introduzione al corso

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“INTRODUZIONE AL CORSO”
PROF. GIOVANNI DI GIANDOMENICO
Università Telematica Pegaso
Introduzione al corso
Indice
1
IL PROGRAMMA DEL CORSO ------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO ------------------------------------------------------------------------- 7
3
LE FONTI DEL DIRITTO --------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
4
IL CODICE CIVILE --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Introduzione al corso
1 Il programma del corso
Il corso di Istituzioni di diritto privato è stato suddiviso in otto moduli che ripercorrono in
larga parte l’ordine sistematico del codice civile.
Il primo è dedicato ai concetti generali che riguardano tutte le materie giuridiche dell’intero
corso di laurea e che, per tradizione, vengono trattati nel corso di Istituzioni di diritto privato.
In particolare vengono affrontati i concetti fondamentali delle principali partizioni del diritto
(diritto privato e pubblico), delle fonti dell’ordinamento (con particolare attenzione al codice civile),
delle situazioni giuridiche soggettive (attive e passive), del rapporto giuridico, dell’attività giuridica
e dei suoi effetti.
Il secondo modulo si dedica al libro primo del codice civile e, quindi, alle persone ed alla
famiglia.
La materia delle “persone”, e cioè dei destinatari della norma, è stata distinta tra “persona
fisica” e “persona giuridica”.
Sotto il primo profilo si affrontano gli istituti fondamentali della capacità giuridica e d’agire,
del domicilio e della residenza, dell’assenza e della dichiarazione di morte presunta, della parentela
e dell’affinità, della infermità di mente, dell’interdizione, dell’inabilitazione e dell’amministrazione
di sostegno.
Sotto il secondo aspetto, affrontato il tema della distinzione tra soggettività e personalità
giuridica, si esaminano le differenze tra enti riconosciuti ed enti non riconosciuti.
Nella materia della famiglia rientrano il matrimonio
come negozio (formazione, vizi,
invalidità, ecc.) e come rapporto (distinguendo tra rapporti personali e patrimoniali) – e la filiazione
(con
conseguente
trattazione
degli
istituti
della
potestà
genitoriale,
della
tutela
e
dell’emancipazione, dell’affiliazione e dell’affidamento e degli alimenti).
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Nel terzo modulo si affronta il tema delle successioni, che viene trattato nel libro secondo
del codice civile.
Anche qui il corso si sviluppa ripercorrendo la sistematica del codice civile. Alla trattazione
sulle disposizioni generali segue quella riguardante le successioni legittime e testamentaria, la
divisione e la donazione.
Nel quarto modulo si parla della proprietà, dei diritti reali di godimento (superficie,
enfiteusi, usufrutto, uso, abitazione, servitù prediali), della comunione e del possesso, ripercorrendo
il libro terzo del codice civile. Vengono pure affrontate le questioni connesse alla trascrizione,
sebbene questa sia stata collocata, nella sistematica del codice, nel libro sesto.
Nel quinto modulo viene affrontato il tema delle obbligazioni a cui è dedicato il titolo primo
del libro quarto del codice civile.
Particolare attenzione viene data alla nozione di obbligazione (al fine di distinguere detto
rapporto sia dai vincoli non giuridici sia da quelli personali), alla sua struttura ed ai suoi caratteri; e
ciò in ragione degli ultimi sviluppi della giurisprudenza.
Vengono affrontate le vicende dell’obbligazione sotto l’aspetto fisiologico
sia con
riferimento alle fonti, che alla sua estinzione (distinguendo tra l’adempimento ed i modi di
estinzioni diversi dall’adempimento) , sia da quello patologico (l’inadempimento). Per semplicità di
esposizione si fa seguire il tema della responsabilità patrimoniale, con particolare riferimento ai
privilegi e ai diritti reali di garanzia (pegno e ipoteca), affrontati in via generale nel modulo quarto,
ed ai mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale (sequestro, azioni revocatoria e
surrogatoria), tutti disciplinati nel libro sesto del codice civile.
Conclusa la trattazione dei principi dell’obbligazione in generale con le modificazioni del
rapporto obbligatorio – sia soggettive, dal lato attivo (surrogazione e cessione del credito) e dal lato
passivo (delegazione, espromissione e accollo), sia oggettive , vengono poi affrontate le specie
tipiche di obbligazioni (pecuniarie, alternative, solidali, divisibili e indivisibili).
