A svizzeri, islandesi e svedesi piace lavorare dopo i 55 anni

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IL CAFFÈ 7 aprile 2013
IL
NUM
ERO
13
102 miliardi
I cinesi sono diventati il vero sogno
economico per gli operatori turistici. Solo nel
2012 i viaggiatori provenienti dal “Celeste
impero” hanno speso nel mondo 102 miliardi
L’ECONOMIA
Fonte: Rifos
Lo studio
TASSO DI ATTIVITÀ DEI 55-64 ENNI PER SETTORE
2000
2010
Svizzera 2000 e 2010
TASSO DI ATTIVITÀ DEI 55-64 ENNI
Educazione ed insegnamento
Agricoltura e boschi
Arte, intrattenimento, economia domestica privata
Amministrazione pubblica
Salute e socialità
Immobiliari e lavori amministrativi
Servizi industriali e approvvigionamento energetico
Traffico e magazzinaggio
MEDIA SVIZZERA
Reddito da liberi professionisti e servizi tecnici
Commercio, manutenzione e riparazioni
Edilizia
Gastronomia e ristoratori
Assicurazioni e servizi finanziari
informazione e comunicazione
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A svizzeri, islandesi e svedesi
piace lavorare dopo i 55 anni
Il mercato del lavoro ha scoperto
il fascino degli ultracinquantenni. I capelli grigi sono richiesti.
Soprattutto, lo è l’esperienza di
chi li porta. E la fascia d’età di chi
si avvicina alla pensione è ben
rappresentata in particolare nel
settore dell’educazione e dell’insegnamento, cioè là dove si tratta di trasmettere il sapere. Il
trend è inarrestabile, e la Svizzera è in prima fila a livello europeo. I dati della Rilevazione sulle
forze di lavoro in Svizzera (Rifos)
sono inequivocabili: dopo islandesi e svedesi, sono gli ultracinquatenni di Zurigo, Ginevra o
Lugano ad essere i più presenti
nel mondo del lavoro.
In Svizzera, su 100 occupati, circa 18 hanno un’età compresa tra
i 55 e i 64 anni. In dieci anni, dal
2000 al 2010, questo rapporto è
cresciuto di tre unità. Le previsioni dicono che questi numeri
sono destinati ad aumentare di
circa il 20% nei prossimi anni.
Un trend che non conosce differenze di genere, poichè si riscontra indistintamente sia tra
gli uomini sia tra le donne. Un
lieve calo, dell’1%, c’è stato solo
in rapporto alla popolazione
straniera.
È dunque questo lo scenario del
mondo lavorativo del futuro
prossimo venturo, caratterizzato
dall’aumento progressivo della
durata vita media. Un dato che
certo ha avuto il suo peso nella
proposta di innalzare l’età pensionabile delle donne da 64 a 65
anni, fatta dal Consigliere federale socialista Alain Berset.
Uno scenario
tinto di grigio, EMANUELA
forse. Ma assoCAPRA
lutamente non
Branch
a tinte fosche.
manager
Tutt’altro. “In
presso la
genere - confersocietà di
ma Emanuela consulenza
Capra, branch
Luisoni di
manager della
Lugano
società di consulenza professionale Luisoni
- gli ultracinquantenni in cerca
di lavoro sono persone brillanti”
(vedi articolo a lato).
Alle origini del fenomeno, c’è
anche l’aumento della disoccupazione di lunga durata, con la
quale le società occidentali sono
chiamate a confrontarsi sempre
di più. “Gli ultracinquantenni
che si ritrovano senza lavoro spiega Fulvio Mulatero, collaboratore scientifico dell’Ufficio di
statistica cantonale (Ustat) - tendono a permanere in disoccupazione più a lungo. Le difficoltà
che comporta il loro reinserimento sono maggiori”. Tra le
cause, la minore propensione
alla mobilità e il maggior costo
che la loro assunzione rappresenta per l’azienda, in termini di
oneri sociali.
In Ticino, il numero degli ultracinquantenni occupati ha ormai
toccato la soglia del 30% del totale. Con una crescita statisticamente rilevante. Nel 2002, questa categoria rappresentava il
25,6% del totale, vale a dire circa
39mila persone. In nove anni, il
loro numero è passato a 52mila,
cioè al 31% degli occupati.
A livello nazionale, la fascia d’età
dei 55-64enni spicca anche per
la frequenza con cui si dedica ad
attività lavorative part-time. La
percentuale è del 39,2%. Esattamente 6 punti in più rispetto ai
25-54enni. Ma il panorama lavo-
Ti-Press
Il mercato rivaluta l’esperienza della fascia di mezza età
MICHELANTONIO LORUSSO
2000
2010
Svizzera e Ue/Paesi Efta, 2000 e 2010
Islanda
Svezia
SVIZZERA
Norvegia
Estonia
Germania
Danimarca
Finlandia
Regno Unito
Cipro
Lettonia
Lituania
Paesi Bassi
Irlanda
Portogallo
Spagna
EU-27
Rep. Ceca
Bulgaria
Grecia
Slovacchia
Austria
Romania
Francia
Lussemburgo
Belgio
Italia
Ungheria
Polonia
Slovenia
Malta
rativo offerto dai “seniores” riserva altre sorprese. Per esempio, in questa fascia d’età il numero di coloro che hanno un’attività autonoma è del 21%. L’intraprendenza
sembra
aumentare con l’età e l’esperienza, poichè gli “indipendenti” che
hanno meno di 55 anni sono
solo l’11% degli occupati.
