima dell’ablazione e dopo 3, 6 e 12
mesi, hanno documentato una bassa incidenza di episodi di FA
asintomatici prima della procedura (5%) ma un elevato incremento della quota di eventi aritmici completamente asintomatici (rispettivamente del 38%, 37% e 36%) dopo ablazione,
nonostante la riduzione della terapia medica.
Analogamente Pontoppidan et al.17 hanno analizzato 149
pazienti affetti da FA in gran parte persistente trattati con ablazione transcatetere e sottoposti ad ECG Holter di 7 giorni, con
documentazione di incidenza di recidive aritmiche del 33% a
12 mesi, nel 44% dei casi asintomatiche.
Winkle et al.18 hanno esaminato 203 pazienti, definiti liberi da FA dopo 1 anno dalla procedura ablativa, sottoponendoli ad ECG Holter di 7 giorni (186 pazienti) o ad interrogazione
di pacemaker (17 pazienti portatori di tale dispositivo) a distanza di circa 3 anni dall’intervento. Questa analisi ha documentato una bassa recidiva aritmica (4.3%) nei pazienti esaminati con Holter, mentre l’interrogazione del pacemaker ha
consentito di rilevare una quota nettamente maggiore di recidive (23.5%), sottolineando la possibilità che numerose recidive aritmiche possano sfuggire anche ad un monitoraggio Holter di lunga durata.
Le recidive aritmiche possono presentarsi non solo nei mesi immediatamente successivi alla procedura ma anche a distanza. Tzou et al.19 hanno valutato 123 pazienti sottoposti
consecutivamente ad ablazione transcatetere di FA senza recidive aritmiche ad 1 anno dalla procedura, seguendoli con un
follow-up di 5 anni con monitoraggio periodico transtelefonico, documentando un’incidenza di recidive tardive di FA del
7% annuo (29% a 5 anni). I maggiori fattori di rischio di recidiva sono risultati l’età avanzata ed una FA persistente prima
dell’ablazione. Un analogo studio osservazionale precedente
eseguito su 264 pazienti aveva documentato una percentuale
di recidiva del 9% a 3 anni e del 26% a 5 anni20.
Un recente studio osservazionale ha ricercato i fattori predittivi di recidiva di FA in 238 pazienti affetti da FA parossistica
sottoposti ad ablazione transcatetere e successiva sospensione
della terapia antiaritmica, seguiti per un follow-up di 5 anni21.
A questa distanza temporale si è osservata ricorrenza di FA nel
51% dei pazienti. I maggiori predittori di ricorrenza aritmica
sono risultati le dimensioni dell’atrio sinistro ed il punteggio del
CHADS2 score. In particolare tra i pazienti senza recidive aritmiche a 2 anni, un CHADS2 =0 correlava con una successiva
incidenza di FA solo del 2.7% a 5 anni, mentre un CHADS2 ≥3
si associava ad un rischio significativamente maggiore, pari al
63%. Da questi dati appare chiara la necessità di mantenere
un’alta vigilanza nella ricerca di recidive aritmiche anche a distanza da una procedura ablativa apparentemente ben riuscita, dato l’elevato rischio di recidive anche tardive, soprattutto
nei pazienti con un elevato CHADS2 score.
Allo scopo di confrontare l’efficacia dell’ablazione transcatetere con la terapia antiaritmica (farmaci di classe IC o III) come prima linea di trattamento in pazienti con FA parossistica è
stato disegnato e condotto il MANTRA-PAF, primo trial rando-
280
G ITAL CARDIOL | VOL 14 | APRILE 2013
mizzato in questo contesto22. In questo studio 294 pazienti non
precedentemente sottoposti ad alcuna terapia farmacologica
antiaritmica sono stati randomizzati 1:1 ai due diversi trattamenti (ablazione transcatetere vs terapia antiaritmica) e seguiti con un follow-up di 24 mesi. I controlli periodici eseguiti con
ECG Holter di 7 giorni, pur documentando una riduzione degli
episodi di FA in entrambi i gruppi rispetto al basale, non hanno rilevato differenze significative tra l’ablazione e la terapia
antiaritmica in termini di durata complessiva delle recidive aritmiche sia nell’intero periodo considerato (13 vs 19%; p=0.1),
che nei controlli intermedi a 3, 6, 12 e 18 mesi. Si registra
un’unica differenza significativa nel controllo a 24 mesi a favore della procedura interventistica (9 vs 18%; p=0.007). È da
sottolineare inoltre che il 36% dei pazienti randomizzati a terapia farmacologica è stato sottoposto nel corso dello studio
ad ablazione di FA per difficoltà nel controllo del ritmo.