Nel sesto modulo si affronta il titolo secondo del libro quarto del codice civile in cui viene
normato il contratto in generale.
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Dopo una premessa sui concetti generali di contratto e negozio giuridico, vengono affrontate
le fonti del regolamento contrattuale e le tematiche connesse agli elementi essenziali (l’accordo
delle parti con particolare attenzione alla conclusione del contratto e alla formazione progressiva
del consenso , la causa - in astratto e in concreto -, l’oggetto, la forma) ed a quelli accidentali
(condizione, presupposizione, termine e modo).
Segue la parte riguardante i vizi del contratto sia sotto il profilo genetico (nullità,
annullabilità e vizi del consenso, rescissione e simulazione) sia sotto quello funzionale (risoluzione
per inadempimento, per impossibilità sopravvenuta e per eccessiva onerosità sopravvenuta).
Vengono poi affrontate le questioni a diverso titolo collegate con il tema del rapporto del
contratto con i terzi sia sotto il profilo del opponibilità, che del contratto in favore di terzo, della
cessione del contratto, della rappresentanza e del contratto per persona da nominare.
Il sesto modulo si chiude con la trattazione dell’interpretazione del contratto.
Nel settimo modulo si tratta dei principali contratti tipici, a cui è dedicato il titolo terzo del
codice civile, (compravendita e gli altri contratti traslativi, i contratti di godimento – locazione e
affitto
, quelli di prestito – comodato e mutuo , quelli per la prestazione di servizi – appalto,
trasporto, mandato, agenzia e deposito , i contratti bancari, quelli aleatori – rendita e assicurazione ,
di garanzia – fideiussione , la transazione, il contratto di lavoro) e dei principali contratti atipici
(leasing, factoring, franchising).
Nell’ottavo modulo si affrontano gli altri istituti regolati dal libro quarto del codice civile e,
in particolare, le promesse unilaterali, i titoli di credito, la gestione d’affari, il pagamento
dell’indebito, l’arricchimento senza causa ed i fatti illeciti.
In particolare, per i fatti illeciti, si è scelto di dare solo le coordinate essenziali dell’istituto,
rimandando, poi, al corso di Diritto civile dove tale tema viene svolto in maniera più approfondita e
ciò in ragione del fatto che soprattutto sull’illecito extracontrattuale negli ultimi ani si è concentrata
l’attenzione della dottrina e della giurisprudenza elaborando nuovi concetti.
Si è scelto di non dedicare specifici moduli al libro quinto del codice civile in cui si
disciplina il lavoro e l’impresa ed al libro sesto che si occupa della tutela dei diritti.
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Innanzitutto, per tradizione, il corso di Istituzioni diritto privato affronta solo i principi
generali del lavoro e dell’impresa, visto che alla trattazione specifica delle due materie sono
dedicati rispettivamente gli insegnamento di “Diritto del lavoro” e di “Diritto commerciale”. Tali
principi generali riguardanti tali due branche del diritto vengono comunque affrontati in diverse
sezioni degli otto moduli in cui è strutturato il corso e, in particolare, nel secondo dedicato agli enti,
nel settimo in cui si affrontano i principi contratti d’impresa ed il rapporto di lavoro e nell’ottavo in
cui vengono dedicate alcune parti alle promesse unilaterali ed ai titoli di credito.
Analogo discorso vale per il libro sesto del codice civile visto che, ad esempio, la
trascrizione viene affrontata nel quarto modulo insieme alla proprietà; la responsabilità
patrimoniale, le cause di prelazione ed i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
vengono invece trattati nel quinto modulo dedicato alle obbligazioni.
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2 Diritto pubblico e diritto privato
Entrando nel merito dei principi generali, va innanzitutto chiarito che il diritto positivo (e
cioè quell’insieme di norme che risulta formalizzato mediante gli strumenti – le cc.dd. “fonti del
diritto” che lo Stato utilizza per produrre norme giuridiche – leggi, regolamenti, consuetudini-) va
distinto in via generalissima tra pubblico e privato. Si tratta di due complessi normativi che
disciplinano rispettivamente il primo interessi che attengono all’organizzazione ed al
funzionamento dello Stato ed il secondo al rapporti ed alle relazioni di vita delle persone.