Ma l’affidabilità degli anziani è
testimoniata anche da un altro
dato: sono fedeli al loro posto di
lavoro. Nel 2010 gli ultracinquantenni, in media, lavoravano
LORETTA NAPOLEONI
Il “big bang”
dello yen
che rilancia
il Giappone
0
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“Sì, nell’ultimo periodo c’è stato
un crescendo di ultracinquantenni in cerca di lavoro. Gente
che può dare ancora molto”. Per
Emanuela Capra, branch manager presso la società di consulenza Luisoni di Lugano, i problemi
lavorativi delle persone tra i 50 e i
60 anni d’età sono all’ordine del
giorno.
Le cause dell’ aumento di richieste?
“La crisi degli ultimi anni. Che ha
colpito tutte le fasce d’età”.
È difficile il
loro reinserimento
rispetto ai più
giovani?
“Sì. Un professionista
50enne incontra oggettivamente più
difficoltà”.
L’ i d e n t i k i t
tipo?
“In genere sono persone brillanti
che hanno perso il lavoro. Più uomini che donne”.
In questa fascia d’età il lavoro a
tempo parziale è richiesto?
“In Ticino meno rispetto ad altre
realtà come, ad esempio, la Svizzera tedesca”.
Il diverso approccio al problema che si può avere a Zurigo, facilita il reinserimento?
“Sì. C’è più consenso verso forme
come il part-time, il lavoro a progetto, oppure a ore”.
Il profilo dell’ultracinquantenne è richiesto dalle aziende?
“Negli ultimi periodi non abbiamo registrato incrementi da questo punto di vista”.
Esistono pensionati che si rimettono sul mercato?
“No. Ma prepensionati sì. Un
58enne, ad esempio, ha ancora
molto da dare”.
100
da quasi 18 anni nella stessa
azienda.
Per quanto concerne le professioni in cui sono occupati coloro
che si affacciano alla pensione,
negli ultimi anni la crescita più
marcata si è registrata nel settore
dell’insegnamento e dell’educazione in generale: + 5,5%. Poco
più in basso, con il 4,9% di crescita, ci sono quanti lavorano nel
settore della salute e della socialità.
[email protected]
Q@mlorusso_
L’intervista
Emanuela Capra, branch manager
“Aumentano...
e gli ‘anziani’
hanno ancora
molto da dare”
NUMERI
“Abenomics”, la politica economica del primo ministro
giapponese Shinzo Abe, sta rivoluzionando la teoria economica. Dietro la guida del nuovo governatore Haruhiko Kuroda, la Banca del Giappone
ha lanciato una sorta di big
bang monetario. Imitando la
strategia che la Riserva federale Usa segue dal 2008, ha annunciato un ambiziosissimo
programma di espansione
monetaria. Eccone i dettagli:
aumento della base monetaria
da 135 mila miliardi a 270 miliardi di yen entro marzo del
2015; un fiume di denaro con
cui la banca acquisterà i titoli
obbligazionari del debito pubblico, non solo quelli a breve
ma anche quelli a lungo termine.
A venderli saranno le banche
giapponesi che in cambio riceveranno contante, tanto
contante, abbastanza per far
ripartire l’economia, questo
uno degli obiettivi del piano.
Non ci troviamo in presenza
di una politica monetaria da
elicottero, quella in cui i soldi
vengono letteralmente gettati
a pioggia sull’economia, ma di
una strategia ad alto rischio,
che mira a far uscire il Giappone da un ventennio di deflazione. La Banca centrale acquisterà una grossa fetta del
debito pubblico facendolo così scendere. Questo debito
gonfierà il bilancio della
banca. Si
parla di un
aumento
mensile di
circa l’1 per
cento del Pil nel 2013 e
dell’1,1 per cento nel 2014, il
doppio del tasso di aumento
mensile registrato dalla Riserva federale negli ultimi anni a
causa di questa politica. Il debito rimarrà però parcheggiato, non assorbito e prima o poi
dovrà essere ripagato. E questo potrà avvenire solo se il big
bang monetario funzionerà,
se cioè l’economia ricomincia
a crescere e le entrate fiscali a
salire. Da dove proviene tutto
questo denaro? La Banca centrale del Giappone lo stamperà, come hanno fatto negli
Usa. E come tutti sanno questa politica è rischiosa perché
inflaziona l’economia.
Ma con una deflazione ventennale e con i prezzi non alimentari fermi dal 1997,
l’obiettivo è far gravitare l’inflazione attorno al 2 per cento,
valore funzionale al buon andamento dell’economia. E qui
sta il vero pericolo: mantenere
sotto controllo le spinte inflazioniste evitando che la crescita dei prezzi sfugga di mano. Questo scenario produrrebbe un aumento del costo
delle importazioni ed una fuga di capitali.
Per ora Abenomics funziona:
il Nikkei è salito del 2,2 per
cento, l’interesse sulle obbligazioni di Stato decennali è
sceso allo 0,44 per cento, ai
minimi del 2003 e lo Yen si è
svalutato sul dollaro arrivando
ad un tasso di 92,9 yen per un
dollaro.
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