Uno studio recente accuratamente condotto (DISCERN AF)
ha valutato le recidive sintomatiche e asintomatiche di FA dopo ablazione mediante utilizzo di dispositivo impiantabile di
monitoraggio continuo del ritmo cardiaco23. Dopo ablazione la
maggioranza dei pazienti ha avuto recidive di FA in forma asintomatica invece che sintomatica. Il rapporto tra episodi asintomatici e sintomatici di FA è aumentato da 1.1 pre-ablazione a
3.7 post-ablazione, con un 12% di pazienti con recidive solo
asintomatiche.
Questi dati contribuiscono a ridimensionare la fiducia talora imperante sull’efficacia della procedura di ablazione transcatetere della FA nell’eliminare completamente l’aritmia, sottolineando inoltre lo stretto rapporto tra probabilità di recidiva
aritmica e rischio tromboembolico di base. Inoltre appare difficile traslare alla realtà clinica lo stretto follow-up per la ricerca
di episodi di FA silente utilizzato negli studi, con conseguente
rischio di sottostimare le recidive aritmiche nella pratica clinica.
La ricomparsa di FA anche solo parossistica e frequentemente asintomatica dopo una procedura di ablazione transcatetere espone i pazienti al rischio di eventi tromboembolici. Vi
sono evidenze in letteratura che nei pazienti con episodi di FA
parossistica si instauri uno stato di ipercoagulabilità, persistente anche nei periodi di ritmo sinusale, tale da determinare un
rischio tromboembolico costantemente aumentato24.
PERCHÉ SIAMO CONTRO LA SOSPENSIONE DELLA
TERAPIA ANTICOAGULANTE ORALE?
È vero che è riportata in letteratura una bassa incidenza di eventi tromboembolici dopo ablazione della FA con successiva sospensione della TAO, ma le casistiche pubblicate hanno incluso prevalentemente pazienti con FA a basso rischio tromboembolico. Si tratta inoltre di un’evidenza basata su report osservazionali, prevalentemente retrospettivi, mentre mancano
ampi studi prospettici randomizzati disegnati per stabilire la sicurezza della sospensione della TAO dopo ablazione della FA.
Uno studio di questo tipo è in corso ma i risultati saranno disponibili solo tra qualche anno (Early Treatment of Atrial Fibrillation for Stroke Prevention Trial - EAST, http://clinicaltrials.gov/
show/NCT01288352).
La decisione relativa alla possibile sospensione della TAO si
porrebbe in ogni caso soltanto nei pazienti con FA a rischio
tromboembolico basso (CHA2DS2-VASc =0-1). Ci si dovrebbe
inoltre chiedere cosa fare a distanza di anni dall’ablazione
quando il paziente acquisisce punti nello score tromboemboli-
SE E QUANDO SOSPENDERE LA TAO DOPO ABLAZIONE DELLA FA
co soltanto perché raggiunge l’età di 65 anni (1 punto) oppure di 75 anni (2 punti).
Esiste inoltre un legittimo interrogativo, ancorché non supportato da evidenze, che le lesioni cicatriziali provocate dall’ablazione transcatetere in atrio sinistro possano costituire un
meccanismo alternativo alla stasi per la formazione di trombi.
Le lesioni provocate dalla radiofrequenza possono essere evidenziate attraverso la risonanza magnetica cardiaca mediante
l’alterato washout del gadolinio (delayed enhancement).
L’estensione del danno di parete atriale sinistra si correla con il
successo procedurale a breve termine25. Un’eventuale correlazione con il rischio di microtrombi potrebbe essere un oggetto
stimolante di ricerca.