Un tempo la distinzione era netta perché si riteneva che il diritto pubblico regolasse gli
interessi dell’intera collettività, mentre il diritto privato disciplinasse esclusivamente interessi dei
singoli individui( e quindi privati).
Nel tempo però tale demarcazione è divenuta meno netta e ciò sia perché lo Stato,
soprattutto nel settore dell’economia, utilizza strumenti di diritto privato, sia perché si è
riconosciuto che non è vero che quest’ultimi costituiscano il mezzo per perseguire esclusivamente
interessi dei singoli e non già dell’intera collettività.
La differenza tra le due branche del diritto può, dunque, oggi ravvisarsi nel fatto che gli
strumenti d’azione del diritto privato sono essenzialmente paritari, potendo il singolo incidere – di
regola – sull’altrui sfera giuridica solo con il consenso di quest’ultimo; mentre quelli del diritto
pubblico sono essenzialmente coercitivi (potendo l’ente pubblico, nel per perseguire un interesse
collettivo, agire anche contro la volontà del privato), con la precisazione che se l’Ente pubblico
agisce non con strumenti coercitivi, ma con strumenti paritari, la sua attività è assoggettata al diritto
privato.
Un’altra differenza sta nel fatto che le regole del diritto pubblico sono inderogabili e la
violazione della legge comporta l’applicazione di una sanzione che è comminata ad iniziativa della
stessa autorità pubblica per la tutela dell’interesse di tutti i consociati.
Diversamente, le regole del diritto privato si distinguono tra derogabili ed inderogabili.
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Le prime (quelle derogabili) si distinguono ulteriormente tra dispositive (che dettano una
regola che può essere derogata dalla volontà delle parti) e suppletive (che dettano una regola che sia
applica solo se i privati – ad esempio in un contratto – non abbiano regolato un dato aspetto e
servono, quindi, per coprire eventuali lacune).
Le seconde (quelle inderogabili) si applicano a prescindere da una volontà difforme dei
privati. Queste sono comunque diverse dalle norme inderogabili del diritto pubblico, perché la
sanzione viene applicata solo se è lo stesso interessato che si rivolge al giudice, senza l’iniziativa–
di regola – dell’autorità pubblica.
Fanno parte del diritto pubblico: quello costituzionale (che regola essenzialmente la struttura
e l’organizzazione dello Stato), il diritto amministrativo (che si occupa dell’attività della pubblica
amministrazione), il diritto penale (che disciplina la potestà punitiva dello Stato), il diritto tributario
(che disciplina i potere dello Stato di imporre tributi), il diritto processuale (che regolamenta le
modalità con cui lo Stato risolve le controversie insorte tra cittadini e tra questi e la pubblica
amministrazione), ecc..
Fanno parte del diritto privato: il diritto civile (che detta le regole generali dei rapporti tra
privati con i suoi sottosistemi del diritto di famiglia, delle successioni, ecc.), quello commerciale
(nei diversi sotto sistemi come il diritto d’impresa, delle società, fallimentare, ecc.) e del lavoro.
Il due settori dell’ordinamento (pubblico e privato), comunque, sono interdipendenti e
complementari, non potendosi immaginare il diritto privato senza le norme del diritto pubblico che,
ad esempio, regolamentano, la produzione legislativa, l’attività degli organi giudiziali, ecc.
Esistono, poi, materie (come il diritto della navigazione, dello sport, ecc.) in cui si trovano
regolamentazioni sia di diritto pubblico che privato. Sono i cosiddetti “diritti compositi”.
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3 Le fonti del diritto
Sono fonti del diritto gli atti o i fatti considerati idonei a creare, modificare o estinguere
norme giuridiche. Sono queste le cosiddette “fonti di produzione”, ovvero quelle da cui promanano
le regole e i principi, che vanno distinte dalle cosiddette “fonti di cognizione” che sono i documenti
e le pubblicazioni ufficiali da cui si prende conoscenza del testo di un atto normativo (ad esempio,
la Gazzetta Ufficiale, raccolte d’usi)
Il sistema delle fonti (di produzione) è ispirato ad un ordine gerarchico, ovvero vi è una
fonte sovraordinata e tutta una serie di atti o fatti idonei, secondo l’ordinamento giuridico, a
produrre norme giuridiche sott’ordinate le une alle altre.
