Diagnosi e trattamento dell`osteoclastoma

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FOCUS ON
Diagnosi e trattamento
dell'osteoclastoma
Una patologia non comune in campo ortopedico, il cui approccio
chirurgico è molto operatore dipendente
aspetto
rotondeggiante
simil-ovalare, fino a sfociare in costrutti di difficile
definizione pluricompartimentali,
mantenedo
comunque non un carattere
infiltrativo ma altresì di
tipo espansivo.
I
l tumore a cellule giganti dell’osso può essere
definito come una neoplasia centrale dell’osso:
questo tipo di neoplasia
ossea ad aggressività locale
non presenta alcune cellule
giganti plurinucleate che
"contornano" la base della
neoplasia; tutt’altro, sono
proprio le cellule giganti a
costituire il nucleo della
neoplasia. Con carattere di
aggressività locale, anche se
poco prevedibile, ha una
scarsa progressione di malignità: raramente infatti
sono riscontrate le sue trasformazioni in fibrosarcoma
piuttosto che in osteoclastoma. Fattore che ancora
oggi si ritiene favorente la
trasformazione neoplastica
è la röntgenterapia.
Per quanto riguarda la sede
di elezione, l'osteoclastoma
si sviluppa nella quasi tota-
lità dei casi a una estremità
meta-epifisaria di un osso
lungo, con predilezione
assoluta per il femore distale e la tibia prossimale.
Tuttavia sono riportate in
letteratura praticamente
tutte le sedi scheletriche
del corpo umano.
Non dimostrando una predilezione per il sesso
maschile o femminile,
trova invece un picco centrale di frequenza rispetto
all’età, tra i 20 e i 40 anni,
anche se è possibile osservare dei rari casi prima dei
15 anni, quando le cartilagini di accrescimento sono
ancora aperte.
La diagnosi
Oltre alle caratteristiche
patologiche della lesione,
che devono ricondurre l’occhio del clinico a un'analisi
IL SARCOMA DI EWING
Scoperto agli inizi del 1900 da James Ewing durante i
suoi studi riguardanti l’applicazione dei raggi X nella
diagnosi e nel trattamento dei tumori ossei, questa
forma di neoplasia maligna che porta il nome del suo
scopritore può essere grossolanamente inserita nel
gruppo dei tumori a cellule rotonde.
Localizzato per più di 1/3 del totale a livello delle ossa
lunghe degli arti inferiori, trova manifestazioni anche a
livello del bacino (circa il 17%) e delle ossa lunghe
degli arti superiori (18%).
Nel 1984 è stato il primo sarcoma ad essere
cariotipizzato, valutando successivamente le cause
genetiche (traslocazioni) capaci di indurre e stimolare
la crescita cellulare di questo tumore.
Al giorno d’oggi la moderna ingegneria genetica ci
permette di localizzare le precise sedi di traslocazione
e quindi di definire le proteine fonti dell’accrescimento
cellulare.
In funzione dei riarrangiamenti specifici genetici è
possibile valutare quale prognosi può essere più o
meno favorevole e conseguentemente identificare la
possibilità di utilizzare protocolli chemioterapici pre e
post chirurgici.
L’atto chirurgico resta comunque spesso necessario,
attraverso mani esperte, per consentire l’asportazione quando e se possibile - della neoplasia.
Lorenzo Castellani, Matteo Laccisaglia
accurata del caso, il primo
sintomo che quasi sempre
viene posto all’attenzione
del curante è il dolore.
Generalmente, soprattutto
nelle sedi di elezione, la
sintomatologia è riferita
all’articolazione più vicina,
anche se molto raramente
ne può infiltrare la capsula
articolare. Accanto alla
sintomatologia dolorosa, in
sede elettiva (ossa piccole
con scarso pannicolo adiposo rappresentato) il secondo sintomo maggiormente
evidente è una tumefazione
locale.
A una accorta valutazione
radiografica - e meglio
ancora in TC -, possono
essere visibili micro interruzioni della corticale con
spandimento del tessuto
patologico anche nei tessuti molli limitrofi. Il quadro
complessivo che ne deriva
rende il TCG una formazione tumorale che spesso può
essere riconosciuta mediante la clinica e l’imaging,
ancor prima di una biopsia
di conferma.
La lesione radiograficamente si evidenzia come eccentrica rispetto all’asse maggiore dell’osso, limitrofa
alle grandi articolazioni, di
dimensioni di circa 2/3 del
totale del ginocchio (femore distale e tibia prossimale), di aspetto radiotrasparente e all’interno della
quale sono spesso visibili i
residui di una trabecolatura
ossea.
L’espansione quasi sempre
non predilige una univoca
direzione, adattandosi alla
fisiologia del corpo umano
e usurpandone spazi e funzionalità. Con intense
capacità osteolitiche, tipiche dell’immagine descritta, l’osteoclastoma facilmente "divora" sia la matrice ossea che le componenti
dei tessuti molli, creandosi
un nuovo spazio dove annidarsi, crescendo e sostituendo i tessuti fisiologici.
All'interno della cavità
osteolitica non si osservano
calcificazioni in quello che
inizialmente può creare un
Il trattamento chirurgico
Una volta valutato correttamente il caso clinico,
dopo aver stabilito tutti i
parametri in esame e quindi
studiato attraverso l’imaging sia l’osso che le componenti limitrofe, completando la stadiazione con un
esame scintigrafico che permetta l’analisi completa
della struttura ossea del
paziente, è necessario prevedere il corretto iter chirurgico terapeutico.