La seconda considerazione in base alla quale non riteniamo prudente la sospensione della TAO dopo ablazione è l’incidenza non trascurabile di recidive anche asintomatiche di FA
dopo procedura ablativa. È vero che esiste oggi la possibilità di
eseguire diverse forme di monitoraggio elettrocardiografico
continuo ad intervalli regolari dopo ablazione per lo screening
della FA silente, ma nella pratica clinica quotidiana al di fuori
degli studi clinici, questo non è così semplice. Esistono inoltre
il problema della durata dell’osservazione, dal momento che
sono frequenti anche le recidive tardive di FA silente, e della soglia del burden di FA da considerare significativa per il rischio
tromboembolico.
La terza considerazione riguarda infine il tipo di TAO dalla
quale i sostenitori della sospensione post-ablazione vorrebbero affrancare il paziente con FA. I nuovi anticoagulanti orali, oggi finalmente disponibili, rispetto ai vecchi antagonisti della vitamina K, rendono molto più agevole e sicura la gestione della TAO, consentendo di abbassare l’asticella decisionale del livello di rischio tromboembolico per l’anticoagulazione26,27. Riteniamo che questa possa essere anche la situazione del paziente con FA sottoposto ad ablazione efficace.
Aritmologi interventisti autorevoli hanno iniziato ad abbinare la procedura di chiusura percutanea dell’auricola sinistra a
quella dell’ablazione transcatetere della FA con la presunzione
di azzerare il rischio tromboembolico dopo sospensione della
TAO. Non riteniamo che esistano evidenze per proporre questa
strategia al di fuori di improbabili studi clinici randomizzati, nella convinzione che l’obiettivo principale del medico debba essere ancora quello del primum non nocere.
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Replica a Di Pasquale e Coutsoumbas
Sakis Themistoclakis, Paolo China
Come confermato da Di Pasquale e Coutsoumbas nessuno studio sulla sospensione della terapia anticoagulante orale (TAO) dopo
ablazione efficace ha mostrato un incremento significativo del rischio tromboembolico né un beneficio netto a continuare tale terapia nei pazienti ad alto rischio. Questi ultimi, analizzando i dati complessivamente, rappresentano un gruppo piuttosto consistente
ed il loro numero sarebbe ancora più elevato se fossero stati stratificati in base al CHA2DS2-VASc score. In base al principio primum
non nocere le osservazioni poste dai nostri antagonisti non ci hanno pertanto convinto e ci sembra ragionevole, in assenza di dati
che dimostrino il contrario, sospendere la TAO dopo un’ablazione efficace per evitare di esporre il paziente ad un rischio emorragico potenzialmente ingiustificato. Del resto nel processo decisionale relativo alla somministrazione della TAO è necessario sempre
bilanciare il rischio tromboembolico con quello emorragico ricordando che quest’ultimo rimane significativo anche con i nuovi anticoagulanti orali (range 2.13-3.6). La TAO, infatti, proprio perché associata ad importanti rischi potenziali, non è indicata in altri
soggetti quali ad esempio ipertesi, diabetici, anziani o affetti da ipertrofia ventricolare sinistra, nonostante tali fattori siano in grado
di determinare, indipendentemente dalla FA, un incremento del rischio relativo di ictus tra 1.40 e 2.341.
Per quanto riguarda infine le considerazioni fatte circa il rischio di recidive asintomatiche, va considerato che esso è presente
anche in altre situazioni cliniche come ad esempio in pazienti portatori di pacemaker, ipertesi, di età >65 anni e senza storia di FA.
In tali soggetti, lo studio ASSERT, ha rilevato un rischio di tachiaritmie atriali subcliniche del 10% associato ad un incremento significativo del rischio tromboembolico anche in assenza di fibrillazione atriale clinica. Questo riscontro, tuttavia, non suggerisce
un’indicazione generalizzata alla TAO nei pazienti portatori di pacemaker ad alto rischio tromboembolico, ma sottolinea la necessità
di studi randomizzati per valutare il beneficio dell’anticoagulazione in tali pazienti2. Allo stesso modo dopo un’ablazione efficace
il rischio di recidive asintomatiche, in media del 10%, piuttosto che determinare automaticamente un’indicazione alla TAO, dovrebbe suggerire un incremento della vigilanza evitando il rischio di sovratrattamento per la maggioranza di pazienti senza alcuna recidiva aritmica.
BIBLIOGRAFIA
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G ITAL CARDIOL | VOL 14 | APRILE 2013
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