Il quadro è quello delineato dall’art. 1 delle disposizioni sulla legge in generale, ma è
importante sottolineare che lo stesso è stato in gran parte modificato sia dalla Costituzione che
dall’adesione dell’Italia all’Unione Europea ed alle altre organizzazioni internazionali (ONU,
CEDU, WTO, ecc.).
Al vertice del sistema delle fonti troviamo la Costituzione e le norme costituzionali ad essa
equiparate. Vi sono, poi, le fonti comunitarie (regolamenti e direttive) e talune fonti internazionali.
Seguono le fonti primarie (leggi ordinarie statali, decreti legislativi e decreti legge,
referendum abrogativi di leggi ordinarie, atti con forza di legge, leggi regionali), le fonti secondarie
(regolamenti amministrativi) e le fonti terziarie (la consuetudine).
Le caratteristiche essenziali delle fonti nel nostro sistema sono la pluralità (nel senso che ci
troviamo di fronte ad atti normativi provenienti da organi distinti ai quali è riconosciuta la facoltà di
legiferare) e l’eterogeneità (perché gli atti normativi provengono da organi distinti sia all’interno
dello Stato, ma anche da organi sovra-nazionali).
Come detto, la Costituzione è al vertice del sistema delle fonti. Essa fonda l’ordinamento
giuridico ed integra la pluralità delle fonti nell’unità del sistema giuridico. C’è da dire, però, che nel
mondo globalizzato, oramai sempre più le norme sopranazionali prevalgono sulla stessa
Costituzione.
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Il sistema delle fonti italiano è “a Costituzione rigida” sia nel senso che le norme
costituzionali non possono essere modificate se non da norme di pari rango con un complesso
procedimento regolato dall’art. 138 Cost., sia nel senso che la Corte Costituzionale è deputata
all’importante funzione di “cancellare” dall’ordinamento tutte le norme incompatibili con i principi
contenuti nella Costituzione.
La rigidità della Costituzione acquista specifica rilevanza anche per il diritto privato con
riferimento a quei principi fondamentali che attengono ai rapporti interprivati come i diritti della
personalità, le associazioni, la famiglia, la proprietà, il lavoro e l’iniziativa economica.
Come detto, taluni principi fondamentali, in caso di violazione, possono trovare attuazione
soltanto attraverso il procedimento di verifica della legittimità costituzionale della legge; altri
principi possono invece trovare diretta applicazione ad opera dei giudici ordinari come ad es. il
diritto del lavoratore ad una retribuzione sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia
un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.).
Le fonti dell’Unione Europea sono diverse. Innanzitutto vi sono i regolamenti che sono atti
normativi provenienti dalla comunità europea che hanno efficacia immediata verso i cittadini.
Diverso è il caso della direttiva, che è efficace nello stato membro della Comunità a
condizione che venga recepita dallo Stato membro, attraverso una specifica norma interna. Da
qualche tempo si è individuata una categoria di direttive con “efficacia diretta”. Quando le direttive
sono sufficientemente precise ed è scaduto il termine concesso dallo Stato membro per il loro
recepimento, esse divengono direttamente applicabili nei rapporti tra cittadino ed autorità (efficacia
verticale), mentre in genere è esclusa l’applicabilità nei rapporti tra cittadini (efficacia orizzontale).
Tra le fonti primarie vi sono innanzitutto la legge dello Stato che si caratterizza per essere
approvata dal Parlamento, promulgata dal Presidente della Repubblica e per avere valore su tutto il
territorio dello Stato. Rientrano nella nozione di legge anche i decreti legge e i decreti delegati (o
legislativi) che, nonostante promanino dal Governo, sono sottoposti al controllo successivo o
preventivo del Parlamento.
Fanno parte delle fonti primarie anche le leggi regionali che sono approvate dal Consiglio
regionale e promulgate dal Presidente della Giunta regionale e che hanno un’efficacia limitata al
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territorio della Regione. Con la riforma del Titolo V della Costituzione intervenuta nel 2003, l’art.