Partendo dal presupposto
ormai ben chiaro da diversi
anni che il tumore a cellule
giganti mostri un decorso
imprevedibile, per quanto
riguarda il suo trattamento
chirurgico e terapeutico
sono riscontrate diverse
certezze. Dalle scarsissime
capacità metastatiche polmonari, presenta comunque un’evidenza di recidiva
locale a due-tre anni dalla
sua asportazione, se non
avvenuta in maniera accurata nei minimi dettagli. In
letteratura sono comunque
descritte possibili trasformazioni sarcomatose, sia
spontaneamente che dopo
recidiva locale non radio
trattata, sia in aree limitrofe alla sede di elezione del
tumore primario in seguito
asportato e successivamente radiotrattato.
Oggi è possibile per alcuni
centri specialistici approcciarsi alla chirurgia con
modalità diretta. Questo
significa un solo tempo
chirurgico, all’interno del
quale si esegue sia l’esame
istologico al microtomo
congelatore (che permette
di confermare quasi al
100% la diagnosi di partenza) e successivamente
di approcciarsi alla sede di
malattia con la tecnica
migliore: sia essa un semplice curettage (ausilio di
adiuvanti come fenolo e
COMUNICARE
SALUTE E MALATTIA
“La comunicazione della salute. Un
manuale” a cura della Fondazione Zoé (edizioni Cortina, Milano) è da pochi mesi in
libreria.
Si tratta di un lungo percorso attraverso la
complessità della salute e della malattia:
fascino e inquietudine di due prospettive contrastanti.
55 studiosi, appartenenti a discipline diverse, hanno condiviso il tentativo di offrire una
riflessione sulla comunicazione della salute
che possa raggiungere non solo i professionisti e gli studiosi, ma anche tutti coloro che
sono coinvolti in una relazione terapeutica.
Il manuale si articola in 9 sezioni.
La prima, Antropologia ed etica, affronta i
principali problemi di antropologia filosofica
e di etica che fanno da sfondo alla comunicazione della salute. Ne viene un piccolo
trattato di bioetica, sensibile alle attese più
recenti di medici e pazienti.
La seconda, La salute nella società dei
consumi, sensibilizza i lettori al crescente
rilievo che il tema della salute assume nella
nostra società. Sottolinea come l’operare
dei professionisti e delle istituzioni sanitarie
si svolga oggi entro un contesto che rende
le persone sempre più sensibili e informate,
ricche di aspettative crescenti e iper-consapevoli dei propri diritti.
La terza sezione, La comunicazione e la
riconfigurazione del rapporto medicopaziente, discorre del mutato rapporto tra
medico e paziente come passaggio dal vecchio paternalismo alle forme più moderne di
alleanza terapeutica.
La quarta sezione, La qualità nella comunicazione: logiche, tecniche, strumenti, sottolinea che, al di là delle varie situazioni, il
medico poco disponibile ad ascoltare i
dubbi, le angosce e le convinzioni del malato difficilmente potrà chiedere e ottenere
accettazione e collaborazione in un piano di
cura. Denuncia il fatto che i giovani medici
non vengono preparati, durante i loro anni di
alcol – cauterizzazione –
azoto liquido/crioterapia)
con zeppaggio da osso
autologo o sostituti dell’osso, piuttosto che una resezione del segmento osseo
interessato (quando possibile sostituirlo con mezzi
protesici e/o armature dell’osso tramite placche viti,
spaziatori in cemento acrilico ecc ecc); come ultima
soluzione, generalmente
riservata solo alle trasformazioni sarcomatose, vi è
l’amputazione
dell’arto
interessato.
Indipendentemente
dal
trattamento definitivo di
scelta, quello che è auspicabile è sicuramente un
inquadramento veloce del
paziente e della sua patologia, porsi le domande più
corrette e porre i reperti
radiografici e di stadiazione
in diagnosi differenziale tra
loro per acquistare una
maggior certezza nella diagnosi. Tutto questo non
può in alcun modo prescindere dalla manualità e dalla
bravura chirurgica dello
specialista che si appresta
ad affrontare una patologia
non così comune in campo
ortopedico.
Lorenzo Castellani
Matteo Laccisaglia
studi, a trattare gli aspetti relazionali ed emotivi del colloquio col paziente.
La quinta sezione, La comunicazione della
salute durante il ciclo della vita, studia la
comunicazione della salute e della malattia
nelle diverse “età” della vita.
La sesta sezione, La comunicazione di passaggio, è una trattazione della comunicazione all’interno del sistema-ospedale.
La settima sezione, Deontologia e diritto
nella comunicazione medico-paziente,
affronta una serie di questioni che sono
diventate centrali nel dibattito contemporaneo intorno alla salute: sono le questioni
legate alla pratica del “consenso informato”.
L’ottava sezione, Il racconto del farmaco,
narra la storia del farmaco e viene trattato il
tema dell’educazione all’uso del farmaco.
La nona e ultima sezione, La notizia medico-scientifica e i media, si occupa dell’impatto sui media delle notizie medico-scientifiche e di come il tema della salute oggi
non sia solo informazione, ma anche intrattenimento. Sembra da tutti condiviso il desiderio di un nuovo giornalismo che eviti inutili allarmismi o dannose illusioni e che veicoli un’informazione equilibrata e scientificamente corretta.
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