117 Cost. prevede tre ipotesi. Innanzitutto, riserva alla legge dello Stato alcune specifiche materie
(sulle quali non possono legiferare le Regioni), prevede altre materie cc.dd. di legislazione
concorrente (dove spetta alle Regioni legiferare ed allo Stato determinare i principi fondamentali a
cui tutte le leggi regionali debbono uniformarsi), infine stabilisce (invertendo la regola prima
vigente) che alle Regioni spetta legiferare in modo esclusivo in tutte le materie non espressamente
riservate alla legislazione dello Stato.
Appare evidente quindi, che le fonti del nostro sistema sono regolate, oltre che secondo un
principio di gerarchia (fonti costituzionali e comunitarie, fonti primarie, secondarie e terziarie),
anche da uno di competenza perché all’interno di un livello (quello primario) vi possono essere
diverse fonti prodotte da Organi diversi che vanno a regolare materie differenti.
Fonti secondare sono i Regolamenti che si caratterizzano per essere emanati da organi del
potere esecutivo o da altri Enti pubblici dotati per legge di potestà regolamentare (v. art. 3 preleggi).
La consuetudine, o uso normativo, è una norma che si forma spontaneamente mediante il
diffuso comportamento sociale, senza l’intermediazione, cioè, degli organi istituzionali.
Questa può definirsi come l’osservanza diffusa e durevole di una regola di condotta
effettuata con il convincimento che tale regola abbia valore vincolante (opinio iuris ac necessitatis)
La consuetudine è forte terziaria. Ciò significa che nelle materie regolate dalle fonti
sovraordinate (primarie e secondarie) la consuetudine ha efficacia soltanto se da esse richiamata
(consuetudine secundum legem), mentre è inammissibile la consuetudine contra legem, in contrasto
cioè con una specifica disposizione inderogabile prevista dalle fonti sovraordinate o con un
principio del sistema giuridico. Viene ammessa la consuetudine praeter legem nelle materie non
coperte da fonti primarie o secondarie.
Accanto alla consuetudine nazionale vi sono le consuetudini internazionali che rientrano
nelle cosiddette fonti internazionali ed hanno un rango superiore alle fonti primarie, assimilabili a
quelle costituzionali. Diverso è il meccanismo di recepimento per le norme internazionali pattizie,
introdotte da trattati internazionali. Per la loro vigenza sul territorio nazionale, è richiesto un atto
formale di recepimento. Ciò avviene o con una legge apposita che dia l’ordine di esecuzione del
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trattato o con specifici atti normativi i quali introducono nell’ordinamento interno una disciplina che
corrisponde a quanto il trattato stabilisce.
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4 Il codice civile
La fonte più importante per il diritto privato è il Codice civile approvato con R.d. 16 marzo
1942, n. 262 e tutt’ora vigente in Italia.
La sua importanza deriva non tanto dalla sua posizione nella gerarchia delle fonti (esso è una
legge di pari rango delle altre, che possono anche modificarlo), ma dal suo contenuto, visto che
contiene una regolamentazione organica e tendenzialmente esaustiva degli istituti del diritto privato.
Nonostante il regime politico nel cui vigore esso fu emanato, il testo si inseriva nel solco
della tradizione culturale giuridica dell’Europa continentale, assumendo i tratti prevalenti del
sistema di codificazione francese non privo, tuttavia, di influssi provenienti dall’area tedesca,
almeno limitatamente ad alcuni settori e nozioni.
I due maggiori codici che hanno preceduto quello italiano (e cioè quello francese e quello
tedesco) sono espressione di due differenti approcci in ordine alla forma, al contenuto ed alla
tecnica della legislazione, nonché per quello che riguarda la funzione svolta dalla dottrina ai fini
della codificazione e dopo la stessa: in particolare, il code civil francese (1804) costituisce il punto
di partenza di una corrente di pensiero e metodologica (quella c.d. dell’esegesi); il Bürgerliches
Gesetzbuch tedesco (c.d. B.G.B) del 1900 rappresenta, al contrario, il risultato di una metodologia e
di una scuola dottrinale (la Pandettistica), ed è quindi il risultato di una elaborazione
prevalentemente teorica.
Il codice civile francese nacque per superare la variegata congerie di consuetudini che
regolavano - in modo disordinato, disorganico e geograficamente contraddittorio - i rapporti
privatistici, al fine di creare uno Stato unitario.
L’avversione ai particolarismi, insita nella razionalità illuministica, condusse a sceverare
dalle innumerevoli e spesso contraddittorie leggi giustinianee - ossia il diritto romano come inteso
all’epoca - quelle regole più convincenti dal punto di vista della giustificazione razionale, in modo
da avere un punto di riferimento sicuro. Il tentativo di razionalizzazione portò con sé la tendenza
all’astrazione ed all’elaborazione di principi generali.
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In virtù della sua genesi la dottrina francese (c.d. Scuola dell’esegesi) si preoccupò di evitare
accuratamente ogni forma di interpretazione soggettiva della legge che potesse fare il giudice,
tornando così ad essere la fonte creatrice concreta del diritto: il giudice non poteva essere, invece,
che la “bouche de la loi”, la bocca della legge: e perché tutto ciò avvenisse imparzialmente e con
uniformità in tutto il territorio dello Stato, venne creata già nel 1794 la Cour de Cassation.
Il code civil si diffuse immediatamente e rapidamente in buona parte dell’Europa, favorito
dalle guerre napoleoniche e, assecondando il disegno egemone francese politico-militare, costituì il
veicolo di più incisiva propagazione delle nuove idee e pertanto anche dei modelli giuridici della
Francia.
In Germania, il Bürgerliches Gesetzbuch (B.G.B.) rappresentò lo stadio conclusivo di
un’operazione studiata a tavolino, in cui il momento metodologico venne davvero prima del diritto
positivo. Le condizioni che avevano consentito la codificazione unitaria in Francia mancavano in
Germania, soprattutto perché mancava uno stato unitario e quindi un’autorità che potesse imporre
l’unificazione del diritto. I singoli stati conservavano gelosamente la propria autonomia anche sotto
il profilo legislativo.
Tuttavia, la dignità e la profondità del diritto romano erano generalmente avvertite e
costituirono la base per il movimento della pandettistica (detta anche scuola storica o dogmatica) di cui von Savigny fu il fondatore – che al termine condusse alla codificazione.
Tale scuola di pensiero aveva il suo fulcro nella costruzione di concetti astratti in un sistema
logico e coerente
Da quest’opera continua di astrazione vengono fuori categorie generali, capaci di
ricomprendere molteplici profili di diritto positivo. È il periodo in cui si afferma la priorità di una
«parte generale» del diritto civile, comprensiva dei concetti di “soggetto”, “rapporto giuridico”,
“prestazione”, “vicenda del rapporto”, “fattispecie” e “metodo giuridico”.
L’approccio al diritto positivo, anziché essere del tipo analitico-esegetico e delle mere
esposizioni ragionate di elaborati commentari, venne acquistando carattere sistematico-dogmatico.
La realtà storica di un ordinamento giuridico positivo venne ricondotta a concetti generali e
sistemata in categorie e istituti i cui nessi rispecchiarono il fitto intreccio dei rapporti che collegano
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in vario modo la realtà del diritto. La scienza giuridica assunse il compito di fondare un impianto
concettuale in grado di dominare la vasta e complessa materia giuridica e un sistema di categorie in
cui ogni sua parte, piccola o grande, trovi la sua appropriata collocazione (Falzea).
L’esito più importante della dogmatica fu il B.G.B. Il codice civile tedesco, promulgato nel
1896 ed entrato in vigore nel 1900, sin dalla struttura, oltre che nei contenuti, rispecchiava le tesi
della pandettistica. Esso comprende - primo nella storia - un’accurata parte generale che funge da
premessa indispensabile per il restante corpo normativo, chiarendo i «concetti» di soggetto,
rapporto giuridico ecc. Ma il B.G.B. non fu soltanto un’elegante opera dottrinale: fu, soprattutto, un
testo di diritto positivo e, come tale, fu sentito dalla dottrina tedesca che avviò immediatamente un
lavoro di interpretazione e concettualizzazione sulla base delle norme da esso espresse, creando
nuove categorie ed affinando - spesso fino all’inverosimile - il metodo dell’astrazione.
Il codice civile dell’Italia unita (1865) seguì il modello francese - del quale in alcuni punti è
pedissequa traduzione - ma gli studiosi italiani accusarono un forte fascino per le costruzioni
teoriche tedesche e, pur seguendo il metodo esegetico, incominciarono ad impratichirsi con i
modelli concettuali della pandettistica, sovrapponendoli agli istituti giuridici positivi. La
concettualizzazione ed il ragionamento deduttivo divennero il normale bagaglio del giurista italiano,
che fu essenzialmente dogmatico (si pensi a Nicola Coviello, Leonardo Coviello, Polacco,
Pacchioni).
Il codice civile del 1942, tuttavia, non risentì troppo degli influssi della scuola dogmatica:
restò - lo si è già ricordato - legato alla tradizione francese. Rimase, soprattutto, l’elemento centrale
del sistema di diritto privato, almeno fino all’entrata in vigore della Costituzione repubblicana
(1948) che - per i valori di giustizia, non soltanto formale ma sostanziale, di solidarietà umana e
sociale, di garanzia del pieno e libero sviluppo della persona, espressi nell’esigenza unitaria del
rispetto della sua dignità - costituiva una tra le più avanzate normative costituzionali.
Non soltanto per il rango superiore assunto nella gerarchia delle fonti, la Costituzione ha
scalzato il codice civile dalla sua posizione di preminenza, anche soltanto teorica, per l’importanza
ed il numero di nuovi principi introdotti.
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La perdita di centralità del codice civile viene da molti affermata anche a causa del
proliferare di leggi c.dd. “speciali” od “integrative”, così definite per la loro estraneità e
complementarietà al codice civile. Si pensi allo Statuto dei lavoratori, alla legge sulla casa, alle
leggi sull’adozione e sull’affidamento, sulla capacità di agire, al divorzio ed al nuovo diritto di
famiglia, alla legge sul regime dei suoli, alla legge sull’equo canone, alla nuova regolamentazione
dei rapporti agrari, alla legge in materia di informazione e telecomunicazioni ecc. Alla
segmentazione della realtà socio-economica corrisponde la frammentazione della legislazione
civilistica, tanto da far ritenere giunta, icasticamente, l’«età della decodificazione» e così il
passaggio dal sistema, prima garantito dalla centralità del codice civile, ai “microsistemi”. (N. Irti).
Tuttavia proprio gli accennati fenomeni portano una parte della dottrina a riproporre la
centralità del codice civile
In realtà, il terrificante numero di leggi in vigore, la loro rapida obsolescenza - dovuta alla
complessità della società tecnologica, all’accelerazione delle relazioni sociali ed al loro rapido
esaurimento, alla mondializzazione della civiltà e, quindi, della cultura anche giuridica - conduce
inevitabilmente ad un ripensamento non tanto della “centralità” del codice civile, quanto al peso ed
all’utilità che tale posizione ha nell’ordinamento giuridico.
La prevalenza della cultura dominante, di matrice anglosassone ed americana, e la
mondializzazione dell’economia secondo quegli schemi culturali hanno portato l’interprete a
confrontarsi quotidianamente con istituti giuridici di altra provenienza. Si assiste al fenomeno della
destatalizzazione del diritto: si naviga ormai in contesti nei quali la fonte statale del diritto è soltanto
sussidiaria e le relazioni sociali ed economiche sono autoregolamentate dai soggetti interessati (si
pensi ai contratti stipulati tra grandi multinazionali, i quali costituiscono il vero “diritto vivente” del
mondo internazionale degli affari) ovvero, sull’altro versante, regolate da organismi sopranazionali.
Le stesse norme promananti dagli organi dell’Unione europea e la tendenza a ritenerle
comunque immediatamente efficaci e vincolanti all’interno degli ordinamenti statali confermano la
sensazione di svalutazione del tradizionale sistema di relazioni tra le varie fonti dell’ordinamento
giuridico interno e di quello internazionale.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Università Telematica Pegaso
Introduzione al corso
In questo quadro, il codice civile può costituire lo strumento più adeguato a rappresentare il
nucleo centrale dell’ordinamento privatistico, a condizione che se ne compia un continuo
aggiornamento non solo attraverso interventi legislativi, ma anche e soprattutto attraverso l’opera
della dottrina e della giurisprudenza.
Ed il codice civile mostra al riguardo una duttilità enorme, testimoniata tra l’altro dalla sua
aderenza alle linee dell’Unione europea per quanto concerne la libertà di iniziativa economica, la
libertà dei mercati, la concorrenza ecc., ma, soprattutto, la prevalenza dei diritti inviolabili
dell’uomo.
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